venerdì 4 maggio 2018

Le grandi domande della vita: Terra piatta, uova cubiche e altre facezie

La domanda sul destino degli astronauti che cadono dentro un buco nero mi ha spinto a riprendere la serie, ma con maggior calma rispetto al precedente esperimento. La speranza è quella di riuscire a mantenere il più possibile una cadenza mensile con la collocazione sul primo venerdì del mese, in modo tale da non uscire a ridosso con il Carnevale della Matematica, nel caso in cui l'articolo contenesse materiale per tale rassegna (cosa che direi abbastanza probabile!).
Per la ripartenza della serie, ho deciso di andare su un classico, la Terra piatta.
DiscoTerra!
La teoria della Terra piatta è vecchia quanto la civiltà: si trovano, infatti, tracce di tale modello nell'antico Egitto e in Mesopotamia. Si riteneva, infatti, che la Terra fosse un disco piatto sospeso su una massa d'acqua infinita. Tale immagine era particolarmente diffusa presso molte culture antiche, con qualche leggera differenza: ad esempio presso i cinesi era diffusa la credenza che la Terra fosse quadrata e non circolare.
Se c'erano molti filosofi (tra cui Democrito) che ritenevano la Terra piatta, ne esistevano altrettanti che erano certi della sfericità del nostro pianeta. Ad esempio i pitagorici, o Aristotele, o il più famoso di tutti, Eratostene, che fu il primo a determinarne la circonferenza.
Invece dallo studio degli antichi testi indiani è emerso come quella cosmologia sia stata in continuo divenire: sono infatti presenti riferimenti a una Terra piatta, ma anche a una concava o a una sferica non molto diversa da quella dei pitagorici.
Durante il medioevo ci fu un sempre maggiore passaggio dalla Terra piatta a quella sferica, nonostante la forte posizione di tale Sant'Agostino, strenuo sostenitore della prima tesi. Le prove a sostegno del fatto che il modello sferico fosse il più gettonato aumentano sempre più con il passare dei secoli a partire dal VI secolo circa: quella che può essere considerata la prova definitiva è il globo crucigero, una sfera con su posta una croce utilizzata come simbolo da re e imperatori sin dal V secolo.
Nonostante ciò a partire dal 19.mo secolo si diffuse il mito che durante il medioevo fosse dominante la credenza della Terra piatta. Il primo a sostenere tale tesi fu lo scrittore statunitense Washington Irving, secondo il quale Cristoforo Colombo dovette vincere l'opposizione degli uomini di chiesa, ritenuti sostenitori della Terra piatta, per ottenere i fondi necessari alla sua missione di esplorazione. Tra i sostenitori di tale tesi ci furono John William Draper e Andrew Dickson White, che la utilizzarono come elemento principale per sostenere l'esistenza di un conflitto duraturo tra scienza e religione. In realtà studi successivi scoprirono che molti studiosi del medioevo, inclusi quelli studiati da Colombo, ritenevano che la Terra fosse sferica.
Gli errori di Irving e soprattutto quelli di Draper e White che hanno artificiosamente costruito una diatriba Terra piatta/sferica alla più complessa vicenda del dialogo non sempre proficuo tra religione e scienza, oltre a diventare uno dei punti forti dell'idea del medioevo come epoca buia, ha creato un terreno fertile per un sottogruppo di fondamentalisti religiosi che sono confluiti nella Società dei terra-piattisti.
La International Flat Earth Research Society venne fondata nel 1956 da Samuel Shenton a Dover e concluse le sue attività nel 2001 con la morte di Charles Johnson, giornalista statunitense che prese in mano la società dopo Shenton. Purtroppo tale società venne rilanciata nel 2004 grazie a Daniel Shenton, che condivide con Samuel il cognome e le credenze ma non la parentela. L'idea di fondo di Daniel è che non sono ancora state fornite prove contro il modello della Terra piatta!
