Stomachion

sabato 29 settembre 2012

La logica a fumetti

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All'interno del vasto mondo della divulgazione, una delle serie più di successo mai realizzata nel mondo anglosassone è quella degli Introducing. Ognuno di questi libri, che vengono ancora oggi prodotti, assegnati, per quel che riguarda i testi, ad abili accademici, ha certamente un vantaggio che ne permette una buona diffusione spesso indipendentemente dal valore dell'opera stessa: uniscono il saggio scientifico con il racconto a fumetti.
Più che un vero e proprio racconto a fumetti, però, ognuno degli Introducing è più un libro illustrato, dove solo in alcune occasioni spuntano delle pagine a fumetti classiche, mentre l'impostazione è spesso molto più quella dei poster (o delle infografiche, come si dice nel mondo 2.0). Il primo editore in assoluto a portare gli Introducing in Italia è stata la Feltrinelli: è d'obbligo citare titoli storici come Einstein, Darwin, Wittgenstein, ma soprattutto i libri di produzione più recente sono arrivati in Italia grazie alla Raffaello Cortina Editore. Sono così arrivati sugli scaffali titoli come La relatività a fumetti, L'evoluzione a fumetti, Il tempo a fumetti, tutti certamente argomenti più o meno complessi, ma a ben guardare il più complesso di tutti è sicuramente quello che affronta La logica a fumetti di Dan Cryan e Sharron Shatil, rispettivamente dello University College di Londra e della Open University di Israele, illustrato da Bill Mayblin.
L'argomento trattato dai tre coraggiosi autori è sicuramente di quelli difficili. La logica non è certo una disciplina banale, a incominciare dalla sua formulazione più semplice, quella che fino a qualche anno fa era praticamente obbligatoria nei programmi scolastici di matematica. Il primo ostacolo che bisogna affrontare è dare una buona definizione di logica, una di quelle che sia solida e salda nel tempo, e assolutamente indipendente dal tipo di logica utilizzata (perché di logiche ce ne sono più d'una, come vedremo). Una buona definizione è certamente quella proposta in fondo alla prima pagina dell'Introducing di oggi:
La logica è semplicemente lo studio delle argomentazioni che conservano la verità.
Se però adesso inizio a fare il pignolo e scrivo che si potrebbe definire la logica usando la conservazione della falsità e non cambierebbe assolutamente nulla nella bontà della definizione poc'anzi proposta, probabilmente qualcuno inizierebbe a lasciare questo articolo in questo punto preciso. Questa precisazione, però, è semplicemente un modo per far comprendere quanto, in effetti, la logica non sia una strada così semplice da percorrere, e che spesso, invece, è usata un po' troppo alla leggera un po' in ogni ambito (fateci caso, magari prima di andare a letto, ripensando alla giornata).
Molto spesso, infatti, pretendiamo dalla logica che questa ci dica se una tale affermazione sia vera o falsa, ma in realtà la logica semplicemente ci dice se un ragionamento è corretto o meno, ovvero se a partire da una data argomentazione posso dedurre la verità o la falsità di una tesi a partire dalle ipotesi iniziali.
Chiarito questo punto iniziale, possiamo provare ad addentrarci un po' nella storia della logica, che poi è proprio quello che fa La logica a fumetti.
Tutto iniziò con Aristotele, che pose le prime regole della logica interessandosi agli enunciati, in particolare a degli enunciati semplici contenenti un singolo predicato. Grazie agli enunciati, Aristotele fu in grado di costruire dei sillogismi, ovvero una serie di tre enunciati, legati uno all'altro in modo logico, tali per cui la conclusione risulta automaticamente vera a partire dalla verità dei primi due enunciati. Ovviamente basta che uno solo dei due enunciati sia falso o che non ci sia alcun nesso tra i primi due enunciati per rendere falsa o invalida la conclusione.
