Stomachion

sabato 17 settembre 2011

Ritratti: Bernhard Riemann

La rivoluzione che Riemann portò nella matematica va al di là della semplice ipotesi che porta il suo nome. I suoi principali contributi possono essere considerati quelli nella geometria, in particolare nell'aver imposto all'attenzione dei suoi colleghi le così dette geometrie non-euclidee, ovvero quel tipo di geometrie che differiscono da quella Euclidea ad esempio perché non si svolgono lungo un piano ma lungo una superficie sferica. Questa rivoluzione portò la matematica, e con essa anche la fisica, nel XX secolo: in effetti uno dei matematici più apprezzati che operò a cavallo tra XIX e XX secolo, Henri Poncaré, fu inevitabilmente influenzato da Riemann e dalla sua nuova matematica.
Georg Friedrich Bernhard Riemann nacque il 17 settembre 1826 a Breselenz, in Germania. Secondo genito della coppia Friedrich Bernhard Riemann, pastore luterano, e Charlotte Ebell, non visse certo nell'oro, soprattutto considerando che in totale i genitori di Georg ebbero 6 figli, 4 femmine e 2 maschi, dei quali solo la maggiore, Ida, ebbe una vita tutto sommato lunga per i canoni dell'epoca. D'altra parte lo stesso Riemann, timodo, tranquillo e schivo, ebbe una salute non proprio di ferro: non a caso, insieme con la moglie Elise Koch, amica della sorella Ida, negli ultimi anni di vita decise di trasferirsi in Italia, paese dal clima più mite, dove morì nel luglio del 1866 a Selesca sulle rive del Lago Maggiore.
Gli anni giovanili, dedicati allo studio, trascorsero prima ad Hannover e poi a Lunenburg, dove il preside della locale scuola superiore, tale Schmalfuss, sembra che incoraggiò l'interesse di Riemann verso la matematica, probabilmente prestandogli testi di matematica avanzata, tra cui il Théorie des Nombres di Adrien-Marie Legendre, volume che, narra la leggenda, Georg imparò a memoria dopo appena una settimana!
L'episodio, al di là della sua veridicità, illustra comunque il talento mnemonico prodigioso del giovane Riemann, un talento che, grazie al rigore matematico, riuscì a mettere a frutto per far avanzare di grandi la disciplina che in quel tempo vedeva in Gauss il suo massimo esponente e in Gottinga l'Università più prestigiosa d'Europa.
In effetti a Gottinga Riemann andò non per studiare matematica, ma teologia, per seguire le orme del padre, dunque. Però dopo appena un anno il nostro seguì le sue inclinazioni e passò così allo studio della matematica. Dopo la laurea e la partecipazione ai moti del 1948, conseguì il dottorato a Berlino (1851) per poi ottenere il posto da associato (1857), che diventa anche il suo primo stipendio stabile, e successivamente da ordinario (1859) a Gottinga.
Sebbene la sua carriera accademica si svolse principalmente a Gottinga, una parte molto importante nella sua formazione la ebbe il periodo berlinese, durante il quale, tra gli altri, ebbe modo di conoscere e studiare sotto la guida di Lejeune Dirichlet, con il quale entrò in grande sintonia, come si capisce leggendo quanto scrive Felix Klein a tal proposito:
Il legame tra Riemann e Dirichlet fu subito forte, grazie alla profonda affinità del loro modo di pensare e ragionare. Dirichlet amava chiarire dapprima le cose a se stesso, procedendo per via immediatamente intuitiva; in seguito, analizzava con logica penetrante le questioni fondamentali, ma evitava il più possibile lunghi calcoli. Questo suo modo di procedere piaceva a Riemann, che lo fece proprio e lavorò seguendo i metodi di Dirichlet.(1)
E' con questo metodo che, ad esempio per il dottorato, propose una tesi dal titolo Sulla rappresentabilità di una funzione mediante una serie trigonometrica, alla quale doveva affiancare una dissertazione su uno tra tre argomenti che lo stesso Riemann doveva proporre e che la commissione avrebbe scelto. E Gauss, il presidente della commissione, scelse per una discussione geometrica dal titolo Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria: è su questo lavoro che vennero poste le basi della geometria non-euclidea!
L'altro grande capolavoro riemanniano è però l'ipotesi che porta il suo nome e che venne descritta dallo stesso Riemann nel discorso di accettazione del posto da ordinario, per poi diventare un articolo dal titolo Sul numero dei primi minori di una grandezza data. Quel discorso iniziava così:
Per la considerazione che l'Accademia ha mostrato nei miei confronti ammettendomi come uno dei suoi membri corrispondenti, ritengo di poter esprimere al meglio i miei ringraziamenti servendomi subito del privilegio con ciò concessomi per riferire uno studio sulla frequenza dei numeri primi; un argomento che, grazie all'interesse per esso mostrato da Gauss e Dirichlet per lungo tempo, sembra non del tutto indegno di tale comunicazione. Come punto di partenza per il mio studio considero l'osservazione di Eulero secondo cui il prodotto \[\prod \frac{1}{1-\frac{1}{p^s}} = \sum \frac{1}{n^s}\] per tutti i numeri primi $p$ e tutti i numeri interi $n$. Con $\zeta (s)$ indico la funzione di variabile complessa $s$ rappresentata da entrambe queste espressioni, a condizione che convergano.(2, 3)
D'altra parte questa ricerca era considerata dallo stesso Reimann come un suo risultato minore e ancora da raffinare, come si deduce da questo passaggio in una lettera indirizzata a Karl Weierstrass:
Naturalmente, sarebbe auspicabile avere una prova rigorosa di ciò [l'ipotesi di Riemann]; nel frattempo, dopo alcuni frettolosi quanto vani tentativi, ho per il momento accantonato la ricerca, giacché non sembrava indispensabile al raggiungimento dell'obiettivo immediato delle mie indagini.(1)
Al di là dell'accantonamento da parte dello stesso matematico che ha avuto l'intuizione di sostituire il campo d'azione della funzione dai numeri reali a quelli complessi (il procedimento, tecnicamente, si chiama continuazione analitica), l'ipotesi sostanzialmente riduce, se così si può dire, il compito dei matematici a trovare gli zeri non banali(4) della forma $\zeta = \frac{1}{2} + bi$, con $z$ complesso, $b$ reale, $i = \sqrt{-1}$, o nella forma più generale cercare soluzioni del tipo $\zeta = \sigma + bi$, con $0 < \sigma < 1$. Questo intervallo, che in alcuni studi(7) è stato ridotto a $0 < \sigma < \frac{1}{2}$, è detto striscia critica.
Senza concentrarsi nella storia completa della caccia agli zeri della zeta di Riemann, andiamo subito a uno dei risultati più importanti, quello raggiunto da Hugh Montgomery nel 1972(6) quando studiò la differenza tra due zeri, scoprendo una funzione di questa differenza. Successivamente, nel 1979, insieme con Norman Levinson(7), stabilì delle nuove proprietà per la zeta, concentrandosi in particolare sulle sue derivate. Prima di tutto dimostrò l'equivalenza tra gli zeri della zeta e gli zeri delle derivate: in particolare scoprì che anche gli zeri di queste ultime appartenevano alla striscia critica $0 < \sigma < \frac{1}{2}$.
La ricerca analitica degli zeri di Riemann, però, non è la sola strada che i matematici hanno intrapreso in questo secolo e mezzo, ma ci sono anche gli approcci numerici, che hanno ovviamente fatto largo uso di questo tipo di calcoli. Il primo in assoluto a usare tale approccio numerico fu Lehmer tra il 1956 e il 1957. Un esempio di questo tipo di ricerca, poi, può essere trovato in Richard Brent(8) che prese la strada dei così detti punti di Gram, ovvero quei punti nei quali la zeta di Riemann cambia segno(5). In particolare Brent ha concentrato la sua ricerca sui primi 70000000 blocchi di Gram, verificando l'ipotesi all'interno di questi blocchi.
Un'altro approccio alla zeta, però, arriva dal mondo della fisica, in particolare da Alain Connes(9) che ha dimostrato la connessione tra l'ipotesi di Riemann e il caos quantistico.
Il caos quantistico studia sistemi caotici dinamici di tipo classico utilizzando la meccanica quantistica. In particolare Connes ha scoperto un particolare sistema caotico i cui numeri quantici sono primi mentre i livelli di energia del sistema corrispondono agli zeri della zeta sulla linea critica. Al momento lo possiamo considerare il migliore indiziato, per quel che riguarda la fisica, a risolvere il problema dell'ipotesi di Riemann, anche se un recente esame dello stato dell'arte per quel che riguarda l'ipotesi e le sue connessioni con la fisica è stato realizzato da Daniel Schumayer e David A. W. Hutchinson in Physics of the Riemann Hypothesis, ma questa, come si suol dire, è tutta un'altra storia!

