Stomachion

martedì 30 settembre 2014

Ritratti: Winifred Edgerton Merrill

Winifred Edgerton Merrill fu la prima americana ad ottenere un dottorato in matematica presso la Columbia University nel 1886. Nella sua tesi sviluppò una rappresentazione geometrica degli infinitesimi in diversi sistemi di coordinate, utilizzando lo jacobiano per per derivare le trasformazioni tra gli integrali nei diversi sistemi.
Tra matematica e astronomia
Nata a Ripon, nel Wisconsin, il 24 settembre del 1862 da Emmet e Clara Edgerton, si trasferisce con la famiglia a New York intorno al 1870, dove il padre inizia a lavorare come agente immobiliare. Tra gli amici di famiglia ci sono gli scrittori James Russel Lowell, Oliver Wendell Holmes, Thomas Bailey Aldrich, mentre la piccola Winifred viene educata a casa da una tutor assunta allo scopo. La sua formazione viene poi completata dall'uso di un osservatorio che la famiglia aveva costruito per lei nel New Jersey.
A 16 anni decide di iscriversi al Wellesey College, che aveva aperto le porte alle donne nel 1875, e conclude gli studi nel 1883, iniziando successivamente a insegnare alla Mrs. Sylvanus Reed's Boarding and Day School for Young Ladies di New York. Sempre nello stesso anno calcola l'orbita della cometa Pons-Brooks a partire dai dati forniti dall'osservatorio di Harvard: questo primo successo le permette di accedere al telescopio della Columbia.
Innanzitutto ricordiamo che la prima università statunitense fu Harvard, nel 1636. Dopo 200 anni il mount Holyoke Female Seminary propose per la prima volta alle donne un curriculum simile a quello delle istituzioni maschili (si contavano circa 56 università). L'Oberlin College divenne la prima ad aprirsi anche alle donne nel 1837. Successivamente nel 1861 Yale fu la prima a fornire un PhD alle donne, mentre nel 1877 Helen Magill fu la prima a ottenere un dottorato negli Stati Uniti: in greco presso la Boston University, mentre è del 1879 la Harvard Annex (successivamente Radcliffe) aperta espressamente per le donne. In questo stato di cose la Columbia rappresentava un baluardo nella resistenza del mondo accademico maschile, che riteneva le donne inferiori e quindi incapaci di rivestire un ruolo di responsabilità nell'università. Ad ogni modo, nonostante venne respinta, nel 1883, la proposta di aprirsi all'educazione femminile, venne portato a termine un primo, importante compromesso:
Alle donne sarebbe stato impedito di frequentare i corsi, ma gli sarebbero stati forniti i libri necessari per superare gli esami richiesti. In caso di esito positivo di questi ultimi, sarebbe stato loro riconosciuto il titolo di studio corrispondente.
Una volta raggiunta la laurea, però, l'unica carriera possibile per le donne era l'insegnamento, almeno restando in un ambito accademico, mentre ancora di donne nella ricerca non se ne parlava per nulla.

lunedì 29 settembre 2014

Imparare la matematica con le gif animate

La matematica, in particolare la geometria, è una disciplina visualizzabile, e questa possibilità può essere sfruttata per avvicinarla agli studenti di ogni ordine e grado. Docsity ha recentemente pubblicato una serie di gif animate utili proprio allo scopo, trovate un po' qua e là lungo il web.
Una prima gif animata è quella relativa al completamento del quadrato, argomento un po' ostico per molti studenti:
La gif successiva, invece, può utilmente ispirare un esercizio su GeoGebra, visto che permette di visualizzare geometricamente una equazione lineare:

Scrupoli

Doris Mårtensson tornò a casa la sera di sabato venti aprile.
Adesso erano le otto del lunedì mattina, e lei se ne stava davanti al grande specchio della camera da letto a rimirare la sua tintarella e pensava a quanto invidiosi sarebbero stati i suoi colleghi. Aveva un brutto livido provocato da un succhioto sulla coscia destra e due sul seno sinistro. Mentre si allacciava il reggiseno, pensò che forse, per una settimana o dieci giorni, sarebbe stato il caso di evitare avventure galanti, al fine di schivare domande e spiegazioni intricate.

(da L'autopompa fantasma di Maj Siöwall e Per Wahlöö, trad. Renato Zatti)

domenica 28 settembre 2014

Il (non) carnevale della fisica #1

Cos'è la fisica? Vediamo cosa si legge su it.wiki:
La fisica è la scienza della natura nel senso più ampio. Il termine "fisica" deriva dal neutro plurale latino physica, a sua volta derivante dal greco τὰ φυσικά [tà physiká], ovvero "le cose naturali" e da φύσις [physis], "natura".
Scopo della fisica è lo studio dei fenomeni naturali, ossia di tutti gli eventi che possano essere descritti ovvero quantificati attraverso grandezze fisiche opportune, al fine di stabilire principi e leggi che regolano le interazioni tra le grandezze stesse e rendano conto delle loro reciproche variazioni. Quest'obiettivo è raggiunto attraverso l'applicazione rigorosa del metodo scientifico e spesso la fornitura finale di uno schema semplificato, o modello, del fenomeno descritto.
L'insieme di principi e leggi fisiche relative ad una certa classe di fenomeni osservati definiscono una teoria fisica deduttiva, coerente e relativamente autoconsistente, costruita tipicamente a partire dall'induzione sperimentale.
Il Carnevale della Fisica ha affiancato, per poco meno di quattro anni, il più illustre Carnevale della Matematica. Ha svolto un compito importante, quello di animare la blogosfera scientifica (ad esempio, sulla sua scia, è nato il Carnevale della Chimica e ha fatto capolino anche quello della Biodiversità o quello dei Libri di Scienza). L'ultima edizione a noi nota è la numero 45, ma la rotta era stata persa da almeno un anno, salvo sporadiche edizioni degne di nota, dietro una gestione da marketing dei poveri che si poteva già intravedere sin dalla modalità di scelta del banner ufficiale. A parte questo, però, il Carnevale ha per un po' funzionato, nonostante le difficoltà delle prime edizioni, ed è anche per questo che, un po', mi manca, soprattutto per le occasioni perse nell'ultimo anno, prima fra tutte l'assegnazione del Nobel per la Fisica per la teoria che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. E allora ho pensato di fare da solo, con una edizione sperimentale giusto a pochi giorni dall'assegnazione dei nuovi Nobel: è dunque importante sottolineare che non ho avvisato nessuno dei blogger citati di seguito, che linko con piacere, e che sono stati selezionati semplicemente perché li leggo un po' più di altri. In questo momento, quindi, l'unica regola per partecipare è far parte di un qualche mio feed reader e sperare di non sfuggirmi. E questo è uno dei motivi del non nel titolo di questo link post. L'altro è che, se l'iniziativa avrà successo e diventerà itinerante come lo era il Carnevale della Fisica, vorrei che restasse distinta da quella precedente, nella speranza che non commetta gli stessi errori del passato. Il banner che ho scelto, poi, è una speranza che si mantenga quello spirito carrolliano che dovrebbe alimentare un qualunque carnevale scientifico.
Se queste poche idee vi interessano, se ne può discutere, ma per intanto vediamo quali post ho selezionato per questa nuova, prima edizione:
Peppe Liberti ha iniziato una nuova serie sul principio di minima azione. Dalla prima parte estraggo il seguente passaggio (preso quando si è quasi giunti alla fine):
Non sempre il cammino più breve è una retta, potrei fare mille controesempi o chiederlo a un bagnino. Lo è in assenza di interazioni, quando una particella in moto a una certa velocità non ha nessun motivo per cambiare atteggiamento (chi glielo fa fare?). Quando invece entra in gioco un'interazione, la particella ne deve tener conto: energia cinetica e energia potenziale saranno in competizione durante tutto il cammino e la guideranno senza indugio lungo il percorso di minima azione. Se lanciate un sasso potrete seguire con lo sguardo il suo percorso di minima azione, quello che tiene conto della velocità con cui lo avete lanciato e dell'interazione con l'ambiente che attraversa.
Scientificando di Annarita Ruberto non viene aggiornato da tempo, però, mancando il carnevale da mesi e mesi, ciò mi permette di segnalarvi un post non troppo recente (ma nemmeno il più vecchio del gruppo!), Il Superammasso Stellare R136 Nella Nebulosa Tarantola o 30 Doradus Nebula:
Il superammasso stellare, chiamato R136, ha soltanto pochi "milioni di anni" e risiede nella Nebulosa Tarantola o 30 Doradus Nebula, una turbolenta regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano (LMC), una galassia satellite della nostra Via Lattea. Non c'è regione di formazione stellare, nota nella nostra galassia, che sia grande o prolifica come 30 Doradus.
Marco Fulvio Barozzi, in arte Popinga, come l'omonimo personaggio di un bellissimo romanzo di Simenon, ha dedicato a luglio un bellissimo post sulle storie d'amore come sistemi dinamici, che è tutta matematica, certo, ma in fisica i sistemi dinamici sono importanti, quindi:
Le storie d’amore sono processi dinamici nei quali i coinvolgimenti sentimentali (i "sentimenti") evolvono nel tempo, partendo, in generale, da uno stato di indifferenza. Per questo motivo, esse possono essere collocate, almeno come principio, all’interno della struttura formale della teoria dei sistemi dinamici, dove si utilizzano modelli matematici per descrivere l’evoluzione nel tempo delle variabili di riferimento. I modelli più frequentemente usati si basano sulle equazioni differenziali ordinarie (ODE).
Il resto della truppa, ora, in ordine sparso, senza che qualcuno si offenda perché viene prima, o dopo, o perché è assente: è tutta una sorpresa, in fondo, quindi gli assenti potranno diventare presenti e viceversa, senza alcun impegno!