Il primo salto di qualità la logica lo fece quasi subito grazie a Crisippo di Soli, il primo ad utilizzare i connettivi logici (ovvero paroline come e, o, se), assolutamente mancanti nella prima formulazione aristotelica. Per riscorpire i risultati di Crisippo e poter anche avanzare sulla strada della logica, però, si dovette attendere il XVII secolo e l'arrivo di Leibniz che scardinò, in questo caso nella logica, il predominio della filosofia aristotelica, sponsorizzata dalla chiesa cattolica, un po' come fecero Galileo e soci nel campo della fisica e dell'astronomia.
Leibniz, però, oltre a fornirci una logica simbolica, ci lasciò anche la così detta reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo. Il metodo funziona molto semplicemente negando una delle ipotesi di partenza: se questa negazione porta a una contraddizione, allora l'enunciato che è conseguenza dell'ipotesi negata è vero. Il metodo viene proficuamente applicato in particolare quando è molto complicato dimostrare direttamente la verità di un qualche teorema, mentre spesso arrivare a una contraddizione logica è decisamente più semplice.
Per arrivare, però, alla logica classica, quella che usualmente si dovrebbe insegnare nelle scuole, abbiamo ancora bisogno di alcuni elementi. Innanzitutto dei così detti quantificatori, introdotti da Gottlob Frege. Un quantificatore è, semplicemente, una parola che serve per quantificare un certo insieme. Nella vita di tutti i giorni utilizziamo spesso dei quantificatori, ma evidentemente in logica non possono essere utilizzati tutti e Frege ne selezionò due: tutti e esiste almeno uno.
Per completare il quadro, ora, servono le tavole della verità di Wittgenstein, delle tabelle che schematizzano il risultato delle operazioni logiche a partire dai possibili valori di verità di ciascun enunciato (ricordo che in logica classica un enunciato può essere o vero o falso) e la teoria degli insiemi di Georg Cantor, da cui sono mutuati i simboli della logica, ovvero i connettivi logici introdotti da Crisippo. Le operazioni che si possono fare con gli insiemi, infatti, era evidente fossero molto simili alle operazioni logiche.
Facciamo bene attenzione: la teoria degli insiemi nasce all'interno della più vasta ricerca sull'infinito in matematica. Questo ponte permette da una parte di trasportare molti risultati della teoria degli insiemi nella logica, e dall'altra di fare il viceversa. In effetti il famoso paradosso del barbiere di Bertrand Russell nasce proprio da alcune conseguenze logiche scoperte da Russell studiando gli insiemi. D'altra parte il problema del continuo sollevato da Cantor è stato, e viene ancora portato avanti, all'interno della ricerca logica.
Questo interscambio tra logica e teoria degli insiemi ha in un certo senso messo alla luce in maniera più evidente la storia dei paradossi, di cui quello del mentitore è certamente uno dei più noti: si potrebbe in un certo senso dire che ogni nuovo paradosso che sorge è in realtà il paradosso del mentitore con un nuovo vestito, e ogni volta che si cerca di abbattere questo nuovo paradosso, quello che si sta facendo è cercare di battere il paradosso del mentitore. Quella che sembra la strada più utile per cancellarlo è quella di costruire (o scoprire) delle logiche differenti da quella classica. Questa strada, in un certo senso, ha condotto a nuove logiche: in questa grande famiglia in particolare due sono arrivate all'attenzione del grande pubblico negli ultimi anni, la logica fuzzy e quella quantistica.
L'esistenza di queste due logiche è diretta conseguenza del lavoro di Brouwer e Lukasiewicz. Il primo diede il via alla così detta logica intuizionista, che si basa sull'idea che la matematica si fonda non sulla logica di Russell e Frege ma su intuizioni. All'interno di questa costruzione logica, il così detto principio del terzo escluso, ovvero --p = p (si legge non non p uguale a p, ovvero negare due volte p coincide con p stesso) non vale, e questo fa anche cadere la dimostrazione per assurdo. Ovviamente ciò scatenò una piccola guerra tra gli intuizionisti e i leibniziani (passatemi il termine!) che venne conclusa da Godel, che dimostrò come non ci fossero differenze significative tra i metodi classici e quelli intuizionisti.
