Stomachion

mercoledì 29 ottobre 2014

Sopravvivere alla tempesta

Solo gli inquieti sanno com'è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza.
Emily Brontë via ironiaterminale

lunedì 27 ottobre 2014

L'universo come spazio limitato

Nonostante la supplenza ultraprecaria che sto portando avanti in questo periodo sia dedicata alla matematica, a volte con gli studenti si finisce a parlare di fisica, e così ecco all'improvviso spuntare fuori una discussione sull'universo finito/infinito. Spulciando tra "The meaning of relativity" di Einstein (magari presto vi spiegherò anche perché) ho trovato la seguente argomentazione sulla necessità di un universo finito:
Così possiamo presentare le seguenti argomentazioni contro il concetto di un universo a spazio infinito, e in favore del concetto di uno a spazio limitato:
1. Dal punto di vista della teoria della relatività, la condizione per una superficie chiusa è molto più semplice della corrispondente condizione al contorno all'infinito della struttura quasi euclidea dell'universo.
2. L'idea che espresse Mach, che l'inerzia dipende dall'azione reciproca dei corpi, è contenuta, in prima approssimazione, nelle equazioni della teoria della relatività; segue da queste equazioni che l'inerzia dipende, almeno in parte, dall'azione reciproca tra le masse. Così come è un assunto insoddisfacente porre che l'inerzia dipende in parte dall'azione reciproca, e in parte da una proprietà indipendente dello spazio, l'idea di Mach guadagna in probabilità. Ma questa idea di Mach corrisponde solo a un universo finito, limitato nello spazio, e non a un universo infinito quasi euclideo. Da un punto di vista epistemologico è più soddisfacente avere le proprietà meccaniche dello spazio completamente determinate dalla materia, e questo è il caso solo di un universo limitato in spazio.
3. Un universo infinito è possibile solo se la densità media della materia nell'universo va a zero. Sebbene un tale assunto sia logicamente possibile, è meno probabile dell'assunto che ci sia una densità finita di materia nell'universo.

domenica 26 ottobre 2014

Il (non) carnevale della fisica #2

Il premio Nobel venne assegnato per la prima volta nel 1901 a seguito delle ultime disposizioni testamentarie di Alfred Nobel, chimico e filantropo nonché inventore della dinamite.
Il premio è diventato ben presto uno dei più prestigiosi al mondo e, nell'ambito della fisica, il primo a riceverlo fu lo scopritore dei raggi X, il tedesco Wilhelm Conrad Röntgen
in riconoscimento dello straordinario servizio reso per la scoperta delle importanti radiazioni che in seguito presero il suo nome
Restando nell'ambito della fisica, il primo italiano a vincere il riconoscimento è stato, nel 1909, Guglielmo Marconi, insieme con Karl Ferdinand Braun
in riconoscimento del loro contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili
L'ultima volta che l'Italia si è affacciata sul Nobel per la fisica è stato invece nel 2002 con Riccardo Giacconi
per i contributi pionieristici all'astrofisica, che hanno portato alla scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X
Mentre il Nobel dello scorso anno è stato un telefonatissimo riconoscimento a Peter Higgs e François Englert come conseguenza della scoperta del bosone di Higgs, quest'anno sono stati premiati i tre giapponesi che sono riusciti a sviluppare il led blu, Isamu Akasaki, Hiroshi Amano, Shuji Nakamura.
E' a loro che è dedicata la prima parte del secondo (non) carnevale della fisica:

Tesla accanto a una lampadina a fosforescenza
Iniziamo con Stefano Dalla Casa su Zanichelli Aula Scienza: Il Nobel per la fisica ai LED blu
Centinaia di esperimenti falliti dopo, e vere e proprie crisi professionali (la società aveva ordinato a Nakamura di lasciar perdere i diodi, ma questi continuò nel suo tempo libero), agli inizi degli anni Novanta il mondo ha avuto i primi LED a luce blu, spianando la strada ai LED a luce bianca e quindi alla rivoluzione dell'illuminazione che vediamo procedere sotto i nostri occhi.
Quindi Cristina Da Rold per Oggi scienza con Il Nobel per la fisica ai tre giapponesi "che hanno illuminato il mondo"
Mai come oggi il sole nascente che distingue la bandiera giapponese potrebbe essere più calzante per rappresentare il paese. Il Nobel per la fisica 2014 l’ha vinto letteralmente la luce proveniente dal Giappone, nelle persone di Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura, tre scienziati nipponici che si sono distinti per le loro ricerche nell'ambito dello studio della luce, in particolare "per l'invenzione di efficienti diodi emettitori di luce blu che hanno sviluppato le fonti di luce bianca luminosa e a risparmio energetico."
E infine Andrea Bersani per Scientificast con Una nuova luce che vale il Nobel
I LED esistono da oltre cinquant'anni: un LED è un piccolo dispositivo a semiconduttore che, quando è attraversato da corrente, emette luce ad una precisa lunghezza d’onda (e quindi di un determinato colore). Era stato relativamente semplice creare LED che emettessero luce rossa, poi verde, ma il blu era più difficile da ottenere. L'importanza di completare il terzetto, però, era fondamentale: l'occhio umano recepisce luci rosse, verdi e blu, per cui, con tre LED di questi colori si può produrre una luce tale da sembrare "naturale" per l’uomo.

venerdì 24 ottobre 2014

L'Italia che vince!

