domenica 14 aprile 2024

Topolino #3568: Il ritorno di Pietro

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Magari qualcuno non sarà d'accordo, ma L'albero della verità, storia in due parti di Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio, è la storia migliore de #3568. E questo non solo perché sancisce il ritorno del miglior Pietro Gambadilegno di sempre al crimine, tra l'altro con un piano complesso e di grande respiro che ricorda le migliori storie di Floyd Gottfredson o del più recente Casty, o per il ritorno in grande stile di Plottigat, ma soprattutto per il genere della storia, una bella variazione del thriller d'inchiesta o investigativo alla Missione Pellican, con in aggiunta l'insolita e momentanea collaborazione tra Topolino e Miklos, il famigerato Topo Grigio.
Ovviamente non sono trascurabili nella valutazione generale della storia le citazioni pikappiche o le riflessioni di Topolino nella quart'ultima pagina del secondo tempo che, unite al titolo della storia, forniscono un utile spunto sulla nostra società su cui il lettore può interrogarsi. In questo senso Artibani non è nuovo a inserire messaggi che in altre opere verrebbero considerati di "critica sociale" nelle sue storie (e in alcuni casi sono stati anche decisamente espliciti) ed è per questo che considero L'albero della verità e più in generale l'intera operazione del ritorno del Gambadilegno a noi noto la storia migliore di Artibani negli ultimi anni (e forse potrebbe esserlo anche di tutto questo 2024).
Magari a rileggerla più avanti potrei trovarci qualche difetto tecnico qua e la (e magari no), però proprio questa "critica sociale", che vorrebbe essere una spinta all'attivare lo spirito critico del lettore, è la forza principale della storia, qualcosa che su Topolino non si legge più tanto spesso.
Prosegue, poi, Il mondo di ghiaccio con il secondo episodio. Spero che gli autori, Bruno Enna e Giuseppe Facciotto, non me ne vorranno se dimentico il titolo principale della saga, che considero brutto e troppo favolistico rispetto allo stile di narrazione adottato dallo sceneggiatore sardo. Devo dire, però, che sto trovando la storia per certi versi stucchevole, troppo concentrata sui personaggi e le loro interazioni, dimenticandosi di fatto dello spunto catastrofista introdotto nel primo episodio. E quando inizi a chiederti come quello spunto lo avrebbe trattato un altro autore (ed è proprio quello che ho fatto) vuol dire che, per quanto la storia sia ben scritta, sta fallendo da una qualche parte.
In chiusura ecco il terzo episodio de La grande mitologia papera, Il filo di Paperarianna di Luca Barbieri ed Emmanuele Baccinelli. La reinterpretazione del mito in chiave disneyana risulta più aderente al mito originario di quanto non successo con il mito degli Argonauti. Tra le variazioni ci sono la scomparsa di Icaro e la trasformazione del minotauro in un automa. Mentre la prima mi è sembrata un po' eccessiva (non era necessario raccontarne la fine, ma inserirlo in qualche modo non sarebbe stata una cattiva idea), rendere il prigioniero del labirinto un essere meccanico è, in qualche modo, in linea con la supposizione, in qualche modo indirettamente confermata da alcuni miti, della presenza di meccanismi meccanici già presenti nell'antica Grecia. Altra variazione è, poi, quella della faccenda delle vele bianche e delle vele nere, che mentre nel mito originario ebbe una sanguinosa conclusione drammatica, con la versione papera ha una più consona conclusione comica. Purtroppo per Paperin Teseo.

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