sabato 27 settembre 2014

Storia delle esposizioni universali al Museo Leonardo

Manca poco meno di un anno a Expo 2015 e il Museo della Scienza Leonardo da Vinci ha allestito una piccola esposizione dedicata alle... esposizioni universali:
Esposizione universale (a volte detta anche mondiale) è il nome generico che indica le grandi esposizioni tenutesi fin dalla metà del XIX secolo. Lungo i decenni questo termine è stato associato indiscriminatamente a qualsiasi esposizione di carattere internazionale sebbene l'organismo internazionale che coordina gli eventi di questo genere, il Bureau International des Expositions (tipicamente abbreviato in BIE), definisse una nomenclatura ben precisa. In tempi moderni comunque l'aggettivo universale viene associato a qualsiasi Expo di categoria superiore (in contrasto con le esposizioni internazionali, più piccole).
L'installazione, come nello stile del Museo, propone anche soluzioni interattive divertenti, anche se non sempre veloci nel rispondere agli stimoli (ma d'altra parte, a fine giornata, dopo migliaia di visitatori, qualche problema ci può stare!).
Ad ogni modo, durante la visita notturna di ieri, ho scattato qualche foto:

venerdì 26 settembre 2014

La notte dei ricercatori 2014 a Milano

Come ormai saprete, oggi è la Notte Europea dei Ricercatori. Le iniziative si svolgono un po' in tutta Italia e qui vi segnalo solamente quelle per la città di Milano (anche se, come spiegherò più sotto, sono stato tentato di non farlo).
Innanzitutto c'è l'open night al Museo delle Scienze, e in particolare ci sarà Marco Delmastro, che discorrerà di fisica delle particelle e, probabilmente, anche di Particelle familiari, il suo primo libro di divulgazione (che ancora non ho acquistato...). Con Marco ci saranno due incontri, alle 19:30 e alle 21:30, entrambi di un'ora. Il museo, in ogni caso, resterà aperto a partire dalle 18 e fino alle 24.
L'altro evento milanese sarà il Meet me tonight, presso i giardini di Porta Venezia, intitolati da Indro Montanelli. Ci saranno attività dedicate alle scuole (dalle 13:30 alle 15:30) e poi incontri con i ricercatori presso gli stand fino alle 23. (ulteriori dettagli su Wired)
E veniamo ai motivi per cui non avrei voluto scrivere alcunché della Notte:
In effetti vi avrei dovuto raccontare di un paio di eventi che si sarebbero tenuti a Roma, ma per non so quale motivo non se n'è fatto nulla. Ero stato contattato mesi fa a tal proposito e riguardo l'invio del materiale necessario per scrivere il post mi era stato scritto:
Mi rifaccio vivo io, buona serata e grazie ancora!
Non solo non si è fatto vivo nessuno, ma in giro altri blogger hanno scritto post sulla Notte, quindi evidentemente, come ho scritto anche su twitter, sono uno dei pochi che non ha ricevuto il materiale. Il punto della lamentazione non è tanto la piccola, possibile, promessa retribuzione per il post, ma il fatto che prima ti fanno sentire parte di un bell'evento di promozione della ricerca in Italia e poi ti trattano come quando eri all'università!
In ogni caso cercherò di non pensarci, e soprattutto cercherò di non distrarmi, questa notte, mentre farò lezione (ho iniziato una supplenza serale, e ogni tanto mi sento come il mercenario che, per iniziare con due giorni di anticipo in una scuola ancora piuttosto disorganizzata, preferisce i soldi alla scienza, io che preferirei decisamente il contrario...).
E scusate per lo sfogo...