E' un periodo che, per vari motivi, mi perdo informazioni. Per fortuna ci sono e-mail e newsletter che informano, e così accade anche per i risultati della spedizione italiana alle Olimpiadi Internazionali dell'Astronomia che dal Kirghizistan, sede della competizione, tornano con tre medaglie, un oro e due bronzi, festeggiati persino da Samantha Cristoforetti su twitter. Veniamo, però, al comunicato stampa inviatomi da Stefano Sandrelli:
Sono tre, i premi vinti quest'anno dalla squadra italiana che ha partecipato alla XIX edizione delle Olimpiadi Internazionali di Astronomia: un oro nella categoria senior per Pasquale Miglionico del Liceo Scientifico Statale "Federico II di Svevia" di Altamura (BA) e due bronzi nella categoria junior, per Mariastella Cascone del Liceo Scientifico Statale "Galileo Galilei" di Catania e per Giuseppe Gurrisi del Liceo Scientifico Statale "Elio Vittorini" di Francofonte (SR). Non era mai successo, negli oltre dieci anni di partecipazione, che il medagliere della squadra italiana fosse così ricco.
La Gara internazionale si è svolta in Kirghizistan dal 12 al 21 ottobre, in presenza di numerose autorità fra cui il Presidente del consiglio in carica che ha aperto la cerimonia di inaugurazione. Oltre che dai tre vincitori, l’Italia era rappresentata da Luca Latella del Liceo Scientifico Statale "Leonardo da Vinci" di Reggio Calabria e da Giacomo Santoni del Liceo Scientifico Statale "Galileo Galilei" di Macerata. I cinque partecipanti erano accompagnati da Giuseppe Cutispoto e da Paolo Romano, dell'INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania. La squadra tricolore si è battuta con altri 74 ragazzi provenienti da 16 nazioni per aggiudicarsi l’ottimo risultato. I partecipanti, tutti tra i 14 e i 17 anni, si sono cimentati in tre prove olimpiche (teorica, osservativa e pratica) di notevole difficoltà in cui, tra le altre cose, hanno dovuto stimare le stelle più luminose visibili nel cielo tra 13000 anni, calcolare la massa di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia e dimostrare la propria abilità nell'uso di un telescopio.

mercoledì 22 ottobre 2014

Martin Gardner

Come ha ricordato Maurizio Codogno è stato il centenario di Martin Gardner. Recupero oggi con la traduzione di un articolo di David Singmaster uscito su "Nature" nel 2010 come ricordo per la figura di riferimento che ha rappresentato per moltissimi lettori, amanti della matematica e matematici professionisti.
Dalla metà degli anni '50 fino ai primi anni '80 del XX sexolo, probabilmente la più nota sezione di Scientific American è stata Mathematical games di Martin Gardner. Come riconoscimento del suo successo, tre eminenti matematici dedicarono il loro libro del 1982 Winning Ways for Your Mathematical Plays a Gardner, che, scrivevano, "ha portato più matematica a milioni di chiunque altro". Eppure Gardner non era un matematico. La sua unica laurea era in filosofia.
Gardner, morto il 22 maggio [2010] all'età di 95 anni, era nato a Tulsa, in Oklahoma, da una madre metodista e un padre geologo. Si è avvicinato alla matematica, alla scienza, alla magia e alla scrittura sin da giovanissimo, e pubblicò una New color divination (una divinazione a colori) in un giornale di magia già a 16 anni. Voleva andare al California Institute of Technology a Pasadena, ma negli anni '30 l'ingresso al Caltech richiedeva innanzitutto il completamento di due anni in una scuola di arti liberali. Invece, Gardner andò all'Università di Chicago nell'Illinois e studiò filosofia, laureandosi nel 1936.
Dopo vari lavori, incluso l'assistente al monitoraggio del petrolio per il Tulsa Tribune, e dopo quattro anni in marina, Gardner ritornò a Chicago e iniziò a scrivere brevi storie per l'Esquire, spendendo la maggior parte del suo tempo libero a inventare, dimostrare e vendere trucchi magici. Nel 1947, trovò posto a New York come editor dell'Humpty Dumpty, una rivista per ragazzi, e nello stesso anno scrisse un articolo sulle macchine logiche per Scientific American.
Nei primi anni '40, quattro laureandi di Princeton, tra cui Richard Feynman, avevano trovato il modo di piegare una striscia di carta in un esagono che poteva poi essere manipolata per mostrare diverse facce esagonali. Gardner sentì parlare di questi 'flexagoni' e guidò fino a Princeton per parlare con i due studenti che erano ancora lì. Il suo articolo sui flexagoni è stata accettata da Scientific American per l'edizione del dicembre 1956, e, grazie a ciò, nel numero successico, Gardner iniziò la sua rubrica Mathematical games con un articolo sui quadrati magici. Le sue lacune in matematica formale si rivelarono il suo punto forte: lavorare lentamente e con attenzione sulle idee lo ha aiutato nello spiegarle.

