sabato 3 luglio 2021

Wikiritratti: Hans Bethe

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Il badge di Hans Bethe
presso i laboratori di Los Alamos
Nonostante sia a tutti gli effetti un fisico nucleare, Hans Bethe vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1967 per i suoi contributi all'astrofisica. D'altra parte se consideriamo quale suo lavoro venne premiato, la cosa assume anche un altro aspetto: la nucleosintesi. D'altra parte Bethe è cofirmatario, pur non essendo coautore, di uno degli articoli fondamentali del campo, The origin of chemical elements, lavoro in realtà sviluppato da George Gamow e dal suo dottorando Ralph Alpher (il famoso articolo alpha-beta-gamma).
Bethe, in effetti, nacque a Strasburgo il 2 luglio del 1906. All'epoca la cittadina francese faceva parte del territorio tedesco. Nato da madre ebrea, Anna Kuhn, e da padre protestante, Albrecht Bethe, pur essendo cresciuto con il credo paterno divenne successivamente ateo. Dopo lo spostamento della famiglia nel 1915 a Francoforte a causa del nuovo ruolo del padre, direttore del dipartimento di fisiologia della locale università, si ammalò di tubercolosi. La cosa provocò l'interruzione degli studi, che riprese solo nel 1917.
Nel 1924 entrò nell'università di Francoforte scegliendo la chimica come materia di studio: la fisica non era molto forte in quella città, mentre l'approccio matematico di Carl Ludwig Siegel e Otto Szász non era di suo gradimento. Il problema di Bethe, però, era quello di essere un pessimo sperimentatore, così su consiglio del fisico Karl Meissner (nel frattempo il ragazzo era passato a fisica) nel 1926 entrò all'università di Monaco, che presentava una scuola di fisica teorica molto più solida e avanzata rispetto a Francoforte. D'altra parte a Monaco si trovavano fisici del calibro di Arnold Sommerfeld, che seguì Bethe nel suo corso di studi, e Wolfgang Pauli.
I primi passi
Il principale risultato dei primi anni di carriera, che lo stesso fisico considera come il suo più grande risultato, è la cosiddetta formula di Bethe(1), che stima la perdita per ionizzazione di una radiazione che colpisce un bersaglio. Tra gli altri articoli notevoli del periodo c'è anche On the Quantum Theory of the Temperature of Absolute Zero: scritto insieme con Guido Beck e Wolfgang Riezler, calcolava la costante di struttura fine allo zero assoluto(2). Peccato che fosse una specie di bufala, uno scherzo che prendeva in giro un certo genere di articoli speculativi che traevano conclusioni a partire da deboli argomentazioni numeriche.
I lavori più importanti, però, li realizza negli Stati Uniti, dove si trasferisce nel febbraio del 1935, presso la Cornell University. Qui, tra il 1936 e il 1937, pubblica insieme con Robert Bacher e Stanley Livingston, una serie di tre articoli sulle conoscenze del tempo nel campo della fisica nucleare, la così detta Bibbia di Bethe(3).
La fisica delle stelle
Il primo contatto con la fisica stellare avviene il 17 marzo del 1938 quando partecipa alla quarta Washington Conference of Theoretical Physics, quell'anno dedicata ai meccanismi di produzione dell'energia nelle stelle. All'inizio Bethe non aveva intenzione di partecipare: l'argomento non gli interessava particolarmente. Fu Edward Teller a convincerlo, e i risultati si videro nel 1939. Bethe, infatti, prima in un articolo con Charles Critchfield descrisse il ciclo del protone(4) che permette al Sole di brillare, quindi il ciclo del carbonio-ossigeno-azoto(5) responsabile della produzione dell'energia stellare.
A completamento di questi due articoli, arriva un lavoro realizzato insieme con Robert Marshak sulla fisica e la produzione di energia all'interno delle stelle(6). L'articolo, utilizzando un approccio statistico alla Boltzman, descrive le stelle della sequenza principale, le giganti rosse, le nane bianche e l'evoluzione stellare. Realizzato per partecipare a un concorso della New York Academy of Sciences che metteva in palio $500 per il miglior articolo non pubblicato nel campo della fisica solare e stellare, permise a Bethe di vincere il concorso, acquistare i mobili della madre, che era riuscita ad arrivare negli Stati Uniti, e vincere il Nobel per la fisica nel 1967.
