Stomachion

giovedì 31 gennaio 2013

Ritratti: Thomas Harriot

Una delle più importanti rivoluzioni che il mondo ha visto è stata quella scientifica, fatta di storie piccole che con la forza della conoscenza hanno modificato alcuni aspetti della vita quotidiana. Il periodo però chiave per questa rivoluzione, quanto meno dal punto di vista Occidentale, parte con la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Se, infatti, si contano scienziati che, più o meno separatamente, anche nel tempo (vedi Jabir ibn Hayyan), hanno cercato di introdurre elementi sistematici nelle discipline scientifiche, è proprio in questo lasso di tempo che iniziano a farsi largo una serie di figure storicamente importanti per la scienza in generale. E molti di questi personaggi ebbero anche problemi con le istituzioni religiose, o comunque con il pensiero comune del tempo. Ad esempio Leonardo da Vinci, che anticipò la rivoluzione scientifica di mezzo secolo almeno, portava avanti più o meno clandestinamente le sue operazioni di dissezione dei cadaveri (7). Di Galileo, Kepler, Copernico le difficoltà in vita con la Chiesa sono, poi, note. E difficoltà analoghe le ebbe anche Thomas Harriot, matematico, astronomo, navigatore britannico, che venne accusato in maniera più o meno esplicita di ateismo insieme con sir Walter Raleigh, al cui servizio lavorò come navigatore, in particolare per alcune spedizioni nel nuovo mondo. In particolare sembra che fece parte di una prima spedizione che, salpata verso la famosa Roanoke, doveva preparare il terreno per la prima colonia britannica nelle terre scoperte da Colombo nel 1492. Ciò che è certo è che al suo rientro in patria scrisse e pubblicò nel 1588 un resoconto, A Briefe and True Report of the New Found Land of Virginia, che però sembra essere solo una versione breve di un più ampio e dettagliato resoconto, rimasto introvabile(1).
E' in ogni caso questo il momento in cui arrivano su Raleigh le accuse di ateismo, che inevitabilmente allontanano il matematico dall'esploratore. Harriot si era avvicinato a Raleigh grazie alla sua laurea in matematica, che dallo studio di alcuni documenti ufficiali, ha conseguito nel 1580 a Oxford, dove si era iscritto tre anni prima all'età di 17 anni. Thomas riuscì a far fruttare questa laurea nel campo della navigazione, anche grazie all'interesse di Raleigh nello sfruttamento della disciplina per migliorare la navigazione, come scrive ad esempio Hakluyt:
Ever since you perceived that skill in the navigator's art, the chief ornament of an island kingdom, might attain its splendour amongst us if the aid of the mathematical sciences were enlisted, you have maintained in your household Thomas Harriot, a man pre-eminent in those studies, at a most liberal salary, in order that by his aid you might acquire those noble sciences in your leisure hours ...(1)
I progressi ottenuti da Harriot, e quindi la fiducia nelle sue capacità, non si fanno attendere, come testimoniato da Pepper:
... he solved the problem of reconciling the sun and pole star observations for determining latitude, introduced the idea of using solar amplitude to determine magnetic variation and, as well as improving methods and devices for observation of solar or stellar altitudes, he recalculated tables for the sun's declination on the basis of his own astronomical observations. ... he produced a practical numerical solution of the Mercator problem, most probably by the addition of secants ...(1)
La fama di Raleigh di miglior navigatore del suo tempo è dunque dovuta essenzialmente ai progressi di Thomas Harriot, che nel momento in cui il suo primo mecenate iniziò a perdere potere, decise di cambiare datore di lavoro, passando alle dipendenze di Henry Percy, duca di Northumberland. Il rapporto con Percy gli permise di entrare a far parte della casta della nobiltà terriera, ovvero di quella fascia di popolazione che, pur non avendo alcuna origine nobiliare, era riuscita ad ottenere dei possedimenti.(1)
In questa situazione economicamente stabile il matematico scoprì una serie di risultati, che però non gli furono completamente attribuiti a causa di una mancanza di pubblicazione degli stessi. Uno degli esempi in questo senso è certamente la legge di rifrazione, che oggi porta il nome di legge di Snell e scoperta da questi nel 1621, ovvero 20 anni più tardi, come risulta dagli appunti, della scoperta di Harriot. La stessa scoperta di Snell venne pubblicata nel 1637 e non da Snell, ma da Cartesio.(1)
Un altro problema ottico che interessò Harriot fu il problema di Alhazen.
Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, noto anche come Ibn al-Haytham o al-Basri, latinizzato in Alhacen e poi divenuto anche Alhazen, è stato un filosofo, astronomo e matematico arabo vissuto tra la fine del primo e l'inizio del secondo millennio. Uno dei suoi principali interessi fu nell'ottica, della quale è considerato uno dei padri, raccogliendo le sue osservazioni in un trattato, pubblicato in latino con il titolo Opticae thesaurus(3). Il trattato venne pubblicato in Occidente per la prima volta nel 1572 e il problema con la sua soluzione vengono raccontati alle pagine 144-148 di quell'edizione, nelle proposizioni 34, 38 e 39(3). Il problema possiamo così enunciarlo:

mercoledì 30 gennaio 2013

Ancora sui condensatori

L'esperimento sulla carica e la scarica di un condensatore è stato fatto anche nella seconda quinta. In questo caso i dati sono stati presi solo per la scarica: mentre il cronometrista scandiva lo scorrere del tempo, tre baldi compagni di classe appuntavano la lettura della caduta di potenziale ai capi del condensatore. In questa occasione ho preso molto velocemente i dati letti e ho realizzato il grafico qui sotto:
Visto che ci sono, vado anche a rispondere a Marco Bruno, uno degli autori del Tamburo riparato, che nei commenti del post sull'esperimento, poneva un paio di osservazioni. Iniziamo dalla prima:
Ehm... per me Q=C*V. Perchè deltaV?
In effetti utilizzare $V$ o $\Delta V$, una volta che sappiamo cosa rappresenta, è abbastanza indifferente. D'altra parte $\Delta V$ è evidentemente più preciso: per poter permettere alle cariche di muoversi all'interno del circuito ho bisogno di applicare una differenza di potenziale, e ogni volta che ci sono differenze entra in scena $\Delta$.
Quella è la carica scambiata, non quella netta. Il C immagazzina la carica anche se non c'è variazione di tensione; immagazzina quella carica a quella tensione, e basta. Scusa, ma ragiono da elettronico... :-)
Qui ti smentisco (altrimenti la teoria alla base dei circuiti $RC$ è da riscrivere!): un condensatore non può immagazzinare carica elettrica se non c'è una caduta di tensione che quella carica la fa muovere. E infatti in assenza di un qualsiasi generatore di tensione il condensatore, precedentemente caricato, si scarica, come si vede dal grafico realizzato con i dati presi dai ragazzi.

martedì 29 gennaio 2013

Immaginate

Immaginate tutta la materia esistente raccolta
al centro dell'universo...
tutte le meteore
le comete
le lune
i pianeti
le stelle
le nebulose,
le innumerevoli galassie,
condensate in un gigantesco atomo primordiale,
un blocco di massa inconcepibile
e densità inimmaginabile.
Pensate alle nane bianche e alle stelle di neutroni,
e moltiplicatele per l'infinito.

Il centro dell'universo? L'universo stesso.
Né luce, né energia potrebbero entrare o uscire.
Forse due universi, uno all'interno del giantesco uovo contenente tutto,
l'altro fuori, contenente nulla...
separati, intoccabili...
Immaginate!
State immaginando?
Tutta la materia aggregata in un atomo,
l'universo un singolo, incredibile blocco,
che ribolle di forze e potenzialità incomprensibili,
per innumerevoli eoni o per pochi istanti
(chi può misurare il tempo, in un simile universo?),
e poi...
BANG!
Esplosione!
Oltre l'esplosione!
Il bang disgrega l'atomo primordiale,
l'uovo gigantesco genera fuoco e furore,
creando
galassie
nebulose
soli
pianeti
satelliti
comete
meteore,
scagliandoli in tutte le direzioni nello spazio,
creando lo spazio,
l'universo in espansione,
tutto...
Immaginate!

Non ci riuscite?
Allora immaginate un universo popolato di stelle e galassie, un universo in perpetua espansione,
illimitato,
dove le galassie si allontanano l'una dall'altra,
le più lontane così rapidamente
da raggiungere la velocità della luce
e scomparire dal nostro universo
e noi dal loro...

Immaginate della materia creata do continuo,
un atomo di idrogeno che si forma all'improvviso
qui e là,
qui
e
là,
forse un atomo d'idrogeno all'anno
in uno spazio grande quanto l'osservatorio
di Houston,
e da questi atomi,
tenuti insieme dalla forza di gravitazione universale,
nuovi soli nascono,
nuove galassie rimpiazzano quelle
sfuggite alla nostra percezione
immaginate l'universo che si espande senza fine,
senza principio...

Non ci riuscite?
Ma forse è solo fantasia.