giovedì 25 settembre 2014

Profumo di particelle

Direi che oggi pomeriggio è stato un bel respirare, al Palazzo Brera. Cristina Lazzeroni dell'Università di Birmingham è venuta alle 18 (come avevo scritto nel post precedente) per raccontare del bosone di Higgs, del modello standard e di materia e antimateria. E' una sperimentale presso l'esperimento LHCb al CERN, l'esperimento dedicato proprio alla ricerca su uno dei grandi misteri dell'universo: perché in esso c'è un eccesso di materia (e d'altra parte se non fosse così, non ci sarebbe nemmeno stata la sua conferenza oggi pomeriggio, per esempio!). Ha raccontato molto bene una materia interessante, che è stata sulla bocca di tutti nel luglio 2012 e, soprattutto, in un modo molto semplice ma non banale. Ha utilizzato delle analogie estremamente azzeccate, in alcuni casi anche provando a mimare i comportamenti delle particelle e mi sembra giusto scrivere i complimenti che già le ho espresso di persona. Infatti, come mi aveva gentilmente chiesto Stefano Sandrelli, sono stato presente alla conferenza non solo per il profumo di particelle, ma anche per eventualmente intervenire in caso di domande teoriche. Per fortuna non è stato il caso, altrimenti avrei rischiato di svuotare la sala per la noia (il rischio c'è stato, visto che è spuntata la teoria delle stringhe...): era piena, come spesso avviene in queste belle occasioni, con, come al solito, gente in piedi ad ascoltare con grande attenzione, forse anche maggiore rispetto a una conferenza scientifica, una di quelle serie che si fanno nei congressi dei ricercatori, per intenderci.
Forse l'aspetto più "nuovo" di cui Cristina ha raccontato è proprio l'asimmetria tra materia e antimateria, che è stata ulteriormente confermata da LHCb nel 2013:

martedì 23 settembre 2014

Il bosone di Higgs sotto i cieli di Brera

Per i I cieli di Brera, il 24 settembre (domani... scusate per il ritardo nell'annuncio...) alle 18 presso la Sala delle Adunanze dell'Istituto Lombardo nel Palazzo Brera sito in via Brera 28 (Milano), si terrà la conferenza La fisica delle particelle e il Large Hadron Collider: recenti sviluppi e questioni aperte:
Cristina Lazzeroni ci introdurrà alla fisica delle particelle e agli studi fatti al Large Hadron Collider del Cern di Ginevra mettendo l’accento su recenti sviluppi come la scoperta di una nuova particella consistente con il bosone di Higgs e sulle questioni ancora aperte.
Recenti sono gli ultimi risultati di ricerca pubblicati relativi al bosone di Higgs. Vado a tradurvi la news uscita su Nature:
I ricercatori hanno ridotto l'incertezza della loro stima della massa del bosone di Higgs, la particella che si pensa conferisca massa alla materia.
La collaborazione ATLAS, uno dei due team che ha rilevato l'Higgs al Large Hadron Collider nei pressi di Ginevra, Svizzera, ha rianalizzato i dati e migliorato la calibrazione del rivelatore per rilasciare la massa rivista di 125.36 GeV, con un errore sistematico di 0.18 GeV (un miglioramento di un fattore 3).
La misurazione affinerà la predizione sul comportamento dell'Higgs e aiuterà a identificare potenziali fenomeni non previsti dal Modello Standard, ricorda il gruppo.
L'articolo è stato pubblicato su Physical Review D, rilasciato con licenza Creative Commons 3.0:
Aad G., J. Abdallah, S. Abdel Khalek, O. Abdinov, R. Aben, B. Abi, S. H. Abidi, M. Abolins, O. S. AbouZeid & H. Abramowicz & (2014). Measurement of the Higgs boson mass from the Hγγ and HZZ*4 channels in pp collisions at center-of-mass energies of 7 and 8 TeV with the ATLAS detector, Physical Review D, 90 (5) DOI: http://dx.doi.org/10.1103/physrevd.90.052004
Vi segnalo anche Higgs Mass Comes into Clearer Focus di David Voss. A quest'ultimo aggiungo anche una selezione dei post sul bosone di Higgs che ho scritto sul blog:
Accerchiando il bosone di Higgs | I giorni dell'Higgs | Scoperta di un bosone | Il bosone, lo spin e il gravitone | Il credito dovuto a Peter Higgs
Infine due parole sulla conferenziera:
Cristina Lazzeroni si è laureata e dottorata in fisica nel presso l'università di Pisa. Ha poi proseguito i suoi studi sulla fisica delle particelle a Edimburgo, poi Cambridge e dal 2007 è ricercatrice presso l'Università di Birmingham; oggi Professore Associato ha pubblicato più di 100 articoli su riviste internazionali di settore. E' un'entusiasta comunicatrice ed ha organizzato svariate mostre di particelle elementari per il grande pubblico in Gran Bretagna.

domenica 21 settembre 2014

Il più grande robot del mondo

Oltre ai problemi di pubblicazione, la gestazione del post è stata sicuramente la più complessa di tutta la serie dedicata ad "Astro Boy". Il post che segue ha subito almeno un paio di riscritture a partire da un testo di base iniziale, che vi posso assicurare alla fine è risultato completamente stravolto. La versione alla fine pubblicata non mi ha comunque soddisfatto appieno, ma se avessi continuato a limare, probabilmente non avrebbe visto mai la luce e non avevo altre appendici da proporre sulle storie precedenti. Per cui... Buona lettura!
Come ricorda il critico nipponico Gorot Yamada nella postfazione a Pluto #6 di Naoki Urasawa
Il più grande robot del mondo fu l'apice della popolarità della saga.
La sua serializzazione iniziò sulle pagine di Shonen nel giugno del 1964 per concludersi nel gennaio del 1965 e a differenza di Black Looks e de L'armata di Hot Dog, mostra sin da subito la vera identità del nemico e le sue motivazioni. Infatti mentre in Black Looks l'avversario di Atom si nasconde dietro delle maschere, in Hot Dog Tezuka giocherà con il lettore, permettendogli di intuire l'identità dell'avversario che fisicamente attaccherà l'eroe e svelando invece le motivazioni del mandante solo dopo alcune decine di pagine. Ne Il più grande robot del mondo, invece, Pluto ci viene mostrato nella vignetta d'apertura in tutto il suo splendore mentre il suo padrone, il sultano Chochi Chochi Ababa gli assegna la sua missione: distruggere i sette robot più forti del mondo, per potersi lui arrogare il diritto di re del mondo, in quanto suo padrone.
La storia è abbastanza lineare nello sviluppo: con un crescendo della drammaticità e della violenza robotica, Pluto affronta uno a uno i suoi 7 avversari, iniziando da Mont Blanc, il robot svizzero, guida montana. A parte Mont Blanc e Atom, titolare della serie, gli avversari di Pluto sono quasi tutti descritti come combattenti, più o meno tagliati su una stessa matrice, che sembra quella su cui sono in particolare basati North 2, Hercules e Brando. Una leggera variazione c'è, invece, con Gesicht, robot investigatore tedesco, che però Tezuka non descrive per le sue doti investigative ma per quelle da combattente. E' il primo che mette in reale difficoltà fisica Pluto in una scena epica dal sapore western (che evidentemente ha influenzato il cinefilo mangaka), tutta giocata sotto la pioggia, a sottolineare la drammaticità dello scontro.
Questa caratterizzazione abbastanza lineare se non in certi casi piatta suggerisce, in realtà, l'idea di una rappresentazione della guerra. Non a caso ciascun robot sfidato da Pluto proviene da una nazione differente. Lo stesso finale, con Atom che si chiede se mai questa violenza avrà fine, sembra un riferimento forte a questa prima chiave di lettura antibellica della storia di Tezuka.