Tale atteggiamento è solo apparentemente scientifico, perché ignora tutte le prove a favore della Terra sferica, come ad esempio quelle fotografiche ritenendole dei falsi realizzati per nascondere la realtà della Terra piatta, o cosa dovrebbe succedere se la Terra fosse realmente piatta.
L'aspetto più importante è indubbiamente quello gravitazionale. In questo campo possiamo avere due situazioni differenti: cambiano le leggi della fisica in modo tale che il comportamento sulla Terra sia quello che osserviamo ogni giorno, oppure a parità di leggi della fisica su una Terra piatta accadono cose differenti rispetto a una Terra sferica.
Nel primo caso l'opzione più semplice è considerare il pianeta in moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione pari a $g$. In alternativa si devono sviluppare modelli alternativi di gravità (o di gravitazione, come prefeiscono i terra-piattisti) che permettano di spiegare le osservazioni sulla Terra come compatibili con un disco.
Nel secondo caso, supportato dal fatto che le osservazioni astronomiche mostrano che la gravità è una forza centrale a simmetria sferica, ad esempio l'acqua si andrebbe a concentrare tutta al centro del disco. O ancora le ombre generate dalla luce del Sole che colpisce la superficie varierebbero solo in funzione della distanza dal centro del disco e non anche dall'ora (per avere un comportamento simile bisognerebbe immaginare un moto più complicato di quello rettilineo uniformemente accelerato).
Una strana moltiplicazione
Supponiamo che $11 \cdot 11 = 4$ e $22 \cdot 22 = 16$. Quanto fa $33 \cdot 33$?.
Possiamo fare un primo, banale ragionamento: 22 è il doppio di 11, quindi il risultato di $22 \cdot 22$ sarà $2^2 = 4$ volte il risultato di $11 \cdot 11$: e così è!
Quindi, poiché 33 è il triplo di 11, allora $33 \cdot 33$ sarà $3^2 = 9$ volte il risultato di $11 \cdot 11$, ovvero 36.
Possiamo, però, fare un ragionamento alternativo. L'operazione $\cdot$ non rappresenta l'usuale moltiplicazione, ma una generica operazione di composizione tale che $11 \cdot 11 = 4$ e $22 \cdot 22 = 16$, dove 11, 22, 4 e 16 sono gli usuali numeri naturali con $+$ l'usuale operazione di somma. In questo modo risulta abbastanza semplice verificare la seconda equazione a partire dalla prima: \[22 \cdot 22 = (11+11) \cdot (11+11) =\] \[= 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 =\] \[= 4+4+4+4=16\] Questo ci conforta nello svolgere le seguenti operazioni per rispondere alla domanda di partenza: \[33 \cdot 33 = (22+11) \cdot (22+11) =\] \[= 22 \cdot 22 + 22 \cdot 11 + 11 \cdot 22 + 11 \cdot 11 =\] \[= 16 + (11+11) \cdot 11 + 11 \cdot (11+11) + 4 =\] \[= 20 + 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 + 11 \cdot 11 = 20+ 4+4+4+4 = 36\] che è lo steso risultato di prima.
A questo punto, cari lettori, siete in grado di trovare modi vostri personali per determinare la risposta alla domanda di partenza? Non vale 42, ovviamente!
Le dimensioni dell'Universo
La domanda su quali siano le dimensioni dell'Universo non è né sciocca, né banale, né recente, come abbiamo visto esaminando rapidamente le stime di Archimede. La risposta più sensata, o quanto meno più scientificamente accettabile allo stato attuale delle nostre conoscenze, ci viene dalla Nasa:
(...) l'universo è infinito in estensione; comunque, poiché l'universo ha un'età finita, possiamo osservare solo un volume finito dell'universo. Tutto ciò che possiamo concludere è che l'universo è più grande del volume che possiamo osservare direttamente.