(da Gli ascoltatori di James Gunn, trad. Laura Serra)

lunedì 28 gennaio 2013

Dignità

Il sorriso, la dignità e le mutande sono le uniche cose che nessuno deve riuscire a portarti via senza il tuo permesso.
Citazione via falcemartello
Immagine dal papero di William P. Thurston, Hyperbolic Structures on 3-manifolds, I: Deformation of acylindrical manifolds

Lotta svizzera

Dopo aver passato il pomeriggio a teatro e la serata con le massime esperte di lotta svizzera, ci sta anche un video su questa nobile disciplina, dai natali contadini, della Svizzera di lingua tedesca:

sabato 26 gennaio 2013

Season One: Fantastici Quattro

More about Season One: Fantastici Quattro
Di Roberto Aguire-Sacasa c'è da fidarsi come scrittore: la sua storia è ben scritta, bella, interessante e riporta nel terzo millennio il concetto di famiglia, non solo come un legame di sangue, ma come qualcosa di più. Emblematico in questo senso quello che dice Ben Grimm prima di chiedere all'Uomo Talpa di ritrasformarlo nell'essere roccioso uscito dalle lamiere dell'astronave di Reed Richards:
E non devo costruire nessuna famiglia, perché ne ho già una... che ha bisogno di me.
I personaggi, poi, sono ben caratterizzati: Reed Richards è uno scienziato quasi credibile (il quasi verrà approfondito più avanti); Susan è la donna bella, intelligente e innamorata di Reed che abbiamo conosciuto in questi 50 anni di attività del gruppo e che continua a sentirsi trascurata dal suo uomo, come capita alle compagne degli scienziati (che però di solito dedicano un po' più di tempo alle loro famiglie di quanto non faccia Reed, per esempio); Johnny è il belloccio che come al solito prima agisce e poi, forse, pensa; Ben è l'uomo su cui si può sempre contare, l'amico che sai che ci sarà nel momento del bisogno.
E poi c'è l'assistente di Reed, Alyssa, che passa più tempo con lo scienziato di quanto non ne passi Susan con il fidanzato, e c'è l'Uomo Talpa, Harvey Elder, uno scienziato incompreso, per usare lo stesso termine di Susan, che riceve comprensione e ospitalità proprio da questa strana famiglia, così simile a lui e ai suoi amici, gli abitanti del mondo sotterraneo.
Nel complesso questi Fantastici Quattro sono anche più interessanti delle versioni originali di Lee e Kirby, molto più approfondite e sfaccettate, però il difetto del volume sta in un piccolissimo dettaglio: uno spostamento in avanti nel tempo delle origini del gruppo. Se da una parte questo ha portato a una giusta idea, quella di inserire Reed dentro il mercato dei viaggi spaziali privati, non tiene però conto di due dettagli fondamentali. Reed Richards, infatti, viene descritto come una sorta di Fermi, uno scienziato in grado di comprendere sia gli aspetti sperimentali sia quelli teorici ma anche di metterli in pratica entrambi, oltre a rappresentare una figura di esperto in grado di discorrere con precisione praticamente di ogni cosa, ovvero una figura abbastanza anacronistica al giorno d'oggi (o comunque in via d'estinzione, a meno di non considerare Reed un cinquantenne, almeno), visto che anche gli stessi teorici stanno iniziando a sperimentare il lavoro di equipe.

giovedì 24 gennaio 2013

Caricare un condensatore

Succede che devo necessariamente dare attenzione ad altro, ad esempio interrogare. Per fortuna il baldo giovane con il quale siamo in compresenza in alcune delle ore, quelle propriamente dette di laboratorio, riesce comunque a realizzare delle belle esperienze. In particolare l'ultima che ha messo in piedi per una delle quinte (e che penso proporremo al più presto anche per l'altra) è una carica (e scarica) di un condensatore lunga a sufficienza per vedere l'andamento della curva.
Quei quattro gatti che si sono interessati, mentre io interrogavo, si sono trovati di fronte a un apparato sperimentale di questo genere:
L'idea è quella di riprodurre il circuito qui sotto:
che viene utilizzato per caricare un condensatore.
Quest'ultimo è un componente elettrico utilizzato per immagazzinare carica elettrica (e quindi energia) all'interno di due armature o piatti di materiale conduttore e separati da un isolante, in modo tale che il campo elettrico tra le due armature sia sostanzialmente uniforme all'interno del condensatore (bordi esclusi).
Possiamo definire per ogni condensatore una proprietà particolare, la capacità elettrica $C$, una grandezza che dice quanto quel condensatore è in grado di immagazzinare al variare della tensione elettrica $\Delta V$ applicata sul componente. Infatti la carica elettrica $Q$ raccolta nel condensatore, una volta carico, sarà: \[Q = C \cdot \Delta V\] Per caricare il condensatore, però, devo costruire un circuito come quello mostrato nel grafico. A questo punto posso provare a capire cosa mi dovrei aspettare di trovare se realizzo un esperimento del genere. All'inizio il condensatore è scarico, quindi la corrente elettrica partirà da un dato valore, fornito dalla legge di Ohm $\left ( i = \frac{V_0}{R} \right )$ e poi, una volta caricato completamente il condensatore, questa risulterà nulla.
Nella pratica, però, questa corrente non risulterà mai nulla, e questo è molto semplice da comprendere anche dal punto di vista matematico, visto che, se facciamo un po' di conti, troviamo che la corrente elettrica varia nel tempo secondo la seguente legge esponenziale: \[i(t) = \frac{V_0}{R} e^{-\frac{T}{\tau}}\] dove $\tau = RC$ è la costante di tempo del circuito (dopo un tempo $\tau$ la corrente nel circuito si è ridotta di circa un terzo).
Questa equazione ha un asintoto, che coincide con l'asse dei tempi: questo vuol dire che la funzione, per tempi molto grandi, è sempre più piccola senza mai riuscire ad annullarsi.
Un andamento di questo genere è però possibile verificarlo sperimentalmente. Scegliendo gli opportuni valori di resistenza e condensatore, è possibile realizzare un circuito con una carica lunga abbastanza da poter prendere molti punti e poter quindi apprezzare la diminuzione della corrente. Ed è proprio quello che hanno fatto i ragazzi con Martemucci (che aveva già fatto delle prove nei giorni precedenti): prendere i dati, realizzare una tabella e quindi un grafico su carta millimetrata (in effetti quello che ho fotografato è stato realizzato da Bruno):
Nel grafico, oltre alla carica del condensatore (la curva che va verso il basso) ci sono anche i punti della scarica del condensatore, che, come ci si doveva attendere, risulta una curva simmetrica rispetto a quella di carica.
Ci si potrebbe a questo punto chiedere: cosa hanno imparato quei quattro gatti che hanno, per così dire, giocato con il condensatore? Hanno imparato il comportamento di questo oggetto? O hanno imparato come si devono realizzare degli esperimenti? Quale cura nella progettazione e nella realizzazione? Onestamente se anche uno solo ha imparato una di queste cose, è già stato un grande successo: che volete farci: mi accontento di poco!