sabato 20 settembre 2014

Il valore estetico di un dipinto

Il dolore è modulato da fattori cognitivi, tra cui l'attenzione e le emozioni. In questo studio abbiamo valutato l'effetto di distrazione dell'apprezzamento estetico sul dolore soggettivo (...) indotto da stimolazione laser della mano sinistra su 12 volontari in salute. I soggetti sono stati stimolati con il laser in assenza di altri stimoli esterni e mentre guardavano diversi dipinti che avevano precedentemente classificato come belli, neutrali o brutti. La visione dei dipinti precedentemente apprezzati come belli ha prodotto un livello di dolore inferiore (...).
I nostri risultati forniscono la prova che il dolore può essere modulato al livello corticale dal contenuto estetico di stimoli di distrazione.
L'articolo Aesthetic value of paintings affects pain thresholds del gruppo italiano composto da Marina de Tommaso, Michele Sardaro e Paolo Livrea ha vinto l'Ig Noble 2014. Sul loro lavoro vi segnalo un paio di post interessanti: Effects of Art in Lowering Pain Levels e Pain & Paintings: Beholding Beauty Reduces Pain Perception and Laser Evoked Potentials.
L'Italia ha vinto anche un secondo premio, in economia, grazie all'ISTAT
(...) per l'orgoglio di aver preso la guida nell'adempiere il mandato dell'Unione Europea per ogni paese di aumentare la dimensione ufficiale dell'economia della propria nazione, includendo i ricavi dalla prostituzione, dalla vendita illegale della droga, dal contrabbando, e da tutte le altre operazioni finanziare illecite tra i partecipanti volenterosi.
Mi sa che l'Ig Noble per sentirsi fieri di essere imbroglioni non siamo andato a ritirarlo...
Ultima menzione al premio per la fisica, che va al gruppo composto da Kiyoshi Mabuchi, Kensei Tanaka, Daichi Uchijima e Rina Sakai per aver studiato l'attrito mentre si scivola sulla classica buccia di banana!
Anche quest'anno la matematica, che nei giorni scorsi è stata vista sudare copiosamente, è stata risparmiata, ma non è detto che la pacchia continui ancora a lungo...

venerdì 19 settembre 2014

Bassa e gialla

La bassa, gialla
Luna sopra la casa
Calma illuminata da una lampada

Jack Kerouac, The low yellow
Illustrazione di B. E. Pike tratta da The Wonderland of Science di J. C. Sanford, via nemfrog

giovedì 18 settembre 2014

Affascinanti teorie

Infatti le teorie sono tutte molto affascinanti, ma se non vengono verificate da osservazioni o esperimenti, rimangono piacevoli ipotesi che divertono gli scienziati e gli scrittori di fantascienza.
Isaac Asimov
da Scivola, stella, scivola (Twinkle, Twinkle, Microwaves), su Urania 735, traduzione di Luca Serri

mercoledì 17 settembre 2014

Mondo 9

Pubblicato a puntate su web, è stato successivamente raccolto in volume da Delos Books. Definito da Graham Edwards un romanzo steampunk (ma non sono completamente d'accordo), deve secondo me molto a un romanzo di grande impatto come Dune di Franck Herbert, con il quale condivide l'ambientazione: un pianeta desertico.
Per muoversi e sopravvivere, però, gli esseri umani si devono affidare a navi gigantesche che solcano le dune di sabbia e con una tecnologia così sofisticata, da essere praticamente indipendenti, creando una vera e propria cultura parallela, che non fa altro che nutrirsi del sangue. Preferibilmente quello degli uomini.
In poche parole: il sogno di Turing trasformato in incubo da Dario Tonani.

martedì 16 settembre 2014

Leonard Susskind sull'universo

Guarda un po' il caso. In una discussione su Quora riguardo le possibilità di visualizzare oggetti di dimensioni superiori a 3, fa capolino Leonard Susskind, che, spero ricorderete, ho citato scrivendo un paio di cose sul principio olografico. Di Susskind viene segnalata una intervista per l'Enonomist, di cui vi traduco l'estratto più strettamente collegato con l'universo.
L'universo si sta ancora espandendo? E se sì, di quanto si può espandere, ed nel caso imploderà?
No, no, no. Prima che l'energia oscura venisse scoperta c'erano tre possibilità: che sarebbe imploso, che avrebbe continuato ad espandersi o che si sarebbe espanso a un tasso sempre decrescente. Una volta che l'energia oscura è stata scoperto e che si è scoperta essere positiva è stato dimostrato che continuerà ad espandersi.
Le equazioni come le conosciamo oggi non sembrano consentire la possibilità che esso imploderà. Con l'espansione l'energia oscura non si diluirà. E' energia di vuoto. In ogni pezzetto di volume c'è la stessa quantità, ma gli elettroni, i protoni o i neutroni si diffonderanno, così ciò che possiamo vedere oltre è un universo che è completamente vuoto.

Se l'universo è in espansione ci deve essere qualcosa in cui si sta espandendo?
Ha ha! No. Sei una vittima della tua architettura neurale che non ti permette di immaginare qualcosa al di fuori delle tre dimensioni. Anche le due dimensioni. Le persone sanno che non possono visualizzare quattro o cinque dimensioni, ma pensano di poter chiudere gli occhi e vedere le due dimensioni. Ma non possono. Quando chiudi gli occhi e provi a vedere le due dimensioni vedrai sempre una superficie immersa nelle tre dimensioni.
C'è qualcosa di speciale nelle tre dimensioni? No. C'è qualcosa di speciale nella tua architettura neurale. Ti sei evoluto in un mondo dove ogni cosa all'interno del tuo cervello è collegato e orientata per permetterti di vedere tre dimensioni e nient'altro.

Quindi l'universo non è qualcosa che possa essere immaginato da mente umana?
E' corretto. Ecco perché siamo attaccati all'uso della matematica astratta per la semplice ragione che le nostre capacità di visualizzazione si sono evolute in un certo ambiente che non era appropriato per comprendere la meccanica quantistica e la relatività generale, così dobbiamo ricavare le nostre intuizioni dalla matematica astratta.

Così l'universo non ha un fuori?
Non ha un fuori o un dentro. Ha solo la superficie di gomma. Devi imparare a pensare alla superficie del pallone come tutto quello che c'è. E' tutto quello che c'è.

lunedì 15 settembre 2014

La Sunmobile della General Motors

Su Corrierino e Giornalino, qualche giorno fa, è stata pubblicata la scannerizzazione di una pagina con due trafiletti di Mauro Janni del 17 gennaio 1965 in cui quello superiore è dedicato all'automobile solare della General Motors.
In effetti l'automobile solare, la Sunmobile, è un modellino di poco meno di 40 cm costruito da William Cobb e presentato il 31 agosto del 1955 a un motor show a Chicago. Il modello, in legno di balsa, presentava 12 piccoli pannelli solari su tutta la parte superiore della carrozzeria, che convertivano in energia elettrica la luce, sia del sole sia di una lampadina, come mostrato nell'immagine estratta dal Corriere dei Piccoli.
Questa piccola idea è stata, recentemente, rispolverata in un paio di siti di automobili: Little Sunmobile hints at GM's Solar Powered future e Go Back To Future In 1955 With The GM Sunmobile, segno che l'interesse non si è proprio spento, nemmeno da parte della stessa azienda, che nel corso dei decenni ha provato a dare continuità all'interesse con la Sunraycer nel 1987, una vettura che sin dall'aereodinamica voleva essere di livello competitivo. Partecipò, infatti, al World Solar Challenge in Australia quello stesso anno, stabilendo un record di velocità rimasto imbattuto fino al 2011. Tra l'altro GM, a differenza di certe aziende italiane, ha finanziato l'UMSolar team dell'Università del Michigan, che ha vinto l'American Solar Challenge 2014.
Ultima osservazione: la General Motors, alla Fiera Mondiale di New York del 1964-65, realizzò un intero padiglione sulle auto del futuro (anche se, devo dire, non ho trovato alcun riferimento ad automobili solari...).

