domenica 14 dicembre 2003

Da 500 anni nel passato

Mercoledì 10 Dicembre, su La Gazzetta del Sud, a firma di Alfredo Scanzani, compare un articolo dedicato a Nostradamus, medico francese, che però è famoso soprattutto per i suoi scritti profetici. Grazie a questo articolo ho scoperto quanto l'illustre scinziato francese fosse più scienziato che oroscoparo. Ecco l'articolo:

«Per noi fisici credenti la distinzione tra passato, presente e futuro è solo un'illusione, anche se ostinata», sosteneva Albert Einstein, scienziato del XX secolo e padre della rivoluzionaria teoria della relatività. Un concetto analogo lo ritroviamo nell'insegnamento di Ildegarda de Bingen, mistica e veggente del XII secolo, ai piedi della quale accorrevano papi, re, abati e anime semplici. E più andiamo a curiosare nella storia della scienza, della filosofia, delle religioni, più restiamo sorpresi da quanto sia diffusa e accettata l'idea che solo riuscendo a camminare nel piano superiore a quello che formalmente ospita passato, presente e futuro, si sciolgono i nodi dell'inquietudine e dell'arroganza. La medesima arroganza che spinge da sempre i programmatori d'ogni latitudine a deridere Michel de Notre Dame, nato il 14 dicembre del 1503 in Provenza, meglio conosciuto come Nostradamus. Che scriveva al figlio Cesare: «Gli avvenimenti da se stessi non possono fornire nozioni di sé, né essere conosciuti da uomini veggenti o attraverso conoscenze diverse, oppure per mezzo di virtù nascoste sotto la volta del cielo per via della totale eternità che comprende il tempo passato, il presente, il futuro. Ma in mezzo a quella indivisibile eternità, è attraverso concomitanti vibrazioni e al movimento dell'etere cosmico, che gli avvenimenti futuri sono conosciuti». Un po' come vedere gli avvenimenti in un film, tanto per rendere appena comprensibile l'idea. Una migliore conoscenza di Nostradamus, insomma, delle sue convinzioni, dei comportamenti, delle opere, invece che attizzare invidie (già quand'era in vita i colleghi medici erano gelosissimi del successo professionale e umano del notissimo dottor Michele) potrebbe forse portare una pietruzza in più nella costruzione del mosaico della Conoscenza, smorzando la fiamma del pregiudizio. Insomma, a Nostradamus (non a Ildegarda, giammai ad Einstein) i professionisti del futuro non vogliono perdonare la capacità di aver letto oltre il tempo, mentre loro s'affannano insieme a noi a discutere e giurare sui minimi particolari del futuro lavorativo, economico, politico, meteorologico, astrofisico, sociale, industriale, abitativo, assicurativo, medico e via dicendo. Morale: Nostradamus trascorse gran parte della sua vita nell'aiutare il prossimo, sfidando addirittura la peste, soccorrendo i malati abbandonati nelle vie e nelle piazze, sperimentando medicine impensabili; oggi invece gran parte dei moderni futurologi resta schiavo delle «infallibili» previsioni suggerite da «infallibili» marchingegni, senza parlare dell'egoismo che il portafoglio ingrassato senza fatica partorisce. Nasce allora spontaneamente una domanda: non è che Nostradamus, con la scusa delle sue chiacchieratissime Centurie, volesse rammentare ai distratti un antico e saggio adagio? E cioè che passato, presente e futuro smettono d'essere illusione e acquistano senso unicamente quando mettiamo al centro dell'azione (riprendiamo un concetto di Hermann Hesse) «la storia di ogni uomo, che è importante, eterna, divina, meravigliosa e degna di attenzione»? Non è che Nostradamus abbia mischiato le carte (evitando di datare le visioni) per suggerire che si può fare, si può entrare fra le pieghe del tempo, ma non serve a niente se manca la volontà di far trionfare la solidarietà fra le persone, l'umiltà, i mezzi che fanno dilagare la serenità?
