martedì 19 agosto 2008

Cose scritte e cose dette

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Si sa, la calunnia è un venticello che cresce, cresce e alla fine porta guai a chi la subisce. Filippo "Pippo" Genuardi, protagonista de La concessione del telefono di un Andrea Camilleri in grandissima forma, sul finire del XIX secolo, fa richiesta per una concessione telefonica a uso personale che colleghi la sua segheria con la casa del suocero. Purtroppo per lui Genuardi fa la richiesta alla persona sbagliata: il Prefetto di Montelusa, il dottor Marascianno. Ad aggravare la situazione (il Marascianno è mentalmente instabile), sbaglia il nome del Prefetto, che diventa Parascianno: ciò non fa altro che alimentare la paranoia del Prefetto che si convince che il povero Genuardi, politicamente ignorante, sia un pericoloso sobillatore. Tale convinzione aumenta dopo le superficiali indagini dei carabinieri, mentre la pubblica sicurezza (la polizia) cerca in tutti i modi di evitare problemi a un innocente.
Nel frattempo Genuardi, intenzionato a tutti i costi a ottenere la concessione, non esita prima a chiedere aiuto a un vecchio amico, quindi a tradirlo per un mafioso quando l'aiuto del suo amico non si rivela sufficiente. Alla fine Genuardi si trova preso, quasi ignaro, tra carabinieri e prefetto da un lato, e la mafia dall'altro, il tutto tra gag e situazioni assurde, fino all'incredibile finale.
Tecnicamente il romanzo è quanto di più originale sia uscito in questi anni: alternando capitoli con lo scambio epistolare tra i protagonisti a capitoli di soli dialoghi senza alcuna descrizione, Camilleri costruisce un passo dopo l'altro una vicenda interessante e divertente, il tutto senza dimenticare il suo amato dialetto siciliano. I dialoghi, molto teatrali, sono poi così vividi e intensi che non hanno veramente bisogno di alcuna descrizione: un piccolo capolavoro che non può mancare nella libreria di nessun amante di Camilleri (e non solo!).

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