domenica 14 settembre 2014

Appendice: Atom, Topolino, Flash Gordon e il fico strangolatore

Queste poche righe sarebbero dovute comparire nel post dedicato a L'armata Hot Dog, ma la memoria, fino a settimana scorsa, ha difettato. Poi, grazie allo stimolo del volume Le follie di Eta Beta, ecco che la memoria ritorna.
Iniziamo con la scena dalla storia lunare in cui Atom si trova invischiato tra i tentacoli guardiani lasciati dal perduto popolo dei lunatici:
La drammatica scena ricorda e non poco una analogamente drammatica scena disegnata da Floyd Gottfredson ne La spia poeta in cui Topolino si trova catturato dai voraci rami di un albero strangolatore, lì legato dal sosia di Oscar Wilde:
A sua volta questa scena è (probabilmente) ispirata a un'altra drammatica scena viasualizzata da Alex Raymond nel gennaio del 1937 sulle strisce di Flash Gordon, in cui l'eroe titolare della serie viene messo in difficoltà da una pianta assassina dotata di liane mobili come i bracci di una piovra:
E', dunque, un incastro di ispirazioni: se non è da escludere la possibilità che Osamu Tezuka conosca Flash Gordon, è forse più probabile che la fonte d'ispirazione principale sia proprio il Topolino di Gottfredson e la sua Spia poeta.
Ultima osservazione: un albero strangolatore esiste realmente in natura, ma è parassitario non degli animali ma di altri alberi. Il fico strangolatore, o Ficus watkinsiana, deriva il suo nome comune dal fatto che
(...) cresce lentamente attorno agli altri alberi e si avviluppa attorno ad essi con le radici, che raggiungono il suolo e arrivano anche al punto di soffocare la pianta ospite privandola della luce e delle sostanze di nutrimento.

sabato 13 settembre 2014

Lo zio Oswald e il Roald Dahl che non ti aspetti


Mia sorella mi ha ricordato che oggi è il Roald Dahl Day, così ecco la recensione di un romanzo sorprendente, inedito in Italia.
Se siete uno di quegli adulti che amano Roald Dahl per le sue storie per bambini, se siete uno di quegli adulti che ritiene Il GGG il più bel libro mai scritto in assoluto, allora state lontani da Lo zio Oswald: potrebbe non piacervi.
Il romanzo di Dahl, fino a qualche tempo fa ancora inedito in Italia, aggiunge un nuovo tassello alla sua produzione per adulti, fatta molto di racconti di ogni genere, dall'orrore al mistero al fantastico, tutti però con una certa ironia. E Lo zio Oswald non ne è esente, ma ciò che vuole mettere alla berlina è un argomento di cui si tende a parlare molto poco, o forse anche troppo in altri contesti, ma in ogni caso sempre a sproposito: il sesso.
L'attività intrapresa da Oswald Cornelius è tutto fuorché ineccepibile: è al limite della truffa e ha come unico obiettivo quello di far guadagnare Oswald sfruttando uno degli istinti più incontrollabili del genere umano, grazie a delle magiche pilloline rosa che ricordano molto delle magiche pilloline azzurre diffuse ai giorni nostri. Queste sono ricavate da un particolare coleottero sudanese, Lytta vesicatoria, noto sin dall'antico egitto e utilizzato sia come medicinale, sia come afrodisiaco, ma anche come veleno:
A medici e curatori vari è apparso subito chiaro che la differenza tra la dose efficace per ottenere effetti afrodisiaci e quella mortale, o comunque dannosa, è in realtà minima.
(...) La dose mortale per un adulto è di circa 30 milligrammi.(1)
Quella delle pillole afrodisiache non è però un'idea innovativa (è geniale la commercializzazione ma non la creazione): di pillole afrodisiache, infatti, si parla sin dal XV-XVI secolo sulle pagine del testo indiano Ananga Ranga, dove è presente anche una ricetta per realizzare delle pillole afrodisiache utilizzando zafferano, noce moscata e semi di coriandolo(1). Più nuova è quella della banca del seme: considerate che il romanzo è del 1979 e che appena due anni prima aveva aperto la banca del seme della California.
Nel complesso, però, non sono tanto le idee e la loro freschezza a colpire, quanto l'utilizzo piuttosto disinvolto di queste due idee, o la loro distorsione, che anticipa la distorsione che sarebbe avvenuta nei decenni futuri (rispetto a Dahl). Il romanzo è comunque leggero, gradevole e veloce, nonostante dei 26 capitoli di cui è costituito, ne ho letti solo 25: ho saltato quello con Einstein, per una certa forma di rispetto verso il grande fisico teorico. A maggior ragione considerando che la descrizione di Picasso mi è sembrata estremamente aderente al personaggio.
Roald Dahl: Storie ai meno giovani
(1) Christian Ratsch, Le piante dell'amore

venerdì 12 settembre 2014

Leggere Lolita a Teheran

Un po' di anni fa mi parlarono molto bene di questo libro ma non lo presi subito, e me ne dimenticai. L'anno scorso mi ritornò in mente e lo misi nella mia lista dei desideri: desiderio realizzato!
Il libro inizia con un incontro segreto, un seminario letterario al quale partecipano 7 donne. Viene organizzato dalla protagonista (e scrittrice) del libro a casa sua, dove possono sentirsi libere di non coprirsi con il velo e sfoggiare colori e accessori, sentirsi libere di essere sé stesse e parlare di letteratura, autori e libri che vengono messi al bando, perché ritenuti pericolosi.
Il libro è diviso in quattro parti legate tra di loro. Ogni parte ha come 'centro' del racconto un libro o uno scrittore in particolare, da cui poi si lega la storia raccontata dalla protagonista. Lei è appunto un'insegnante universitaria che in tempo di guerra e rivoluzione prova a fare il suo lavoro cercando però di non venire meno alle sue idee e al suo modo di vivere. Non sarà per niente facile continuare a insegnare come vuole e gli autori che vuole, ma con determinazione e l'aiuto di persone a lei vicine continuerà per la sua strada.
I racconti della vita da insegnante si alternano a ciò che succede fuori l'università, racconti di guerra, bombardamenti, morti nascoste; racconti di paura, rabbia, dolore; racconti di vita vera, vissuta sulla propria pelle; racconti di una guerra che sembra finita ma porta con sé ferite che non si rimargineranno.
Preparatevi ad arrabbiarvi un po' e versare qualche lacrima, soprattutto leggendo l'epilogo!


mercoledì 10 settembre 2014

Se trovi cattivo questo mondo, dovresti vedere gli altri!