Martin Gardner

martedì 21 ottobre 2014

Inflazione infinita e fine del tempo

Come saprete i dati di BICEP che sembrava dovessero confermare l'inflazione cosmica e le onde gravitazionali primordiali hanno subito una verifica negativa. Come spiegano molto bene Amedeo e Sandro, l'interpretazione dei risultati è stata completamente ribaltata dalle analisi di Planck.
Uno degli aspetti che, con quell'annuncio di metà aprile, non avevo trattato ma che mi sarebbe piaciuto era la questione dell'inflazione infinita. Questa ipotesi teorica venne introdotta da Alan Guth e altri fisici, in particolare su Eternal Inflation(1):
Viene riassunto il funzionamento di base dei modelli inflazionistici, insieme con gli argomenti che suggeriscono fortemente che il nostro universo è il prodotto dell'inflazione. Si sostiene che essenzialmente tutti i modelli inflazionistici portano a una (futura) inflazione eterna, che implica che un numero infinito di universi tascabili verranno prodotti. Anche se gli altri universi tascabili non sono osservabili, la loro esistenza ha comunque conseguenze per il modo in cui valutiamo le teorie ed estraiamo conseguenze da esse. E' discussa, ma non definitivamente risolta, la questione se l'universo abbia avuto un inizio. Appare probabile, tuttavia, che gli universi eternamente inflazionati richiedono un inizio.
Ci sono molte osservazioni che confermano, o che comunque si accordano sia con la teoria del Big Bang, sia con l'inflazione cosmica: in un certo istante subito dopo la prima espansione dell'universo, lo spazio tempo ha sperimentato una rapida espansione, superiore alla velocità della luce. La leggera anisotropia della radiazione cosmica di fondo (e in parte anche l'assenza del monopolo magnetico) sono prove a supporto dell'inflazione cosmica.
L'ingrediente di base dell'inflazione eterna (o infinita) è l'ipotetica esistenza di materia gravitazionalmente repulsiva, che è instabile e decade secondo una legge esponenziale. In ogni processo di decadimento, il volume di questo tipo di materia aumenta invece di diminuire e produce una serie infinita di universi tascabili(1, 2):
In Cosmology from the Top Down, un seminario presentato al Davis Inflation Meeting nel 2003, Stephen Hawking esprime alcune criticità riguardo l'ipotesi dell'inflazione infinita:

lunedì 20 ottobre 2014

Paradosso cosmico

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Come tutti i generi, anche la fantascienza in ultima analisi è interessata a parlare dell'essere umano. In particolare, come ricorda Isaac Asimov, parla dell'essere umano contemporaneo, nascondendo il messaggio dietro una rappresentazione meravigliosa, dietro un sense of wonder dovuto a progressi scientifici inimmaginabili.
I due progressi scientifici che muovono la maggior parte della fantascienza (non sono gli unici, per fortuna), sono i viaggi interplanetari e i viaggi nel tempo. In quest'ultimo filone, il romanzo più noto è indubbiamente La macchina del tempo (1895) di George Wells, ma non è il primo viaggio nel tempo letterario propriamente detto. In effetti nel Mahabharata, testo mitologico indiano, viene raccontata la storia del re Revaita, che viaggia in molti mondi fino a raggiungere Brahma il creatore: una volta tornato a casa, scoprì che nel frattempo sulla Terra erano trascorsi centinaia di anni. Come scrive Bertil Falk, aveva evidentemente innescato una dilatazione del tempo einsteiniana(9).

Auguste Blanche
Questa sorta di intuizione sulla dilatazione temporale non venne più utilizzata fino all'arrivo della teoria della relatività (in effetti in Rip van Winkle il protagonista non viaggia, ma si addormenta, e in ogni caso finisce nel futuro), mentre i paradossi temporali non attesero certo la teoria di Einstein per entrare in letteratura. Ad esempio nel 1846 il romanziere svedese August Blanche da alle stampe il racconto 1846 och 1946 (1846 e 1946), dove il protagonista, un archeologo, Bautastenius, si ritrova proiettato 100 anni nel futuro dalla dea della verità. Qui incontra suo nipote, persona antipatica, che gli rivela che il nonno paterno, risposatosi, era impazzito credendosi un grande archeologo, tanto da farsi mummificare. Così nel 1946 erano presenti contemporaneamente un Bautastenius viaggiatore del tempo e un Bautastenius mummificato. Tornato nel suo tempo, fu tanta e tale l'antipatia verso il nipote, che il nostro eroe decise di modificare il futuro, al punto da acconsentire alle nozze della figlia con il fidanzato e da non volersi più risposare, in modo da non generare l'odiato nipote(9).
Questo di Blanche è un paradosso tutto sommato innocuo: l'intervento nel passato ha modificato solo la vita del protagonista e dei suoi parenti più stretti. E' un proto-paradosso della conoscenza: David Deutsch e Michael Lockwood utilizzano questo nome(5) per sintetizzare paradossi tipo La scoperta di Morniel Mathaway di William Tenn, racconto radiofonico per la NBC trasmesso il 17 aprile 1957, dove il pittore Mathaway ottiene un grandissimo successo grazie a un critico d'arte del futuro che, in maniera incidentale, gli porta un catalogo con i suoi quadri, che ovviamente il pittore provvederà a ricopiare. E' un po' come se uno studente del futuro tornasse indietro nel tempo con la teoria della relatività generale per farsela firmare da Einstein prima che questi la scopra, permettendo ad Einstein di imparare la teoria della relatività e non di scoprirla. Nonostante il risultato sia identico, il processo nel suo complesso suonerebbe fortemente sbagliato.
In effetti questo genere di paradosso può essere considerato come una sorta di loop temporale, concetto che gioca un ruolo fondamentale in Paradosso cosmico di Charles Harness, chimico e avvocato, che scrive il suo romanzo per arrotondare lo stipendio nei ritagli di tempo concessigli dal lavoro.
Il risultato è sicuramente pregevole, al livello della miglior fantascienza che può venirvi in mente, mentre il protagonista, Alar, membro della Società dei Ladri, viene sviluppato nel solco della tradizione dei personaggi di Alfred Elton Van Vogt o dell'Hedrock l'immortale di Robert Heinlein. Rispetto, però, ai personaggi di Van Vogt e di Heinlein, Alar sembra velato da una qual certa malinconia, mentre l'intera vicenda è gravata da un forte senso di inevitabilità. Il ladro, infatti, che insieme alla sua società combatte per la liberazione del genere umano dalle società distopiche presenti sul pianeta, è bloccato all'interno di un loop temporale, vittima di un viaggio nello spazio conclusosi male.
Il concetto di loop temporale, però, che in un certo senso accomuna i due romanzi di Blanche e Harness, dal punto di vista scientifico non sarebbe possibile concepirlo senza il lavoro in particolare del logico e matematico Kurt Godel.

