venerdì 8 giugno 2018

Le grandi domande della vita: supereroi su una Terra cava

Rieccoci qui con Le grandi domande della vita. In questa puntata proseguo idealmente il discorso iniziato un mese fa con la Terra piatta, aggiungendo un paio di escursioni matematiche, una leggera ma di calcolo l'altra un po' triste, e finendo con un paragrafo dedicato all'ormai classico film di supereroi Infinity War.
Storia di una Terra cava
Un'altra interessante teoria sulla struttura e la forma del nostro pianeta è quella della Terra cava. Anche questa teoria ha solide basi nella mitologia antica, in particolare quella legata ai mondi post mortem: popolati da anime più o meno in pena in funzione della visione più o meno ottimistica, tali mondi erano posti in cavità sotterranee raggiungibili solo grazie a profondissimi cunicoli costellati da prove impervie. Indubbiamente il più famoso di tali mondi sotterranei è quello degli antichi Greci, dominato da Ade, e dove sono ambientati moltissimi miti, su tutti quello di Orfeo ed Euridice.
Nella mitologia celtica, invece, c’è una leggenda simile di una grotta detta Cruachan, anche nota come La porta irlandese per l'inferno, da cui strane creature uscirebbero per circolare sulla superficie della Terra. Lo stesso Dante Alighieri, seguendo questa tradizione occidentale, pose l’inferno nel sottosuolo terrestre, sebbene fosse chiaro a lui e ai suoi contemporanei che tale luogo non era veramente fisico, ma mentale.
Con una piccola digressione fumettistica, è anche interessante osservare come sull'Isola Paradiso di Wonder Woman, in particolare quella descritta nella serie della seconda metà degli anni Ottanta del XX secolo realizzata da Marv Wolfman e George Perez, si trova una porta verso il regno di Ade, con le amazzoni poste a difesa della porta contro l'invasione dei mostri pronti a invadere la Terra.
Le basi, per così dire, scientifiche della teoria risalgono al 1692 quando Edmond Halley propose l'idea di una Terra costituita da un guscio cavo di circa 800 km, due gusci concentrici interni e un nucleo più interno. Le sfere, separate da strati di atmosfera e con un proprio campo magnetico (con corrispondenti poli), ruoterebbero a velocità differenti. Suppose che l'atmosfera all'interno fosse luminosa (e magari abitata) e che le fughe di gas fossero la causa delle aurore boreali.
All'interno dei modelli di Terra cava venne tirato dentro anche il matematico svizzero Leonhard Euler. A suggerire l'esistenza di una sua teoria di tal genere furono gli scrittori statunitesi Lyon Sprague de Camp e Willy Otto Oskar Ley, ma come ha dimostrato Edward Sandifer(1), Euler non ha mai proposto un modello del genere. Al contrario in un articolo del 1738 propose per la Terra una crosta dura con una massa fluida al di sotto che avrebbe avuto un rigonfiamento all'equatore e non ai poli, come ritenevano altri studiosi.
Sempre Sandifer riferisce di un altro articolo di Euler che viene utilizzato come riferimento per l'esistenza di una sua teoria sulla Terra cava: peccato che quell'articolo conteneva un esperimento mentale su una galleria che attraversa tutta la Terra passando per il suo centro, o in poche parole un modo per Euler di descrivere il comportamento della gravità man mano che ci si avvicina al centro.
