martedì 29 giugno 2021

Le grandi domande della vita: Il tempo, matematicamente

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Un'interessante domanda cui ho in parte risposto in altri articoli, ma che d'altra parte ho anche un po' eluso vista la complessità e la vastità della questione, è quella sul tempo. Non tanto su cos'è il tempo, ma su cos'è in termini matematici. Cercherò di fornire una risposta differente anche rispetto alle due che potete trovare su Quora, e partirei dall'inizio, ovvero dalla prima equazione matematica che in genere contiene il tempo, quella che definisce la velocità di un oggetto: \[v = \frac{\Delta s}{\Delta t}\] In questo caso più che il tempo istantaneo (che pure viene più avanti introdotto con il concetto di velocità istantanea, che risulta sostanzialmente ai più complicato anche dopo l'introduzione di un concetto come la derivata) a venire utilizzato è il concetto di intervallo di tempo. La velocità è infatti definita come il rapporto tra lo spazio percorso misurato in metri e l'intervallo di tempo necessario a percorrerlo misurato in secondi. Questa equazione, però, non ci dice cos'è il tempo, ma come questo viene utilizzato nella meccanica classica: come quantità fondamentale che viene misurata per ricavare le quantità derivate.
Uno dei problemi della concezione moderna del tempo è proprio l'idea di quantità fondamentale: quando venne introdotta, in fondo, una grandezza di questo genere era semplicemente una grandezza che poteva essere misurata direttamente con un apposito strumento di misura. In questo senso persino la forza, che pure dal punto di vista matematico è una grandezza derivata, può essere presa come una quantità fondamentale, visto che il dinamometro è lo strumento che ti dice quanto è intensa la forza che viene applicata su un dato oggetto.
Ovviamente i fisici non erano così arroganti da dire "abbiamo sistemato il tempo nella velocità (e nell'accelerazione) come qualcosa che si misura con un orologio e passiamo ad altro" e anzi a partire da Galileo Galilei e Isaac Newton hanno fornito diverse visioni del tempo. Ad esempio, partendo dai due grandi fisici poc'anzi citati, la prima idea di tempo era che questo fosse sostanzialmente assoluto e immutabile un po' d'appertutto nell'universo. E d'altra parte non c'era nulla che gli dicesse il contrario. Lo stesso Galilei parlava di flusso del tempo come del susseguirsi degli istanti di tempo durante i quali si svolge, ad esempio, il moto di una palla.
Il salto rivoluzionario anche nella visione del tempo arriva, però, con una serie di quattro equazioni, le equazioni di Maxwell. Vennero pubblicate per la prima volta nel 1864 da James Clerk Maxwell e in questo caso troviamo il tempo in un ruolo molto simile a quello di una variabile spaziale, visto che si trova all'interno dell'operatore di derivata temporale (in effetti questo ruolo era già presente dentro la definizione matematica di velocità istantanea). E questo ruolo si sposta pari pari nella teoria della relatività, speciale e generale, anche grazie alle trasformate di Lorentz: portando la matematica alle estreme conseguenze, l'interpretazione del modello è quella di un universo a quattro dimensioni, dove la quarta è il tempo.
Questa interpretazione si porta allora dietro una questione non da poco: se il tempo è una quarta dimensione spaziale, perché non possiamo sperimentarla allo stesso modo con cui sperimentiamo le altre dimensioni spaziali?
Lasciamo in sospeso questo aspetto e passiamo alla meccanica quantistica. Volendo fornire una visione quanto più semplice e standard possibile, anche il tempo in meccanica quantistica diventa un operatore, in particolare l'operatore di traslazione o evoluzione temporale. Applicato a una funzione d'onda, ovvero l'entità matematica che ad esempio descrive una particella, mi dice come questa particella evolve nel tempo. E non a caso nell'espressione dell'operatore si trovano le informazioni sulle interazioni sperimentate dalla particella.
Abbiamo, allora, due entità matematiche abbastanza distinte con cui possiamo dire cos'è il tempo: un numero, quando lo misuriamo, o un operatore, quando lo usiamo per vedere come evolve un sistema. In realtà le due entità non sono in contrasto una con l'altra: l'operatore è, sotto certi aspetti, un modo più raffinato e potente di vedere un numero.
Avere bene in mente questo riguardo il tempo, però, non aiuta a capire la natura del tempo, ma anzi complica la faccenda, e questo nonostante la visione emergente della gravità a loop. In questa visione, che va decisamente ben oltre la provocatoria affermazione di Carlo Rovelli del tempo che non esiste, il tempo emerge da effetti statistici dovuti alla presenza delle particelle analoghi alla trattazione statistica dell'entropia introdotta da Ludwig Boltzman. In pratica si può parlare di tempo perché le particelle hanno iniziato ad aggregarsi e l'entropia dell'universo ha iniziato ad aumentare, più o meno confermando il legame tra entropia e tempo suggerito da Ilya Prigogine: secondo il chimico-fisico, infatti, la fisica statistica e termodinamica sarebbe in grado non solo di spiegare i fenomeni irreversibili, ma anche la freccia del tempo e il big bang.

1 commento:

  1. Poesia/entropia. ‘Spreco’ esplicativo indispensabile. Suona il fuoco ossidativo del metabolismo cerebrale. Il tempo è la traccia del lavoro biochimico alla base del pensiero? Inoppugnabile evidenza della natura fisica della realtà mentale.

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