mercoledì 20 giugno 2012

Su terremoti, fracking e cattura di anidride carbonica

Una delle cose più interessanti dello studio dell'USGS citato dalla ricercatrice Maria Rita D'Orsogna sta nella citazione che la stessa Maria Rita mette nel suo blog:
Gli autori della USGS hanno affermato di non sapere perché l'attività del petrolio e del gas potrebbe causare un incremento sismico, ma una possibile spiegazione è l'aumento del numero di pozzi perforati nel corso dell'ultimo decennio e l'aumento nel liquido utilizzato nella fratturazione idraulica [l'hydraulic fracturing o anche detto fracking] di ogni pozzo. La combinazione dei fattori viene probabilmente a creare quantità molto più grandi di acque reflue che spesso le aziende iniettano nei pozzi di smaltimento sotterraneo. Gli scienziati hanno collegato questi pozzi di smaltimento ai terremoti fin dal 1960. Le iniezioni possono indurre sismicità modificando la pressione e aggiungendo lubrificazione lungo le fratture.(5)
E' interessante come Mark Zoback, intervistato dalla sua università, la Stanford, riguardo il fracking, la pratica di cui si scriveva poco sopra, non sembra preoccuparsi per nulla del problema terremoti:
Ha un che di ironico che quasi tutti i problemi segnalati connessi con lo sviluppo di gas dallo scisto sono stati attribuiti alla fratturazione idraulica, quando in realtà è l'esatto contrario. La maggior parte dei problemi associati con i pozzi di gas sono sorti dalla loro cattiva costruzione - è di fondamentale importanza per forare correttamente e per allineare i pozzi con rivestimenti in acciaio, che siano ben cementati in loco. Tuttavia, individuare le misure per ridurre l'impatto ambientale e migliorare la sicurezza della produzione di gas sono precisamente le questioni che la commissione ci ha chiesto di affrontare nel nostro rapporto.
Ci sono tre aspetti principali della fratturazione idraulica che hanno causato preoccupazione: i prodotti chimici nel fango di fratturazione; la paura che il liquido di fratturazione interagisca con le falde di acqua potabile; e lo smaltimento del liquido di fratturazione che esce dal pozzo dopo che è stato in contatto con le formazioni di scisto.(6)
Nei passaggi successivi, tutte risposte ad altre domande, Zoback affronta nel dettaglio le questioni legate al fracking accennate nella risposta precedente, iniziando dalle sostanze chimiche (chemicals) presenti nel liquido di fratturazione:
Il liquido per la fratturazione idraulica è principalmente acqua, con piccole quantità di un agente addensante - solitamente guar, lo stesso agente addensante usato nella produzione di gelati. Vi è anche qualche biocida, per uccidere i batteri nell'acqua, come pure un po' di un riduttore di attrito.
Purtroppo, un atto del Congresso esenta le società del gas dal dover rivelare le sostanze chimiche nel liquido. Dico purtroppo perché ciò ha portato a sospetti inutili e paranoia. La nostra relazione raccomanda che i contenuti del liquido di fratturazione siano completamente divulgati.(7)
Il problema successivo è quello della contaminazione delle falde acquifere:
Ci sono stati timori che il fluido della fratturazione idraulica iniettato in profondità potesse arrivare fino alle falde acquifere potabili. Ma, l'iniezione viene eseguita in genere a profondità tra circa i 6.000 e i 7.000 metri e l'acqua potabile è di solito pompata da falde acquifere superficiali, non più di cento o duecento metri sotto la superficie. Fluidi fratturazione non hanno contaminato alcuna acqua e con quella grande distanza da una falda acquifera, è molto improbabile che potevano.
Detto questo, ci sono casi in cui il gas naturale è stato trovato nell'acqua potabile, che è uno dei problemi che possono essere causati da una cattiva costruzione del pozzo. Se l'involucro d'acciaio del pozzo non è completamente cementato, il gas può fuoriuscire all'esterno dell'involucro e contaminare falde poco profonde. Infatti, un problema correlato è che ci sono una serie di falde acquifere contaminate con gas naturale che possono essere ricondotte a perdite negli involucri di pozzi molto vecchi che precedono le recenti perforazioni di gas naturali di 40 o 50 anni.(8)
Infine c'è la questione dello smaltimento delle acque utilizzate nelle vasche realizzate nei siti del fracking:
Questo può essere un problema serio. Quando l'acqua torna nel pozzo, ha raccolto sostanze chimiche presenti nello scisto che non sono buone per la salute umana o per l'ambiente. L'acqua che ritorna può essere molto salina e può contenere sostanze chimiche come selenio, arsenico, ferro.
Questa acqua deve essere smaltita in modo corretto, il che vuol dire l'iniezione in un deposito che è stato consentito e autorizzato dalla Environmental Protection Agency per le norme che ne prevengono le perdite.
In alternativa, essa può essere trattata e riutilizzata, che è la soluzione preferibile. Sempre più, è questo ciò che si sta facendo nel nord-est degli Stati Uniti. Così l'acqua ritorna di nuovo nello scisto da cui proviene.(9)
Zobrack non è certo persona incline agli allarmismi, come si capisce dal tono delle risposte, ed è anche un geofisico abbastanza noto e apprezzato nel campo, che è in questi giorni arrivato all'attenzione per un articolo, scritto insieme con Steven Gorelick, relativo ai problemi connessi dalla cattura dell'anidride carbonica fatta su larga scala:
