giovedì 4 settembre 2014

Ayesha

Avevo iniziato a leggere il secondo romanzo prima ancora di acquistare il primo quando, resomi conto che era il seguito di un libro che non avevo, ne lasciai la lettura dopo poco. Ora, avendo recuperato il primo dei due romanzi, ho potuto leggere l'opera di Haggard, il creatore di Alan Quatermann, nel suo complesso, apprezzando così una saga che ha visto la pubblicazione originale delle due parti a 20 anni di distanza l'una dall'altra.
Al di là dei problemi di traduzione riscontrati nell'edizione della Newton, evidenti a maggior ragione dopo la lettura dell'edizione Sellerio, i due romanzi risultano di lettura tutto sommato semplice e veloce. In alcuni punti Haggard approfondisce alcuni aspetti filosofici, collegandoli con le dottrine orientali soprattutto: non a caso i protagonisti maschili, Leo e il suo patrigno Horace Holly, sono reincarnazioni di personaggi del passato di Ayesha. In particolare Leo è stato in una vita precedente amante di Ayesha e protagonista di un dramma terribile, un triangolo amoroso destinato a ripetersi ancora nel tempo. In tutto questo Ayesha non viene descritta come la classica femme fatale dei romanzi d'appendice o dei classici hard boiled, ma è una sorta di elementale, una incarnazione della femminilità assoluta, cui niente e nessuno ha la forza di resistere e che nessuno riesce veramente a domare se non proprio il giovane Leo. Ne risulta quasi un dramma shackespeariano, un gioco delle parti tra i protagonisti che, tra isole sperdute e monti del Tibet porterà i protagonisti a sfidare popolazioni sconosciute e l'ira di una forza più antica del pianeta stesso, qualcosa che, prendendo a prestito le parole di un famoso filosofo, "è al di là del bene e del male": Ayesha, la donna eterna.
In apertura, la Ayesha di Guido Buzzelli

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