Stomachion

mercoledì 24 novembre 2021

Le grandi domande della vita: Un Mercurio sorprendente

Dopo l'edizione speciale dedicata a EduINAF de Le grandi domande della vita, non ho più riproposto la serie di articoli sporadici usciti di là anche qui. Visto che generalmente quei contributi non li rilancio su twitter, mi sembra cosa buona e giusta riprendere l'usanza, partendo però da una domanda cui non ho risposto io, ma Stefano Sandrelli:
Il pianeta più vicino alla Terra
Il quesito, posto da uno dei giovani partecipanti al concorso di scrittura creativa per bambini Via Lattea Quaraquarinci, può essere riassunto con la domanda su quale sia il pianeta più vicino alla Terra.
La risposta breve è: Venere. Per arrivare a questa risposta, però, possiamo fare due ragionamenti differenti. Partiamo dalla distanza media tra il Sole e la Terra: 149597887 km. Questa distanza, per sempicità di calcoli, è stata definita dagli astronomi 1 Unità astronomica (UA). Usando questa unità di misura, le distanze degli altri pianeti dal Sole saranno dei numeri abbastanza semplici da trattare, come nel caso di Venere, che si trova a 0.723 UA, o Marte, che si trova a 1.52 UA. Facendo un paio di sottrazioni, scopriamo che la distanza tra Venere e la Terra sarebbe, all'incirca, 0.28 UA, mentre quella tra Marte e la Terra 0.52 UA.
I pianeti, però, non sono fermi e si muovono, quindi in generale la distanza tra due pianeti varia nel tempo. Possiamo, allora, andare a vedere come si modifica questa distanza e sia per Venere sia per Marte scopriamo che oscilla tra un valore massimo e un valore minimo. In particolare la distanza minima tra Venere e Terra è di 0.26 UA, mentre quella tra Marte e la Terra è di 0.37 UA.
Quindi in entrambi i casi Venere risulta più vicino di Marte alla Terra.
Possiamo, però, vedere la faccenda da un altro punto di vista: la distanza media dalla Terra.
Se introduciamo questa nuova "complicazione", scopriamo che il pianeta che, mediamente, è più vicino alla Terra è... Mercurio!
La cosa può essere compresa combinando un paio di spiegazioni. Innanzitutto il tempo di rotazione intorno al Sole (il tempo impiegato dai pianeti a percorrere la propria orbita) è diverso da pianeta a pianeta. Inoltre anche la velocità di percorrenza dei singoli tratti lungo l'orbita non è costante. Quindi Mercurio può trovarsi a una distanza più breve degli altri pianeti per un tempo più lungo rispetto a Venere e Marte, e quindi risultare, in media, più vicino.
Il tramonto da Mercurio
Anche la seconda domanda viene da un nostro giovane lettore, che si chiede se è possibile vedere, da Mercurio, il tramonto della Terra.
La Terra è troppo lontana per vederla tramontare come fanno il Sole e la Luna, però come tutti gli oggetti celesti, anche la Terra tramonta, ovvero sparisce sotto l’orizzonte di Mercurio. E ciò avviene all’incirca ogni due mesi, ovvero la durata del giorno mercuriano.
Qui sotto vi metto una delle rare immagini della Terra e della Luna viste da Mercurio: la foto è stata scattata dal satellite Messenger nel 2010, lanciato dalla NASA nel 2004 con l’obiettivo di fotografare la superficie del pianeta.
20211124-terra-luna-da-mercurio
Esplosioni cometarie
Sebbene questa sia uno dei pochi articoli che ho segnalato sul mio account twitter, ve la ripropongo, visto che l'argomento è ancora relativamente fresco, ovvero qualche chiarimento sugli outburst delle comete.
La cometa di cui si parla nella notizia segnalata è la 29P/Schwassmann-Wachmann, scoperta il 15 novembre del 1927 da Arnold Schwassmann e Arno Arthur Wachmann presso l’Osservatorio di Amburgo a Bergedorf, in Germania, e ha un periodo orbitale di 14.65 anni. Il suo ultimo perielio, ovvero il punto dell'orbita più vicino al Sole, risale al 7 marzo del 2019, mentre il prossimo dovrebbe avvenire il 18 febbraio del 2035.
Di questi outburst, dei veri e propri geyser che partono dalla superficie della cometa ed eruttano gas e detriti nello spazio cosmico, ne sappiamo ben poco. Gli unici che abbiamo visto da vicino sono quelli della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, quella della missione Rosetta su cui, il 12 novembre del 2014, atterrò per la prima volta nella storia dello studio delle comete un lander, Philae.
Secondo Eberhard Grün, l'outburst è stato generato lungo uno degli "strapiombi" presenti sulla superficie della cometa. Inoltre, poiché l'evento è partito mentre l'area interessata lasciava la zona d'ombra, probabilmente il cambio di temperatura sulla sua superficie ha causato una frana. Questo ha esposto il ghiaccio sottostante all'illuminazione diretta del Sole, trasformandolo quasi immediatamente in vapore, la cui pressione d'uscita ha trascinato con se anche le polveri di cui la cometa è costituita.
Con le risposte per la rubrica de L'astronomo risponde ho, per ora, concluso. Ho ancora un'ampia scelta davanti per cui ne avremo ancora per un po' di mesi a venire. Questo, probabilmente, mi dovrebbe consentire di mantenere la rubrica de Le grandi domande della vita quindicinale. O almeno lo spero!

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