E' interessante osservare come Bethe ebbe un ruolo seppur indiretto nel Premio Nobel per la fisica del 2002, assegnato a Raymond Davis Jr. come responsabile del Homestake experiment dedicato ai neutrini solari. E anche di questi si era occupato proprio Bethe, questa volta in un articolo scritto con John Norris Bahcall(8), in cui i due fisici proponevano una soluzione al problema dei neutrini solari. La questione era dovuta alla discrepanza tra il numero di neutrini elettronici che giungevano sulla Terra e il numero predetto dai modelli teorici che descivevano l'interno del Sole. Allo stato attuale si ritiene che la soluzione del problema sia legata all'oscillazione dei neutrini, meccanismo che venne descritto per la prima volta da Bruno Pontecorvo. L'interesse verso il problema dei neutrini solari, però, è significativo della vasta e longeva produzione di Bethe, visto che all'epoca dell'articolo scritto con Bahcall, Hans aveva ben 84 anni d'età.
Bethe, però, si interessò anche di supernove, buchi neri, stelle di neutroni, anche se forse uno dei suoi articoli più iconici (almeno per quel che mi riguarda) è quello in cui si occupò del Lamb shift (spostamento di Lamb). Questo effetto in cui si riscontra una leggera differenza di energia tra i livelli 2S1/2 e 2P1/2 dell'atomo di idrogeno non prevista dalla teoria di Paul Dirac venne osservato per la prima volta nel 1947 da Willis Lamb e dal suo tesista Robert Retherford. L'articolo in cui Bethe fornì una prima spiegazione del fenomeno(7), uscito quello stesso anno, è di sole 3 pagine e con 12 equazioni, nell'ultima delle quali fornì un valore della discrepanza molto vicino a quello osservato da Lamb e Retherford. Il risultato di Bethe fu importante non solo per la vicinanza all'osservazione sperimentale, ma soprattutto perché mostrava che l'elettrodinamica quantistica non necessitava di nessun particolare aggiornamento, né che risultasse in qualche modo errata, e quindi da sostituire, come invece suggerito da altri fisici teorici.
Azione nucleare
Le ultime righe le spendo ricordando che Bethe fu tra i fisici che parteciparono al Progetto Manhattan. Non subito almeno, visto che ottenne la cittadinanza statunitense solo nel marzo del 1941 e a dicembre di quello stesso anno il badge che gli permetteva di accedere ai progetti più segretri. In particolare quando Robert Oppenheimer diede il via ai laboratori di Los Alamos che avrebbero dovuto progettare e realizzare la bomba atomica statunitense, Bethe venne messo a capo della divisione teorica. Dopo un periodo di screzi con Teller, che venne a quel punto allontanato prima per collaborare direttamente con Oppenheimer, e poi con Enrico Fermi, Bethe e Richard Feynman realizzarono tutta una serie di calcoli sulla bomba e il suo potere esplosivo che poi si rivelarono corretti, come mostrato durante il test Trinity.
Nonostante la partecipazione al Progetto Manhattan e il convolgimento nello sviluppo della bomba a idrogeno, nel 1963 firmò insieme ad altri scienziati un "manifesto" contro i test atmosferici nucleari. Era, però, un fautore dell'uso pacifico dell'energia nucleare. Fece parte di una commissione che esaminò l'incidente della centrale nucleare di Chernobyl. La commissione concluse che i problemi erano legati a difetti nella progettazione e a errore umano. E ancora nel 1995 scrisse un appello a tutti gli scienziati per convincerli a non lavorare più a progetti di sviluppo di armi nucleari.
  1. Bethe, H. (1930). Zur theorie des durchgangs schneller korpuskularstrahlen durch materie. Annalen der Physik, 397(3), 325-400. doi:10.1002/andp.19303970303 
  2. Corlin, A., Stein, J.S., Beck, G. et al. Zuschriften. Naturwissenschaften 19, 37–39 (1931). doi:10.1007/BF01523870 
  3. Bethe, H. A., & Bacher, R. F. (1936). Nuclear physics A. Stationary states of nuclei. Reviews of Modern Physics, 8(2), 82. doi:10.1103/RevModPhys.8.82
    Bethe, H. A. (1937). Nuclear physics B. Nuclear dynamics, theoretical. Reviews of Modern Physics, 9(2), 69. doi:10.1103/RevModPhys.9.69
    Livingston, M. S., & Bethe, H. A. (1937). Nuclear physics c. nuclear dynamics, experimental. Reviews of Modern Physics, 9(3), 245. doi:10.1103/RevModPhys.9.245 
  4. Bethe, H. A., & Critchfield, C. L. (1938). The formation of deuterons by proton combination. Physical Review, 54(4), 248. doi:10.1103/PhysRev.54.248 
  5. Bethe, H. A. (1939). Energy production in stars. Physical Review, 55(5), 434. doi:10.1103/PhysRev.55.434 
  6. Bethe, H. A., & Marshak, R. E. (1939). The physics of stellar interiors and stellar evolution. Reports on Progress in Physics, 6(1), 1. doi:10.1088/0034-4885/6/1/301 
  7. Bethe, H. A. (1947). The electromagnetic shift of energy levels. Physical Review, 72(4), 339. doi:10.1103/PhysRev.72.339 
  8. Bahcall, J. N., & Bethe, H. A. (1990). Solution of the solar-neutrino problem. Physical Review Letters, 65(18), 2233.doi:PhysRevLett.65.2233 

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