Stomachion

venerdì 27 febbraio 2015

Calcoli cinesi

Mentre alla lavagna un loro compagno sta svolgendo un'espressione polinomiale, quei tre, seduti uno accanto all'altro, sono tutti presi a vedere il cellulare, discutendo tra loro fitti e attenti a quello che c'è sullo schermo. Il professore, quatto quatto, si avvicina, aspettandosi di vedere l'ennesimo mmorg, e invece ecco che i tre stanno lì, incantati, a guardare un video di matematica!

giovedì 26 febbraio 2015

Monade 116

Nel futuro la società umana sarà suddivisa in due macro civiltà: quella delle monadi urbane, agglomerati di palazzoni gigantestchi, chiamati costellazioni al cui interno ad ogni piano, vengono stipati quantità di esseri umani da fare invidia a metropoli come New York; e quella delle campagne, dove quelli che oggi definiremmo contadini vivono coltivando la terra e preservando l'ambiente. Le due civiltà hanno pochissimi scambi, se non quelli strettamente necessari per lo scambio di materie prime e manufatti. Robert Silverberg, per raccontare quella che è una via di mezzo tra un'utopia e una distopia, si concentra sulle monadi, in particolare sulla monade 116, e dei miliardi di suoi abitanti si concentra su un gruppo limitato di essi, per raccontare così la struttura sociale, le sue perfezioni e soprattutto le sue imperfezioni.
Volendo banalizzare l'atmosfera del romanzo per un lettore dei nostri tempi, si può dire che la nostra posizione, nonostante tutto, sia molto più vicina a quella della civiltà contadina, che reputa quella delle monadi come una civiltà che ha non solo legalizzato ma addirittura istituzionalizzato lo stupro, andando in un certo senso oltre quello immaginato da Aldous Huxley ne Il mondo nuovo, dove invece il sesso era utilizzato non tanto come piacere ma come dovere per il cittadino rispettoso dello stato.
A una prima lettura, quindi, il romanzo sembra essenzialmente centrato sulle dinamiche che il sesso libero e l'adulterio senza coinvolgimenti né legali né morali introduce non solo nelle famiglie, che ottengono così una sorta di modello aperto, ma anche nella società stessa. Da un lato lo si può leggere come una risposta a Robert Heinlein, le cui posizioni in materia sono abbastanza evidenti in romanzi come Straniero in terra straniera o La Luna è una severa maestra, ma dall'altro grazie alla bravura di Silverberg nell'approfondire ognuno dei personaggi coinvolti, la morale della storia sembra essere molto più profonda e sconfortante di qualunque distopia: puoi costruire qualunque società più o meno perfetta, ma ci sarà sempre negli esseri umani un senso di irrequietezza che impedirà ad alcuni di loro di allinearsi alla media. Ed è solo la quantità di questi deviati e la loro forza che fa la differenza tra una distopia e un'utopia.
Illustrazione di Walter Mac Mazzieri

mercoledì 25 febbraio 2015

Waldo e la strada verso la miniaturizzazione

Waldo E. Jones sembrava fluttuare nell'aria al centro di una stanza sferica. L'impressione derivava dal fatto che fluttuava davvero nell'aria. La sua casa era inserita in un'orbita libera, con un periodo di poco più di ventiquattro ore.(8)
Waldo abita nello spazio. In orbita intorno alla Terra. Soffre di una malattia che gli impedisce di muoversi sotto l'azione della gravità terrestre. Questo impedimento, come si suol dire, gli ha aguzzato l'ingegno, permettendogli di diventare l'inventore migliore del pianeta. Una delle sue invenzioni sono i waldi, dei sofisticati bracci meccanici, di varie grandezze, che l'inventore riesce a manovrare con grandissima precisione attraverso un'apposita plancia di comando.
Il problema che gli viene sottoposto è apparentemente insolubile: scoprire perché i motori utilizzati sulla Terra non funzionano più così bene e sotto quali condizioni ricominciano a funzionare.
Per portare a termine questo compito, Waldo deve prima affrontare un'altra sfida (il passo in originale):

