Stomachion

giovedì 28 gennaio 2016

Il terrorista e il professore

Il 27 aprile 1981 [Ciro] Cirillo venne sequestrato dalle Brigate rosse a Torre del Greco. Il suo sequestro, durato 89 giorni, fu al centro di durissime polemiche: a differenza del sequestro Moro, infatti, lo Scudo Crociato optò per la trattativa con i terroristi.
La sua liberazione avvenne tramite intrecci mai del tutto chiariti, che videro probabilmente anche la mediazione di Francesco Pazienza, faccendiere legato ai servizi segreti, e Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata: per quella vicenda l'ordinanza del giudice Alemi nel 1988 chiamò in causa anche Antonio Gava. Vent'anni dopo il suo sequestro, Cirillo concesse un'intervista al giornalista Giuseppe D'Avanzo in cui affermò d'aver scritto la verità sulla sua vicenda ma di volerla rendere nota solo dopo la sua morte; inoltre, disse che una volta tornato in libertà il suo partito gli chiese di farsi da parte e di ritirarsi dalla politica, cosa che egli fece seppur a malincuore.
In un'Italia dove le pentole sono state scoperchiate e tutto ormai sembra corrotto o corruttibile, l'idea raccontata ne Il terrorista e il professore che in qualche modo camorra e brigate rosse siano venuti a contatto, persino collaborando, non è stupefacente.
La vicenda, raccontata dal giornalista Vito Faenza, è semplice e veloce e racconta del rapporto praticamente di amicizia tra un capo camorrista e un brigatista, seppure non attivo sul campo, che si ritrovano in un presunto carcere di massima sicurezza. Al di là delle possibilità dei due di poter sfuggire alla sorveglianza, seppur per poco tempo, assume particolare interesse la descrizione di Faenza del rapporto tra i due personaggi principali del romanzo, a loro modo contemporaneamente traditori e traditi. I due protagonisti, infatti, si rivelano marionette, seppure di livello differente: nonostante una amicizia e un rispetto reali e reciproci, "il terrorista", e con lui le cellule del movimento, viene usato per scopi criminali, i quali però assumono risvolti politici a causa del coinvolgimento di strani "uomini in nero", si potrebbe dire.
La chiave di tutto diventa la consapevolezza del tradimento, dell'essere stati usati, la consapevolezza che il potere, quando vuole, può utilizzare gli ideali degli uomini, trasformarli a suo vantaggio.
La vicenda narrata, come ho successivamente scoperto, è fondamentalmente vera, partendo da un rapimento, quello del democristiano Ciro Cirillo, vicenda, per quel che è possibile, ricostruita e ottimamente inquadrata nel suo contesto storico da Emiliano Di Marco. Non aggiungo nient'altro se non che, quando un romanzo, per quanto presenti elementi fantastici, stimola all'approfondimento, allora è degno di lettura tanto quanto la vicenda che l'ha ispirato.

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