All'interno delle iniziative della
Week for future si sono inseriti i due
Fridays for future del 20 e del 27 settembre. L'Italia ha scelto venerdì 27 per il suo venerdì per il clima, partecipando attivamente alla discussione in atto sul surriscaldamento globale di origine antropica scatenato dalla giovane studentessa svedese
Greta Thunberg. In anticipo rispetto alla giornata di domani, visto che pur se pochi in giro ci sono comunque un numero sufficiente di negazionisti sulle cause umane del fenomeno, vi voglio proporre un paio di grafici. Il primo è
realizzato dalla NASA e mette a confronto la temperatura media del pianeta con l'attività solare, mostrando come quest'ultima negli ultimi 80 anni circa è diminuita mentre la temperatura media del pianeta è aumentata.
Già questo sarebbe un forte indizio sul contributo antropico al riscaldamento globale, ma in un articolo del 2016
Philippede Larminat, combinando modelli climatici e osservazioni sperimentali, arriva alla conclusione che proprio il contributo antropico, che nella figura qui sotto ho indicato con una freccia rossa, è quello predominante nell'aumento di temperature degli ultimi 80 anni:
de Larminat, P. (2016). Earth climate identification vs. anthropic global warming attribution. Annual Reviews in control, 42, 114-125. doi:
10.1016/j.arcontrol.2016.09.018
Credo che, nonostante il problema sia ben chiaro a una larga fetta della popolazione, sia importante ribadire come la certezza delle cause antropiche dell'andamento delle temperature degli ultimi decenni sia pressocchè unanime tra i climatologi e astronomi, in particolare i planetologi.
Abbiamo modificato il clima del pianeta con le nostre attività industriali grazie alla spinta del capitalismo e del consumismo. Invertire la rotta non sarà semplice, ma qualcosa bisognerà farla nell'immediato futuro, ed è questo che
Fridays for future chiede ai governi mondiali, iniziando da quelli Occidentali. Il cambio di abitudini inciderà inevitabilmente sulla vita di ciascuno di noi e forse la soluzione sarà quella di andare verso una società più anarchica, quindi più ristretta nei metodi di produzione
come suggerito da Yona Friedman.
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