da Ashley S. (2001). Nanobot Construction Crews, Scientific American, 285 (3) 84-85. DOI: http://dx.doi.org/10.1038/scientificamerican0901-84 (pdf)
I waldi più piccoli che aveva usato sino ad allora avevano un'estensione palmare di un centimetro circa, ed erano forniti di microonde adatte alle loro dimensioni. Erano troppo grandi per i suoi scopi. Voleva manipolare tessuti nervosi viventi, esaminare l'isolamento e il comportamento in situ.
Usò quei waldi per crearne altri più piccoli.
L'ultimo stadio furono minuscoli boccioli metallici non più larghi di trenta millimetri. Le nervature dei gambi, o avambracci, che fungevano da pseudomuscoli erano quasi invisibili a occhio nudo; d'altronde, Waldo usava sonde ottiche.(8)
Questo passaggio, tratto dal racconto di Robert Heinlein, potrebbe aver avuto una certa importanza nello sviluppo della scienza e della fisica: nonostante non sia chiaramente collegabile, potrebbe aver dato a Richard Feynman lo spunto per la conferenza del 1959 che si considera fondativa della nanotecnologia, la famosa There's plenty of room at the bottom(1).

martedì 24 febbraio 2015

Pi Day 2015: giorno epico per la matematica

Per il quarto anno consecutivo ospiterò su DropSea il Carnevale della Matematica che coincide con il pi day. L'edizione, che è la 83 (la 82 è sul blog dei Rudi), è specialissima, come vedete dall'immagine qui sopra, che vi dice già anche quale sarà l'ora di pubblicazione della prossima edizione (esclusi i secondi che non sono in grado di programmare...). In puro stile pi day, il tema è la matematica, declinata in tutte le salse. I contributi possono essermi inviati via e-mail, con un paio di righe di presentazione:
Se li avete, potete utilizzare anche GPlus, tumblr, twitter.
Per chi vuole ripassare un po', ecco le passate edizioni del Carnevale coincidenti con il pi day:
Ovviamente siete tutti invitati, non solo a leggere, ma anche a partecipare!

domenica 22 febbraio 2015

Il (non) carnevale della fisica #6

Iniziamo con quello che è il piccolo evento del mese: i 25 anni della mitica foto Pale Blue Dot, ovvero la foto scattata scattata dalla Voyager il 14 febbraio del 1990. A questo mitico puntino Carl Sagan ha dedicato un bellissimo commento, che Amedeo Balbi ha pubblicato in uno dei suoi primi post su Keplero:
Siamo riusciti a fare questa foto: se la guardate, vedete un puntino. Quello è qui. Quella è casa. Quelli siamo noi. Ogni persona che amate, che conoscete, di cui avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito, ha vissuto la sua esistenza su quel puntino. Le nostre gioie e dolori messi insieme, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche sicure del fatto loro, ogni cacciatore o preda, ogni eroe o codardo, ogni creatore o distruttore di civiltà, ogni re o pezzente, ogni giovane coppia di innamorati, ogni madre o padre, ogni bimbo pieno di speranze, inventore ed esploratore, ogni maestro di morale, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "leader supremo", ogni santo o peccatore nella storia della nostra specie, ha vissuto lì: su un chicco di polvere sospeso in un raggio di sole.
All'Osservatorio Astronomico, nella saletta che di solito viene utilizzata per il pranzo, sulla parete centrale accanto al distributore delle bevande e al microonde, campeggia una delle foto più spettacolari mai scattate dal telescopio spaziale Hubble:
Questa foto, che è stata aggiornata e chiamata Hubble Ultra Deep Field 2014, è magistralmente spiegata da Sandro Ciarlariello:
Si tratta di una composizione del precedente Ultra Deep Field che il telescopio Hubble aveva già scattato negli anni precedenti (dal 2003 al 2009) in cui si riuscivano a vedere galassie nell'intervallo di lunghezze d'onda dall'infrarosso al visibile. HUDF2014 aggiunge anche le immagini delle galassie nell'ultravioletto e tra un attimo vedremo perché tutto ciò è importante.

