Stomachion

sabato 7 dicembre 2019

L'isola dei cani

Uscito nel 2018, L'isola dei cani è il secondo lungometraggio in stop motion per Wes Anderson dopo Fantastic Mr. Fox del 2009. La storia è presto detta: nel 2038 un'epidemia colpisce la popolazione canina del Giappone. I cani, per evitare che la malattia passi all'uomo, vengono allontanati dai loro piccoli padroni per essere esiliati sulla così detta "isola dei cani". Per non dare adito a favoritismi, Kobayashi, sindaco di Megasaki, invia come primo cane sull'isola Spots, amico e guardia del corpo del nipote Atari, orfano dei genitori. Il bambino, però, dopo sei mesi, ruba un aeroplano per raggiungere l'isola dei cani e riportare a casa il suo amato Spots.
Inizia una lunga peregrinazione all'interno di questo ben strano ecosistema sociale che i cani hanno creato. In questo caso Anderson è attento alla caratterizzazione dei due mondi: mentre Atari e tutti gli altri esseri umani parlano il giapponese, i cani discutono tra loro in canino, reso nella nostra edizione in italiano e, ovviamente, in altre lingue nelle altre edizioni.
Ovviamente quella narrata da Anderson è una storia di amicizia, di sfida alle regole, di ricerca di una via alternativa per risolvere i problemi, di lotta contro la corruzione, di sopravvivenza, di comunità e non potrebbe essere diversamente, raccontata con il solito tocco di ironia tipico del regista. Non mi dilungo di più su un film di un anno fa, ma ne scrivo essenzialmente perché giusto qualche mese fa è arrivato in Italia il manga che ne porta su carta la vicenda. L'autore è Minetaro Mochizuki, uno dei miei mangaka preferiti, che però alla resa dei conti con questo volume risulta deludente per molti aspetti. Da un lato l'eccessiva semplificazione della storia, ridotta a una settantina di pagine, dall'altro il seguire una storia di altri di fatto impedisce a Mochizuki di adottare temi e stile a lui più consoni.
Altro aspetto un po' traballante sono i testi, che non sempre riescono a catturare l'essenza dei dialoghi di Anderson, mentre il ritmo narrativo risulta eccessivamente sostenuto. Infine si perde un po' l'importanza dei cuccioli in generale per la crescita dei bambini, se non attraverso il solo Atari, mentre il finale del film viene completamente ignorato. Certo c'è da dire che rispetto alla pellicola il messaggio di accoglienza nella storia di Mochizuki risulta decisamente esplicito, grazie a una delle ultime battute del manga:
Credo che sforzarsi di comprendere il prossimo sia la via giusta per diventare persone migliori.
E questo è un merito non indifferente.

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