Queste conclusioni vengono dal fatto che l'universo, dai dati sperimentali raccolti da WMAP e poi confermati da Planck, risulta piatto o quasi, e quindi deve essere infinito. I due satelliti hanno realizzato una misura quanto più precisa possibile della radiazione cosmica di fondo, ovvero delle microonde provenienti dalla così detta epoca della ricombinazione, ovvero il periodo in cui elettroni e protoni si sono legati per formare gli atomi di idrogeno. Tale epoca è datata all'incirca 378000 anni dopo l'inizio dell'espansione dello spaziotempo, il meglio noto Big Bang: le informazioni che ci giungono dalla radiazione cosmica sono compatibili con un universo piatto o quasi. Se combiniamo questa informazione con il fatto che la velocità della luce è finita e con l'età dell'universo, possiamo ragionevolmente arrivare alle stesse conclusioni della Nasa, ovvero che l'unica cosa che possiamo dire sono le dimensioni dell'universo visibile con i nostri strumenti.
Dal punto di vista matematico, però, possiamo in qualche modo stimare il raggio della curva su cui viviamo a partire dalla sua curvatura. Il legame tra raggio $r$ e curvatura $\kappa$ è infatti \[R = \frac{1}{\kappa}\] A sua volta $\kappa$ è legato all'accelerazione di espansione dell'universo: ciò suggerirebbe che, invece, il valore della curvatura non sia stato una costante e che anzi sia cambiato durante l'evoluzione dell'universo stesso, visto che non solo la velocità di espansione, ma anche l'accelerazione sembra cambiare nel corso delle epoche. E quindi anche le dimensioni dell'universo sono in continuo mutamento e ciò sposta l'attenzione su una delle domande fondamentali della fisica moderna: qual è il destino dell'universo?
Ai posteri (quali, ancora non è noto) l'ardua sentenza!
La radice pentagonale dell'uovo di Colombo
Ne Le lenti specializzate di Rodolfo Cimino e Giorgio Cavazzano, pubblicata sull'Almanacco Topolino n.197 del maggio 1973, Paperon de' Paperoni realizza nella sua fabbrica di lenti una serie di occhiali adatti per ogni occasione e ogni tipologia di persone. Come ovvio nelle ricerche di un certo peso vengono prodotti anche una serie di esperimenti mal riusciti e uno di questi viene regalato da Paperone ai suoi nipoti in visita alla fabbrica di lenti. Qui, Quo, Qua decidono allora di regalare a loro volta le lenti a Nonna Papera. Il giorno dopo trovano la vegliarda in piedi davanti a una lavagna intenta a fare calcoli per ricavare la radice pentagonale dell'uovo cubico di Colombo.
Prima di capire se il problema di Nonna Papera può essere affrontato, cerchiamo di capire se si può eseguire una radice pentagonale di un oggetto solido. I solidi sono sostanzialmente caratterizzati dai vertici che li compongono e dagli spigoli che li uniscono. Ciascun vertice è identificabile da una terna di numeri scalari e ciascuno spigolo da uno scalare che ne indica la lunghezza. Inoltre si possono calcolare altri due scalari, uno relativo alla superficie esterna del solido e l'altro relativo al volume occupato. Quindi si potrebbe definire il calcolo della radice pentagonale di un solido come la radice pentagonale del volume del solido.
A questo punto il problema è definire un uovo cubico. Abbiamo due strategie: la prima è seguire Carl Barks sulle tracce della perduta testaquadra, per cui concludere che un uovo cubico è un uovo prodotto da una gallina quadra e quindi calcolare la radice pentagonale di tale uovo cubico è tutto sommato semplice.
Oppure supporre che un uovo cubico sia, semplicemente, un uovo elevato al cubo. Anche in questo caso la soluzione non è complicata: per elevare al cubo un solido generico, basta elevare al cubo i vettori che lo compongono. Questa operazione, però, produce nuovi vettori tridimensionali e quindi un nuovo solido (non molto differente da quello di partenza), per cui ancora una volta è possibile calcolarne la radice pentagonale. E se tale operazione è fattibile per un solido costituito da vertici e spigoli, è fattibile anche per un solido come un uovo!
Con questo direi che è tutto per questa prima puntata con la nuova periodicità. Ci leggiamo (se tutto va come previsto) tra un mese.
Bacini e rock'n'roll!

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