Stomachion

giovedì 27 agosto 2015

Strade senza fine

A piedi e spensierato mi avvio verso la strada aperta,
Sano, libero, il mondo dietro di me,
Il lungo bruno percorso davanti a me che conduce ovunque io scelga.
La letteratura on the road viene fatta iniziare con Sulla strada di Jack Kerouac, romanzo che è anche (forse soprattutto) un punto di riferimento per la letteratura beat. Il fatto che i protagonisti, tra una avventura e l'altra (nessuna delle quali poi così edificante), siano in viaggio nel classico coast to coast, l'equivalente statunitense del grand tour europeo, giustifica l'inserimento del romanzo anche nell'ampio genere on the road, che i due scrittori dei cui romanzi andrò a scrivere quest'oggi hanno reinterpretato in chiave fantascientifica.
La pista dell'orrore
A mio giudizio Roger Zelazny è stato uno degli scrittori di fantascienza più influenti nel mondo del fumetto, insieme con Philip K. Dick e con Albert Elton Van Vogt (come ho anche iniziato a sostenere sull'approfondimento di Crisi Finale di Grant Morrison). Il suo romanzo più famoso è sicuramente Signore della luce, che evidentemente ebbe una certa influenza su Jack Kirby, che venne chiamato per realizzare le illustrazioni per un suo possibile adattamento cinematografico.
Ben lontano dai temi fondamentali che Zelazny sviluppò nel corso della sua carriera, nel 1967 scrisse, al momento solo come racconto, La pista dell'orrore, che poi venne esteso per diventare un romanzo nel 1969. L'ambientazione è post-apocalittica: una zona degli Stati Uniti, a causa di un disastro nucleare, è isolata dal resto dello stato e bisogna portare loro dei medicinali necessari. Per portare a termine una missione in una terra sostanzialmente sconosciuta viene chiamato Hell Tanner, imprigionato per omicidio. Ovviamente la ricompensa è la libertà.
Tanner è un personaggio disilluso, in un certo senso in fuga da se stesso, che mi ha ricordato non poco lo "Snake" Plissken di Fuga da New York, film distopico del 1981 di John Carpenter e interpretato da Kurt Russell, che andavo puntualmente a sostituire con Tanner man mano che il romanzo procedeva. Altro aspetto interessante sono i mezzi corazzati che Tanner e i suoi accompagnatori (impostigli dal governo) utilizzano per entrare nel deserto nucleare, dei mezzi corazzati imponenti e avanzatissimi che evidentemente qualcosa hanno lasciato nell'immaginario di Frank Miller, vista la batmobile ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro. Certo l'ispirazione potrebbe essere venuta anche dal film del 1977, che però Zelazny in un certo senso rinnegò, visto che la sceneggiatura di Alan Sharp modificò profondamente il romanzo originale, dopo la prima e più fedele sceneggiatura di Lukas Heller.
Ad ogni buon conto quella di Tanner è una corsa, che alla fine si conclude con il mezzo preferito da quest'ultimo, la motocicletta, contro il tempo, contro la barbarie che lo circonda, contro la natura stessa che, trasformata dalle radiazioni, diventa implacabile nemica, e in ultimo, come scritto, anche contro se stesso e il suo passato, diviso tra la percezione della giustezza morale delle sue azioni e dalla percezione illegale delle stesse.
Tanner è sicuramente un personaggio interessante, tutto da scoprire così come il romanzo stesso, una corsa senza respiro (o quasi) dove anche un reietto senza nulla da perdere può (ritornare a) essere un eroe.
O autostrada che percorro, mi dici Non lasciarmi?
Dici Nessuna avventura - se mi lasci sei perduto?
Dici Sono già preparata, sono ben battuta e aperta, aderisci a me?
Strada senza fine
Alcuni aspetti di Hell Tanner vengono riproposti da Zelazny nei due personaggi di Red e Randy Dorakeen, padre e figlio, che viaggiano dai lati opposti di una strada particolare. Trovarla non è semplice, bisogna in un certo senso decidere di perdersi. E' una strada particolare, questa route: ognuna delle sue uscite, infatti, permette di giungere a un momento della storia della Terra differente. La Strada senza fine che i protagonisti percorrono avanti e indietro, senza mai realmente fermarsi in un posto, riprendendo ogni volta il viaggio attraversa il tempo e lo spazio, si snoda tra le epoche e i luoghi terrestri. Ogni sua diramazione porta a un determinato tempo e spazio e qui i viaggiatori possono scegliere: fermarsi in una delle taverne che li accolgono durante il loro peregrinare, prima di riprendere nuovamente il viaggio lungo la strada, oppure provare a integrarsi nell'epoca in cui sono giunti, qualcuno magari provando a cambiare un po' qualcosa rispetto alla storia conosciuta.
Zelazny non approfondisce questo aspetto dei cambiamenti storici dei viaggiatori, se essi hanno un'influenza sulla linea temporale principale o se, come suggeriscono alcuni passaggi, creano semplicemente delle nuove uscite lungo la strada (e quindi delle versioni alternative della Terra), ma si concentra in particolare sui citati Red e Randy: mentre il secondo, il figlio, viaggia per cercare il padre perduto, ancorato ai suoi ricordi di bambino prima che Red si mettesse in viaggio, quest'ultimo viaggia apparentemente per cercare la morte, o per sfuggirgli. I due concetti, in effetti, sembrano confondersi in Red e solo il finale chiarirà il legame dei protagonisti con la strada e con il concetto di tempo che essa rappresenta. Un legame che verrà ripreso e elaborato in un modo al tempo stesso simile e completamente diverso da Andreas nel suo Rork, in una fusione interessante e intelligente tra fantascienza e fantasy.
La mia chiamata è la chiamata della battaglia, io nutro la ribellione attiva,
Colui che va con me deve andare bene armato,
Colui che va con me va spesso con dieta misera, povertà, nemici arrabbiati, diserzioni.
La strada dell'eternità
Una strada diversa è, invece, quella di Clifford Simak. Anche in questo caso abbiamo a che fare con dei viaggiatori del tempo, ma essi non utilizzano una strada, come potrebbe far pensare il titolo del romanzo, ma delle vere e proprie macchine del tempo, una sorta di stanze guidate da particolari pannelli di controllo.
La storia inizia nel presente del romanzo, metà anni Ottanta del XX secolo, con Jay Corcoran e Tom Boone, a modo loro due uomini molto particolari: il primo è uno dei migliori detective della Terra, il secondo è in grado di girare gli angoli, quelli nascosti alla vista di qualunque persona normale, pieghe dello spaziotempo in cui è possibile, per esempio, nascondere una macchina del tempo. Ed è proprio grazie alla particolare vista di Boone che i due amici raggiungono un gruppo di fuggiaschi dal lontano futuro rifugiatisi in una antica località, Hokins Acre, nel 1745, non condividendo più la filosofia degli esseri umani del loro tempo. Questi, ammaliati da una razza proveniente dalle stelle, avevano iniziato un processo che in teoria li avrebbe portati alle soglie della divinità e che implicava la smaterializzazione completa.
Come tutto ciò possa avere a che fare con La strada dell'eternità diventa, grazie all'abilità di Simak, una scoperta eccezionale per il lettore: lo scrittore, infatti, dopo aver riunito il gruppo nel 1745, crea un mostro che li insegue nel tempo e li separa in gruppi più piccoli, le cui avventure, ottimamente gestite e armonizzate dallo scrittore, verranno seguite separatamente. Man mano che ci si avvicina alla fine, poi, il ruolo centrale della strada, una mappa dell'universo, diventa sempre più chiaro e l'autore riesce con grandissima abilità a chiudere ogni nodo narrativo senza fretta e prendendosi il giusto tempo.
Un capolavoro che, in maniera diversa rispetto alle strade di Zelazny, o ai romanzi di Dick, più che (od oltre a) riflettere sulla natura del tempo, si occupa della natura umana, di ciò che in ultima analisi ci rende esseri umani.
Camerata, ti do la mia mano!
Ti do il mio amore più prezioso del denaro,
Ti do me stesso prima delle preghiere e della legge;
Mi concederai te stesso? verrai a viaggiare con me?
Resteremo attaccati uno all'altro finché vivremo?

I versi che accompagnano questa recensione tripla sono una mia traduzione di Song of the open road di Walt Whitman, citata da Zelazny in Strada senza fine.
Le copertine degli Urania sono, invece, di Karel Thole

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