In effetti questa è (o dovrebbe essere) la versione estesa di una conferenza di Philip K. Dick alla convention fantascientifica di Metz, in Francia, nel 1977. Non sono riuscito a trovare trascrizioni dell'intervento realmente fatto dallo scrittore a Metz, ma il video (via Open Culture) è abbastanza differente (non troppo rispetto ai contenuti) rispetto al testo (archive.org) successivamente pubblicato sulla Philip K. Dick Society Newsletter #27.
Innanzitutto Dick esprime l'idea alla base di Matrix, che dal punto di vista squisitamente letterario dimostra, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l'influenza dello scrittore statunitense sul cyberpunk, di cui la trilogia dei Wachowski brothers è una delle massime espressioni (si potrebbe affermare che è una diretta conseguenza di Neuromante). D'altra parte è evidente quanto Dick credesse nella effettiva realtà di questa idea, quasi a suggerire che, se il multiverso esiste, in qualche modo noi siamo in grado di rendercene conto.
Dick, per la sua conferenza, ha quindi sfruttato due concetti, uno non completamente originale (ma bisognerebbe mostrare che conosceva l'argomento), ovvero il multiverso, e quindi l'idea alla base di Matrix, ovvero quella di vivere in una simulazione al computer. E' in particolare quest'ultima che mi interessa in questa sede, non solo perché è stata ripresa e filosoficamente approfondita da Nick Bostrom in Are you living in a computer simulation?(1), ma anche per le possibili implicazioni che avrebbe sul nostro universo se la si abbina con l'esperimento Holometer del Fermilab:
Così come i personaggi di una trasmissione televisiva non sanno che il loro mondo che sembra in 3D esiste solo su uno schermo in 2D, noi potremmo essere all'oscuro che il nostro spazio 3D è solo un'illusione. L'informazione riguardo ogni cosa nel nostro universo potrebbe essere effettivamente codificata in piccoli pacchetti di due dimensioni.

martedì 9 settembre 2014

Pianeti da vendere

Il romanzo raccoglie cinque dei sei racconti di cui è costituita la serie originale, incentrata sulle avventure di Artur Blord, un imprenditore di una lontana colonia terrestre, con un grandissimo fiuto per gli affari che gli permette di intraprendere con successo quasi qualunque impresa. Blord costituisce in un certo senso una anomalia nella produzione di eroi di Van Vogt, non possedendo alcun superpotere (anche se questa mancanza verrà sopperita da alcuni dei comprimari).
Il segreto del suo successo, infatti, sta nel suo istituto di ricerca: egli si fida degli scienziati alle sue dipendenze, e delle loro geniali capacità (non a caso la sfida più difficile del romanzo è proprio contro uno scienziato criminale), e questo gli permette di ottenere i migliori brevetti e quindi i migliori appalti, che poi Blord utilizzerà non solo per il proprio tornaconto personale, ma anche per rendere indipendenti le colonie dalla Terra.
C'è infatti un che di libertario e anarchico nel romanzo, sottolineato dalla sfida finale contro la polizia, nei cui ranghi si era infiltrata un'organizzazione di scienziati criminali che aveva anche iniziato a prendere il controllo del potere nelle colonie, e in effetti Blord ha vinto la sfida per una serie di cause: da un lato il fatto di controllare completamente alcuni pianeti grazie al potere economico, che la polizia gli stava, però, man mano sottraendo, dall'altro l'alleanza con l'avversario del primo racconto, Skal, ultimo di una razza di rettili telepatici.
Nel complesso è sicuramente un romanzo vanvogtiano, ma costituisce anche una sorta di eccezione, come accennato, nella sua produzione proprio perché il protagonista è un semplice essere umano che, dotato del suo ingegno, riesce però alla fine a sopravvivere alle trappole che i suoi avversari gli mettono lungo il percorso. Non siamo sicuramente ai livelli di Crociera nell'infinito, o di Non-A 3, o de I polimorfi, dove si trovano anche delle riflessioni profonde sulla vita e sulla cultura umana, ma resta nel complesso un romanzo leggero e godibile, con un riferimento appena accennato al controllo burocratico nella vita dei cittadini (in questo caso degli imprenditori...).

lunedì 8 settembre 2014

Le leggende del castello nero e altre storie

Igino Ugo Tarchetti è stato uno dei rappresentanti della scapigliatura milanese, dedicandosi, lo scrittore, alla letteratura del fantastico e del gotico da una parte, e alla scrittura umoristica dall'altra.
Come sta esplorando molto bene Splatter in una serie di articoli sul cinema horror, l'Italia ha sempre mostrato nel genere del mistero e della paura una certa interessante propensione. Non dimentichiamo, infatti, che uno dei romanzi gotici per eccellenza, Il castello di Otranto, è ambientato in Italia. La raccolta Le leggende del castello nero di Tarchetti edita dalla Nero Press raccoglie una serie di racconti tranquillamente leggibili in pubblico dominio (si trovano su Gutenberg nelle due raccolte Racconti fantastici e Racconti umoristici) e mostrano una caratteristica particolare della letteratura di metà XIX secolo, che poi sarebbe confluita all'inizio del XX in Dracula: l'influenza della scienza.
Non è solo per la presenza di personaggi scettici nei suoi racconti, o di un qual certo senso di incredulità anche in alcune delle voci narranti, ma anche nella sensazione, leggendo i suoi passi, che l'autore stia quasi recependo la rivoluzione scientifica che si sta preparando, forse in qualche modo ispirato dalla filosofia kantiana, da un lato, o da idee che si fanno strada tra alcuni dei suoi contemporanei, e che per esempio si paleseranno nei piccoli pamphlet e racconti di Howard Hinton.
Certo Tarchetti scrive intensi racconti misterici, come quello che da il titolo alla raccolta, ma invariabilmente il protagonista di ogni racconto cerca una spiegazione razionale, un po' come i protagonisti dei racconti di Lovecraft (in questo caso sto pensando soprattutto a Storia di una gamba o a Un osso di morto). D'altra parte I fatali porta in se il seme dei supercriminali (o degli X-Men), nell'ottica del lettore di supereroi moderno, rappresentando una lotta tra uomini dai poteri incredibili che loro stessi non sanno come hanno ottenuto o come controllare.
Forse il migliore della raccolta è, a conti fatti, La lettera U (Manoscritto d'un pazzo), breve ma decisamente intenso e sono poi presenti due racconti ambientati in Calabria, Il lago delle tre lamprede e Uno spirito in un lampone, che raccontano di una regione misteriosa e misterica, con delle atmosfere che nulla hanno da invidiare ai racconti del profondo nord (ad esempio un passo di Gothic di Morrison e Janson ambientato in Svizzera sembra ricalcare fedelmente il racconto di Tarchetti).
La Nero Press, però, non ha solo recuperato uno dei massimi interpreti della scapigliatura, ma propone anche un catalogo interessante, per la maggior parte on-line, da cui ho acquistato all'ultima fiera del libro direttamente dal loro piccolo stand un flip-book di una serie in cui vengono messi a confronto un autore italiano e un autore straniero della narrativa horror e del mistero. In particolare ho messo le mani sul libricino che raccoglie Cinque minuti di video di Michael Laimo e Incantevole di Stefano Fantelli. Il libro, che presenta le illustrazioni di Roberta Guardascione, ha come titolo Mutazioni, e non a caso. Nel racconto di Laimo, infatti, c'è il viaggio di un giornalista in un paese dove le nascite di bambini deformi sono praticamente la norma. Se il racconto può sembrare una rappresentazione realistica dei mostri che popolano le nostre paure, viene completamente ribaltato nel senso e nella morale con un finale da horror-sociale che tanto piacerebbe proprio alla redazione di Splatter. Dall'altra parte, e letteralmente, Fantelli propone una storia d'amore, truculenta, splatter, ma anche gaimaniana nella sua dolcezza e fantasia.