Vedi anche: Wikipedia, il Clay Mathematics Institute, MathWorld
(1) I problemi del millennio di Keith Devlin, traduzione di Isabella Blum
(2) L'ossessione dei numeri primi di John Derbyshire
(3) Il lavoro originale di Riemann è stato tradotto in inglese da David R. Wilkins (pdf)
(4) Si intendono per zeri banali della $\zeta (s)$ tutti gli interi negativi pari.
(5) Si può definire punto di Gram anche quel valore di $t$ tale che \[\zeta \left ( \frac{1}{2} + bi \right ) = Zeta (b) e^{-i \theta (b)}\] è un non-zero reale, con \[\theta(t) \sim \frac{t}{2}\log \frac{t}{2\pi} - \frac{t}{2} - \frac{\pi}{8}+\frac{1}{48t}+ \frac{7}{5760t^3}+\cdots\] è la funzione theta di Riemann-Siegel, mentre$Z (t)$ è la funzione Z di Hardy.
(6) Montgomery, H. L. The pair correlation of zeros of the zeta function. Analytic number theory (Proc. Sympos. Pure Math., Vol. XXIV, St. Louis Univ., St. Louis, Mo., 1972), pp. 181–193. Amer. Math. Soc., Providence, R.I., 1973.
(7) Levinson, N., & Montgomery, H. (1974). Zeros of the derivatives of the Riemann zeta-function Acta Mathematica, 133 (1), 49-65 DOI: 10.1007/BF02392141
(8) Brent, R. (1979). On the zeros of the Riemann zeta function in the critical strip Mathematics of Computation, 33 (148), 1361-1361 DOI: 10.1090/S0025-5718-1979-0537983-2
(9) Connes, A. (1999). Trace formula in noncommutative geometry and the zeros of the Riemann zeta function Selecta Mathematica, 5 (1), 29-106 DOI: 10.1007/s000290050042 (arXiv)

3 commenti:

  1. I numeri primi mi hanno sempre affascinato e riguardo a Riemann, ma non solo, ho letto il bellissimo libro di Marcus du Sautoy "L'enigma dei numeri primi". Come sempre i tuoi articoli sono interessantissimi e ben strutturati. Grazie e complimenti a te.
    Un salutone
    Marco

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  2. Grazie dei complimenti, soprattutto perché, come spesso mi capita, non mi sono per nulla reso conto della qualità del ritratto, anzi ho finito non molto soddisfatto del prodotto conclusivo!
    Non so perché questo accade con quasi tutto quello che scrivo (ogni tanto qualcosa, invece, riesce a soddisfarmi!), e forse solo Paolo (il Pasc!) potrebbe avanzare delle ipotesi sensate.
    Ad ogni modo, nello specifico del Ritratto, è solo il primo post di ristampa/rielaborazione del materiale scritto su SciBack (mi porto avanti nel caso non riesca a portarmi appresso non dico tutto l'archivio, ma almeno alcuni post specifici).

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  3. Be' l'ipotesi che avanzo Gian è che anche io sono sempre (o quasi) insoddisfatto e quindi ti comprendo benissimo. Quanto a cercare i motivi di questa insoddisfazione ti dirò che siamo in buona compagnia. E' una conseguenza del perfezionismo, del desiderio di tradurre al meglio in parole quelli che sono i pensieri è, in definitiva, una ricerca costante, se non proprio della perfezione, del lavoro impeccabile, sia dal punto di vista scientifico che formale. Di solito lo standard solo mentale è molto più elevato di quello fattuale...per cui il confronto è spesso impari. Anche a me i tuoi lavori piacciono, sono validissimi dal punto di vista scientifico e in più hai grande facilità di scrittura, il che è sempre un'ottima cosa se si vuole trasmettere qualcosa. Ha a che fare con la legittima aspettativa di un qualche riconoscimento, con l'ambizione, con il desiderio di scrivere una piccola parte della storia, con la convinzione di avere qualcosa da dire. Guai se non fosse così (purchè si mantengano attivi i freni morali).
    Quanto al desiderio di perfezione è una cosa buona finchè ci si concede alcune deroghe, altrimenti rischia di diventare stressante (per esempio, anche l'anoressia è un perfezionismo). Non mi sembra il tuo caso (nè il mio).Comunque sono andato a ricordo sulla diffusione tra artisti e scienziati dell'insoddisfazione. Voglio trovare qualche riferimento. E' anche una gagliarda idea per scriverci un pezzo, in un momento di troppe idee e poche scelte...

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