venerdì 10 febbraio 2012

I rompicapi di Alice: Quella sagoma di Arlecchino

- Non sa fare una sottrazione - disse la Regina bianca. - Sei capace di fare una divisione? Dividi una pagnotta con un coltello... che risultato ottieni?
- Suppongo che... - stava per cominciare Alice, ma la Regina rossa rispose per lei. - Pane e burro naturalmente...(1)
(Attraverso lo specchio)
Questo passaggio dal secondo romanzo di Alice di Lewis Carroll richiama ai tipici problemi di sezionamento molto diffusi sia nella matematica ricreativa, sia in quella seria. Uno dei più famosi, probabilmente noto già a Carroll, visto che nella sua biblioteca venne ritrovato il libretto The Fashionable Chinese Puzzle, è il tangram, un gioco di sezionamento proveniente dalla tradizione orientale, ideato da tale Tan, forse un saggio forse una divinità. Portato negli Stati Uniti dal capitano Donnaldson, il tangram ottenne il suo primo grande successo grazie al libro The Eighth Book Of Tan, la cui copertina è opera di Sam Loyd, noto divulgatore di giochi e puzzle matematici.

(wiki)
Il tangram è in pratica un quadrato che è stato dissezionato nel modo seguente (5 triangoli, 1 losanga e 1 quadrato):
e partendo da questi è possibile costruire varie altre figure geometriche più o meno regolari. Tra queste ultime si ricordano in particolare il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina realizzate da Henry Dudeney nel suo Amusements in Mathematics
Con i tangram, poi, si possono proporre alcuni piccoli interessanti paradossi di scomparsa (o di apparizione) come ad esempio quello che lo stesso Dudeney ha proposto nel già citato libro:
Queste sono le sagome di due arlecchini che sono esattamente uguali a parte per un dettaglio: uno dei due ha un piede. Ora, entrambe le due figure sono costituite da sette tangrammi. Da dove viene, dunque, il piede del secondo arlecchino?(2)
E questo è solo uno degli oltre 6500 problemi che sono stati scritti con il tangram. Limitandoci però alle sole figure più o meno regolari, è però possibile determinare il numero di figure geometriche convesse che si possono costruire con i pezzi del tangram. E visto che a trovare il risultato non sono stati due tipi qualunque, ma due ricercatori cinesi, Fu Traing Wang e Chuan-Chih Hsiung, la dimostrazione di quello che possiamo chiamare come il teorema del tangrammo(3) è assolutamente formale e non è certo frutto di una serie di tentativi.
La dimostrazione si sviluppa in 4 paginette e parte dal canonico quadrato del tangram questa volta però suddiviso in 16 triangoli rettangoli isosceli. Innanzitutto si stabiliscono le proprietà dei 16 triangoli e dei poligoni convessi che si possono realizzare con essi. Definite infatti le ipotenuse come i lati irrazionali e i cateti lati razionali si può iniziare a costruire la dimostrazione.
Innanzitutto i due ricercatori cinesi stabiliscono che partendo dai 16 triangoli rettangoli isosceli di cui sopra, il poligono convesso costruito sarà tale che almeno un lato razionale di un triangolo non è adiacente a un lato irrazionale di un altro triangolo. Da questo discende un secondo lemma, ovvero che in un poligono convesso costituito dai soliti 16 triangoli i lati saranno costituiti da lati di triangoli dello stesso tipo, ovvero o solo da lati razionali o solo da lati irrazionali e quindi così saranno rispettivamente chiamati i lati del poligono. In generale, poi, i lati razionali e i lati irrazionali di un poligono si alternano.
A questi seguono due nuovi lemmi, anch'essi legati uno all'altro: il primo stabilisce in otto il numero massimo di lati per il poligono convesso che si può costruire con i 16 triangoli isosceli, il secondo stabilisce che il nostro poligono può essere inscritto all'interno di un rettangolo tale che o tutti i lati razionali o tutti i lati irrazionali del poligono appartengono ai lati del rettangolo.
Ed ecco che fatti i calcoli, esaminate le condizioni, distinti i casi, siamo pronti per trovare i 20 poligoni possibili al variare di alcune variabili particolari (la lunghezza dei lati irrazionali e dei lati del rettangolo) e da questi scartare quelli non compatibili con il tangram, ottenendo così i 13 poligoni convessi cercati: Il libro di Dudeney, però, è ricco di problemi sulla dissezione, i più famosi dei quali sono sicuramente quelli dedicati alla croce greca, incominciando con quelli che permettono di trasformare la croce in un quadrato:


E' anche possibile il procedimento opposto:
Sempre partendo dal quadrato è possibile, dopo una opportuna suddivisione in 64 quadratini, effettuare la seguente ricostruzione(4):
Se contiamo i quadratini del rettangolo conclusivo, scopriamo che questi sono 65, ovvero 5 x 13, quindi la domanda più che naturale è: da dove è venuto il quadrato in più?
La soluzione ce la da Ian Stewart
L'area non può cambiare quando si riassemblano i pezzi in un modo diverso. Quando formiamo il rettangolo, i pezzi non combaciano esattamente e manca un lungo parallelogrammo sottile (...)(5)
Stewart fa notare come tutto il paradosso ruoti intorno a 3 numeri consecutivi di Fibonacci, 5, 8 e 13. E sempre sui numeri di Fibonacci basava i suoi paradossi geometrici il mago e matematico newyorkese Paul Curry, che si impegnò a far sparire un quadratino (ma anche due) dal quadrato di 64 di partenza). Ritornando invece al paradosso originale, è poi possibile scrivere una equazione che lo descrive, presente negli appunti di Carroll e successivamente ritrovata da Warren Weaver(6):
\[n^2 - 3na + a^2 - 1 = 0\] Ciò che a questo punto ci manca, dopo aver dissezionato, fatto apparire e scomparire quadrati, è far crescere il numero di oggetti in nostro possesso, come ad esempio passare da un quadrato a due croci:
o da una sfera a due sfere identiche a quella originale
Quello di Banach-Tarski non è proprio un paradosso nel senso scientifico del termine, ma certo può esserlo nel senso comune del termine. Il punto, infatti, è che è quanto affermato da Stefan Banach e Alfred Tarski, matematici polacchi, in Sur la décomposition des ensembles de points en parties respectivement congruentes (pdf) del 1924 è matematicamente corretto, ma non può essere applicato alla vita reale, come ad esempio in questa vignetta di xkcd (via Maurizio Codogno):
o in questo video danese sulla moltiplicazione delle arance (via La rotta per Itaca):
L'idea di fondo del teorema non è molto complessa: prendiamo una sfera nell'usuale spazio euclideo e la suddividiamo in tanti pezzetti che poi andiamo a ricomporre in due sfere identiche alla sfera di partenza. Il risultato è possibile grazie al particolare processo di scomposizione e di ricomposizione delle sfere adottato. Nume tutelare nel mio tentativo di spiegazione è, anche in questo caso, Ian Stewart(5).
Concetto chiave nel teorema è l'infinito, sul quale si ragiona in ambito accademico soprattutto da Cantor in poi. E' infatti Cantor il primo matematico a giocare con gli insiemi infiniti e a essersi accorto che è possibile estrarre da un insieme infinito un altro sottoinsieme anch'esso infinito e grande quanto quello di partenza!
Forse già così potrebbe essere chiaro dove voglio andare a parare, ma andiamo con ordine e iniziamo con il dizionario. Un qualsiasi dizionario di una qualsiasi lingua come ad esempio la nostra è un insieme di parole costituite dalle lettere dell'alfabeto A, B, C, ... Z. Le parole che compongono i dizionari usuali, però, non possono essere qualsiasi ma devono rispettare alcune regole di composizione interne, quindi una parola del tipo AAEIBASTR non può far parte del dizionario mentre ARIA ne ha tutti i diritti. Se però non imponiamo alcuna regola e accettiamo qualsiasi combinazione di lettere, allora ecco che il nostro dizionario esplode diventando un insieme infinito di oggetti. All'interno di questo insieme possiamo selezionare alcuni particolari sottoinsiemi, ovvero tutte le parole che iniziano per A, tutte le parole che iniziano per B, tutte le parole che iniziano per C e così via. In particolare possiamo osservare come per ogni sottoinsieme infinito (nel senso di costituito da un numero infinito di oggetti) così costruito esisterà un ulteriore sottoinsieme anch'esso infinito dal quale, togliendo la prima lettera, posso ottenere un elemento del dizionario infinito di partenza. Questo vuol dire che applicando l'operazione di sottrazione della prima lettera da ciascun elemento degli insiemi di A, B, C, ... otterrò tante copie del dizionario infinito quante sono le lettere del mio alfabeto, più un piccolo insieme costituito dalle lettere scartate.
Portando questo ragionamento alle sfere di Banach-Tarski, sostanzialmente il procedimento agisce nello stesso modo: in questo caso, però, invece delle lettere dell'alfabeto si scelgono due distinte rotazioni della sfera e combinandole insieme con i punti scomposti della sfera di partenza si riescono a costruire due insiemi di punti dello spazio che, una volta riassemblati, costituiscono due copie identiche della sfera iniziale, più uno scarto di alcuni punti.
