Stomachion

venerdì 20 luglio 2012

Uomini sulla Luna

In questo post vengono ristampati e riadattati due post, ormai cancellati dall'editore, dedicati a Neil Armstrong e Buzz Aldrin. La pubblicazione ritardata è dovuta a un ritardo del sottoscritto nel recupero del post su Aldrin. Mi scuso per questo con i lettori e con i due protagonisti dell'allunaggio del 20 luglio 1969.
Neil Armstrong
Quel giorno, in tutto il mondo, si sentirono queste parole:
That's one small step for [a] man, one giant leap for mankind.(1)
E' quello che disse Neil Armstrong dopo aver posto, per primo, il piede sulla Luna, entrando così nella storia, non solo quella di una lunga rincorsa spaziale tra statunitensi e sovietici, ma nella storia di tutta la Terra.
Nato il 5 agosto del 1930, Armstrong, comandante della missione Apollo 11, quella atterrata sul suolo lunare, non era solo in quella notte così silenziosa e stellata. Lo accompagnarono in quel lungo viaggio e infine nello sbarco Buzz Aldrin, che con lui condivideva il passato di scout, e Michael Collins.
Neil può, per molti versi, essere considerato un predestinato: nel 1968 era a capo dell'equipaggio di riserva dell'Apollo 8 e nello stesso anno, a maggio, rischiò la vita durante un'esercitazione con un modulo lunare. Per sua e nostra fortuna fu in grado di salire sull'Apollo 11 e mettere così per primo piede sul nostro satellite.
All'astronauta statunitense sono anche intitolati un piccolo cratere lunare e un asteroide, il 6469 Armstrong.
il primo piede sulla Luna
Seguita con attenzione in tutto il mondo, la missione Apollo 11 atterrò nella parte meridionale del Mare della Tranquillità. Dopo circa 6 ore e mezza, Armstrong e Aldrin mosserò i primi, incerti passi sulla Luna, iniziando a filmare e fotografare l'evento, raccogliendo rocce e campioni della superficie lunare.
La discesa di Armstrong venne filmata grazie ad una telecamera montata sull'Eagle, il modulo che portò gli astronauti fino all'allunaggio, appositamente espulsa dal suo alloggiamento all'interno dello scafo da un comando azionato dallo stesso Armstrong scendendo.
I due astronauti, una volta scesi, si mossero in modo apparentemente goffo, prevalentemente a balzi, a causa della minore gravità del nostro satellite: Aldrin disse che i movimenti dovevano essere programmati con un certo anticipo, poiché il suolo lunare era particolarmente sdrucciolevole. Anche grazie a questo successo, il programma spaziale statunitense poté proseguire ancora per un'altra decina di anni (più o meno), almeno fino a che la Nasa decise di dirottare i fondi, comunque scarsi e diminuiti, verso altri progetti di maggiore valenza scientifica. Probabilmente per gli stessi motivi anche i sovietici avevano interrotto da tempo il loro programma spaziale.
Buzz Aldrin
Il secondo protagonista di questa bella storia, Edwin Eugene Aldrin, detto Buzz, nato il 20 gennaio del 1930, è, a mio giudizio, il volto simpatico della missione, raggiungendo una fama, una volta tornato, forse anche superiore al suo comandante e amico: d'altra parte Neil aveva il compito e la responsabilità innanzitutto del buon esito della missione, e poi quello non secondario di passare alla storia. Certo, quando venne il momento di lasciare un segno tangibile, Aldrin non si tirò indietro e durante la sua passeggiata lunare, evidenziando il suo carattere schietto e sincero, ma al tempo stesso molto spiccio, disse semplicemente:
Magnificent desolation.(2)
Laureatosi nel 1951 in ingegneria meccanica all'accademia militare di West Point, dopo la guerra di Corea entrò al MIT dove prese il dottorato in astronautica, per poi venire selezionato dalla Nasa nel 1963.
La sua prima missione fu Gemini 9A: il suo ottimo lavoro gli fece ottenere la riconferma per la Gemini 12, durante la quale compì anche dell'attività extraveicolare.
Buzz on the moon
Una volta lasciata la Nasa, Aldrin pubblicò la sua autobiografia, Return to Earth, dove raccontava anche della sua depressione post-Nasa (da cui, evidentemente, il titolo), e soprattutto continuò a divulgare la necessità di continuare nell'attività di esplorazione spaziale. In particolare quest'ultima fase della sua vita lo portò, inevitabilmente oserei dire, a scontrarsi con i soliti complottisti,, come ad esempio il regista Bart Sibrel, che nel 2002 lo intervistò proprio riguardo alla missione di Apollo 11. Sibrel, però, commise un imperdonabile errore: partendo, probabilmente, dal presupposto che Aldrin nascondesse qualcosa, visto che non confermava le sue tesi, iniziò a inveire contro il famoso e amatissimo astronauta con epiteti del tipo bugiardo, codardo e così via. Per tutta risposta il mitico Buzz colpì al mento il prevenuto regista.
Anche i complottisti dell'area UFO cercarono di appropriarsi di Aldrin. Il nostro, infatti, riferendosi al rientro dalla missione lunare, disse:
There was something out there, close enough to be observed, and what could it be?(2)
Potete ben immaginare che i complottisti presero questa citazione come una più o meno diretta conferma della realtà degli UFO, con tutto quel che ne consegue riguardo gli insabbiamenti governativi. Aldrin cercò a quel punto di contestualizzare e chiarire le sue parole, ma ciò ovviamente fu vano, anche se quello che vide non furono astronavi aliene ma semplicemente un pannello staccatosi dalla navicella e che sul momento non aveva riconosciuto.
Buzz, anche per questo, è una figura di grande ispirazione per molte persone negli Stati Uniti, rappresentando un sogno, quello della conquista dello spazio, che si realizza. E questo suo potere ispiratore è arrivato anche agli animatori della Pixar che proprio a lui si sono ispirati creando l'altrettanto mitico Buzz Lightyear.
Tra l'altro il personaggio disneyano, che nello spin off animato è effettivamente un astronauta, è protagonista di una serie di giochi didattici della Nasa, mentre Aldrin stesso ha prodotto, nel 1992, Race into space, videogioco strategico a carattere spaziale.

Se a tutto questo aggiungiamo anche la sua collaborazione con lo scrittore di fantascienza John Barnes, possiamo concludere che il mitico Buzz Aldrin è veramente un simbolo dei nostri tempi, proiettato sempre al futuro, come testimonia la frase con cui mi piace conludere questa breve carrellata:
Mars is there, waiting to be reached.(4)
E se lo dice Buzz, possiamo credergli!

Praticamente tutto il materiale originale filmato durante la missione e successivamente digitalizzato dalla Nasa è stato raccolto e sistemato da Paolo Attivissimo nel documentario Moonscape e nel libro Luna? Sì, ci siamo stati.

(1) Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità
(2) Magnifica desolazione
(3) C'era qualcosa lì fuori, abbastanza vicino da essere osservato, e cosa poteva essere?
(4) Marte è lì, in attesa di essere raggiunto.

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