Michele Nostradamus (nome latinizzato di Michel de Notre Dame) nacque a Saint Remy, città francese della Provenza, il 14 dicembre 1503 da Renata de Saint Remy e il notaio Giacomo de Notre Dame (ebrei convertiti al cattolicesimo e residenti in Francia dal 1470). Dell'educazione di Michele s'occupò prima il nonno materno Giovanni, medico personale di Renato (re di Gerusalemme e della Sicilia e conte della Provenza), che lo iniziò al latino, al greco, all'ebraico, alla matematica e all'astrologia. Morto Giovanni, Michele completò la preparazione con il nonno paterno Pietro, anche lui medico, che lo spinse ad abbracciare la medicina. Studiata filosofia ad Avignone, a 22 anni, s'iscrisse alla Facoltà di medicina di Montpellier, dove si laureò dopo aver avuto come compagno di studi Francois Rabelais. Sposò la professione medica con una dedizione incredibile, prodigandosi durante le frequenti epidemie e pestilenze di allora, ma la gelosia dei colleghi (aveva guarito pure il legato pontificio di Avignone e il Gran Maestro dei Cavalieri di Rosi) lo amareggiò tanto da farlo dedicare alla ricerca sui farmaci (seguiva i principi che avrebbero ispirato la medicina attuale, unendoli alla certezza che il corpo guarisce prima se impara ad utilizzare le risorse dello spirito), alla pubblicazione di ricettari, all'insegnamento, i viaggi, compresi quelli che lo portano a familiarizzare con i filosofi sufi islamici in Sicilia. Durante questi anni movimentati, la peste gli porta via la moglie e due figli. Bisognoso di meditazione ristoratrice (c'è chi sostiene che il nostro amico appartenesse al Terz'ordine francescano) si ritira nell'abbazia cistercense di Orval, poi nel 1547 si trasferisce a Salon e qui si risposta con Anna Ponsard, ricca vedova dalla quale ebbe sei figli (qualcuno dice otto). E non avendo più problemi economici dedica completamente le energie alla ricerca. Inizia la pubblicazione della «Pronostications» (previsione meteorologiche) e comincia nel contempo a scrivere le celebri «Centurie», quelle profezie hanno affascinato e fatto dannare per secoli, ed ancora oggi oggetto di mille polemiche, di esaltazione, di studio, di confronti, di stupore, di gioia e di paura. Dalla morte del loro autore, non si contano i traduttori, troppi quelli sicuri d'averne scoperto la chiave (già, perché Michele pensò bene di lasciare senza data tutte le quartine, mandando in bestia chiunque le interpretava... regolarmente a fatti compiuti), ma nessuno è riuscito mai ad anticipare almeno l'anno al quale Nostradamus si riferiva. Chi intuiva e conosce la tecnica, ama il silenzio, l'opera. Facile immaginare il fastidio che la notorietà di Michele dava nel campo medico, ecclesiastico ed astrologico, nonostante che Nostradamus medesimo tenesse a debita distanza astrologi («la sola astrologia che conta è quella che esamina il movimento dei pianeti, senza metterli in correlazione con l'umanità», sosteneva) giudizi e veggenti vari («Cesare, l'unica virtù che conta è quella dello spirito, non ricorrere alla sciocca stregoneria», consigliava al figlio). Le calunnie divamparono dopo la pubblicazione della «quartina» che prevedeva la morte di Enrico II nel 1559, ed i pettegolezzi aumentarono quando la vedova di Enrico, Caterina dè Medici, lo invitò a corte nominandolo proprio medico e consigliere. Divenne in seguito medico di Carlo IX, figlio dello sfortunato Enrico, morto accidentalmente il 30 giugno durante un torneo (una lancia squarciò la celata dell'elmo dorato del re e gli trapassò l'occhio e l'orecchio, così come aveva scritto Nostradamus, descrivendo la tragedia nei minimi particolari). Tornando da Arles, nel giugno del 1566 fu costretto a letto dalla malattia. Volle che il letto venisse portato nella stanza più alta della casa e il primo luglio ricevette gli ultimi sacramenti. Si ritiene che le sue profezie abbraccino il tempo fino al 3797.


Le frasi in grassetto sono quelle più significative per far comprendere cosa intendo quando dico che Nostradamus non ha fatto previsioni nel senso che oggi, con così tanti oroscopari in giro, abbiamo acquisito.

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