In epoca moderna uno dei più convinti sostenitori della Terra cava fu John Cleves Symmes(2), che immaginava l'esistenza di due fori giganteschi sopra i poli della Terra che permettevano l’ingresso della luce lunare o solare sotto la crosta più esterna illuminando così la superficie della sfera interna. Per verificare tale idea aveva anche avviato una spedizione verso il polo nord che venne prontamente fermata da Andrew Jackson.
Come nel caso della Terra piatta, anche per quella cava esistono una serie di osservazioni che ci dicono che così non è. Innanzitutto i movimenti sismici della superficie non sono compatibili con una Terra cava, ma con una piena costituita da una crosta dura, un fluido caldo sottostante e un nucleo metallico.
Gli stessi dati fisici della Terra a nostra disposizione ci dicono che la Terra non può essere cava: la densità media della Terra è di circa 5.515 g/cm3, mentre la sua densità superficiale è di circa la metà. Dovrebbe quindi esserci della materia molto più densa sotto la superficie e certamente non l’atmosfera che è decisamente meno densa. Inoltre, come ci mostrano tutte le osservazioni dei corpi celesti, la materia tende ad addensarsi a causa della forza di gravità in una struttura piena per lo più sferica.
Certo, a puro titolo di fantasia, si può pensare a come sarebbe la vita dentro una sfera cava: tali abitanti fluttuerebbero in un ambiente privo di gravità, poiché, come ha mostrato Isaac Newton, all'interno di un guscio vuoto, quale che sia il suo spessore, la forza di gravità si annulla.
Infine non sono stati osservati da nessun satellite i fori che dovrebbero essere presenti ai poli terrestri. Quindi nessuna delle avventure fantastiche descritte in romanzi come Il viaggio sotterraneo di Niels Klim dello scrittore norvegese Ludvig Holberg, precursore del genere, o come il più famoso Viaggio al centro della Terra di Jules Verne può avere un qualche fondamento di verità, ma risultano nulla di più di quello per cui sono stati concepiti dalla maggior parte degli scrittori: dei divertenti viaggi della fantasia.
Frazioni in scala
Una domanda abbastanza curiosa è quella sul valore della seguente serie di frazioni incastrate una nell'altra: \[\frac{1}{\frac{1}{\frac{1}{\vdots}+\frac{1}{\vdots}}+\frac{1}{\frac{1}{\vdots}+\frac{1}{\vdots}}}\] Ho affrontato il calcolo nel modo seguente, giungendo alla soluzione ottenuta praticamente da tutti i risponditori.
Definiamo una serie partendo dal primo termine $a_0 =1$. Il termine successivo sarà \[a_1 = \frac{1}{1+1}\] Quindi \[a_2 = \frac{1}{\frac{1}{1+1}+\frac{1}{1+1}} = \frac{1}{a_1 + a_1}\] \[a_3 = \frac{1}{\frac{1}{\frac{1}{1+1}+\frac{1}{1+1}}+\frac{1}{\frac{1}{1+1}+\frac{1}{1+1}}} = \frac{1}{a_2+a_2}\] e in generale \[a_n = \frac{1}{2 a_{n-1}}\] Facendo un paio di calcoli si scopre che $a_{n+1} = a_{n-1}$ e in particolare quando $n+1$ è dispari, $a_{n+1} = 1/2$, quando $n+1$ è invece pari $a_{n+1} = 1$ e quindi la serie non è né convergente né divergente ma oscillante.
Se però decidiamo di cercare la soluzione nei reali, allora possiamo utilizzare una serie di funzioni del tipo:
\[f_1 (x) = \frac{1}{x+x} = \frac{1}{2x}\] e in generale \[f_n (x) = \frac{1}{f_{n-1} (x) + f_{n-1} (x)}\] scopriamo che le funzioni con indice dispari sono uguali a $\frac{1}{2x}$, mentre le funzioni con indice pari sono uguali a $x$. Uguagliando i due risultati vediamo che la serie converge a un unico valore per $x = \frac{1}{\sqrt{2}}$, che è anche il risultato della serie di frazioni da cui siamo partiti.
La triste storia di Bolyai e Lobachevsky

