giovedì 14 giugno 2012

Godot

Questa sera avremmo dovuto recitare, io e un gruppo di attori amatoriali cimentatisi, come lo scorso anno, in un corso di teatro. C'era gente dello scorso anno e c'era gente nuova. E avremmo dovuto recitare, dopo opportuni tagli e ricomposizioni, un pezzo di teatro abbastanza importante:
Succede, però, nella vita che gli imprevisti impediscano di portare a buon termine i compiti, e così quest'anno il corso finisce (circa) un mese prima della sua naturale conclusione e il saggio di fine anno salta. Però non salta la mia intenzione di scrivere un paio di cose sul testo di Beckett.
More about Aspettando GodotAbbiamo passato molto tempo, e non solo all'inizio del corso, per cercare di capire cosa raccontasse il copione. Le ipotesi sono state molte, ma alla fin fine l'interpretazione preferita è quella legata a un doppio filo abbastanza evidente, ovvero che sul palco abbiamo da un lato una rappresentazione teatrale nel vero senso della parola (ognuno dei protagonisti si comporta e si muove come se stesse recitando, e alcuni lo fanno in maniera esplicita, come ad esempio Pozzo e Lucky, quando è chiamato ad essere protagonista), dall'altro è anche una rappresentazione della vita, perché i personaggi stanno anche vivendo, una vicenda assurda (è il modo più semplice per classificare la storia scritta da Beckett), ma comunque una vicenda assolutamente plausibile, ovvero due persone, Vladimiro ed Estragone nel dettaglio, stanno aspettando un tale, Godot, per concludere un non meglio specificato affare (sembrerebbe un lavoro che quest'ultimo deve affidare ai due).
In effetti a un esame successivo si notano per quasi tutto il testo delle interazioni sostanzialmente di coppia: sul palco, infatti, salgono le due coppie Vladimiro-Estragone e Pozzo-Lucky, che poi interagiscono tra loro quando sono tutti e quattro sulla scena. Da questa semplice osservazione si comprende come la probabile enfasi l'autore voleva portarla proprio sulle interazioni tra gli individui, in particolare tra due individui, e su come queste interazioni sono (o dovrebbero essere) fondate su rapporti di rispetto, amicizia, affetto, altrimenti, ad esempio, non si spiega perché Pozzo non riesce a liberarsi di Lucky. C'è poi la coppia sottintesa, per certi versi, che è quella del ragazzo, messaggero di Godot, che per interagire con Vladimiro ed Estragone deve allontanarsi dal fratello. Le dinamiche di quest'ultima coppia, però, sono intuibili dalle domande che Vladimiro rivolge al ragazzo.
In Aspettando Godot, però, ci sono anche altri spunti interessanti e soprattutto alcune parti che reputo di rara bellezza. La prima in particolare che vorrei sottoporvi è una sorta di monologo che a un certo punto Pozzo, da primo attore navigato quale è, recita catalizzando su di sé l'attenzione (come se non lo facesse mai!):
Abbiate pazienza. Non tarderà. Ma capisco benissimo, voi non siete di qui, non sapete ancora che cos'è il crepuscolo da noi. Volete che ve lo dica io?
Sarò lieto di accontentarvi!
Un po' di attenzione, prego...
...
Cos'è più che dicevo?
Ah, sì, la notte!
Ma insomma, cercate di stare un po' più attenti, altrimenti non combineremo mai niente.
Guardate: che cos'ha di tanto straordinario? Come cielo, voglio dire?
E' pallido e luminoso come qualsiasi altro cielo a quest'ora del giorno.
A queste latitudini.
Quando fa bello.
Un'ora fa, circa, dopo averci inondato fin dalle... diciamo... dalle dieci del mattino, senza requie, di torrenti di luce rossa e bianca, ha cominciato a perdere il suo splendore, a impallidire, a impallidire pian piano, adagio adagio, fintantoché... Bum! Finito! Non si muove più!
Ma... ma dietro quel velo di dolcezza e di calma la notte galoppa e si getterà su di noi... pfttt! Così! Proprio nel momento in cui meno ce lo aspettiamo.
Ecco come vanno le cose su questa porca Terra!
Non so quanto consapevolmente da parte dell'autore, ma questo monologo getta un ponte tra il cielo, quello astronomico che possiamo vedere a occhio nudo (in fondo Pozzo sta proprio facendo una tipica osservazione del cielo al tramonto a occhio nudo), e la Terra, il nostro pianeta. E' un modo come un altro per dire che, in fondo, i cieli non sono così tranquilli, come non è tranquillo nemmeno il nostro pianeta, del resto.
Se l'evidente connessione scientifica (in particolare con l'astronomia) di questo monologo (in effetti ho tagliato alcune battute intermedie, le indicazioni del drammaturgo e aggiunto un po' di corsivi e grassetti) è motivo dell'interesse verso questo pezzo in particolare, assume un certo interesse (anche perché l'avevo scelto come pezzo da portare sul palco) anche il famoso monologo di Lucky.
Questi è il servo muto e fedele, trattato come un cavallo, di Pozzo. Ad un certo punto, forse anche per farsi bello, quest'ultimo concede a Lucky il permesso di pensare e quindi di parlare e raccontare i propri pensieri. Questo è quello che racconta non appena inizia a parlare:
Considerata l'esistenza cosìcome traspare dai recenti lavori pubblici di Poinçon e Wattman di un dio personale quaquaquaqua dalla barba bianca quaqua fuori del tempo dello spazio il quale dall'alto della sua divina apatia sua divina atambia sua divina afasia ci vuol tanto bene salvo le debite eccezioni non si sa perché ma prima o poi verrà fuori e a somiglianza della divina Miranda soffre con quanti si trovano non si sa perché ma c'è tutto il tempo nel tormento nel fuoco il cui fuoco le fiamme se continua ancora un po' e come dubitarne finiranno per metter fuoco alle polveri nella fattispecie porteranno l'inferno nei cieli a volte così azzurri ancor oggi e calmi così calmi di una calma che pur essendo intermittente è nondimeno la benvenuta ma non anticipiamo e considerando inoltre che a seguito delle ricerche interrotte non anticipiamo delle ricerche incompiute ma tuttavia premiate dall'Accaccaccaccademia di Antropopopometria di Berne-en-Bresse di Testu e Conard rimane stabilito senz'altra possibilità di errore che quella pertinente ad ogni calcolo umano che a seguito delle ricerche incompiute interrotte di Testu e Conard rimane stabilito lito lito quanto segue segue segue nella fattispecie ma non anticipiamo non si sa perché in seguito ailavori di Poinçon e Wattman risulta altrettanto chiaramente tanto chiaramente che tenendoconto dei tentativi di Fartov e Belcher non compiuti non conclusi non si sa perché di Testu e Conard incompiuti inconclusi risulta che l'uomo contrariamente all'opinione contraria che l'uomo di Bresse di Testu e Conard che l'uomo insomma in breve che l'uomo in breve insomma malgrado i progressi dell'alimentazione e dell'eliminazione dei residui va via via dimagrendo e al tempo stesso parallelamente non si sa perché malgrado l'incremento della cultura fisica della pratica degli sport quali quali quali il tennis il calcio la corsa a piedi e in bicicletta il nuoto l'equitazione l'aviazione l'inculazione il tennis il morfinaggio il pattinaggio e su ghiaccio e su asfalto il tennis l'aviazione gli sport invernali estivi autunnali autunnali il tennis sull'erba su legno e su terra battuta l'aviazione il tennis l'hockey su terra su mare e nei cieli la penicillina e succedanei insomma tornando da capo al tempo stesso parallelamente va via via rimpicciolendo non si sa perché malgrado il tennis tornando da capo l'aviazione il golf sia a nove che a diciotto buche il tennis sul ghiaccio insomma non si sa perché in Seine Seine-et-Oise Seine-et-Marne Marne-et-Oise nella fattispecie al tempo stesso parallelamente non si saperché va dimagrendo restringendosi tornando da capo Oise Marne insomma il calo per testa di rapa dalla morte di Voltaire in poi essendo in misura di due dita e cento grammi per testa di rapa circa in media press'a poco cifre tonde buon peso spogliato in Normandia non si sa perché insomma per farla breve poco importa i fatti parlano e considerando d'altra parte il che è ancora più grave che ne consegue il che è ancora più grave che alla luce alla luce degli esperimenti in corso di Steinweg e Petermann ne consegue il che è ancora più grave che ne consegue il che è ancora più grave alla luce la luce degli esperimenti abbandonati di Steinwege Petermann che in campagna in montagna e in riva al mare e ai corsi d'acqua e di fuoco l'aria è la stessa e la terra nella fattispecie l'aria e la terra durante i grandi freddi l'aria e la terra fatte per le pietre durante i grandi freddi purtroppo all'èra settima l'etere la terra il mare per le pietre dai grandi fondi i grandi freddi sul mare su terra nell'aria accidenti tornando da capo non si sa perché malgrado il tennis i fatti parlano non si sa perché tornando da capo avanti il prossimo insomma per farla breve purtroppo avanti il prossimo per le pietre chi può dubitarne tornando da capo ma non anticipiamo tornando da capo la testa al tempo stesso parallelamente non si sa perché malgrado il tennis avanti il prossimo la barba le fiamme i pianti le pietre così azzurre così calme ahimè la testa la testa la testa la testa in Normandia malgrado il tennis le opere abbandonate incompiute più grave le pietre insomma tornando da capo ahimè ahimè abbandonate incompiute la testa la testa in Normandia malgrado il tennis la testa ahimè le pietre Conard Conard... Tennis! ... Le pietre! ... Calme! ... Conard! ... Incompiute! ...
Al di là degli evidenti rimandi alle teorie evoluzioniste e creazioniste (e conseguenti discussioni), o a un più o meno esplicito richiamo ad alcuni atteggiamenti scientifici visti in un ottica non proprio positiva (in particolare il chiudersi nella torre d'avorio, sottolineato dal premio assegnato a una ricerca incompiuta, da intendersi anche come non pubblicata, per quanto importante), l'aspetto più importante del monologo sta proprio in come il monologo è condotto: come un fiume di parole che partendo da un filo logico più o meno semplice e chiaro iniziano man mano ad accavallarsi sempre di più, una sull'altra. Si potrebbe, in questo senso, intendere Lucky come una sorta di antenna che cattura la conoscenza e la rende semplicemente nota, e volendo raccontare tutto quello che percepisce in quella che è probabilmente la sua unica occasione, confonde e mescola i concetti. Per certi versi il monologo richiama al finale de La nuvola nera di Fred Hoyle, dove l'autore suggerisce che il miglior veicolo per la conoscenza dell'intelligenza neurale gassosa giunta a nostro contatto fosse l'inserviente, uomo relativamente ignorante rispetto ai professori di fisica coinvolti nell'interazione. Il monologo di Lucky, d'altra parte, suggerisce che una soluzione di questo genere avrebbe portato con sé un altro problema, quello del recupero dell'informazione stessa, e più in generale suggerisce come il mondo non possa fondarsi sulle certezze, perché per ogni certezza si apre immediatamente una nuova domanda, un nuovo problema, un nuovo dubbio.
Insomma: c'è molta più scienza nel monologo di Lucky in quanta non ce ne sia nel giornalismo alla Giacobbo!
Ma non c'è solo questo in Aspettando Godot. Ci sono anche gag ricorrenti, situazioni comiche e drammatiche, proprio come nella vita, e come nella vita c'è, in una delle interpretazioni ultime, forse definitive del testo, uscite dal corso prima che si interrompesse prematuramente, c'è soprattutto l'amore. Forse è in questo senso emblematica la scena iniziale con la quale si apre il secondo atto, dove Estragone si presenta a Vladimiro pestato: i due battibeccano un po', quasi litigano, ma non si allontanano l'uno dall'altro.