domenica 15 febbraio 2015

Pippo Galileo

Copertina dell'edizione inglese di Pippo Galileo di Carl Fallberg e Hector Adolfo de Urtiága. Di quest'ultimo e della serie Goofy as a famous hystoric persons avevo scritto all'interno del paralipomeno di Alice dedicato a Escher.
Ora, invece, eccovi due parole sullo scienziato che ha ispirato la storia, estratte da un ritratto che avevo scritto nel 2009:

sabato 14 febbraio 2015

Il sabotatore di campane

Questo non è il primo libro di Paolo Pasi che leggo, ma continua a non deludere mai! Non so se il messaggio di  Pasi ne "Il sabotatore di campane" era uno solo o tanti, io ne ho trovati tanti, e soprattutto tanti spunti su cui riflettere.
La storia inizia con l'arrivo di Gaetano, anarchico non più così giovane, in un piccolo paese, Roccapelata, dove vuole sabotare la campana della chiesa. Ha tutto l'occorrente con sé per raggiungere il suo obiettivo, ma quando arriva sul campanile, oltre a scoprire che non c'è una vera campana con il batacchio ma i suoni sono registrati, trova lì il prete e per una spinta un po' troppo energica da parte di Gaetano, il prete cade dalle scale e muore.
Questa morte viene scoperta quasi subito e Gaetano si costituisce. In una storia come siamo abituati a leggere o vedere nei film, il racconto finirebbe qui, e invece nel libro di Pasi la storia inizia proprio qui. Gaetano, nonostante racconti la verità, non viene creduto. A complicare le cose ci pensano gli abitanti stessi, che poco per volta raccontano alcune cose (a volte anche poco piacevoli) che conoscono riguardo al prete, e che rendono così le indagini sempre più difficili. In aggiunta, in quei giorni, arriva a Roccapelata anche un giornalista che riesce a scrivere un articolo sugli avvenimenti davvero molto appetibile.
Quell'articolo suscita un grande interesse e iniziano ad arrivare fotografi e giornalisti per intervistare e sapere come procedono le indagini. Questa nuova situazione rende gli abitanti sempre più "chiacchieroni", ognuno di loro ha una storia da raccontare in merito alla morte e alla vita del prete, cercando di convincere la polizia a metterli nella lista degli indagati, per finire sotto l'occhio dei riflettori. Perché hanno capito che se sono indagati i giornalisti li intervistano, li fotografano, insomma li rendono "famosi". Così "famosi" che faranno nascere persino un reality, mettendo telecamere ovunque, soprattutto nelle case degli abitanti.
Tra una confessione e una ripresa, Gaetano racconta la sua di vita, fatta di viaggi, incontri, manifestazioni e amore, una donna condivisa con un altro uomo da cui nascerà una figlia, della quale non si saprà mai chi è il vero padre perché i papà sono due. Una figlia che vede raramente ma il loro legame non si spezzerà, tant'è che alla fine... alla fine lo scoprirete solo se leggerete il libro, perché vale la pena!
Ci sono stati momenti in cui ho avuto timore, non per il racconto in sé, ma per come si trasformano le persone quando annusano un po' di notorietà e di soldi, timore che questo potrebbe diventare reale. Ma anche speranza, che finché ci saranno libri come questo, che aiutano a riflettere su ciò che siamo, forse non tutto è perduto.


venerdì 13 febbraio 2015

(non capisco)

Nonostante la mia contrarietà al carnevale della fisica e a come esso viene gestito, al fatto che ci siano i premi e che spesso i contributi presenti provengono soprattutto da istituti e riviste, nella mia timeline su twitter arrivano ogni tanto gli aggiornamenti sul Carnevale, e questo perché, alla fin fine, non ho deciso di abbandonare gli account che in un qualche modo al carnevale sono legati. Questo giusto per farvi capire come l'immagine qui sotto sia finita alla mia attenzione:
Succedono sempre tante cose durante la giornata. Durante ogni giornata. Ci si prova, più o meno periodicamente, a proporre idee, e puntualmente ci si scontra (spesso in maniera indiretta) contro burocrazia e mancanza di fondi. E' essenzialmente per questo che non capisco il premio qui sopra, e non solo perché non capisco il senso di premiare dei contributi a un carnevale scientifico, ma soprattutto perché la maggior parte degli istituti di ricerca mal sopportano (e a volte mal supportano, con richieste di finanziamento scritte non molto bene) i gruppi di outreach, o perché c'è spesso gente che sopravvive, in questi gruppi, con contratti a spezzoni o con la speranza (come il sottoscritto) che arrivino fondi per poter, finalmente, sviluppare fino al massimo delle potenzialità il proprio progetto.
Per voi potrà sembrare qualcosa di banale, ma questo premio l'ho preso non come una possibilità di speranza, ma per il suo esatto opposto...