János Bolyai e Nikolai Lobachevsky
Il matematico ungherese János Bolyai passò la maggior parte della sua vita tra i monti della Transilvania. Lontano dai luoghi dove la discussione matematica era più fervida, venne istruito dal padre Farkas Bolyai, anch'egli matematico e allievo di Carl Friedrich Gauss, che però si rifiutò di prendere anche János come allievo. Il giovane, così, fu costretto ad arruolarsi per guadagnare di che vivere e sostenere anche la famiglia. Nonostante tutto, però, riuscì anche a sviluppare il suo talento matematico, oltre a padroneggiare ben nove lingue straniere, inclusi il cinese e il tibetano.
Ha lasciato oltre 20000 pagine di appunti matematici, ma di questi l’unico contributo stampato è l'appendice in un libro di testo scritto dal padre su quella che chiamò geometria immaginaria, oggi nota come geometria iperbolica.
L'idea di János era sempre stata quella di descrivere una geometria senza il quinto postulato di Euclide, quello sulle rette parallele. Da questo punto di partenza, Bolyai riuscì a descrivere uno spazio curvo su un piano a forma di sella dove la somma degli angoli di un triangolo non è 180° e le linee parallele non sono realmente parallele. In uno spazio curvo, la distanza più breve tra due punti non è più una linea dritta, ma una curva detta geodesica. Per questo la somma degli angoli in un triangolo è inferiore a 180° mentre due linee parallele in realtà divergono una dall'altra(3).
A commento di questa scoperta, Bolyai scrisse in una lettera al padre:
Dal nulla ho creato uno strano nuovo universo
Quando il suo lavoro venne pubblicato, una decina di anni più tardi (1832), nel libro del padre, finì sotto gli occhi dello stesso Gauss, che pur rimanendo colpito dalla genialità del lavoro, rifiutò ancora una volta di incoraggiare Janos e anzi provò a dichiarare l'idea come sua. Invece è molto probabile che l'appoggio e l'incoraggiamento a Bernhard Riemann venne ispirato proprio dal lavoro del giovane Bolyai.
Quest'ultimo, nel frattempo, venne a scoprire che tra il 1826 e il 1830 era stato pubblicato un lavoro molto simile al suo realizzato dal matematico russo Nikolai Ivanovich Lobachevsky(4). Tale notizia lo spinse a rinhciudersi sempre di più in se stesso fino a impazzire, morendo nel 1860 solo e praticamente ignorato dalla comunità matematica.
Lo stesso Lobachevsky fu altrettanto sfortunato: come Bolyai era ossessionato dal quinto postulato di Euclide, e anch'egli riuscì a descrivere uno spazio geometrico senza l'uso di tale postulato. Lobachevsky, però, morì qualche anno prima dell'ungherese, in povertà e anch'egli ignorato da tutti.
La descrizione matematica degli spazi iperbolici fornita indipendentemente uno dall’altro da Bolyai e Lobachevsky è stata fondamentale, molto di più delle descrizioni speculative fornite dal persiano Omar Khayyam nell'11.mo secolo o dall'italiano Giovanni Saccheri nel 18.mo secolo, nello sviluppo della geometria non euclidea e dunque nel porre le basi per la relatività generale di Albert Einstein. E si sa che era in dirittura d'arrivo a tale teoria anche David Hilbert, che forse avrebbe concluso il lavoro più tardi di quanto non fece Einstein, ma che ci permette di concludere che, anche in caso della non esistenza di Albert nel nostro universo, tale teoria sarebbe comunque stata scoperta.(5)
Le pietre dell'infinito
Il primo capitolo di Infinity War, ultima fatrica cinematografica dei Marvel Studios dedicata agli Avengers (o Vendicatori) si conclude con Thanos che, entrato in possesso di tutte le gemme dell'infinito, dopo averle incastonate nel guanto dell'infinito, schiocca le dita. E gli esseri viventi dell'universo iniziano a scomparire.
Ben lungi dal voler fare una esegesi filosofico-mistico-religiosa del film diretto da Anthony e Joe Russo, vorrei cercare di capire se in qualche modo è possibile distruggere o rendere irraggiungibili le gemme stesse.
Partiamo dalle loro origini(6): esse sono sei singolarità presenti prima del Big Bang, inteso come una reale esplosione e non come una semplice espansione dello spaziotempo. Ciascuna di esse rappresenta un differente attributo dell’universo e il suo possessore guadagna il controllo su di esso. Spazio, mente, realtà, potere, anima e tempo. Create dalle entità cosmiche Morte, Entropia, Infinito ed Eternità, già da sole sono tra gli oggetti più potenti dell’universo, figuratevi un po’ tutte insieme!
Ad ogni buon conto, per capire in qualche modo con le conoscenze del nostro universo (è abbastanza chiaro che la fisica dell’universo Marvel, almeno quello cinematografico non è identica a quella del nostro) se tali gemme possono essere isolate o distrutte, basta ragionare su cosa sono le singolarità nel mondo fisico.
Con il termine di singolarità intendiamo una regione dello spaziotempo dove le forze di marea gravitazionali risultano infinite. In tale definizione ricadono i buchi neri, ma per certi versi anche lo stato iniziale dell’universo, quando la sua densità era pressocché infinita. Fu una fluttuazione quantistica più alta della media a dare inizio alla sua espansione, probabilmente guidata dalla così detta inflazione cosmica.
Detto ciò: come si può contenere o rendere irraggiungibile una singolarità?
Se proviamo a gettarla dentro un buco nero, sappiamo già cosa ci aspetta: quando due buchi neri si incontrano, questi si fondono insieme generando un buco nero più grande e una serie di onde gravitazionali.
Quindi, gettando una gemma dell’infinito dentro un buco nero, verrebbero generate delle onde gravitazionali, mentre al posto della coppia buco nero-gemma dell’infinito resterebbe una nuova singolarità, probabilmente un buco nero.
Questo, però, nel nostro universo, perché in quello Marvel cinematografico non è detto che un buco nero sia un oggetto realmente esistente o che sia irraggiungibile, visto che le gemme dell’infinito risultano facilmente manipolabili persino da un androide costruito con materiale terrestre!
Diciamo che l'incontenibile fantasia degli sceneggiatori forse, in questo caso, ha un po’ ecceduto nel mescolare la scienza con il significato mistico originario delle gemme stesse.
  1. Edward Sandifer, Euler and the Hollow Earth: Fact or Fiction?, Mathematical Association of America doi:10.5948/9781614445197.032 (pdf)
  2. Peter Fitting, Stories of a Hollow Earth
  3. Il lavoro di Bolyai sulla geometria iperbolica tradotto in inglese

  4. Il lavoro di Lobachevsky sulla geometria iperbolica tradotto in inglese
  5. Leggi anche The story of Mathematics
  6. Quelle che seguono sono le origini delle gemme dell’infinito secondo il film dei Russo. Nei fumetti, invece, sono altrettanto potenti ma meno pretenziose!

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