giovedì 9 novembre 2023

La grande migrazione

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Da grande estimatore di Arto Paasilinna, non poteva sfuggirmi il fantascientifico e umoristico La grande migrazione di Kari Hotakainen. La storia è semplice: a causa della globalizzazione, la popolazione finlandese in particolare deve migrare dalla campagna alla città. Questo flusso di persone genera un problema di organizzazione degli spazi, compito che viene affidato a un gruppo di persone per lo più disoccupate che si dovranno prendere la responsabilità di scelte che saranno sicuramente impopolari. Il romanzo, edito in Italia da Iperborea, presenta un vasto panorama urbano in cui i vari caratteristi esaminati sono un'enfatizzazione portata all'eccesso di un po' tutte le tipologie di persone che possiamo trovare nella nostra società.
Una delle cose che mi ha colpito maggiormente è, però, la descrizione di un gruppo di persone che vengono momentaneamente fatte vivere all'interno di un centro commerciale, concludendo una specie di trasformazione iniziatica, visto che, come sottolineato in Sentieri metropolitani di Gianni Biondillo, i centri commerciali sono spesso progettati per riprodurre la vita, anche quella all'esterno, nelle quattro mura del centro stesso.
Un'altro spunto interessante è, poi, la presenza di Mumin, che, anche se non identificato esplicitamente, è chiaramente riconoscibile. La sua rappresentazione è quella di un personaggio ormai commercializzato, simbolo di un certo modo un po' superficiale di comunicare che punta su quegli elementi che potrebbero fare presa sul pubblico nell'immediato. Tra l'altro lo stesso Mumin, alla ricerca di un nuovo feticcio consumistico, cerca di propinare ai suoi "amici" animali, tra i quali è ora costretto a vivere a causa della Grande migrazione, proprio quella stessa formula di cui è diventato, suo malgrado, rappresentante.
Infine è molto utile soffermarsi sulla percezione che gli altri politici hanno sia della prima ministra finlandese, che nel romanzo segue un percorso di autoconsapevolezza sugli eventi che le sue scelta hanno generato, sia del gruppo di precari che si sobbarcano un lavoro che dovrebbe essere di competenza di altri, con una descrizione al limite della follia. Un po' come se pensare a un mondo a misura di persone fosse una cosa folle e illogica.
Al netto delle conclusioni dolci-amare del romanzo, è comunque una lettura divertente che, come tutta la letteratura d'ironia, su tutti il nostro Stefano Benni, ha come obiettivo non solo quello di divertire, ma anche di far riflettere.

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