Stomachion

martedì 25 gennaio 2022

L'invincibile

20220125-invincibile-cover
Dopo Ritorno dall'Universo arriva il turno anche de L'invincibile, altro capolavoro di Stanislaw Lem. Nonostante abbia apparentemente un messaggio politico meno evidente, il romanzo, scritto tra il 1962 e il 1963 e pubblicato nel 1964, è altrettanto ricco di spunti interessanti. Il fatto, poi, che sia ambientato nello spazio, in particolare su un pianeta extrasolare, lo rende ancora più interessante, almeno al livello di Solaris, per intenderci.
Veniamo, prima di tutto, alla trama. Ci troviamo in una delle tante stelle che popolano la costellazione della Lira. Probabilmente intorno a una nana rossa o comunque a una stella che nel diagramma energetico si trova poco sopra a una nana rossa. Il pianeta che ospita l'intera vicenda è Regis III, una landa desertica su cui sono state perse le traccie dell'incrociatore stellare terreste Condor. Per investigare sul suo destino viene mandata L'Invincibile, nave spaziale della stessa classe guidata dall'astrogatore Horpach e dal suo secondo ufficiale Rohan, vero protagonista umano del romanzo. In effetti anche Horpach ha una sua importanza nella vicenda, che va oltre il suo ruolo di comando, ma non è evidente fino a quasi la conclusione della storia.
Lem, ad ogni modo, presenta spunti decisamente interessanti, come considerazioni anti-belliche, o considerazioni sull'evoluzione, in questo caso delle macchine. L'equipaggio, infatti, si ritrova ad atterrare su un pianeta dominato da piccolissime macchine probabilmente abbandonate dalla ormai scomparsa (ma anche ipotetica) civiltà dei liriani. Queste, che risultano una semplificazione delle macchine più grandi i cui resti sono comunque presenti sulla superficie del pianeta, sono sostanzialmente un unico chip con compiti semplici che però arriva a una maggiore capacità computazionale grazie al gran numero presente su Regis III. In un certo senso, tramite le macchine, Lem più che raccontare delle paure rispetto a una civiltà di macchine, riesce a raccontare attraverso le macchine una delle caratteristiche più travisate dell'evoluzione, quella del più adatto.
A questa evoluzione si oppongono una manciata di esseri umani, che con una certa ostinazione vogliono distruggere l'agglomerato di chip alieni, invece di concludere la missione tornando alla base e riferendo l'accaduto. E questo è uno dei punti chiave del romanzo, espresso in un monologo di Rohan nella parte finale del terz'ultimo capitolo del romanzo.
Dobbiamo proprio andare ovunque, con la potenza distruttrice delle nostre astronavi, per ridurre in frantumi tutto ciò che è contrario alla nostra comprensione?
In generale il romanzo, uscito nel 1964, ha un'atmosfera molto startrekkiana (ricordo che la serie esordì nel 1966, due anni più tardi), ma presenta anche altri elementi interessanti, come per esempio lo stetoscopio funerario che recupera le ultime memorie rimaste impresse nel cervello di un cadavere, quasi un prototipo del casco mentale di Strange Days. Il termine astrogatore, invece, viene da Starman Jones di Robert Heinlein.
Lem, però, pur in una descrizione che cerca di essere il più scientificamente accurata, commette un errore abbastanza evidente: delle astronavi grandi come la Condor o l'Invincibile non possono atterrare sulla superficie dei pianeti, o quantomeno la cosa è piuttosto complicata (più di quanto descritto da Lem). D'altra parte se ci facciamo caso l'Enterprise non atterra quasi mai su un pianeta, ma manda il suo equipaggio sulla superficie o con il teletrasporto o con le navette in dotazione.
Per capire come mai astronavi di quella stazza non possono atterrare basti pensare alle rampe di lancio realizzate per lanciare i razzi nello spazio. L'Enterprise, in pratica, dovrebbe portarsi dietro un sistema pesante e ingombrante tale da sorreggerla una volta posta sulla superficie. Al più potrebbe precipitare sulla superficie, ma atterrare (e soprattutto ripartire) è un po' più complicato senza un sistema ad hoc già presente sul pianeta d'arrivo.
Chiudo con una considerazione di Lem sulla vita intelligente nell'universo, tratta da Summa technologiae del 1964 e citata nel saggio di Francesco Cataluccio con cui si chiude il volume della Sellerio:
Ritengo che non possiamo comprendere la presenza cosmica della Ragione non perché essa non sia da nessuna parte, ma perché essa si comporta diversamente dalle nostre aspettative. E' difficile immaginare la comprensione di lumache e scoiattoli: essi vivono in mondi assai diversi, suppure sullo stesso pianeta. Quanto quindi devono essere diversi da noi gli esseri che si sono sviluppati alla luce di altre stelle?
L'invincibile Stanislaw Lem Francesco Groggia Sellerio dicembre 2020 288 brossurato 14 8838940959

Nessun commento:

Posta un commento