sabato 18 ottobre 2014

Hideout

Ad attirarmi sono stati innanzitutto i disegni: precisi e dettagliati, giocano moltissimo con i bianchi e i neri. Sono infatti opportunamente luminosi nelle scene cittadine, le più tranquille, e sono pesantemente bui nelle scene ambientate nel bosco o nella prigione sotterranea dove si trovano i protagonisti della vicenda, una coppia di giovani in crisi coniugale alla ricerca, apparentemente, di una soluzione ai loro problemi.
In un fumetto dell'orrore, ad ogni modo, la parte grafica ha certamente un peso fondamentale nell'attirare e incuriosire il lettore, e in questo Hideout colpisce sicuramente nel segno. D'altra parte un buon horror si regge anche su una storia che riesca a convincere definitivamente il lettore all'acquisto e poi a leggere avidamente senza doversene pentire. E Masasumi Kakizaki direi che riesce nell'intento con una storia alla Dario Argento, diremmo noi italiani, dove alla fine le differenze tra il mostro letterario, per così dire, ovvero il pazzo che si aggira tra le gallerie di un'isola turistica non meglio identificata, e il mostro reale, Seiichi Kirishima, un uomo in grado di rovinare il suo matrimonio un pezzettino alla volta fino ad arrivare alla decisione finale di uccidere la moglie, si sfumano a vicenda, combinandosi e completandosi perfettamente. In fondo ciascuna delle due storie, la leggenda di un mostro che si aggira per le caverne di un'isola divorando le sue vittime, e i tormenti di un marito che vuole uccidere la moglie che lo opprime, fanno parte di due generi, l'horror e il noir, che non sono troppo distanti tra loro, quando scritti bene: entrambi, nelle mani di abili scrittori, hanno come obiettivo quello di scavare nell'animo umano e di mettere alla luce gli orrori reali che esso nasconde, in forma allegorica o metaforica il primo, in forma crudelmente reale il secondo. E questo, in ultima analisi, è riuscito benissimo a Kakizaki.

venerdì 17 ottobre 2014

I macachi del giappone

Vi parlerò di due isole, Kojima, la più grande, e Torishima, per metà nascosta dietro l'altra. Entrambe ospitano branchi di macachi selvatici. Ci fu un tempo in cui l'intera isola di Kyushu pullulava di queste scimmie, tuttavia in seguito all'invasione dell'uomo ne sono rimasti solo pochi gruppi sporadici, perlopiù su isolette remote come queste. Le scimmie locali sono le meno influenzate dall'uomo e, in quanto tali, oggetto di studi approfonditi da parte dei ricercatori.
Qualche anno fa, le scimmie di Kojima hanno fatto notizia in giro per il mondo (per quanto ciò sia possibile a delle scimmie) quando si scoprì che le femmine stavano insegnando agli esemplari più giovani a sciacquare il cibo dalla sabbia prima di mangiarlo. Cosa che le scimmie di Torishima, invece, non facevano. Era perciò evidente che non si trattasse di un caso d'istinto, bensì di apprendimento, un concetto che si era sempre pensato appartenesse esclusivamente al mondo degli umani. Poi a un tratto, incredibilmente, le scimmie dell'isola di Torishima cominciarono a lavare anche loro il cibo!
Questo mandò in visibilio il mondo accademico, e intere squadre di ricercatori giunsero sul posto. Com'era possibile che una caratteristica sociale tanto rara potesse improvvisamente comparire in due aree geografiche ben distinte? Dipendeva forse da un allele recessivo specifico per il "lavaggio del cibo" che era sceso in campo soltanto ora? Forse le scimmie di Torishima erano riuscite a sbirciare cosa accadeva dall'altra parte del mare e, in qualche modo, avevano capito cosa stavano facendo le altre e le avevano imitate? Forse era una specie di comunicazione extrasensoriale tra scimmie? Oppure siamo stati testimoni di un raro salto da uno stadio evolutivo all'altro? Più si avanzavano teorie, più l'enigma sembrava irrisolvibile. Qualcuno chiese ai pescatori locali che cosa ne pensassero. "Be'," risposero i pescatori "le scimmie si spostano a nuoto da un'isola all'altra. Può darsi che ciò significhi qualcosa."
E fu così che le Scimmie Nuotatrici di Kojima furono smascherate. Il mistero dei primati telepatici era stato svelato. Naturalmente, la cosa era risaputa in tutta la regione, ma gli esperti di Tokyo ci avevano impiegato una vita ad accorgersene.
Era la prima volta che vedevo delle scimmie senza che ci fosse in mezzo una gabbia. Proprio come le scimmie degli zoo, camminavano sulle nocche, e avevano l'aria di puzzare allo stesso modo. Le osservai per qualche minuto, e ne ricavai ben presto una mia importante considerazione sociale: le scimmie sono piccole creature penose e bastarde. Passano la vita a mordersi, a urlare e a infastidirsi a vicenda. Lì era un continuo riaffermarsi di gerarchie, dal capo vecchio e burbero, che si aggirava per la spiaggia in cerca di scimmie più piccole da terrorizzare, ai più giovani presi di mira da tutti. I rapporti sociali che non implicassero crudeltà o intimidazioni erano estremamente ridotti; era evidente che anche gli esemplari intenti a spulciarsi a vicenda si lasciassero andare a pettegolezzi e malignità sui loro simili.
da Autostop con Buddha di Will Ferguson, trad. Claudio Silipigni
foto di Ryan Newburn

mercoledì 15 ottobre 2014

Un sorriso

Soddisfazioni: quando torni a casa con il sorriso di un ragazzo che, nonostante la tarda sera, e' contento per essere riuscito a trovare mcm ed MCD. Tutto il resto e' un contorno di cui forse potremmo anche fare a meno.

