venerdì 16 agosto 2019

Le fasi e la colpa

Le fasi del lutto sono 5. Non sapevo bene quali e quante erano, solo voci carpite qua e là. Ho controllato solo per scrivere queste note: avevo intenzione di scriverle e pubblicarle ieri, ma alla fine non me la sono sentita. Così ho spostato tutto a oggi, durante il viaggio in treno, perché comunque scriverne mi serve.
Ritorniamo all'inizio: le fasi del lutto sono 5. Non so se le ho passate tutte, né, in quest'ultimo caso, in quale mi trovo. So però che le parole che personalmente associo al lutto sono paura, dolore e senso di colpa.
Paura perché non sapevo bene cosa stava accadendo, perché man mano che arrivavano risultati cresceva la certezza di essere nella situazione peggiore. E poi non potevamo dire nulla a mio padre: secondo i medici era meglio lasciarlo all'oscuro, fargli credere che era un problema di cuore e polmoni.
E poi dolore, perché soffriva, cercando di artigliare quell'aria che gli mancava, mentre le cure palliative tra una crisi e l'altra diventavano sempre meno efficaci. E poi un dolore indicibile, quando tutto finisce, quando lo vedi dentro la bara e ti rendi conto che non si alzerà più da lì, che non lo vedrai più, se non nei tuoi ricordi; quando non potrai più sentire la sua mano callosa per i molti lavori fatti in una vita mai abbastanza lunga.
E infine senso di colpa, perché ancora oggi, nonostante razionalmente dico a me stesso che potevo fare ben poco in più, mi sembra di non aver fatto abbastanza, di non aver lottato abbastanza, nonostante sia stato l'ultimo a perdere la speranza. Ho passato l'estate 2017 ad andare su e giù ogni volta che potevo o che sembrava fosse necessario, ma alla fine non sembra mai abbastanza.
Non è stata semplice nemmeno l'estate 2016, ma quella del 2017 è stata terribile. E ancora oggi mio padre mi manca, non sempre, a volte meno e riesco ad andare avanti, a volte di più, quando sento di aver bisogno del suo consiglio o, più spesso, senza alcun particolare motivo.
All'inizio pensavo che avrei scritto ogni passo, ogni problema a partire dal 2016 fino al settembre 2017, ma una parte di quel che avevo dentro sta scritta qui. E perdonatemi se l'ho condivisa qui sopra: mi serviva e forse mi servirà ancora.

4 commenti:

  1. Non c'è niente da farsi perdonare! Ci sono passata qualche anno fa, prima di te,...li ho persi entrambi a distanza di tre mesi l'uno dall'altra. Sono sentimenti che si provano in base alla propria sensibilità, ma sono comunque sempre forti e dilanianti, all'inizio. Il tempo li addolcisce appena un po' per potere andare avanti, ma la mancanza ci sarà sempre e non si può fare nulla per ovviare. Non fare l'errore di lasciarti sopraffare dal senso di colpa perché non ce n'è.

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    1. Lo sto imparando ogni giorno che passa. Non è facile, ma ogni giorno cerco di restare attaccato a ogni sporgenza per non cadere giù.

      A presto e grazie per le belle parole.

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    2. A distanza di più di dieci anni dalla scomparsa di mio padre, devo purtroppo confermare quanto scrive Annarita: mi accorgo che una certa mancanza resta addosso e non tende a evaporare. Nemmeno un po'.

      Però attraverso questa mancanza, in qualche modo, lui rimane presso di me. Adesso. L'unica cosa da non fare è cercare di sfuggire a questo piccolo costante dolore, perché è una forma del mio essere e merita rispetto. Proprio per la verità di me.

      Non sono sicuro di essere stato consolatorio, ora che ci Enzo, ma ho tentato di essere sincero... Un abbraccio!

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    3. Carissimo Marco,
      tu e Annarita mi avete dato esattamente quel che mi interessa: non consolazione, ma un confronto con chi ha avuto esperienze simili.

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