Nonostante il suo enorme costo, la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) su larga scala è considerata una strategia praticabile per ridurre significativamente le emissioni di CO2 legate alle centrali elettriche a carbone e ad altre fonti industriali di CO2. Noi sosteniamo che c'è un'alta probabilità che terremoti verranno attivati grazie all'iniezione di grandi volumi di CO2 nelle rocce friabili che si trovano comunemente negli ambienti continentali. Poiché anche terremoti di piccole e medie dimensioni minacciano l'integrità della tenuta dei depositi di CO2, in questo contesto, la CCS su larga scala è una strategia rischiosa, e probabilmente senza successo, per ridurre significativamente le emissioni dei gas serra.(1)
Le principali obiezioni alle ipotesi di Zobrack e Gorelick vengono da Ruben Juanes, ricercatore del MIT, che ha firmato un articolo, uscito ad aprile, dove si esaminavano i vantaggi del CCS:
Mostriamo che lo stoccaggio è una grandezza dinamica che cresce con la durata del CCS, e noi interpretiamo la durata del CCS come il tempo per il quale la curva di stoccaggio supera la curva di domanda di stoccaggio di CO2. Mostriamo che negli Stati Uniti, se la CO2 prodotta dalla produzione di energia continua a crescere ai tassi più recenti, allora la CCS è in grado di stoccare abbastanza CO2 per stabilizzare le emissioni ai livelli attuali per almeno 100 anni. Questo risultato suggerisce che l'implementazione su larga scala delle tecnologie CCS è un'opzione geologicamente valida per la mitigazione del cambiamento climatico negli Stati Uniti nel corso del secolo successivo.(2)
Le obiezioni di Juanes sono semplici: i dati sono troppo sparsi per poter sostenere l'ipotesi di Zobrack:
Attualmente, non ci sono modelli che possono prevedere il verificarsi o la forza di eventi sismici causati dall'iniezione di liquido nel sottosuolo.
La sensazione che la discussione tra i due studiosi nasconda carattere politico è comunque sostenuta da un paio di particolari. Innanzitutto sono entrambi d'accordo nel ritenere un sito particolare, il Mount Simon Sandstone, come un possibile buon sito per lo stoccaggio dell'anidride carbonica, e d'altra parte lo stesso Zobrack contro-obietta con una argomentazione che suona come un non sappiamo abbastanza nemmeno degli effetti a grandi scale:
Puoi trovare circostanze per le quali il CCS può essere fatto. Sono le scale enormi ad essere la sfida.(3)
Questadiscussione, ovviamente, ha senso nell'ottico di voler utilizzare tecniche di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, che sono certo le soluzioni migliori nell'ottica di una non riduzione (o comunque di una riduzione piuttosto minima) delle emissioni di CO2. Non sembra, in effetti, che ci sia alcuna intenzione di esaminare delle soluzioni differenti, a meno che non ci si sposta in zone piuttosto periferiche (dal punto di vista politico) del pianeta, come ad esempio in Kosovo, dove un gruppo di matematici hanno provato a capire se le politiche di limitazione del traffico privato da un lato e di sviluppo di quello pubblico, sia su gomma sia su rotaia, possono costituire un valido aiuto alla diminuzione delle emissioni dei gas serra(4).
La matematica dietro il modello non è eccessivamente complessa. Si parte dalle emissioni $E_i (t)$ totali per inquinante $i$, con $t$ in anni: \[E_i (t) = \sum_J V_j \cdot VKMT_j (t) \cdot EF_{ij} (t)\] dove $V_j$ è il numero totale di veicoli di tipo $j$ che circolano in un anno; $VKMT_j$ è la media di chilometri percorsi in un anno dai veicoli di tipo $j$; $EF_{ij}$ è un fattore che tiene conto della quantità di inquinante $i$ emesso dai veicoli di tipo $j$. Lo stesso numero di veicoli viene valutato in maniera differente di anno in anno secondo un certo tasso percentuale di aumento.
Sviluppando i calcoli con un apposito software i matematici del Kosovo hanno scoperto che portando a compimento le politiche già avviate dal governo nel 2005, di incentivazione del cambio dell'automobile privata dopo 8 anni con veicoli ad emissioni più basse e soprattutto aumentando l'uso di veicoli a minore impatto ambientale, come possono essere autobus e treni (banalmente i primi perché circolano meno mezzi per la stessa quantità di popolazione da servire) è possibile ridurre le emissioni di un 25% in una decina di anni (periodo dal 2015 al 2025)(4).
E' ovvio: la materia è molto complessa e non la si può risolvere semplicemente con l'uso esclusivo di una delle due soluzioni, ovvero solo con la cattura o solo con la limitazione delle emissioni. La stessa limitazione delle emissioni sarebbe ancora più efficace nell'ipotesi di incentivare l'uso, soprattutto per gli spostamenti in città, di mezzi elettrici, con conseguente costruzione delle infrastrutture opportune (le colonnine di ricarica, per intenderci). E d'altra parte la cattura e lo stoccaggio dei gas serra necessita ancora di ulteriori approfondimenti, anche solo per capire quali e quanti siti possono essere adibiti a quest'uso, già senza considerare i rischi (sia quelli reali sia quelli possibili) che si corrono quando si conserva del materiale potenzialmente pericoloso.