A questo punto, però, non ci accontentiamo: innanzitutto bisogna rispondere a una domanda piuttosto intrigante, ovvero se esiste un numero minimo di pezzi, sotto la quale non si può decomporre e successivamente ricomporre in due sfere. Ebbene questo numero è stato stabilito ed è cinque(7). Non solo: è anche possibile suddividere una sfera e ricostruirla in una di dimensioni differenti, anche maggiori(8)!
L'ultimo risultato riguardante il teorema di Banach-Tarski porta la firma di John von Neumann(). Il teorema dei due matematici polacchi, in effetti, funziona nello spazio tridimensionale senza dover fare ricorso a qualcosa di più (o differente) alle usuali operazioni euclidee delle rotazioni. Se però andiamo nel piano provando a decomporre ad esempio un quadrato, questa decomposizione e la decomposizione sono impossibili da ottenere con operazioni come le rotazioni o più in generale con operazioni isometriche, ovvero operazioni che mantengono inalterata la distanza. Per completare correttamente la decomposizione e la moltiplicazione è necessario utilizzare il così detto assioma della scelta, uno strumento matematico sviluppato all'interno della ricerca sull'infinito che permette, ad esempio, di poter scegliere due calzini particolari all'interno di un insieme arbitrariamente grande di calzini apparentemente spaiati. Al di là del problema sull'accettazione del valore di verità dell'assioma, quando questo viene nello specifico applicato alla decomposizione e moltiplicazione di una figura piana, conduce a un nuovo problema che ha portato alla scoperta di una nuova classe di insiemi, gli insiemi non-misurabili (ovvero insiemi così complicati ai quali non è possibile applicare una operazione di misura, come può essere ad esempio il calcolo della distanza tra due punti utilizzando il teorema di Pitagora).
Nel caso della sfera Banach e Tarski utilizzarono due rotazioni nello spazio, ovvero due trasformazioni di simmetria. Anche in questa occasione von Neumann utilizza due trasformazioni dello spazio, ma a causa dell'uso dell'assioma della scelta, queste due trasformazioni non sono più isometriche, ovvero la misura connessa con ciascuna delle due trasformazioni è differente. E questo porta alla scoperta che vi avevo anticipato degli insiemi non-misurabili.
Alice scoppiò a ridere.
- A che serve provare - disse, - non si può credere a cose impossibili.
- Direi piuttosto che ti è mancato l'esercizio - disse la regina. - Alla tua età mi esercitavo sempre per mezz'ora al giorno. Ebbene, talvolta sono riuscita a credere fino a sei cose impossibili prima di colazione. Ecco che lo scialle mi vola via di nuovo!(1)
(Attraverso lo specchio)
(1) traduzione di Emanuela Turchetti da Il libro dei rompicapi di Alice di John Fisher
(2) In realtà il testo originale di Dudeney non parla di due arlecchini ma di due individui. A me però, la prima volta che vidi queste due sagome su Il libro dei rompicapi di Alice, diedero l'impressione di essere due arlecchini, e da qui anche l'origine del titolo. Di seguito la versione originale del puzzle, per la cui soluzione direi dovreste guardare questa immagine:
I show designs of two dignified individuals (15 and 16) who appear to be exactly alike, except for the fact that one has a foot and the other has not. Now, both of these figures are made from the same seven Tangrams. Where does the second man get his foot from?
(3) Wang, F., & Hsiung, C. (1942). A Theorem on the Tangram The American Mathematical Monthly, 49 (9) DOI: 10.2307/2303340 (una versione completa disponibile per la lettura può essere trovata su Selected papers of Chuan-Chih Hsiung: la visione completa del libro è parziale, ma l'articolo dovrebbe essere completamente consultabile).
(4) Warren Weaver, Lewis Carroll: Mathematician (1956)
(5) Ian Stewart, La piccola bottega delle curiosità matematiche del professor Stewart (traduzione di Daniele Gewurz)
(6) Weaver, W. (1938). Lewis Carroll and a Geometrical Paradox The American Mathematical Monthly, 45 (4) DOI: 10.2307/2302608
(7) Robinson, R. M. (1947). On the Decomposition of Spheres. Fund. Math. 34:246–260
(8) Tarski-Banach decompositions - Cut the knot
(9) en.wiki

Tangram:
Costruire un tangram
Costruiamo il tangram con GeoGebra
Tangram Paradox
Le 7 pietre della saggezza
Il tangram ovale
Tangram game assembly

Banach-Tarski:
Taglia e raddoppia
The Banach-Tarski non-paradox
The Banach-Tarski paradox

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