Stomachion

venerdì 30 luglio 2004

E cammina, ogni tanto, quando gli va, la giustizia...

Sull'edizione odierna della Gazzetta del Sud, a firma di Lino Sotali, compare un articolo allucinante, dal titolo 12 anni per essere assolto, in cui viene descritta una vicenda tipicamente italiana. Questo il testo dell'articolo:

Tutto era cominciato con una informazione di garanzia nel giugno '87 dopo il fallimento della società Cofim di Monopoli della quale era stato consigliere di amministrazione per pochi mesi. Dopo la «consueta gogna mediatica» e la completa assoluzione chiesta dallo stesso pm, Ivo Grande ha dovuto attendere sino al 1999 per ottenere dal Tribunale di Bari una sentenza di assoluzione. Un'attesa giudicata troppo lungo dalla corte d'appello di Lecce – cui lo stesso Grande ha fatto ricorso – che ha condannato il ministero della giustizia al risarcimento del danno subito dall'uomo che, durante tutta la vicenda processuale, ha dovuto tra l'altro, rinunciare al lavoro di assicuratore. A raccontare l'accaduto dai tratti “kafkiani” è l'avvocato Ascanio Amenduni rappresentante legale di Grande nella causa di risarcimento. Tutta la vicenda – dice Amenduni in una nota – si è snodata nell'arco di 17 danni. L'informazione di garanzia con l'ipotesi di bancarotta fraudolenta fu notificata nel giugno '87. Grande aveva fatto parte del cda della Cofim per alcuni mesi e si era dimesso «senza avere commesso alcuna irregolarità». «Ciò – dice Amenduni – era stato riconosciuto sin dal 1990 anche in una consulenza contabile eseguita su incarico degli organi inquirenti, che non contemplava il nome di Grande tra i responsabili degli ammanchi finanziari». «Nonostante ciò – dice Amenduni – ci vollero altri nove anni prima di arrivare ad una sentenza che, assolvendo Grande, su richiesta del pm criticava «sia pur velatamente – secondo Amenduni – l'eccessiva frettolosità e superficialità del rinvio a giudizio avvenuto all'inizio del 1996». «Considerate queste date: giugno 1987-marzo 1999 – afferma Amenduni – quasi 12 anni per essere assolto in pochi secondi e in quanto evidentemente innocente, sulla scorta di una consulenza dello stesso pubblico ministero risalente al 1990». «Quasi 12 anni di emarginazione sociale e professionale nonché di travaglio economico e famigliare». Dopo la comunicazione giudiziaria Grande si era infatti dimesso dal lavoro «confidando nella possibilità di provare, in un tempo ragionevole la propria estraneità alle accuse penali mossegli; ma si sbagliava». Grande ebbe anche ripercussioni sulla salute. Così, dopo l'assoluzione, l'ex imputato fece ricorso alla corte di giustizia europea contro lo Stato italiano per la eccessiva durata del processo, doglianza che – precisa l'avvocato – furono dirottate alla corte d'Appello di Lecce (competente territorialmente) per ottenere il risarcimento dei danni subiti. In questo caso, almeno, Grande ha ottenuto con una certa celerità la risposta positiva della Corte d'Appello (appena cinque mesi) che ha condannato il ministero ad un risarcimento di 15.500 euro (più le spese legali) ma ha dovuto attendere altri due anni e quattro mesi perché al decreto fosse data esecuzione con l'erogazione della somma liquidata.

Ora il nostro eroe avrà un congruo risarcimento, ma chi gli restituirà gli anni di attesa sapendo che anche il suo accusatore lo riteneva innocente?

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