sabato 6 settembre 2014

L'armata di Hot Dog

Necessaria premessa a L'armata di Hot Dog, Ivan lo scemo, pubblicato sul secondo volume dell'edizione Panini, inizia con un riferimento esplicito alla vicenda del Titanic: la mega astronave di viaggi spaziali turistici Titan parte nello spazio profondo e viene colpita da un asteroide vagante, non rilevato a causa di un'avaria negli strumenti, probabilmente causata da un ladro di diamanti che non aveva trovato nascondiglio migliore se non utilizzare uno dei contatori!
L'ultima scialuppa del Titan, su cui troviamo Atom in compagnia del ladro di gioielli e di alcuni turisti, naufraga fino alla Luna, ed è qui che effettivamente inizia la storia, una breve, classica avventura di fantascienza lunare.
La Luna di Tezuka è un oggetto celeste su cui l'aria è presente in lastre ghiacciate che si scongelano durante il giorno lunare, che dura circa 15 giorni terrestri. E' durante questo periodo che si svolge tutta l'azione, permettendo così ai naufraghi di vagare per la superficie del nostro satellite, esplorando una foresta cresciuta a velocità vertiginosa, un po' come i funghi nelle pianure gioviane del Razzo interplanetario di Chendi e Bottaro.
L'avventura è, nonostante la situazione delicata dei naufraghi, leggera e deliziosa, ruotando intorno ad alcune gag semplici ma efficaci (come i turisti che si disperano, gioiscono, si disperano sempre allo stesso modo, alternativamente in base al volgersi degli eventi) e ai temi portanti dell'ambiguità e dell'incomunicabilità (l'Ivan del titolo, infatti, viene creduto un mostro) e dell'avidità (causa, tra l'altro, del disastro alla base dell'intero racconto).

venerdì 5 settembre 2014

Orlando

Conoscevo il personaggio di Orlando solo grazie ad Alan Moore e al suo uso, come eroe vittoriano, all'interno della Lega degli Straordinari Gentleman. Nell'interpretazione dello sceneggiatore di Northampton, Orlando è un androgino particolare: periodicamente ogni qualche decina di anni (a volte anche un secolo) cambia sesso, passando da maschio a femmina e viceversa. Ogni sua incarnazione mantiene come caratteristica fondamentale il libertinaggio, mentre nel corso dei secoli acquisisce una malinconia di fondo dovuta più che alle esperienze vissute, alla lunghezza stessa della sua vita, allungata grazie alla sorgente che donò l'immortalità ad Ayesha.
L'Orlando originale, invece, ha una forza completamente diversa e in effetti superiore rispetto a quello di Moore, che ottiene spessore solo grazie alle caratteristiche aggiunte dallo sceneggiatore, che ha per il resto quasi completamente abbandonato la forza revisionista, femminista e antivittoriana del personaggio di Virginia Woolf.
Orlando, all'inizio, è un uomo, un condottiero, un donnaiolo, caratteristiche in comunque con il personaggio della Lega. Ha anche una vita lunga, come si comprende leggendo il romanzo, ma non c'è alcuna spiegazione su questo fatto, che non viene quasi mai espresso esplicitamente, né c'è alcuna spiegazione sul cambio di sesso che subisce, una mattina in Terra Santa, mentre intorno a lui il mondo crolla sotto la guerra.
Gli aspetti romanzati, però, necessari per il procedere della storia, servono per approfondire il personaggio (le sue reazioni al mondo esterno e a come esso si modifica nel corso del tempo) e per confrontare la società vittoriana con quella elisabettiana, di fatto rilevando gli aspetti critici della prima, diventata forse troppo pomposa e superficiale, per certi aspetti anche troppo formale. In particolare questo stacco viene sottolineato dalla trasformazione di Orlando da maschio a femmina: Orlando, infatti, è stato un maschio elisabettiano e una femmina vittoriana, e in questo ruolo, forte degli aspetti maschili del suo carattere, si permette di sfruttare il suo nuovo sesso per volgere a suo vantaggio la situazione incresciosa e decisamente nuova in cui si è andata a trovare, diventando così un veicolo letterario per la diffusione dei diritti delle donne nella società.
Orlando, però, va anche oltre il femminismo o la critica sociale, arrivando persino al pacifismo e alla tolleranza tra culture differenti: non solo come condottiero si confronta con l'islam, con la guerra, ma come donna si confronta con la cultura dei rom, come ospite, e così, tornata in patria, è diventata in un certo senso una sintesi di tutte le culture con cui era entrata in contatto in precedenza, prodotto sì di un tempo ormai perduto, ma pronta a inserirsi in una nuova società, con tutti i difetti e i pregi del caso.

giovedì 4 settembre 2014

Ayesha

Avevo iniziato a leggere il secondo romanzo prima ancora di acquistare il primo quando, resomi conto che era il seguito di un libro che non avevo, ne lasciai la lettura dopo poco. Ora, avendo recuperato il primo dei due romanzi, ho potuto leggere l'opera di Haggard, il creatore di Alan Quatermann, nel suo complesso, apprezzando così una saga che ha visto la pubblicazione originale delle due parti a 20 anni di distanza l'una dall'altra.
Al di là dei problemi di traduzione riscontrati nell'edizione della Newton, evidenti a maggior ragione dopo la lettura dell'edizione Sellerio, i due romanzi risultano di lettura tutto sommato semplice e veloce. In alcuni punti Haggard approfondisce alcuni aspetti filosofici, collegandoli con le dottrine orientali soprattutto: non a caso i protagonisti maschili, Leo e il suo patrigno Horace Holly, sono reincarnazioni di personaggi del passato di Ayesha. In particolare Leo è stato in una vita precedente amante di Ayesha e protagonista di un dramma terribile, un triangolo amoroso destinato a ripetersi ancora nel tempo. In tutto questo Ayesha non viene descritta come la classica femme fatale dei romanzi d'appendice o dei classici hard boiled, ma è una sorta di elementale, una incarnazione della femminilità assoluta, cui niente e nessuno ha la forza di resistere e che nessuno riesce veramente a domare se non proprio il giovane Leo. Ne risulta quasi un dramma shackespeariano, un gioco delle parti tra i protagonisti che, tra isole sperdute e monti del Tibet porterà i protagonisti a sfidare popolazioni sconosciute e l'ira di una forza più antica del pianeta stesso, qualcosa che, prendendo a prestito le parole di un famoso filosofo, "è al di là del bene e del male": Ayesha, la donna eterna.
In apertura, la Ayesha di Guido Buzzelli