(1) Mark D. Zobacka, Steven M. Gorelick (2012). Earthquake triggering and large-scale geologic storage of carbon dioxide Proceedings of the National Academy of Sciences DOI: 10.1073/pnas.1202473109
(2) Michael L. Szulczewski, Christopher W. MacMinn, Howard J. Herzog, Ruben Juanes (2012). Lifetime of carbon capture and storage as a climate-change mitigation technology Proceedings of the National Academy of Sciences, 109 (14), 5185-5189 DOI: 10.1073/pnas.1115347109 (pdf)
(3) Mike Orcutt, Researchers say Earthquakes Would Let Stored CO2 Escape
Leggi anche: phys.org
(4) Skender Kabashi, Sadik Bekteshi, Skender Ahmetaj, Gazmend Kabashi, Robert Blinc, Aleksander Zidanšek, Ivo Šlaus (2010). Greenhouse gas and air pollution emissions and options for reducing from the Kosovo transportation sector-dynamic modelling Management of Environmental Quality: An International Journal, 22 (1), 72-88 DOI: 10.1108/14777831111098499
(5) The USGS authors said they do not know why oil and gas activity might cause an increase in earthquakes but a possible explanation is the increase in the number of wells drilled over the past decade and the increase in fluid used in the hydraulic fracturing of each well. The combination of factors is likely creating far larger amounts of wastewater that companies often inject into underground disposal wells. Scientists have linked these disposal wells to earthquakes since as early as the 1960s. The injections can induce seismicity by changing pressure and adding lubrication along faults.
(6) It is somewhat ironic that nearly all of the reported problems associated with shale gas development have been attributed to hydraulic fracturing, when in fact the exact opposite is the case. Most problems associated with shale gas wells have arisen from poor well construction – it is critically important to drill properly and to line the wells with steel casing that is properly cemented in place. Nonetheless, identifying measures to reduce the environmental impact and improve the safety of shale gas production are precisely the issues the subcommittee was asked to address in our report.
There are three main aspects of hydraulic fracturing that have caused concern: the chemicals in the fracturing fluid; fear of the fracturing fluid interacting with drinking water aquifers; and the disposal of the fracturing fluid coming out of the well after it has been in contact with the shale formations.

(7) Hydraulic fracturing fluid is mainly water, with small amounts of thickening agent added – usually guar, the same thickening agent used in making ice cream. There is also some biocide, to kill bacteria in the water, as well as a little bit of a friction reducer.
Unfortunately, an act of Congress exempted the gas companies from having to reveal the chemicals in the fluid. I say unfortunate because it has led to unnecessary suspicion and paranoia. Our report recommends that the contents of fracturing fluid be fully disclosed.

(8) There have been fears that hydraulic fracturing fluid injected at depth could reach up into drinking water aquifers. But, the injection is typically done at depths of around 6,000 to 7,000 feet and drinking water is usually pumped from shallow aquifers, no more than one or two hundred feet below the surface. Fracturing fluids have not contaminated any water supply and with that much distance to an aquifer, it is very unlikely they could.
This said, there are instances where natural gas has been found in drinking water supplies, which is one of the problems that can be caused by poor well construction. If the steel well casing is not fully cemented, gas can leak up around the outside of the casing and contaminate shallow aquifers. In fact, a related problem is that there are a number of aquifers contaminated with natural gas that can be traced to leaking casings of very old wells that predate recent drilling for natural gas by 40 or 50 years.

(9) This can be a serious issue. When that water comes back up the well, it has picked up chemicals present in the shale that aren't good for human health or the environment. The water that comes back can be very saline and can contain chemicals such as selenium, arsenic and iron.
That water has to be disposed of properly, which can mean injecting it into a storage well that has been permitted and licensed by the Environmental Protection Agency to standards that will prevent leakage.
Alternatively, it can be treated and reused, which is the preferable solution. More and more, that is what is being done in the northeastern U.S. So the water goes right back into the shale from which it came.

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