Anche se gli ardori degli intuizionisti vennero così spenti, il dibattito lasciò in molti scienziati (non solo logici e matematici, ma anche fisici e filosofi) l'idea che sia necessaria avere una dimostrazione costruttiva per essere certi della verità degli enunciati.
Lukasiewicz, invece, molto semplicemente, si chiese se fosse possibile costruire una logica a più valori. La logica classica, infatti, si basa su due valori, vero e falso, che possiamo anche identificare come 1 e 0 (e questo la rende perfetta per essere implementata all'interno dei dispositivi elettronici che funzionano con interruttori accesi o spenti). Una volta descritti i dettagli di una tale logica, non solo il principio del terzo escluso è destinato a cadere, ma con esso crolla anche la legge di non contraddizione, ovvero se p è vero -p è falso e viceversa. In questo caso, poiché p può assumere un valore intermedio tra 0 e 1, può fare lo stesso anche -p, che è definito come 1 - p. Il passo verson la logica fuzzy è, a questo punto, breve: se invece di avere un numero discreto di valori intermedi tra 0 e 1 iniziamo ad utilizzare l'intero continuo, ovvero a indicare semplicemente la percentuale di verità di un dato enunciato, ecco che abbiamo una logica molto potente e raffinata che, ad esempio, può essere applicata per migliorare gli algoritmi di ricerca su internet o per progettare delle intelligenze artificiali sempliciin grado di gestire delle piccole variazioni sulla programmazione di base.
Non molto differente nei risultati dalla logica fuzzy è la logica quantistica. Ciò che cambia è il punto di partenza. La logica quantistica parte da quella classica: il singolo qbit quantistico, infatti, quando viene lasciato solo soletto, può esistere, ad esempio, in due stati di spin distinti che sono tranquillamente assimilibili nello 0 e 1 della logica classica. Se però decidiamo di combinare due distinti qbit, allora il risultato finale non sarà o 0 o 1 ma una loro sovrappossizione, proprio come accade quando si combinano tra loro due stati di spin differenti, o come quando si cerca una soluzione al problema del gatto di Schroedinger!
Ora sembrerà che il discorso si spezzi, ma ciò che segue è direttamente collegato con la fuzzy e la quantistica: la logica ha giocato un ruolo fondamentale nella scienza e nella programmazione. In particolare con l'avvento del web, si è iniziato a sviluppare, come si era detto poc'anzi, degli algoritmi di ricerca sempre più efficienti, impossibili ovviamente senza un minimo di conoscenza logica. La ricerca su web, però, è anche strettamente collegata con la classificazione e la costruzione ordinata delle informazioni, e per migliorare questi processi si è iniziato a costruire il così detto web semantico. Evidentemente in questa costruzione ha una certa importanza la grammatica e questo rende la logica ancora più importante nello sviluppo futuro del web, visto che dei problemi legati con il linguaggio e la semantica si occuparono due logici del calibro di Wittgenstein (sempre lui!) e Noam Chomsky.
A questo punto possiamo, in un certo senso, chiudere il cerchio, perché grazie a Chomsky e alle logiche non classiche, innanzitutto quella fuzzy, più semplice da implementare, e quindi quella quantistica, il sogno di Alan Turing di costruire una intelligenza artificiale in grado di rivaleggiare con quella umana non sembra così irrealizzabile: nascono infatti le così dette reti neurali, ovvero dei sistemi matematici che cercano di riprodurre un sistema di neuroni, e la base logica per i processi di apprendimento e di deduzione è proprio la logicva fuzzy.
In effetti una chiusura migliore starebbe nella frase con cui Wittgenstein cercò di ridurre il peso della logica nel mondo:
Se ci fosse una "soluzione" ai problemi logici, allora dovremmo ricordare che un tempo non erano stati risolti (e anche allora si era in grado di vivere e pensare).
Forse, però, il problema non sta in quale sia il reale peso della logica nel mondo, ma nel fatto che abbiamo cercato di usare la logica ben oltre i suoi compiti.

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