L'amore e l'interazione tra gli esseri umani viene poi rappresentata da alcune piccole immagini più o meno ricorrenti, come ad esempio lo scambio di bombette tra Vladimiro ed Estragone nel primo atto, o la scena delle scarpe, che Estragone prova a togliersi e poi lascia per un possibile passante cui potrebbero essere utili una volta che ha tolto, o ancora la condivisione, rappresentata da Vladimiro che, con una sorta di gioco di prestigio, tira fuori rape e carote per l'amico.
Se uniamo tutto questo con l'altro importante ed evidente concetto del tempo (le scene sembrano statiche e immutabili, ma lo scorrere del tempo viene rappresentato da alcuni cambiamenti che vengono notati dal solo Vladimiro), probabilmente la migliore spiegazione di cosa sia Aspettando Godot la troviamo, esplicita e scritta a chiare lettere, su un romanzo di fantascienza, La torre sull'orlo del tempo di Lin carter, dove un messaggio proveniente da una sorta di super-umanità che ha trasceso i limiti dello spaziotempo recita più o meno così:
Voi avete visto la vita e le sue battaglie. Avete visto creare imperi con infinita abilità, fatica e sacrifici... solo per poi cadere. Luminose città furono costruite nel cuore di bellissime terre, ma ora non sono più luminose, l'alito del Tempo le ha offuscate e corrose e polverizzate. Imparate da questo, allora, che la ricchezza materiale e il potere e lo splendore non durano, ed è impossibile preservarli dall'erosione dei secoli. Imparate che le lotte e gli sforzi con cui furono costruiti i grandi imperi e le splendide città furono sprecati per un sogno privo di sostanza e di durata...
Il tesoro che avete visto svanire in questa Torre è scomparso come polvere al primo soffio di vento. Ed è giusto, perché l'oro e i tesori materiali esistono, ma non sono che fragile polvere! Quali sono, allora, i veri tesori a cui ogni vita umana individuale può aspirare? Quali può conquistare? Quali sono le mete per cui vale la pena lottare? Quali splendori valgono uno sforzo per raggiungerli? Solo queste poche e umili cose... l'amore di un coniuge... la compagnia di amici fidati... una vita basata sull'onestà, la tolleranza, l'amicizia e il rispetto degli altri. Sì! Questi sono tesori che il Tempo non può consumare... queste ricchezze non sono mere illusioni... vale la pena di combattere per conquistare e conservare queste ricchezze. Sia felice colui che le possiede, e vuota e inutile la vita di colui che ne è privo, sì, anche se mille soli s'inchinano davanti alle sue bandiere!
Concludo con Ligabure e con la canzone Ho messo via: la seconda scena, che avrei dovuto recitare questa volta in compagnia, mi ricorda alcune delle parole presenti nel testo della canzone:
Le citazioni da Aspettando Godot (potete scaricare il pdf da Scribd) sono tratte dall'edizione della Einaudi (traduzione non accreditata), mentre i due paragrafi tratti dal romanzo di Carter sono tratti da Urania #709 nella traduzione di Beata della Frattina.
Infine, riguardo il monologo di Lucky, ho scovato un pdf con tanto di spartito!

Ovviamente tutta questalogorrea è dedicata ai miei compagni di (sfortunato) corso e a tutti i lettori che sono arrivati fino alla fine!

2 commenti:

  1. Gian Luigi bravo e grazie poiché non avevo colto determinati aspetti. Soprattutto quello di Pozzo! Il testo che avresti dovuto rappresentare é molto bello. (purtroppo non lo hai mai provato). Probabilmente lo avevo letto di fretta e non mi sono soffermata sulla sua bellezza!
    a rivederci presto Maria

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  2. Mitico Gianluigi ... Pensa che l'ultimo pezzo di Lin Carter (che non conoscevo) dice esattamente quello che ci hanno detto i Frati Francescani della Chiesa di sant'Angelo in Moscova al famoso corso sui 10 Comandamenti, di cui ti avevo parlato ... la sintesi è praticamente la stessa :-). E' affascinante vedere come certe intuizioni, seppur arrivino da percorsi molto diversi si possano incontrare. Se ci pensiamo bene è la vita stessa un'affascinate sorpresa, risultato spesso di sinergie tra le diversità. A presto

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