domenica 12 ottobre 2014

Batman e Joker: tra Moore e Morrison

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E' partito lo Speciale per i 75 anni di Batman. Anche in questo caso ho partecipato con grande entusiasmo scrivendo un lungo articolo dedicato al Joker, l'avversario per eccellenza di Batman. In questo estratto (con alcune parti che ho tenuto fuori dall'articolo, centrato sul Joker), vi propongo un breve esame su due delle più importanti visioni sul folle clown del crimine, come lo definì durante la silver age il grande Dennis O'Neil.
The Killing Joke
Alan Moore riteneva e continua a ritenere The Killing Joke un'opera minore nella sua produzione. A tal proposito, infatti, affermò
Non sta dicendo nulla di molto interessante.
Nonostante questa opinione da parte del suo stesso autore, The Killing Joke costituisce un punto di riferimento importante nella caratterizzazione del Joker, risultando un primo e abbastanza riuscito tentativo di sintetizzare le varie anime incarnate dal personaggio nel corso della sua storia editoriale.
Per portare a termine con successo questo obiettivo, Moore partì da Detective Comics #168, storia che introdusse, con una operazione di retrocontinuity, il Cappuccio Rosso nelle origini del Joker: nessuno aveva mai realmente esplorato quell'aspetto del passato del pericoloso assassino, diventando così un punto di partenza ideale per un autore che, come Alan Moore, aveva basato buona parte dei suoi successi su una caratterizzazione realistica dei personaggi.
Per raggiungere questo obiettivo, lo scrittore di Northampton, utilizzando le nuove teorie della psicologia criminale, cerca di comprendere le ragioni intime della follia del Joker, descritto prima della trasformazione come uno dei tanti piccoli abitanti della grande città con un sogno nel cassetto e una famiglia cui non si sente all'altezza. E' un uomo sconfitto, deluso, depresso, che si lascia trascinare dagli eventi mentre il mondo gli cade addosso.
Quando emerge dalle sostanze chimiche nelle quali si è gettato per sfuggire a Batman, negli attimi prima di ridere ossessivamente, il Joker resta sospeso, quasi in contemplazione, forse arrivando alla consapevolezza che lo farà impazzire ben più delle stesse sostanze chimiche cui è entrato in contatto:
E' tutto uno scherzo. Tutto ciò per cui si combatte o si vive... è una barzelletta mostruosa e demente!
E allora... perché non vedi il lato comico?
Perché non ridi?
Ecco una delle motivazioni dell'ultimo attacco a Gordon e Batman descritto da Moore: sparare a Barbara, futura Oracolo, torturare Gordon fin quasi alla follia, spingere il Cavaliere Oscuro ad affrontarlo in un luna park abbandonato costellato di trappole. Tutto per strappare una risata, e soprattutto per dimostrare un concetto:
Basta una giornataccia, per trasformare l'uomo più sano del mondo in uno svitato!
Ecco quanto disto dal mondo: solo una giornataccia!
Batman, però, non è d'accordo:
Forse è sempre stata colpa tua!
A supporto di ciò, porta Gordon, che nonostante tutto è riuscito ad aggrapparsi alla sua stessa sanità mentale, che invita Batman a non commettere sciocchezze:
Dobbiamo fargli vedere che la nostra strada funziona!
grida un Gordon nudo e psicologicamente prostrato alla volta del Crociato incappucciato.
E questa frase diventa un mantra, la chiave per leggere il finale ambiguo della storia in un senso positivo: secondo Grant Morrison, ultimo di una lunga schiera, in una chiacchierata "radiofonica" con Kevin Smith, alla fine della conviviale risata Batman uccide Joker, eppure contro questa interpretazione non solo va il giudizio di Moore, ma anche due dettagli interessanti. Da un lato c'è una rappresentazione di Batman abbastanza granitica, quasi superficiale come rappresentante della legge e dell'ordine. Manca qualunque dramma interno per la morte dei genitori, ma viene quasi utilizzato da Moore come una rappresentazione malleabile dei dolori delle vittime del Joker. Dall'altro, se ci si sofferma sul titolo, ci si può rendere conto che lo sceneggiatore britannico non sta uccidendo il barzellettiere (joker), ma la barzelletta (joke): non è un caso che il Joker paragona il mondo a una comica, e questo rende, allora, proprio il criminale l'uccisore della barzelletta, il vero e unico assassino in una storia dove non è realmente morto nessuno.

sabato 11 ottobre 2014

Visualizzare MCD, mcm con i diagrammi di Venn

Il passo successivo alla scomposizione dei numeri è utilizzarla con lo scopo di determinare il massimo comun divisore e il minimo comune multiplo di due o più numeri. La regole sono semplici: nel primo caso, l'MCD è costituito dal prodotto dei fattori primi comuni presi con la potenza più piccola; nel secondo caso, l'mcm è costruito con il prodotto di tutti i fattori primi, comuni e non, presi con la potenza più grande. L'altra sera, mentre spiegavo queste cose alla classe, mi viene in mente di utilizzare i diagrammi di Venn per rendere più semplice la comprensione e determinazione di MCD ed mcm. Innanzitutto si rappresenta ciascun numero come l'insieme dei suoi fattori. Quindi si rappresentano i due insiemi, mettendo nell'intersezione i fattori comuni. Fatto questo l'intersezione darà quindi l'MCD, mentre l'unione l'mcm:

Questo particolare metodo grafico è molto utilizzato, soprattutto se si cerca in inglese. Eccovi, infatti, una raccolta minimale di post e pdf dedicati al metodo:
The Venn Diagram Method for Greatest Common Factors and Least Common Multiples
Models for Multiples and Factors
Greatest Common Factor in Venn Diagrams, con esercizi (pdf) Una immagine simile allo schema che ho proposto ai miei studenti (e che trovate nelle segnalazioni precedenti) si trova anche su en.wiki, mentre sul volume 5, numero 1, del Louisiana Association of Teachers of Mathematics Journal compare un vero e proprio articolo dedicato: Greatest Common Factors and Least Common Multiples with Venn Diagrams (pdf) di Stephanie Kolitsch e Louis Kolitsch

venerdì 10 ottobre 2014

Insegnanti per la pace

Il Nobel per la Pace 2014 è stato assegnato a Kailash Satyarthi e Malala Yousafzai, insegnanti e attivisti per i diritti dei bambini,
per la loro lotta contro l'oppressione di bambini e ragazzi e per il diritto all'istruzione di tutti i bambini

giovedì 9 ottobre 2014

Aggiornamento precario

Aggiornamento da INPS, precari e coccodé:
Nel 2014 numerosi ex co.co.co., attualmente precari e/o disoccupati, si sono visti recapitare a casa una lettera dell’Inps con la quale si chiedeva la restituzione delle indennità di disoccupazione "una tantum" per collaboratori "erroneamente" erogate in precedenza (mediamente circa 4.000 euro). L'una tantum infatti esclude inspiegabilmente i collaboratori del pubblico impiego, ma a causa di una norma confusa e di dubbia interpretazione alcune sedi Inps negli anni passati hanno erogato il beneficio anche a tali lavoratori.
(da #nonscherziamo con l'una tantum ai precari)
Il lavoro è uguale per tutti, ripete Anna Fedeli, e gli ammortizzatori sociali dovrebbero essere estesi a tutti, indipendentemente dalla tipologia contrattuale. Conclude così Fedeli: certe tipologie contrattuali iperprecarie, a dispetto dell’opinione comune, sono molto diffuse nel pubblico impiego, a partire dalla scuola, università, accademie e nei conservatori e noi ne chiediamo l’abolizione.
Queste esigenze emergono ancora di più nel corso della conferenza stampa dalle due lavoratrici precarie intervenute per raccontare la loro storia: c'è Lorella Gabriele, assegnista precaria che, vedendosi rifiutato il diritto ad accedere all'una tantum, ha fatto ricorso e dopo anni si è vista recapitata una lettera in cui le veniva chiesto di restituirli tutti, e senza sconti, quei soldi. C'è Francesca Marsico, che a nome di tutti i suoi colleghi pugliesi, racconta la stessa identica storia di lavoratori che sono rimasti all'improvviso senza lavoro e senza indennità. All'arrivo delle famose lettere entrambe hanno detto no a quest'assurdità e si sono rivolte ai sindacati: solo la CGIL ha risposto. E solo la FLC CGIL adesso, insieme a NIdiL ha vinto una battaglia: quella di vedere sospese dall'Inps le richieste di rimborsi.
(da #nonscherziamo: la conferenza stampa)
Lorella, precaria dell'Università della Calabria, ha anche partecipato ad Agorà su Rai Tre. Potete rivederla andando avanti fino a un'ora e 45 minuti circa (qualche secondo prima, in effetti).

mercoledì 8 ottobre 2014

Giulia 1300 e altri miracoli

Le vicende di questo romanzo vedono protagonisti tre perfetti sconosciuti che stanno trascorrendo un periodo difficile: Diego ha appena perso il padre, Claudio si è separato dalla moglie e sta facendo fallire la ditta di famiglia, Fausto vende orologi (fasulli) in TV e rischia di essere picchiato ogni volta che qualche cliente gabbato lo riconosce.
Vogliono tutti e tre cambiare un po' le cose, e rispondono ad un annuncio sulla vendita di un casale, dove si incontrano tutti e tre per la prima volta. Il casale corrisponde esattamente alla descrizione dell'annuncio, e mentre si chiedono dove sta l'inghippo (il casale è molto bello e invitante), l'agente immobiliare li informa che il prezzo sull'annuncio è sbagliato, il casale in realtà costa molto di più.
Così, Claudio, Diego e Fausto, seduti al tavolino di un bar, decidono di unire le forze e comprare il casale in società, per fare un bell'agriturismo.
Si rimboccano le maniche e iniziano i lavori di ristrutturazione, iniziando così a conoscersi e ad affrontare i primi piccoli screzi. Per la buona riuscita del lavoro si unisce a loro un "amico" di Fausto, che li aiuterà sia economicamente ma soprattutto fisicamente, con la sua forza e la sua praticità. Nel frattempo si uniranno a loro anche tre ragazzi africani, che aiuteranno questo strano gruppo di amici a concludere i lavori. Arriverà anche una ragazza, che con il suo tocco di femminilità renderà gli ambienti più ospitali e la cucina migliore.
Raccontata così sembra una bella storia a lieto fine, ma prima di arrivare alla fine del libro entreranno nella storia in modo un po' anomalo anche un camorrista, Vito, e la sua Giulia 1300, la cui radio riuscirà a far conoscere l'agriturismo e renderà ancora più piacevole il soggiorno degli ospiti. Vito non sarà l'unico camorrista presente in questo racconto ma ne arriveranno degli altri che renderanno meno noioso il lavoro nell'agriturismo.
Un bel libro, simpatico, divertente, a tratti un po' surreale, ma con un fondo di verità che lascia un po' di amaro in bocca.
La fine per me è stata un po' inaspettata, e a mio parere non può chiamarsi davvero fine. Lascia un po' sperare in una continuazione della storia. E forse questa continuazione possiamo darla noi con la nostra fantasia e i nostri desideri.