mercoledì 3 settembre 2014

Il laboratorio

Renzo Tomatis è stato uno dei massimi ricercatori medici italiani. La sua carriera si è svolta tra Italia, Stati Uniti e Francia. In particolare la sua esperienza statunitense, iniziata nel 1959, è stata raccontata con grandissima onestà ne Il laboratorio, diventato ben presto una sorta di punto di riferimento per molti ricercatori, in particolare quelli che speravano potesse cambiare qualcosa in Italia.
In effetti, leggendo le pagine del libro, si ha la sensazione che non sia cambiata poi tanto l'Italia in questi 55 anni: continua a preparare alcuni tra i migliori ricercatori al mondo, come preparazione ed etica, ma continua a restare sostanzialmente chiusa in un sistema che, sia per mancanza di volontà (politica) sia per mancanza di possibilità (economica), non riesce a migliorare, dove per migliorare si intende essere in grado sia di riportare in Italia i propri ricercatori andati all'estero, sia di attrarre ricercatori dall'estero.
E' ovvio: ciò non vuol dire che non esistano dei punti di eccellenza, ma semplicemente che ogni gruppo di ricerca, ogni istituto compie incredibili salti mortali per portare a conclusione i lavori che vengono man mano iniziati.
I punti forti del libro, a conti fatti, sono la capacità di Tomatis di raccontare, in forma diaristica, le differenze tra il sistema statunitense e quello italiano, riuscendo con una obiettività rara a sottolineare i punti di forza e di debolezza dei due sistemi (ad esempio quello statunitense era già impegnato nell'imporre la filosofia del pubblicare a ogni costo, che in molti campi, se non in tutti, risulta decisamente deleteria per la qualità), e le interazioni umane, sia quelle con i colleghi stranieri, sia quelle con i colleghi italiani, quelli rimasti in Italia e quelli andati all'estero.
E nel complesso le cose sembrano cambiate molto poco:
Gli orientamenti della ricerca dipendono pesantemente dai canali di finanziamento ed è chiaro che questi favoriscono i progetti che sono in sintonia con gli interessi di chi li finanzia.

martedì 2 settembre 2014

I cuculi di Midwich

Consigliato come lettura estiva da Fantascientificast, I figli dell'invasione di John Wyndham è un classico della fantascienza, trasportato al cinema in una versione di culto, Il villaggio dei dannati del 1960 girato da Wolf Rilla, e successivamente riportato al cinema nel 1995 in una delle ultime interpretazioni cinematografiche di Christopher Reeve, il Superman cinematografico, diretto per l'occasione da John Carpenter.
La storia è tremendamente semplice e originale: in un paesotto della campagna inglese tutti gli abitanti cadono addormentati. Alcuni mesi dopo le donne "abili alla procreazione" del paese scoprono di essere incinte. Inspiegabilmente.
Lo sviluppo del romanzo mostrerà come gli esseri umani si sono trovati di fronte al primo tentativo di invasione extraterrestre, con gli alieni che adottano la tecnica del cuculo, lasciando i propri figli all'interno della comunità che così alleva i semi della sua distruzione.
C'è un che di intollerante ne I figli dell'invasione, nascosta dietro la necessità di sopravvivere a una razza più forte psicologicamente rispetto a quella umana. In un certo senso sembra quasi un romanzo perfetto per preparare la giustificazione di una guerra per la distruzione di ogni genere di intolleranza: i cuculi dello spazio, infatti, trattano quasi come degli schiavi gli esseri umani con i quali sono cresciuti, come animali che vanno uccisi se non obbediscono, se non si piegano agli ordini.
La soluzione finale è il sacrificio dell'eroe, il sacrificio del singolo che permette la sopravvivenza di molti, o che permette di rimandare l'inevitabile confronto, magari a un momento più propizio.
Nel complesso non è un cattivo romanzo: veloce, leggero, ha però quel finale inquietante, quel senso di inevitabilità nei confronti dello scontro contro i diversi, in questo caso avversari evolutivi, quel senso di preparazione alla guerra giusta, o l'idea di trovare una giustificazione alla guerra. Certo lo si potrebbe ribaltare, come la rivolta del più debole sul più forte, dello schiavizzato sullo schiavista e in questo caso, allora, forse dovremmo porci delle domande, vista la cronaca delle ultime settimane...

P.S.: in effetti c'è un sequel del film del 1960, La stirpe dei dannati del 1963 diretto da Anton Leader, molto più simile a L'ultimo domani di Antonio Bellomi o agli X-Men si Lee e Kirby che non al romanzo originale.
P.P.S.: nella sua recensione, Daniele Barbieri si è concentrato su altri aspetti, che io mi sono gettato un po' di più sulla politica (che forse non c'era nelle intenzioni dello scrittore), quindi un solo consiglio: leggetela!

lunedì 1 settembre 2014

Racconti matematici

Secondo Robert Musil, nel simpatico racconto/saggio che chiude la raccolta curata da Claudio Bartocci, sono ben poche le attività umane dove la matematica non riveste alcun ruolo:
Tutto ciò che esiste intorno a noi, che si muove, corre o se ne sta immobile, non soltanto sarebbe incomprensibile senza la matematica ma è effettivamente nato dalla matematica, e ne è sostenuto nella realtà concreta della propria esistenza.
Anche la letteratura è fatta di matematica: a un livello superficiale le regole grammaticali e del linguaggio sono regole matematiche. Raymon Queneau, però, uno dei fondatori dell'oulipo, tra i cui "seguaci" si conta, ad esempio, un certo Umberto Eco, ha fatto sì che gli scrittori iniziassero a giocare con la matematica, sia inserendola nelle tematiche, sia utilizzandola per programmare la struttura di racconti e romanzi.
La raccolta Racconti matematici, in sostanza, si occupa della matematica nella letteratura in maniera assolutamente completa, sia con racconti e saggi in cui essa ha un'importanza essenziale nella trama, sia in racconti in cui, in realtà, essa gioca un ruolo fondamentale solo nella struttura stessa del racconto, negli aspetti apparentemente tecnici.
Ad esempio L'hotel straordinario di Stanislaw Lem è in pratica l'hotel infinito di Hamilton spiegato come un racconto, mentre Dino Buzzati con I sette messaggeri, presente nella raccolta La boutique del mistero, racconta di numeri e serie numeriche con sette messaggeri che portano le informazioni al re in viaggio sul suo regno lontano. Ogni volta impiegano più tempo di prima, un po' come dei bosoni messaggeri che mettono in comunicazione due particelle: la forza dell'interazione è sempre più debole con il ridursi della distanza: