mercoledì 11 novembre 2015

Ritratti: Gaspard Monge e Leonardo Siniscalchi

Due figure così distanti nel tempo che solo un folle poteva accostare.
Nelle loro dimostrazioni i matematici greci davano grande importanza agli aspetti grafici: non riuscivano, infatti, a concepire una dimostrazione senza poter abbinare ad essa un qualche disegno geometrico. Gli aspetti grafici nella matematica, però, seguirono grosso modo i canoni dell'antica Grecia per diversi secoli, così per avere una sorta di piccola rivoluzione nella descrizione grafica della matematica bisogna attendere la geometria descrittiva di Gaspard Monge, matematico francese della seconda metà del '700.
Monge non fu il primo a dare centralità all'aspetto grafico in geometria (basti pensare, per esempio, alle proiezioni stereotomiche di Frezier), ma sicuramente fu il più noto e quello cui si paga il maggior debito di riconoscenza.
Gaspard Monge
Monge, nato a Beane nel 1746, fu una delle molte menti geniali che attraversarono la rivoluzione francese, rimanendo indenne quasi a tutti i cambiamenti politici cui assistette. Fu uno studente modello, tanto che venne ammesso alla prestigiosa scuola per ingegneri di Mézières, essendo però figlio di un venditore ambulante non venne iscritto alla scuola per ufficiali, ma a quella per agrimensori e disegnatori. Gli venne, però, permesso di realizzare il progetto di una fortezza a partire da dati osservativi e il giovane, rifiutando di portare a termine i complessi calcoli necessari per tale realizzazione, sviluppò una soluzione per portare a termine il compito utilizzando solo compasso e righello. Utilizzando metodi geometrici classici, eleganti e semplici, Monge contribuì alla soluzione di molti problemi militari, raccogliendo anche molte osservazioni che egli avrebbe poi utilizzato per il testo fondamentale della geometria descrittiva.
Nel frattempo era in arrivo la rivoluzione francese, di cui Monge fu un partecipante attivo: ad esempio nel 1792 fu ministro per gli affari navali e direttore dell'industria di cannoni e polvere da sparo. Nonostante ciò dovette scomparire per un breve periodo durante il Terrore, fino al suo ritorno nel 1794, quando venne eletto professore della neo nata Scuola Normale della Repubblica. E' anche in quest'anno che inizia la stesura di Géométrie Descriptive:
Questo trattato sulla geometria descrittiva è stato scritto per l'uso degli studenti nella prima scuola normale, stabilita dalla legge il 9 Brumario dell'anno 3 (30 ottobre 1794). Questa scuola, che è esistita solo durante i primi quattro mesi del 1795, che aveva l'intenzione di far rivivere l'istruzione pubblica, annientata in Francia sotto il Regno del Terrore (...), aveva come professori(2)
Lagrange, Laplace e lo stesso Monge e un'altra decina a coprire vari campi della conoscenza.
Quando il posto della Repubblica venne preso da Napoleone, Monge, che evidentemente vedeva nel condottiero non un dittatore ma un paladino degli ideali repubblicani, divenne un suo zelante seguace. Una volta caduto Napoleone, ciò causò a Monge la privazione delle precedenti onorificenze e privilegi da parte di Luigi XVIII, fino alla morte in povertà.
Geometria descrittiva
Gli obiettivi della geometria descrittiva sono due: il primo, che conduce a una comprensione dei metodi di rappresentazione di una superficie bidimensionale di un oggetto che in natura ha tre dimensioni (...) Il secondo obiettivo è insegnare il modo per determinare le forme degli oggetti e dedurre tutte le proprietà risultanti dalle loro rispettive posizioni.(2)
In pratica Monge dà inizio alla geometria proiettiva, proseguendo il lavoro iniziato da molti grandi artisti, come il nostro Piero della Francesca, o il tedesco Albrecht Durer: Monge, infatti, realizza delle proiezioni ortografiche di un oggetto su due (o più) piani, stabilendo una definita relazione tra le due proiezioni. Generalmente i due piani sono quello orizzontale e verticale, mentre la linea di intersezione è la linea di terra.
Le figure che interessavano a Monge erano essenzialmente di due tipi: quelle che potevano essere proiettate su un piano in maniera liscia, senza alcuna deformazione, come coni o cilindri, e quelle per cui è necessaria anche una piccola deformazione: ad esempio la superficie di una sfera, se adagiata su un piano, non potrà mai essere perfettamente liscia.
Monge, però, fu anche un notevole insegnante, come ricordano i suoi biografi, e come dimostra la qualità dei suoi allievi: sia Lacroiz e Hachette, che insegnarono alla Scuola Normale della Repubblica, sia i più noti Charles Dupin, Victor Poncelet, Théodore Olivier. Fu in particolare quest'ultimo a ideare i così detti modelli di stringhe, ispirati proprio alle proiezioni disegnate da Monge.
In pratica questi sono delle strutture in legno collegate da stringhe colorate in maniera tale che la figura può essere distorta e ruotata in modo da ottenere varie configurazioni. Una esaustiva galleria di questo genere di modelli si trova sulla pagina appositamente realizzata dall'Università dell'Illinois: uno dei maggiori realizzatori di questi modelli, che oscillano tra l'arte e la didattica, è Fabre de Lagrange. Realizzò il suo set nel 1872, oggi custodito presso il Museo della Scienza della Royal Society.
Il successo di questi modelli, nel frattempo, aveva conquistato la Germania, grazie al collezionista Julius Plucker che nel 1868 aveva una ragguardevole collezione di varie superfici, e all'imprenditore Alexander von Brill che li produsse in massa per la commercializzazione.
Dalla didattica all'arte concettuale
Ad ogni modo, mentre la matematica giocava un ruolo importante nel mondo dell'arte (vedi, per esempio, le influenze sul cubismo), i modelli matematici di Olivier e de Lagrange avrebbero giocato un ruolo fondamentale nella nascita dell'arte concettuale moderna: nel triennio 1935-1937, infatti, un gruppo di artisti, ognuno in maniera indipendente dall'altra, entrò a contatto con una delle collezioni di modelli di stringhe sparsi per l'Europa, contribuendo così a ispirare un nutrito gruppo di artisti che introdussero consapevolmente la matematica all'interno della loro produzione.
Una delle prime fu Barbara Hepworth che, grazie a una lettera di Naum Gabo indirizzata al marito, Ben Nicholson, entrò in contatto con una serie di modelli matematici conservati presso una scuola di Oxford(3).
Più o meno negli stessi anni (1937), Henry Moore entrò in contatto con i modelli ospitati nel Museo della Scienza di Londra:
Ero affascinato dai modelli matematici che vidi lì, che erano stati realizzati per illustrare la differenza della forma che è a metà strada tra un quadrato e un cerchio. Un modello aveva un quadrato a un'estremità con 20 fori lungo ogni lato... Attraverso questi fori erano infilati degli anelli e conducevano fino a un cerchio con lo stesso numero di fori all'altra estremità. Un piano interposto in mezzo mostra la forma che è a metà strada tra un quadrato e un cerchio... Non era lo studio scientifico di questi modelli ma l'abilità di guardare attraverso le stringhe come con la gabbia di un uccello e vedere una forma dentro l'altra che mi eccitò.(3)
Nel frattempo (1936) sul continente Man Ray andava a visitare, su invito di Max Ernst, l'Institut Henri Poincare di Parigi, che ospitava anch'esso una serie di modelli matematici. Ray scattò una serie di foto, che intitolò Mathematical Objects e che una decina di anni dopo (1948) furono utilizzati dall'artista come base per una serie di piccoli quadri noti come Shakespearean equations, che altro non erano che una ripresa di quelle foto titolate con un opera del bardo (vedi esempi su Mathematical Models and Art in the Early 20th Century - pdf).
Leonardo Sinisgalli
Tra tutti gli artisti che possiamo considerare fondatori dell'arte concettuale di stampo geometrico, il più consapevole, perché formatosi nel campo, è certamente l'italiano Leonardo Sinisgalli. Nato il 9 marzo del 1908 a Montemurro, in provincia di Potenza, passerà buona parte della sua adolescenza in America a seguito della famiglia, prima negli Stati Uniti, a Brooklyn, quindi in Colombia, a Barranquilla. Torna in Italia nel 1922 dove, grazie all'appoggio dei classici notabili del paese che convincono la madre a farlo studiare, riesce a diplomarsi a Napoli ottenendo i voti migliori di tutta la regione. Sinisgalli è quindi pronto ad affrontare l'università: si iscrive alla Facoltà di Matematica di Roma nel 1925(4).
A quell'epoca erano in forza al Dipartimento matematici come Francesco Severi, Guido Castelnuovo e il famosissimo Tullio Levi-Civita. In particolare quest'ultimo insieme con Severi erano venuti a Roma da Padova grazie all'impegno di Vito Volterra, che insieme con Federico Enriques, anch'egli passato da Roma, si era fortemente impegnato per spostare l'attenzione dell'Italia dalla cultura umanistica verso quella scientifica.
Ad ogni modo, nonostante il periodo interessante e l'intensa attività scientifica romana, cui contribuivano anche i "ragazzi di via Panisperna" di Enrico Fermi, Sinisgalli decise di passare ad ingegneria industriale, dove si laureò nel 1932. Il passaggio a una tipologia di studi più pratica, ma differente dalla fisica era, probabilmente, dovuto all'atmosfera di sacralità che circondava il mondo accademico romano dell'epoca. Sinisgalli, infatti, ricorda che
la scienza era esigentissima, non tollerava il minimo tradimento. I grandi matematici della scuola italiana conservavano un aspetto sacerdotale, la lezione era un rito, una messa.(4)
Non deve, dunque, stupire la sua scelta di passare a ingegneria, visto che più o meno la stessa cosa la si poteva dire di Fisica, dove era stato invitato a lavorare dallo stesso Fermi(4), giusto per avere un'idea del valore di Sinisgalli come scienziato.
Ad ogni modo, dopo la laurea e l'esame di abilitazione, Sinisgalli arriva a Milano nel novembre del 1933 dove resterà fino al 1952 con l'unica interruzione della Seconda Guerra Mondiale. Ha la possibilità di lavorare per varie industrie nel corso della sua vita: Pirelli, Finmeccanica, Alitalia, Olivetti, come ingegnere e pubblicitario. Non a caso una delle riviste più innovative e interessanti del settore, Pirelli, era diretta proprio da Sinisgalli.
Prima di arrivare a questa meritoria rivista culturale italiana, Sinisgalli da alle stampe un po' di libri, tra raccolte poetiche e saggistica: in particolare il Quaderno di geometria del 1935, che cronologicamente si pone proprio in quel triennio che tra il 1935 e il 1937 portò artisti di provenienze così differenti, sia geografiche sia di formazione, a porre le basi per l'arte concettuale matematica. All'interno del libro, per esempio, scrive un racconto incentrato sulla superficie romana di Steiner.
La superficie romana di Steiner

(via TFBCON2003)
Leggenda vuole che questa particolare superficie di Steiner ha preso il nome di superficie romana grazie al fatto che il matematico svizzero Jakob Steiner la scoprì durante un soggiorno a Roma nel 1836(1). Essa è un'applicazione auto-intersecante di un piano proiettivo reale in uno spazio tridimensionale con un alto grado di simmetria. Sinisgalli, come ricorda Popinga, in un passaggio estratto dal Furor Mathematicus paragona questa superficie ora a un lupino, ora a un pomodoro, quindi a un carciofo. In effetti la forma, che ricorda quella di un tetraedro con le superfici schiacciate verso il centro del volume, è molto più vicina a quella di un lupino. Matematicamente questa può essere rappresentata dall'equazione: \[x^2 y^2 + y^2 z^2 + z^2 x^2 - r^2 x y z = 0\] o dalle tre seguenti equazioni parametriche \[x = r^2 \cos \theta \cos \varphi \sin \varphi\] \[y = r^2 \sin \theta \cos \varphi \sin \varphi\] \[z = r^2 \cos \theta \sin \theta \cos^2 \varphi\] dove $r$ è il raggio della sfera che contiene la superficie romana, $\theta$ e $\varphi$ sono gli angoli che rispettivamente identificano la longitudine e la latitudine.
La superficie romana di Steiner, che è utilizzata anche nel mondo dell'arte, è stata accostata da Ashay Dharwadker agli eptaedri, poliedri di sette facce: anche queste particolari strutture geometriche sono, topoligicamente parlando, un modello del piano proiettivo.
Una sola cultura
Torniamo a Siniscalchi: del 1937 è Ritratti di macchine, una sorta di diario del periodo di studi romano corredato da 7 schizzi realizzati dallo stesso Sinisgalli. Insieme con il Quaderno, rappresenta
il primo tentativo di Sinisgalli di superare la dicotomia tra le due culture (http://www.fondazionesinisgalli.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=86&Itemid=52)
In particolare grazie al Quaderno, Sinisgalli viene chiamato da Adriano Olivetti per realizzare la pubblicità per la sua azienda: di fatto sono anni di successi grazie a poster belli e accattivanti, in una attività intellettualmente stimolante interrotta dall'arrivo della seconda guerra mondiale. Emblematica di questo periodo creativo è la rosa nel calamaio: Altrettanto interessante è anche lo Studio 42, allestito insieme con Giovanni Pintori, dove i richiami alla scienza sono più che evidenti: Durante la guerra, che lo vede arruolato come ufficiale nell'esercito, Sinisgalli riesce comunque a proseguire la sua attività artistica pubblicato libri e raccolte o saggi come il Furor mathematicus. Unito momento di tensione vera per Sinisgalli fu quando le SS tedesche lo arrestano il 13 maggio del 1944: a salvarlo sarà Giorgia de Cousandier, sua convivente che poi sposerà nel 1969.
Dopo la guerra si ritrova nuovamente a Milano, tra il 1948 e il 1952, quando viene chiamato da Giuseppe Eugenio Luraghi come art director presso la Pirelli, dove fonda l'omonima rivista dell'azienda di pneumatici italiana. E' sempre in questo periodo che gira due cortometraggi documentaristici di genere scientifico, Lezione di geometria del 1949 e Millesimo di millimetro, con Virgilio Sabel, del 1950.
Sempre sotto la spinta di Luraghi, Sinisgalli torna a Roma dove nel 1952 fonda Civiltà delle macchine sotto l'egida della Finmeccanica: è di fatto il punto di riferimento per l'unione delle due culture, scientifico-tecnologica e letteraria, o per mostrare quanto sia artificiosa la loro separazione.
Figura centrale in questo percorso culturale è Leonardo da Vinci, nume tutelare di Sinisgalli, che vedeva nella sua biografia molti punti di contatto con quella del suo illustre omonimo, e protagonista del primo numero di Civiltà delle macchine, sin dalla copertina, che stampa una serie di studi leonardeschi sul volo, mentre all'interno ecco un saggio dedicato a Leonardo a firma di Vittorio Somenzi.
Io non ho mai pensato che la matematica e la meccanica siano la stessa cosa della poesia. [...] Quello che ci trovo in comune è una tensione dell'intelligenza, è la felicità nella fatica, nello sforzo. Io penso che un sonetto sia un meccanismo, una costruzione perfetta, in cui non si ammira soltanto l'abilità, la chiusura di u npensiero compiuto, di una sequenza di immagini entro un numero definito. Nel sonetto c'è molto di più di quello che è scritto. E in una macchina c'è molto di più di quello che è disegnato. Sono forse entrambi dispositivi capaci di produrre energia e di trasformarla, di trasfigurarla.(4)

Altre letture su Sinisgalli: Una musa tra le ruote. Pirelli: un secolo di arte al servizio del prodotto
Leonardo Sinisgalli e la civiltà delle macchine di Pietro Nastasi
Sinisgalli e la Fisica moderna di Decio Cocolicchio
Leonardo Sinisgalli. Elogio dell'entropia
Ungaretti: nostalgia di un visionario. La civiltà dell’elettronica, dal 1953 al futuro
Arte moderna e superfici algebriche
(1) E' bello vedere che sulla it.wiki Popinga è diventato bibliografia
(2) Gafney, L. (1965). Gaspard Monge and descriptive geometry. The Mathematics Teacher, 338-344.
(3) Catalogo della mostra Intersections: Henry Moore and Stringed Surfaces
(4) Pierpaolo Antonello, La nuova civiltà delle macchine di Leonardo Sinisgalli

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