martedì 22 gennaio 2013

Momento matematico

Una funzione che incrementa di un tasso esponenziale
Sembra possedere un qualche potenziale
per svilupparsi in alto verso l'infinito
ma una volta raggiunto quel certo vicinato
si livella ed è quasi semplicistica
poiché questa funzione è la logistica.

Orland, Paige S.. 2012. Math Moment. Journal of Humanistic Mathematics, 2 (2): 153. Traduzione di G.Filippelli

P.S.: ho scovato la poesia girando tra le pagine del Journal of Humanistic Mathematics, segnalato su Roots of Unity da Evelyn Lamb.

lunedì 21 gennaio 2013

Storia della Matematica: Convegno 2012

Ricevo e volentieri inoltro ai lettori:
Si terrà a Padova dal 12 al 14 aprile il Convegno di carattere storico Pura o applicata? La Matematica tra teoria e problemi del Centro Pristem (con il patrocinio dell'Università di Padova e in collaborazione con il suo Dipartimento di Matematica). I lavori inizieranno nell'Aula Magna "Galileo Galilei" del Palazzo del Bo. Il Convegno prosegue la tradizione degli incontri organizzati dal Centro Pristem e rivolti in particolare agli insegnanti di scuola media superiore.
Maggiori informazioni su matePRISTEM

sabato 19 gennaio 2013

Datamancer’s Steampunk Laptop

This may look like a Victorian music box, but inside this intricately hand-crafted wooden case lives a Hewlett-Packard ZT1000 laptop that runs both Windows XP and Ubuntu Linux. It features an elaborate display of clockworks under glass, engraved brass accents, claw feet, an antiqued copper keyboard and mouse, leather wrist pads, and customized wireless network card. The machine turns on with an antique clock-winding key by way of a custom-built ratcheting switch made from old clock parts.
via ahiddenworld | technical details

venerdì 18 gennaio 2013

Opzioni d'acquisto

Mentre stavo preparando un nuovo digest di articoli usciti su Nature, mi colpisce, soprattutto per come inizia, un articolo sull'effetto Efimov, e allora provo a leggerlo tutto on-line: non si sa mai, magari ci riesco. Niente di tutto ciò, però mi frulla l'idea di passare per readcube, il sistema che Nature utilizza per far leggere on-line i pdf. In questo modo a essere visibile è solo la prima pagina, però se si vuole il pdf, o comunque se si vuole leggere l'articolo completo, si può scegliere una delle seguenti opzioni (a meno che la propria istituzione non abbia sottoscritto l'abbonamento alla rivista, che nel caso specifico è Nature Physics):
Ovviamente, al di là delle considerazioni sulle opzioni d'acquisto, esiste, anche se non per tutti gli articoli pubblicati, una quarta opzione.