Manca un poco di blu


Illustrazione realizzata con SketchBookX
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Una delle prime classificazioni che si apprendono quando si inizia a studiare il comportamento della materia di fronte all'elettricità è quella tra conduttori e isolanti: un conduttore è un materiale che permette facilmente il passaggio delle cariche elettriche, un isolante, invece, lo impedisce (o lo rende difficoltoso). E' possibile caratterizzare questi due generi di materiali attraverso le caratteristiche fisiche degli atomi che li compongono. Sappiamo, infatti, che un atomo è caratterizzato dall'avere un nucleo positivo con intorno nuvole di elettroni che ruotano intorno ad esso: a caratterizzare un materiale è proprio il comportamento degli elettroni più esterni, quelli della "banda" esterna. Le bande energetiche di ogni atomo sono, d'altra parte, caratterizzate da proprietà specifiche: esistono infatti le bande di valenza, dove si trovano gli elettroni utilizzati nei legami chimici, e le bande di conduzione, dove si trovano gli elettroni liberi di muoversi, i "cani sciolti" dell'atomo, utilizzati per i legami ionici. E', spero, semplice allora caratterizzare un materiale conduttore come quello i cui atomi presentano elettroni sia nella banda di valenza, sia in quella di conduzione, mentre un materiale isolante è caratterizzato dall'avere piena solo la banda di valenza.
Ora, nella teoria delle bande, la probabilità che un elettrone occupi una data banda è data dalla distribuzione di Fermi-Dirac: questo vuol dire che esiste comunque una probabilità non nulla che in un isolante un elettrone di valenza venga promosso a elettrone di conduzione, ma è estremamente bassa a causa della grande differenza energetica tra i due livelli. Esiste, inoltre, un livello energetico detto livello di Fermi che, mentre nei conduttori si trova all'interno della banda di conduzione, negli isolanti si trova tra le due bande, di conduzione e valenza, permettendo a un elettrone di valenza di saltare più facilmente nella banda di conduzione.

martedì 7 ottobre 2014

Ritratti: Carlo Rubbia

Il modo migliore per aspettare il #Nobel per la #Fisica 2014
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In quel giorno di 30 anni fa (stiamo parlando della seconda settimana di ottobre del 1984) ero, quasi sicuramente, a scuola. Sarà stata la terza elementare e ancora la fisica non era una mia passione. Certo iniziavo bene: quando la maestra chiese cos'era lo spazio, io pensai immediatamente all'universo, ma la domanda non era riferita a quello "spazio", ma a un altro, quello di tipo geometrico. Però non è su quei ricordi che bisogna indulgere, ma su una foto particolare, quella in cui Carlo Rubbia e Simon van der Meer, con due calici, presumibilmente di vino, in mano festeggiano l'annuncio del Nobel per la Fisica
per i loro decisivi contributi al grande progetto che ha guidato la scoperta delle particelle di campo $W$ e $Z$, mediatori dell'interazione debole
La storia di questo Nobel, però, inizia 8 anni prima, nel 1976. In quell'anno, infatti, inizia a operare SPS, il sincrotrone a protoni del CERN originariamente progettato per accelerare le particelle fino a un'energia di 300 GeV.
Quello stesso anno David Cline, Carlo Rubbia e Peter McIntyre proposero di trasformare l'SPS in un collisore di protoni-antiprotoni, con i fasci di protoni e antiprotoni che ruotavano uno opposto all'altro nello stesso tubo per collidere frontalmente. Questo avrebbe permesso energie nel centro di massa in un intervallo tra i 500 e i 700 GeV.(1)
D'altra parte gli antiprotoni vanno in qualche modo raccolti. Il fascio corrispondente venne allora
(...) statisticamente raffreddato nell'accumulatore di antiprotoni a 3.5 GeV, ed è qui che l'esperienza di Simon Van der Meer e collaboratori gioca un ruolo decisivo.(1)

domenica 5 ottobre 2014

Professori

Ci sono vari tipi di professori. C'è il professore tifoso
Il professore assassino
Il professore supereroe
E poi ci sono i professori blogger. Qui sotto ce ne sono alcuni. Ve li consiglio. Hanno un ricco archivio in cui cercare. Cose belle e preziose, per lo più.
Buone letture con:
Annarita Ruberto
Marco Fulvio Barozzi
Roberto Zanasi
Rosalba Cocco
Christofaro Sorrentino
Cristina Sperlari
Questi sono solo alcuni. Ce ne sono molti altri, che ho sicuramente dimenticato, ma in ogni caso a quelli qui sopra e a quelli che non ho messo, a tutti loro un augurio speciale, perché dal 1994, ogni 5 di ottobre, si festeggia la giornata internazionale degli insegnanti:
Auguri a tutti per il loro splendido lavoro (anche quando non è così splendido, perché è comunque importante).

