A un certo punto ho pensato che non sarei riuscito mai a finirlo, eppure, un po' a sorpresa, la fine è arrivata. Sto parlando di Black wtaer lilies, versione a fumetti delle Ninfee nere di Michel Bussi. Effettivamente l'edizione italiana del volume di Fred Duval e Didier Cassegrain è uscita per lo stesso editore del romanzo, Edizioni E/O, ma alla fine ho letto quella in inglese edita da Europe Comics.
Proviamo a smontare un attimo la storia: la vicenda si apre con un omicidio che sconvolge la cittadina di Ginevry, famosa per essere stata dimora del grande Claude Monet. Le indagini vengono affidate a un giovane commissario che, nel corso delle pagine, resta affascinato dalla maestra, moglie di uno dei principali sospettati dell'omicidio. La storia, però, vede tre protagoniste: una bambina, pittrice talentuosa con la possibilità di andare fuori da Ginevry, magari fino a New York; la maestra della scuola; un'anziana signora che vive sola in un vecchio mulino e che è la narratrice della storia stessa.
Gli elementi per una storia interessante ci sono tutti: il paese di Monet e la sua passione (ossessione?) per le ninfee; un seduttore, la vittima; un presunto bambino di 11 anni; la morte apparentemente per incidente di un bambino mezzo secolo prima. Il problema è, però, nella narrazione, che mescola tutti questi elementi insieme. Da un lato la parte artistica che sembra ora fondamentale ora marginale sia negli omicidi sia nella storia stessa (anche se da questo punto di vista i disegni e soprattutto i colori di Cassegrain sono perfetti per l'ambientazione impressionista); dall'altro il procedere della storia, che sembra lineare ma che, un pezzo alla volta, si scopre come un gioco a incastro, necessario, almeno nell'ottica di Bussi, per mantenere l'ambiguità sulla contemporaneità delle vicende delle tre protagoniste. E qui, forse, il problema principale: questo sovrapporsi di piani temporali all'inizio è utilizzato come fumo negli occhi per il lettore, ma man mano che diventa manifesto risulta una scelta narrativa poco azzeccata, non avendo alcun altro risvolto narrativo se non quello di confondere il lettore stesso. In pratica questa scelta sarebbe risultata più efficace con un futurista o un cubista e non con un impressionista come Monet.
La lettura, allora, risulta rallentata e non perché diventa necessario riflettere sugli elementi forniti dallo scrittore, ma perché non si riesce a partecipare appieno alla storia. Lo stesso sentimento d'amore tra la maestra e il commissario non è ben enfatizzato, non riesce a coinvolgere completamente, rendendo insensata la gelosia del marito/sospettato e indebolendo il finale, e questo nonostante la splendida splash page conclusiva di Cassegrain, forse il vero valore aggiunto di questa trasposizione a fumetti. La sensazione, infatti, anche confrontandomi con la lettura della recensione di Simone Rastelli su LSB, è che Duval si sia limitato al compito di trasporre nel modo quanto più fedele possibile il libro di Bussi.
Alla fine, però, ciò che si perde sul serio è il senso di una vita in gabbia, cosa che si comprende solo leggendo tutto il volume.
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