giovedì 17 gennaio 2013

I rischi del mestiere

Potrebbe succedere a chiunque di noi. Nel momento in cui critichiamo, anche a ragione e indipendentemente dalla buona fede, potremmo essere costretti a rettificare o modificare o cancellare qualcosa che abbiamo scritto e, non mi stanco di ripeterlo, al di là della giustezza di quanto scritto.
Science Fraud era un blog che aveva come missione quella di mostrare tutti i trucchetti che venivano utilizzati all'interno dei grafici allegati agli articoli di ricerca: tagli ingiustificati, ma fatti così male da essere evidenti; dati o porzioni di dati che venivano riproposti in contesti differenti (che poi è uno dei casi più diffusi, visto che la pigrizia è diffusa e non va a nessuno di ripetere le stesse esperienze di altri, in barba al metodo scientifico!). A quanto pare è ora chiuso e per chi se l'è perso, si possono recuperare solo una porzione dei sei mesi di attività del blog su archive.org.
La chiusura del blog avviene con questo post (recuperato dalla copia cache, visto che ora neanche quello è visibile): Della chiusura ne aveva discusso subito Retraction Watch, che, seguendo Science Insider, il giorno successivo ha aggiornato la storia con la vera identità del blogger di Science Fraud: Paul Spencer Brookes dell'Università di Rochester. Il giovane ricercatore aveva rivelato tutto in un post sul suo blog di ricerca, ora cancellato e leggibile solo sul post di Retraction Watch.
Se da una parte i ricercatori sono con Paul, come ad esempio mostra questo commento di Jeffrey Beall:
I've followed Fraudster for several months and think Brookes is a hero. He has fought to improve the integrity of the academic record, and I hope he is able to continue this work.
He has done nothing wrong. He clearly and convincingly documented many cases of image manipulation found in publicly available articles. He presented the fraud in a way that made it easy to understand and confirm.
He documented bogus research that was conducted using public research monies. I hope that those who are going after him are exposed and their research further scrutinized.
il portavoce dell'Università, Tori D'Agostino, ha scritto:
While we respect his right to free speech, we cannot condone the manner in which he raised these critically important questions. We will immediately develop a plan with Dr. Brookes to ensure that he follows our policies for any University-related activity and that his personal activities continue to be kept entirely separate from his University role.
Non ho ben chiaro se D'Agostino si riferisca all'anonimato o ai toni, forse a volte accesi (anche se mi sembrano più che altro ironici), fatto sta che l'esigenza di una scienza sempre più trasparente e onesta sta diventando sempre più importante e, come altri prima di me hanno scritto e mostrato, nemmeno riviste storiche come Nature e Science sono immuni alla scienza fraudolenta.
If the data are without integrity, there is no science!
Paul Spencer Brookes

Cos'è l'Open Access?

Lo spiega Andrea Zanni, o se preferite Jorge Cham in questo video:
P.S.: Nel post di Andrea c'è anche un mio commento.

mercoledì 16 gennaio 2013

La differenza tra terrorismo e asteroidi

Nel caso del terrorismo, il posto più pericoloso dove vivere è nel Medio Oriente. Nel caso di un impatto, il posto più pericoloso dove vivere è lungo un litorale esposto dove potrebbe raggiungervi uno tsunami prodotto dall'impatto stesso.
Se fossi un attuario che vende assicurazioni, per la morte dovuta a un asteroide o al terrorismo pagherei circa lo stesso premio per entrambi. La sola differenza è che con il terrorismo dovrei pagare una piccola quantità ogni anno. Con un asteroide, ce ne andremmo tutti insieme e io non sarei più in giro per pagare.
Alan W. Harris

martedì 15 gennaio 2013

Maleducatamente

Stavo controllando la posta di Tiscali, che ultimamente mi da problemi, quando, scorrendo tra le notizie, leggo una breve su Nicole Minetti:
La "consigliera" più famosa d'Italia crea scompiglio alla manifestazione "Tuttosposi". L'assessore alle pari opportunità e politiche sociali del Comune di Napoli, Pina Tommasielli, ha lasciato il palco del "forum della Famiglia" all'arrivo della Minetti.
Questo il commento della Minetti:
Non m'interessa neanche il motivo per cui sì e alzata ed è andata via, dico solo che ci vuole un po' di educazione nella vita.
Se l'educazione è più importante dell'ipocrisia, allora preferisco essere maleducato...