giovedì 12 febbraio 2015

Gli schizzi dei Darwin

Francis divenne un botanico; George un astronomo e un matematico; Horace un ingegnere. All'epoca, però, erano solo dei bambini che amavano disegnare. E giocavano a fare gli assistenti del padre. Un tipo strano. Che andava in giro per il mondo. Che aveva idee strane sul mondo. E gli appunti dei suoi assistenti erano dei disegni, visto che Francis, George e Horace amavano disegnare. E prendevano appunti su qualunque carta capitasse loro tra le mani. Come per esempio quella su cui il padre scrisse uno dei manoscritti più importanti della storia della scienza. Sull'origine della specie.

domenica 8 febbraio 2015

Due parole in libertà

Ieri è stata inaugurata la mostra Siamo tutti Charlie al museo WOW di Milano. Costituita dalle vignette di un nutrito gruppo di fumettisti (alcune di queste erano parte del tristemente famoso volume del Corriere), è stata anticipata da un incontro/dibattito sulla satira. Introdotto dal direttore del museo, Luigi Bona, è di fatto diventato una sorta di non conferenza realizzata a braccio: laddove, infatti, nelle non conferenze classiche (se può esserci qualcosa di classico in eventi del genere!) c'è un foglio di prenotazione o una parete adibita per inserire i propri interventi, in questo caso chiunque aveva voglia o sentiva di dover aggiungere qualcosa all'intervento iniziale di Bona andava sul piccolo palco, impugnava il microfono e iniziava a dire la sua.
Ho seguito il pomeriggio di discussione, organizzato dal museo in collaborazione con il Comitato della Zona 4 di Milano dove ha sede il WOW, e realizzato un piccolo live tweetting sull'account de Lo Spazio Bianco, scattando qualche foto, alcune pubblicate su instagram (sia sul mio account sia su quello di LSB).

venerdì 6 febbraio 2015

In veste di agnello

Negli ultimi anni la definizione di noir è, soprattutto in Italia, andata sfumando, incorporando spesso il giallo d'azione (l'hard boiled) o il poliziesco (in particolare quello sui delitti seriali), eppure il noir classico è quello alla Patricia Highsmith, ritenuta la più abile (se non la più importante) rappresentante del genere, o questo In veste di agnello di Celia Dale.
Il romanzo racconta delle vicissitudini di due ex-carcerate che truffano i pensionati, entrando nelle loro case con la scusa di essere assistenti sociali, e poi drogandole e derubandole delle poche ma preziose cose possedute. Grace e Janice operano a Londra e formano una coppia perfetta, per quanto non troppo compatibile: mentre la prima è autoritaria e metodica, la seconda è molto più emotiva e romantica. L'abilità della Dale nel tratteggiare i due protagonisti, e non solo loro, è nel riuscire a rendere tanto antipatica Grace quanto simpatica Janice: non è un caso che tutte le scene con Grace sono difficili da leggere e digerire e si spera che le capiti continuamente un incidente, mentre con i sogni e le vicende di Janice si riesce a facilmente a simpatizzare. D'altra parte mentre Grace elabora un piano complesso per uscire dai bassi fondi, una truffa ai danni di una donna ancora più antipatica di lei, Janice inizia una relazione amorosa con un uomo riservato, che sogna possa diventare suo marito.
Ciò che fa precipitare tutto è da un lato la morte accidentale di una delle vittime della coppia, dall'altro il fatto che l'amante di Janice è il poliziotto incaricato delle indagini.
Sarà dura riuscire a digerire il finale: non c'è alcun lieto fine, infatti, e tutti ne usciranno sconfitti, a parte, forse, Grace, che, nonostante il suo piano non vada secondo quanto programmato, alla fine riesce a stringere più di prima la sua presa su Janice, distrutta dal dolore di non poter vivere per sempre con il suo amore, per il quale era vicina a sacrificarsi e soffrire un altro po' di prigione pur di diventare la sua degna compagna di vita. In un certo senso In veste d'agnello è quasi una metafora di come sia tremendamente difficile riuscire a portare a compimento i propri sogni: c'è sempre qualcuno che ha in mente, per te, una strada differente.
In apertura Mourning picture di Polly Botsford

mercoledì 4 febbraio 2015

Libertà e verità in matematica

Il modo in cui ci occupiamo ancora oggi di numeri nelle scuole è, sostanzialmente, lo stesso modo utilizzato dai nostri antenati pitagorici, che vedevano i numeri come oggetti concreti, certo, ma in un modo che impediva loro di concepire in qualche modo l'infinito. Nel corso dei secoli l'unico che si avvicino alla rottura del confine con l'infinito fu Archimede, ma nella storia della matematica può essere considerato un caso abbastanza unico di mancato sviluppo soprattutto a causa dell'isolamento dei matematici dell'epoca e dell'evidente differenza di qualità tra il siciliano e i suoi colleghi. Per poter tornare a toccare il muro dell'infinito e servircene in maniera proficua bisognerà attendere l'arrivo di Georg Cantor.
Il matematico tedesco di fatto affrontò i numeri, rivoluzionando la matematica, utilizzando sostanzialmente gli insiemi e la logica, due strumenti che gli permisero non solo di avvicinare, ma addirittura manipolare l'infinito grazie ai numeri transfiniti. A guidare i suoi passi era probabilmente la seguente convinzione:
La vera essenza della matematica è la sua libertà.
Secondo Daniel Bonevac, questo vero e proprio mantra, scritto nel 1883, è emblematico dell'approccio libertario di Cantor alla matematica. Con questo punto fermo, Bonevac prova, allora, a scrivere una teoria della verità matematica, con l'obiettivo di spiegare alcuni fatti più o meno assodati:

martedì 3 febbraio 2015

Unplugged math

Sono cose di un altro tempo, quando si parlava e si scriveva e si cancellava. E magari la spalla si indolenziva un po' se non si era abbastanza alti, o abbastanza allenati. Sono cose che ogni tanto ritornano. Che così vengono presentate:
Cari amici e colleghi di PDE's,
volete fare un tuffo nel passato e gustarvi una serie di conferenze fatte alla lavagna da eminenti artisti del settore?
Volete frequentare un ambiente selezionato privo di squilli di cellulari e di dita picchiate su tastiere?
Allora non potete perdervi il convegno "Unplugged in PDE's"
Sono cose che se entri nelle scuole italiane (non tutte, a dire il vero) succedono ancora. Bisogna entrarci però.

lunedì 2 febbraio 2015

Ritratti: Lodovico Ferrari

C'era un tempo in cui i matematici si sfidavano in singolar tenzone, a dimostrarsi teoremi e risolvere equazioni su piazza pubblica. C'era un tempo in cui, come nel far west, per farsi un nome i matematici lanciavano sfide a quelli bravi. C'era un tempo in cui quelli bravi passavano anche dall'Italia, a sfidare un provetto risolutore: Gerolamo Cardano.
In un certo senso il buon Gerolamo si considerava un miracolato. Scrive infatti nella sua autobiografia:
Dopo che mia madre aveva tentato senza successo di abortire, venni alla luce il 24 settembre 1501. Come morto sono nato, anzi sono stato strappato al suo grembo.
La sua opera matematica più nota è l'Ars magna del 1545 (e già possiamo capire quale peso abbia per lui la matematica), dove pubblica le soluzioni delle equazioni di terzo e quarto grado. Mentre la prima è dovuta al contributo di Niccolò Tartaglia, probabilmente anche con un contributo di Scipione Dal Ferro, quella di quarto grado è dovuta all'allievo di Cardano, Lodovico Ferrari.
Il buon Lodovico nasce il 2 febbraio 1522, quasi per caso, a Bologna: il nonno Bartolomeo fu costretto ad abbandonare Milano, probabilmente per motivi politici. Egli aveva due figli, Vincenzo e Alessandro, quest'ultimo padre di Lodovico, e quando Alessandro venne ucciso, il piccolo orfano andò a vivere con lo zio. Nel frattempo il figlio di Vincenzo, Luca, ragazzo ribelle, diremmo oggi, perfetto interprete di quei tempi politicamente burrascosi, era fuggito alla volta di Milano, dove trovò lavoro come cameriere e segretario di Cardano. Il problema fu che a un certo punto Luca decise di tornare a casa: così, di punto in bianco, senza dire alcunché al matematico, tornò dal padre. Cardano, che non voleva perdere un aiuto prezioso, scrisse a Vincenzo per convincerlo a far tornare il giovane, ma ecco che balena nella mente dell'ultimo figlio di Bartolomeo un'idea luminosa (la classica candela dell'epoca!): mandare, al posto del figlio, il nipote, cogliendo così l'occasione di fornire al ragazzo, molto più dotato del figlio Luca, un'opportunità formativa unica. E fu così che Lodovico Ferrari, all'età di 14 anni, divenne studente e poi assistente di Gerolamo Cardano.

