venerdì 20 maggio 2016

Discussione su una disuguaglianza


Marco Giammarchi e Giovanni Guido
Mercoledì sera, il 18 maggio, presso la libreria di Canegrate, si è tenuto un interessante incontro dal titolo I paradossi dell'atomo e dell'anima, con Marco Giammarchi, introdotto dall'amico Giovanni Guido.
Tralasciando l'introduzione di Giovanni (a mio giudizio troppo... "mistica"), mi vorrei soffermare in particolare su uno dei punti toccati da Giammarchi durante la sua presentazione: la disuguaglianza di Bell.
Il problema dei dadi
Il punto di partenza è la nota discussione tra Albert Einstein e Niels Bohr sull'interpretazione corretta da dare alla meccanica quantistica e ai suoi risultati. Mentre Bohr era fautore dell'interpretazione probabilistica, Einstein non era completamente soddisfatto della cosa. La famosa frase sui "dadi" che ricorre spesso quando si discute sulla questione, venne scritta dal fisico in una lettera del 4 dicembre 1926 a Max Born:
La meccanica quantistica è certamente imponente. Ma una voce interiore mi dice che non è ancora reale. La teoria dice molto, ma non ci conduce realmente più vicino al segreto del "grande vecchio". Io, in ogni caso, sono convinto che Egli non gioca a dadi(1).
Einstein, però, non contento, insieme con Boris Podolsky e Nathan Rosen scrisse un famoso articolo(2) noto come il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen. L'idea dell'articolo era quella di dimostrare l'incompletezza della meccanica quantistica come descrizione matematica della realtà.
Il punto di partenza è abbastanza semplice:
Ogni seria considerazione di una teoria fisica deve tenere da conto la distinzione tra la realtà oggettiva, che è indipendente da ogni teoria, e i concetti fisici con cui la teoria opera.(2)
È evidente sin da subito la difficoltà nell'intendere l'interpretazione statistica della meccanica quantistica come una realtà fisicamente oggettiva. Per dimostrare che questa interpretazione è almeno incompleta, i tre distinguono tra due casi differenti(2) (opposti nella loro visione):
  1. la descrizione quanto-meccanica della realtà data dalla funzione d'onda non è completa;
  2. quando gli operatori corrispondenti a due quantità fisiche non commutano le due quantità non possono avere una realtà simultanea.
Nel corso dell'articolo viene dimostrato che la negazione della (1) conduce alla negazione della (2) e quindi la descrizione della realtà fisica data dalla funzione d'onda non è completa(2).
I tre, allora, concludono:
Mentre abbiamo così mostrato che la funzione d’onda non fornisce una descrizione completa della realtà fisica, lasciamo aperta la questione se esista o meno una descrizione di tale genere. Crediamo, comunque, che una tale teoria è possibile.(2)
La poposta di David Bohm
Il senso delle obiezioni di Einstein, Podolsky e Rosen può essere visto come l'impossibilità di comprendere che, a livello microscopico, non c'è (più o meno) alcuna differenza tra osservato e osservatore, con quest'ultimo che turba invariabilmente lo stato del primo.
Una delle proposte teoriche che si muove nello spirito del paradosso EPR, oltre che, al momento, l'unica interpretazione alternativa ancora "in piedi" della meccanica quantistica, è quella propossta dal fisico teorico David Bohm.
Allievo di Einstein a Princeton, restò fortemente influenzato dalle sue critiche all'interpretazione di Bohr, elaborando una teoria alternativa che risolvesse i problemi riscontrati dal suo maestro.
La teoria di Bohm, deterministica e non locale, è, in effetti, l'evoluzione di una proposta sviluppata negli anni Venti del XX secolo da Louis de Broglie, che successivamente abbandonò la sua idea intorno al 1927, quando si ritenne convinto della correttezza dell'interpretazione di Copenaghen. Nel 1952, l'approccio e le equazioni che de Broglie aveva iniziato a sviluppare vennero riscoperte da Bohm, che proseguì con quel lavoro, ponendosi alla fine in una posizione di contrasto rispetto a quella di Bohr, divenuta nel frattempo standard.
Le caratteristiche della teoria sono così riassumibili: la velocità di ciascuna particella dipende dall'equazione principale, che a sua volta dipende dalla configurazione iniziale dell'universo. Inoltre la teoria postula l'esistenza di una configurazione che esiste anche quando non è osservata. Quest'ultima in particolare è costituita dalle così dette variabili nascoste(3, 4), che agli appassionati di filosofia suggeriranno immediatamente il noumeno di Immanuel Kant, uno stato della realtà irraggiungibile dai comuni sensi dell'uomo(5).
E sono proprio le variabili nascoste a giocare un ruolo fondamentale nel passaggio successivo.
La disuguaglianza di Bell
Nell'articolo(6) che introdusse l'omonima disuguaglianza, John Stewart Bell scriveva:
In una teoria in cui vengono aggiunti parametri alla meccanica quantistica per determinare i risultati di misurazioni individuali, senza modificare le predizioni statistiche, deve esserci un meccanismo per cui l’impostazione di un dispositivo di misurazione può influenzare la lettura di un altro strumento, per quanto remota.
Il modo più semplice per vedere all'opera la disuguaglianza (e dimostrarla) è indubbiamente quello mostrato mercoledì sera da Giammarchi(7).
Supponiamo di essere in una stanza piena di persone. Siano $a$ quelli con un'altezza superiore a 1.73 m, $b$ quelli con più di 50.03 euro in tasca e $c$ quelli di sesso maschile. Detti $\bar a$, $\bar b$, $\bar c$ gli insiemi opposti a quelli precedenti, la disuguaglianza di Bell su questo insieme diventa \[N(a,b,\bar c) + N (\bar a, \bar b, c) \geq 0\] ovvero la somma delle donne più alte di 1.73 m con più di 50.03 euro in tasca e degli uomini più bassi di 1.73 m e con meno di 50.03 euro in tasca è maggiore (o uguale a) di zero.
Giochiamo un po' con la disequazione, aggiungendo ad ambo i membri le stesse quantità: \[N(a,b,c) + N (a,\bar b,c) + N(a,b,\bar c) + N (\bar a, \bar b, c) \geq\] \[N(a,b,c) + N (a,\bar b,c)\] ottenendo alla fine \[N(a,b) + N(\bar b, c) \geq N(a,c)\] ovvero la somma delle persone più alte di 1.73 m con più di 50.03 euro in tasca e degli uomini con meno di 50.03 euro in tasca è maggiore (o uguale a) degli uomini più alti di 1.73 m.
Questa disuguaglianza possiede il principio di identità e una sua realtà oggettiva.
Proviamo, ora, ad applicare la disuguaglianza di Bell a delle proprietà quantistiche, come avere lo spin $h/2$ rispetto all'asse $x$/$y$/$z$. In questo caso la disequazione non è più vera: \[N(a,b) + N(\bar b, c) \not \geq N(a,c)\] Le conseguenze di questo fatto sono semplici:
Le verifiche sperimentali della disuguaglianza di Bell in meccanica quantistica sono fatti sperimentali. Esse indicano l’impossibilità di parlare di grandezze quantistiche indipendentemente dalla misura.(7)
Una delle possibili strade da percorrere in questa ricerca sperimentale venne indicata dallo stesso Bell che, interessatosi alla teoria delle variabili nascoste(8) (come veniva all’inizio identificata la teoria sviluppata da Bohm), suggeriva il ruolo cruciale dell'esperimento proposto da Bohm e Aharonov(9) nel 1957.
È interessante, infine, osservare come un continuatore dell'opera di Bohm, il fisico francese Alain Aspect, testando la disuguaglianza di Bell, la dimostrò falsa(10), trovando come risultato la trasmissione di un messaggio superluminale. Fu, però, lo stesso Bohm, da buon allievo di Einstein, a suggerire che nei risultati non ci fosse alcuna trasmissione superluminale: era l'inizio dell'entanglement. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.
  1. La versione originale:
    Die Quantenmechanik ist sehr achtung-gebietend. Aber eine innere Stimme sagt mir, daß das doch nicht der wahre Jakob ist. Die Theorie liefert viel, aber dem Geheimnis des Alten bringt sie uns kaum näher. Jedenfalls bin ich überzeugt, daß der nicht würfelt.
    è stata successivamente tradotta da Irene Born:
    Quantum mechanics is certainly imposing. But an inner voice tells me that it is not yet the real thing. The theory says a lot, but does not really bring us any closer to the secret of the “old one.” I, at any rate, am convinced that He does not throw dice.
    Vedi wikiquote
  2. Einstein A., Podolsky B. & Rosen N. (1935). Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality Be Considered Complete?, Physical Review, 47 (10) 777-780. DOI: (pdf)
  3. Bohm, D. (1952). A Suggested Interpretation of the Quantum Theory in Terms of "Hidden" Variables. I Physical Review, 85 (2), 166-179 DOI: 10.1103/PhysRev.85.166
  4. Bohm, D. (1952). A Suggested Interpretation of the Quantum Theory in Terms of "Hidden" Variables. II Physical Review, 85 (2), 180-193 DOI: 10.1103/PhysRev.85.180
  5. Un'altra particolarità della teoria è la possibilità delle velocità superluminali, fatto che probabilmente non avrebbe reso Einstein particolarmente contento della proposta dell'allievo.
  6. Bell, John. On the Einstein–Poldolsky–Rosen paradox, Physics 1 3, 195–200, Nov. 1964 (pdf)
  7. Marco Giammarchi, Fisica classica e fisica quantistica: due visioni del mondo materiale a confronto, 18 maggio 2016, Canegrate
  8. Bell, J. (1966). On the Problem of Hidden Variables in Quantum Mechanics Reviews of Modern Physics, 38 (3), 447-452 DOI: 10.1103/RevModPhys.38.447 (pdf)
  9. Bohm, D., & Aharonov, Y. (1957). Discussion of Experimental Proof for the Paradox of Einstein, Rosen, and Podolsky Physical Review, 108 (4), 1070-1076 DOI: 10.1103/PhysRev.108.1070 (pdf)
  10. Aspect, A., Grangier, P., & Roger, G. (1982). Experimental Realization of Einstein-Podolsky-Rosen-Bohm: A New Violation of Bell's Inequalities Physical Review Letters, 49 (2), 91-94 DOI: 10.1103/PhysRevLett.49.91 (pdf)

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