lunedì 14 gennaio 2013

Esperimento sulla dilatazione termica

Ritorniamo a scuola. Con la classe quarta, insieme con il validissimo ITP Bruno Martemucci, giusto una settimana fa, abbiamo fatto un esperimento sulla dilatazione termica lineare.
Innanzitutto un paio di parole sulla dilatazione termica:
Qualunque sistema termodinamico è in grado di incamerare o rilasciare energia termica, ovvero calore. Ad esempio la quantità di calore accumulata da un oggetto cui viene fornita una temperatura $\Delta T$ è \[Q = m \cdot c \cdot \Delta T\] dove $m$è la massa dell'oggetto, $c$ il calore specifico, costante che varia in base alla composizione dell'oggetto.
Se forniamo energia, sotto forma di temperatura, a un dato sistema termodinamico, questo può quindi variare la quantità di calore accumulata al suo interno, ma può anche trasformare questo calore in energia meccanica, come ha mostrato Joule nel suo famoso esperimento, che di fatto apre le porte al primo principio della termodinamica: \[Q = \Delta U + L\] dove $L$ è il lavoro fatto dal sistema, $\Delta U$ è la variazione di energia interna, una delle funzioni di stato che è in un certo senso l'equivalente termodinamico dell'energia potenziale gravitazionale.
Questo vuol dire che se fornisco calore a un sistema, questo me lo restituisce sotto forma di altro calore, per esempio, o compiendo del lavoro. D'altra parte se compio lavoro su un sistema termodinamico, questo sistema disperderà parte dell'energia fornita riscaldandosi, ovvero trasformando parte del lavoro in calore.
Prendiamo, ora, come sistema termodinamico una barra di metallo: se la riscaldiamo, l'effetto dell'aumento della temperatura $\Delta T$ sarà un aumento del volume $V$ secondo la legge \[\Delta V = k \cdot V \cdot \Delta T\] dove $k$ è il coefficiente di dilatazione cubica, che varia da materiale a materiale.
Se però prendiamo un'asta di metallo, magari una cava come abbiamo fatto nell'esperimento a scuola (in effetti ne abbiamo prese due di due metalli differenti: acciaio e ottone, se non ricordo male) allora possiamo considerare trascurabili gli effetti di dilatazione volumetrica e considerare solo la dilatazione lineare. In questo caso la lunghezza $l$ dell'asta, all'aumentare della temperatura $\Delta T$ varierà secondo la legge: \[\Delta l = \lambda \cdot V \cdot \Delta T\] dove $\lambda$ è il coefficiente di dilatazione lineare ed è legato a quello di dilatazione cubica dalla relazione $k = 3 \lambda$.

domenica 13 gennaio 2013

La vergine del bordello

More about La vergine del Bordello
L'ossimoro è una figura retorica con la quale vengono accostati termini dai significati diametralmente opposti. Ad esempio un bravo discolo, una tartaruga veloce, una vergine in un bordello. E' su un ossimoro di questo genere che Hubert e Kerascoet costruscono il giallo uscito in Francia in due volumi di Miss Pas Touche e uscito in Italia per la Planeta con il titolo de La vergine del bordello.
La storia ruota intorno a Blanche, una giovane parigina degli anni '30 del XX secolo, che è inavvertitamente testimone di uno degli omicidi del macellaio delle balere, un serial killer che uccide proprio nei dintorni delle balere, mutilando orrendamente i corpi delle sue vittime. Purtroppo a farne le spese della sua scoperta è la sorella Agathe, una ragazza più allegra e disinibita di Blanche che, nonostante la presenza del macellaio, non disdegna le uscite per andare a ballare insieme con l'amica Eugenie. Purtroppo la morte di Agathe fa crollare il mondo di Blanche che si vede licenziata dal suo posto di governante a causa dello scandalo (l'assassino fa passare l'omicidio per un suicidio), che così alla fine decide di andare a lavorare come governante per il Pompadour, il più rinomato bordello di Parigi.
Gli indizi che Blanche ha raccolto parlando per le strade, infatti, la portano proprio a questo rinomato luogo di piacere parigino dove la direttrice decide di farle un provino non come governante, ma come attrazione di quello che per certi versi può essere considerato una via di mezzo tra un circo e uno zoo. In fondo le ragazze che lavorano al Pompadour, così come per qualunque altro bordello, sono relativamente prigioniere del luogo di lavoro: tra velate minacce da parte dei datori di lavoro e le scarse uscite (alcune periodiche, per controllare la salute sessuale delle lavoratrici) la città è visitata solo da pochissime privilegiate, di solito le più richieste (e quindi le più costose).
Ad ogni modo è in questi rari spazi di libertà che Blanche si ritaglia il tempo per investigare e completare così le informazioni raccolte, grazie a mezze ammissioni e a piccole spiate, all'interno del bordello. Le indagini porteranno la ragazza sull'orlo della morte, come probabilmente è anche facile immaginare in una storia che coinvolge degli omicidi efferati, ma senza rovinare troppo la sorpresa o rivelare troppi dettagli della trama, posso aggiungere che, chiuso il libro, si resta decisamente con l'amaro in bocca, con la sensazione che, a pagare per i delitti commessi, siano stati quelli meno colpevoli di tutti.