sabato 4 ottobre 2014

INPS, precari e coccodé

La vicenda ha un che di assurdo, ma, come scrive Valentina Santarpia sul Corriere, ha scoperchiato un vaso di Pandora.
Contesto: in questi decenni sia l'università sia la scuola si sono avvalsi e continuano ad avvalersi di una folta schiera di precari. Alcuni sono più o meno regolamentati, soprattutto nella scuola, con le fasce di docenza, di cui quella trattata peggio è la terza fascia (mia madre, commerciante, si è lamentata quest'estate che pago quasi più tasse di lei...), altri invece vengono assunti con contratti co.co.co., sicuramente più diffusi nel mondo accademico, ma che non mancano nemmeno nel mondo della scuola, anche nel corpo docente (nella mia prima supplenza in terra lombarda, uno dei docenti della scuola dove ho prestato servizio era assunto con tale contratto). Ovviamente tutte queste categorie hanno richiesto l'indennità di disoccupazione per coprire il periodo di inattività lavorativa tra il licenziamento e l'assunzione successiva.
La vicenda: nei giorni scorsi, però, l'INPS ha inviato, in particolare ai co.co.co. (non so per quelli di terza fascia, visto che non mi sono mai avvalso di questo diritto alla disoccupazione, per molti motivi che non mi va di approfondire), una richiesta di restituzione dei soldi erogati negli ultimi 5 anni, a quanto scritto per un errore.
La CGIL ha allora diramato un comunicato stampa sulla questione:
Roma, 3 ott. '14 - Indennità di disoccupazione erogate ai lavoratori precari e chieste indietro dall'Inps cinque anni più tardi. È questa la situazione ai confini della realtà che stanno vivendo in queste settimane centinaia di co.co.co. della scuola, assegnisti di ricerca e dottorandi, che a partire dal 2009 avevano fatto richiesta dell’indennità una tantum per il sostegno al reddito.
Dall'inizio del 2014 infatti numerosi ex co.co.co., attualmente precari e/o disoccupati, si sono visti recapitare a casa una lettera dell'Inps con la quale si chiede la restituzione della somma erogata "erroneamente" in precedenza (mediamente 4000 euro). L'una tantum infatti esclude inspiegabilmente i collaboratori del pubblico impiego, ma a causa di una norma confusa e di dubbia interpretazione, molte sedi INPS negli anni passati hanno erogato il beneficio anche a tali lavoratori.
FLC CGIL e NIdiL CGIL ritengono assurdo che a distanza di numerosi anni l'Inps pretenda dai lavoratori precari la restituzione di un'indennità di disoccupazione, che è già del tutto inadeguata ed escludente. Cogliamo l'occasione per chiedere a gran voce che questa assurda distinzione fra lavoratori precari sia abolita quanto prima, e che gli ammortizzatori sociali siano garantiti a tutti, indipendentemente dalla tipologia contrattuale.
Il sindacato illustrerà la questione in una conferenza stampa in programma martedì 7 ottobre alle ore 13:00 presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati (via della Missione, 4), alla quale parteciperanno alcune lavoratrici alle quali è stata già recapitata la lettera dell'Inps, l'on. Marco Miccoli (membro della Commissione Lavoro, PD), la segretaria confederale della CGIL Serena Sorrentino, Anna Fedeli (segretaria nazionale FLC CGIL) e Sabina Di Marco (segretaria nazionale NIdiL CGIL).
Il comunicato ha avuto, però, un effetto quasi immediato: l'INPS ha infatti sospeso la procedura di restituzione dei soldi, grazie all'azione immediata del nuovo commissario Treu. La palla ora passa al governo: mentre la conferenza stampa è stata confermata, l'idea del sindacato è quella di chiedere alle istituzioni l'abolizione di questa distinzione di fatto tra precari (almeno relativamente agli ammortizzatori sociali). La conferenza stampa sarà, inoltre, preceduta da un flash mob all'esterno di Montecitorio intorno alle 12:30.

P.S.: non sono improvvisamente diventato un sindacalista, ma credo che sottolineare certe storture del sistema sia in ogni caso importante. Che poi personalmente ritenga che queste storture siano ineliminabili in un qualunque sistema burocratico è una considerazione che, a mio giudizio, non cambia di una virgola né quanto ho scritto, né la condivisione delle richieste di una categoria abbastanza vasta di persone, come quella dei lavoratori di scuola e università.
P.P.S.: se non fosse chiaro, il coccodé del titolo si riferisce al fatto che i precari spesso vengono trattati (non solo dalle istituzioni politiche) come galline, ovvero messi un po' lì a razzolare, nella speranza che se ne stiano buoni e zitti...

venerdì 3 ottobre 2014

Olimpiadi dell'Astronomia 2015: si parte!

L'edizione per l'anno scolastico 2014-15 è pronta. C'è il bando. C'è il dossier (quest'anno il tema è la luce). Quindi cosa aspettate ragazzi? Partecipate! Cosa aspettate, professori? Segnalate ai vostri studenti!

video via Media Inaf

giovedì 2 ottobre 2014

Insegnamento di massa a distanza

Il successo dei MOOC, massive open online course, corsi on line di massa aperti (più o meno), sta spingendo la ricerca sull'insegnamento a distanza verso la comparazione tra studenti on-line e studenti off-line, per così dire. Lo studio si è concentrato sugli studenti universitari, però alcune osservazioni, anche tratte dall'articolo di VentureBeat che ha diffuso la ricerca, mi sembrano interessanti e abbastanza generali:
Nonostante l'istruzione ulteriore che gli studenti del campus hanno avuto, [i risultati] non mostrano alcuna evidenza positiva di un relativo miglioramento settimanale dei nostri studenti del campus confrontati con i nostri studenti online.

[Lo studio] non dimostra che i MOOC sono un sostituto per l'esperienza universitaria, né risolve il fatto che alcuni dati demografici possano beneficiare sproporzionalmente dell'educazione online.
D'altra parte
I MOOC stanno mantenendo la promessa di diffondere la conoscenza. Quasi chiunque abbia un desiderio di imparare, in relazione alle proprie abilità, può beneficiare dell'accesso a una qualche classe di studio nel mondo.
Forse è per questo che in Italia si parla tanto e si fa poco: tanto ci stanno pensando all'estero.