venerdì 12 marzo 2021

I rompicapi di Alice: La ruota della memoria

Questa storia inizia con un musicista, il compositore George Perle. Perle, compositore classico statunitense, un giorno si trovò a discutere con il matematico Sherman Stein di una particolare teoria del ritmo sviluppata in India più di un migliaio di anni prima(3).
Mentre approfondivo questa teoria, imparai la mia prima e unica parola in sanscrito: yamátárájahánsalagám.
Questa parola non aveva alcun significato particolare, ma aveva un uso più utilitaristico: serviva ai batteristi indiani per ricordare un particolare ritmo. D'altra parte oltre quelle dieci sillabe c'è di più, per parafrasare una nota canzone di alcuni decenni fa. Come ricorda Perle a Stein, pronunciare la parola sanscrita di cui sopra vuol dire pronunciare tutte le possibili terzine di battiti brevi e lunghi.
Le prime tre sillabe, ya má tá, hanno il ritmo breve, lungo, lungo. Dal secondo al quarto sono má tá rá: lungo, lungo, lungo. Poi hai tá rá já: lungo, lungo, breve. Poi ci sono rá ja bhá: lungo, breve, lungo. E così via.
E questo, alle orecchie di Stein, aveva un che di matematicamente affascinante: era l'inizio di una sequenza.
Il matematico, infatti, associò alla sillaba breve il numero 0 e a quella lunga il numero 1, ottenendo 0111010001.
La cosa che saltò subito all'occhio di Stein fu il fatto che le prime due e le ultime due cifre di questo numero binario fossero identiche. Questo voleva dire che era possibile chiudere il numero in una sorta di ruota e rappresentarlo non con 10 ma con 8 cifre. Aveva ottenuto una struttura che chiamò "ruota della memoria" (memory wheel).
20210312-memory-snake
Le proprietà di questa ruota della memoria, però, non finiscono qui: se suddividiamo il numero in terzine di cifre in modo tale che le prime due cifre della terzina successiva coincidano con le ultime due cifre della terzina precedente otteniamo una successione di 8 terzine distinte, ovvero tutte le 8 terzine possibili con le cifre 0 e 1.
20210312-memory-triplets
Come si suol dire l'appetito vien mangiando, per cui, chiamando 0111010001 "parola uroborica"(1), ci si può chiedere se esistono disposizioni di quartine, quintine e così via che riescono a formare una nuova parola uroborica.
Stein, prima di affrontare le quartine, prova con i distici, ovvero con le quattro combinazioni possibili di 0 e 1. Ottiene 00110, la cui prima cifra coincide con l'ultima. Notiamo che il numero di cifre uguali nella parola uroborica è inferiore di una cifra rispetto alla lunghezza delle combinazioni di cui è costituita. Quet'ultima parola uroborica è, in effetti, costituita da distici, ovvero coppie di cifre, per cui il collegamento tra testa e coda è dato solo da una cifra. Allo stesso modo la parola uroborica dei batteristi indiani è costituita da terzine di cifre, e di conseguenza sono le prime due cifre a coincidere con le ultime due.
Torniamo, però, alla ricerca della parola uroborica generata da tutte le quartine possibili. Queste, una volta scritte tutte, si rivelano essere 16 (e quindi si può prevedere che la parola uroborica deve essere costituita da 19 cifre: 16 come le quartine generatrici + 3 che sono le cifre che collegano inizio e fine). E la parola uroborica generata dalle 16 quartine senza alcuna ripetizine risulta essere alla fine 1111000010100110111.
20210312-memory-wheel
E non è finita qui! Stein ritorna alla parola uroborica dei batteristi indiani. Prende tutte le 8 terzine e le scrive, sparpagliate un po' a caso, su un foglio di carta e le collega tramite delle frecce. L'unica regola per collegarle è che le ultime due cifre della terzina di partenza coincidano con le prime due terzine di quella di arrivo. Ottiene un diagramma di questo genere:
20210312-memory-map01
Il passo successivo è determinare una strada che porti dalla terzina, o città, per usare la stessa terminologia di Stein, iniziale, 011, a quella finale, 001. L'analogia balzata alla mente del matematico era quella con un venditore che si sposta da una città all'altra, e quindi il problema della ricerca della parola uroborica diventa equivalente alla ricerca del percorso ottimale del venditore porta a porta. E questa strada, il venditore, ce l'ha!
20210312-memory-map02
Il viaggio tra città visto da Stein, però, non è il solo modo di vedere il problema, e nemmeno il più efficiente. Il punto nell'approccio di Stein è che il viaggio finisca in una città adiacente a quella di partenza, ma nel 1946 IJ Good sulle pagine del Journal of the London Mathematical Society(2) aveva approcciato la questione in maniera differente.
Prendiamo la terzina 011. Questa rappresenta la strada che porta dalla città 01 alla città 11. In questo modo ecco spuntare la mappa con tutte le possibili strade che collegano le quattro città 00, 01, 10, 11:
20210312-memory-map03
Messa in questo modo la ricerca della parola uroborica è la ricerca di un percorso chiuso che inizia e finisce nella stessa città (nello specifico dei batteristi indiani 01). E questo è esattamente il problema affrontato da Leonhard Euler nel famoso rompicapo dei ponti di Konigsberg!
E questa è la storia di come una parola ritmica usata dai batteristi indiani abbia portato in un fantastico viaggio di esplorazione un matematico statunitense fino alla fredda Europa sulle soglie della matematica dei nodi.
  1. In effetti Stein la chiama semplicemente parola, ma l'aggiunta dell'aggettivo uroborica, ispirata dal capitolo in cui Ian Stewart nel suo La piccola bottega delle curiosità matematiche tratta brevemente della questione, secondo me identifica meglio la proprietà che deve avere la parola in questione: un certo numero di cifre finali identiche allo stesso numero di cifre iniziali. 
  2. Good, I. J. (1946). Normal recurring decimals. Journal of the London Mathematical Society, 1(3), 167-169. doi:10.1112/jlms/s1-21.3.167 
  3. Stein, S. K. (1961). The mathematician as an explorer. Scientific American, 204(5), 148-161. doi:10.1038/scientificamerican0561-148 (jstor

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