L'origine leggendaria degli scacchi

Avevo già scritto un post veloce sulla leggenda della scacchiera, con un video degli Eames allegato. In occasione del concorso instascience15 di Scientificast, ho abbinato alla foto qui sopra (già pubblicata su instagram) una didascalia con la leggenda delle origini della scacchiera, riscritta a partire dal testo contenuto nel box all'interno della sezione dedicata su it.wiki:
Una leggenda narra che il re indiano Iadava vinse una grande battaglia, perdendo però il figlio. Per giorni e giorni il re non si diede pace per la sua morte, ritenendosi colpevole di ciò. un giorno si presentò a palazzo il brahmano Lahur Sessa che propose al re un nuovo gioco: gli scacchi. Il re, giocando e rigiocando, comprese che non sarebbe mai riuscito a vincere quella battaglia senza sacrificare un pezzo, e ciò gli risollevò il morale. Per ringraziare Sessa dell'insegnamento, gli chiese cosa volesse come premi. E Sessa, indicando la scacchiera, rispose:
"Tu mi darai un chicco di grano per la prima casa, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via."
La richiesta sembrava abbastanza modesta, e così il re, tra un risolino e l'altro, diede disposizioni affinché venisse eseguita. Il giorno dopo, però, i matematici di corte andarono dal re con terribili notizie: il numero di chicchi di grano necessari per soddisfare la richiesta era di 18.446.744.073.709.551.615, ovvero 1+2+22+23+....+263 = 264 - 1 chicchi.
Il destino del brahmano si fa incerto: c'è chi dice che, lasciato al re un nuovo insegnamento, ritirò la richiesta, ottenendo il governatorato di una delle regioni del regno; e c'è chi dice che, invece, il re, adirato, lo fece uccidere.
Come potete notare ho sostituito il grano con il riso, non potendo fare altrimenti!

domenica 1 febbraio 2015

Disney in India

La Disney, in Italia, ha avuto vari partner editoriali. Riguardo al reparto strettamente connesso con i periodici a fumetti da edicola, la situazione negli ultimi 75 e passa anni è stata la seguente: prima la fiorentina Nerbini, che tra l'altro aveva iniziato senza licenza, quindi il passaggio alla Mondadori, con un rapporto di lunga durata chiusosi poco più di 25 anni fa quando la Disney Italia decise di prendere in mano direttamente la gestione dei suoi personaggi, inclusi anche la maggior parte dei libri realizzati. In un certo senso questo fu il punto più alto del rapporto della Disney con l'Italia, a tutt'oggi il principale (quasi unico) produttore di storie a fumetti disneyane al mondo, generando l'illusione che l'editore statunitense fosse più italiano di quel che è mai stato. Poi ecco Panini, il terzo editore (il quarto se si conta la Disney stessa) a proporre i periodici disneyani in italiano.
All'estero, invece, la situazione è stata per certi versi anche meno stabile di quella italiana, se si escludono i paesi scandinavi dove il rapporto con la Egmont dura dal 1948. L'editore danese ha avuto, nel corso di quasi 70 anni di contratti di licenza, un rapporto così stretto da aver portato i fumetti disneyani in giro per l'Europa e il mondo, arrivando addirittura in India(1). Ed è proprio sulla Egmont in India che vorrei soffermarmi.