sabato 12 gennaio 2013

Dracula di Bram Topker

Leggendo i contenuti speciali del volumetto, lo Speciale Disney #60, ci si rende conto come il Dracula di Bram Topker sia una delle Grandi Parodie più curate e appassionate mai realizzate, con un lavoro in stretta simbiosi tra sceneggiatore, Bruno Enna, disegnatore, Fabio Celoni, e colorista, Mirka Andolfo.
Partiamo con i disegni: Celoni, sin dal suo esordio, dimostra di essere un disegnatore originale e perfetto per le storie di atmosfera, quelle noir o gotiche. Ad esempio Torna a casa Paperino, scritta da Fabio Michelini, presenta una scena finale meravigliosa, al tempo stesso drammatica, romantica e malinconica. Degno erede di artisti come Carpi, Scarpa, Bottaro, anche grazie ai colori di Mirka Andolfo (con la quale lavora a stretto contatto) riesce soprattutto in questa occasione a realizzare uno dei suoi fumetti migliori, con una piccola nota curiosa: Gambadilegno, che interpreta in maniera sorprendente (sarebbe stato più indicato uno tra Paperoga o Sgrizzo, ma questi sono personaggi paperopolesi, in effetti) Renfield, ad esempio sembra uscito da un cartone animato della concorrenza, la Warner Bros.!
Ad ogni modo sia dal punto di vista grafico, sia da quello della sceneggiatura, il punto di partenza della Parodia è il Dracula di Coppola, con però una contaminazione abbastanza evidente per i cultori del genere parodistico, che verranno poi confermate dalle affermazioni degli autori, in particolare dal diario di Enna: i film di Mel Brooks. In particolare Frankenstein jr. (un esempio su tutti, l'arrivo alla stazione di Pippo van Helsing, che ribalta la scena della partenza del nipote di Frankenstein verso il castello dell'avo) e, aggiungo io, Dracula, morto e contento (Gambafield sembra il Redfield brooksiano!) sono i due film che in particolare forniscono spunti e ispirazione allo sceneggiatore disneyano, che come il maestro del cinema parodistico, è riuscito nel complesso a unire le atmosfere gotiche con quelle leggere della commedia, realizzando un fumetto in un certo senso ossimorico, in grado di spaventare e divertire. A titolo di esempio la frase probabilmente emblematica di tutto questo Dracula:
Non so che cosa fosse! Un attimo prima sembrava un uomo, ma poi, dopo il passaggio di un banco di nebbia, al suo posto mi è parso di vedere un lupo, e poi uno struzzo, e infine (ma non crediate che sia uscita di senno) un pipistrello.
E' quello che dice Minna per descrivere il fuggevole incontro con quello che ancora non sapeva essere Dracula, interpretato, con giusta scelta, dal sempre cattivissimo Macchia Nera. E come potete notare la paura nella frase e l'assurdità negli accostamenti delle trasformazioni si uniscono in un mix perfetto che accompagna il lettore praticamente ad ogni pagina.
Alla fine la parodia, pur con tutte le licenze dinseyane che gli autori si sono concessi (sono anche riusciti a parlare di morte in un modo ancora più esplicito rispetto a Don Rosa nella Saga con la scena finale del primo tempo, il momento in cui Clara-Lucilla, rapizzata in maniera apparentemente irreversibile, viene piantata nella serra), questo Dracula di Bram Topker risulta fedelissimo (o quasi!) con il romanzo originale di Stoker, che nella sua trasformazione disneyana diventa l'alias, lo pseudonimo dietro cui si nasconde Horace Sorchwood, uno dei protagonisti della storia nonché uno dei pretendenti alla mano di Clara-Lucilla.
Il comic-trailer | Discussione sul Papersera
Recensioni di Pia Ferrara per fantasy magazine e Andrea Bramini per Lo Spazio Bianco

venerdì 11 gennaio 2013

Misurare le distanze celesti

Nel serale dove in questo periodo sto svolgendo una supplenza di fisica, durante le ore di laboratorio (non tutte, però: si utilizza, per alcune classi, il laboratorio come aula... non so perché...) sono affiancato da quello che un tempo era chiamato tecnico di laboratorio, ora ITP (non chiedetemi cosa vuol dire... non lo so) che però è un vero e proprio pozzo di scienza, come si suol dire. Appassionato di fisica e matematica, adoratore di Richard Feynman, è anche una persona estremamente brillante e a volte riesce a mettere in piedi delle lezioni veramente molto interessanti. Ad esempio, questa settimana, ha proposto alle prime classi una lezione per mostrare come fosse possibile calcolare la massa della Terra utilizzando semplicemente gravitazione universale e forza peso.
In una delle due prime, però, non contento, ha completato (se così si può dire) la lezione con il metodo della parallasse, e qui la grande coincidenza: proprio questa settimana mi sono dedicato ad approfondire tale metodo e più in generale la misurazione delle distanze stellari.
Adatterò un po', per questo post, quanto scritto, come potete immaginare, per le Olimpiadi dell'Astronomia. Iniziamo:
Misurare la distanza delle stelle dalla Terra non è una operazione semplice come, ad esempio, misurarne la luminosità o la declinazione. Sono stati, allora, sviluppati vari metodi di misurazione, di cui il più noto di tutti è quello della parallasse, che può essere utilizzato anche per misurare la distanza degli oggetti sulla Terra, a patto di conoscere più o meno precisamente alcune distanze.
Prima di capire in pratica come funziona il metodo della parallasse, proviamo a fare uno sforzo di immaginazione: supponiamo di disegnare un triangolo che ha per vertici la Terra, il Sole e la stella di cui vogliamo misurare la distanza; l'angolo di parallasse sarà, allora, l'angolo del vertice corrispondente alla stella.
Per misurare questo angolo si deve, allora, misurare due volte la posizione della stella rispetto alle stelle dello sfondo (che hanno una parallasse pressocché nulla) con la Terra che si trova in due posizioni differenti della sua orbita, possibilmente due posizioni una opposta all'altra, in modo tale che questa distanza sia circa il diametro dell'orbita (300 milioni di km)(3). Ciascuna delle due misure è, in realtà, una fotografia della porzione di cielo in cui si trova la stella: sovrapponendo le due foto gli astronomi sono in grado di determinare l'angolo di parallasse(4).

giovedì 10 gennaio 2013

Estrazione approssimata di una radice

Concludiamo con questo post il trittico di traduzioni di articoli matematici tratti dal primo numero di "Annals of Mathematics". In questo caso è Henry Heaton che ci propone un algoritmo abbastanza semplice per estrarre una buona approssimazione le radici $n$-sime dei numeri naturali.
Questo metodo è basato sull'osservazione che la radice $n$-sima di un numero è uno dei suoi $n$ fattori uguali, la media di $n$ fattori approssimativamente uguali sarà una approssimazione della radice. Ad esempio, 2 è una prima approssimazione della radice quinta di 40, e quindi \[40 = 2 \times 2 \times 2 \times 2 \times 2.5\] \[2.1 = \frac{1}{5} (2+2+2+2+2.5)\] è una approssimazione ancora più stretta. Questa può essere la base per una nuova approssimazione, e così via. Più in generale(3), se $x+h$ è la radice $n$-sima di $R$ \[\xi = \frac{(n-1)x + \frac{R}{x^{n-1}}}{n} = x + h + (n-1) \frac{h^2}{2x}\] che approssimativamente differisce dalla radice vera solo per una piccola quantità del secondo ordine. Quindi possiamo sempre prendere per $x$ il numero intero più vicino alla radice considerata, $h$ sarà una frazione propria minore di $\frac{1}{2}$, e l'errore commesso sarà inferiore di \[\frac{n-1}{8x}\] cioè, meno di $\frac{5}{4}(n-1)$ unità nell'$m$-simo decimale, dove $m$ è il numero di cifre di $x$.

mercoledì 9 gennaio 2013

Soluzione di un'equazione quartica

L'equazione in questione è $x^4 + Ax + B = 0$ e la soluzione è quella proposta da A. M. Sawin sul primo numero di "Annals of Mathematics". E come avrete capito prosegue la serie (di tre) di traduzioni tratte da quello storico primo numero:
Dalle leggi di Harriot(1) deriviamo semplicemente le relazioni per le radici: \[x = -a, x = -b\] \[x = \frac{1}{2} \pm \sqrt{-3a^2 + 2ab + 3b^2}\] da cui \[x^4 + (a^3 + a^2b + ab^2 + b^3) x + (a^3b + a^2b^2 + ab^3) = 0\] \[A = a^3 + a^2b + ab^2 + b^3\] \[B = a^3b + a^2b^2 + ab^3\] Posto $y = a-b$, $z=a+b$, abbiamo \[z^3 + zy^2 = 2A\] \[3z^4 - 2z^2y2 - y^4 = 16B\] Eliminando $y$ otteniamo il risolvente cubico(2) nella forma \[z^6 - 4Bz^2 - A^2 = 0\] da cui può essere trovato $z$. Allora troviamo $y$ dalla relazione \[y^2 = \frac{2A}{z} - z^2\] e calcolando $a$ e $b$, possiamo formare in una volta le quattro radici. La forma dell'equazione è interessante per la sua occorrenza in occasionali problemi sulla resistenza dei materiali e nell'ingegneria idraulica.
[La combinazione delle radici qui utilizzata è stata impiegata per la prima volta da Bette in una oscura dissertazione (Neue Auflosung der biquadratischen Gleichungen, 1854). La forma del risolvente ottenuta è quella dovuta a Cartesio. - ED.]
Sawin A.M. (1884). Solution of the Quartic Equation, x 4 + Ax + B = o, The Annals of Mathematics, 1 (1) 14. DOI:

martedì 8 gennaio 2013

Proprietà degli asintoti retti

Sul primo numero di "Annals of Mathematics", il professor E. B. Smith propone un breve contributo sulle proprietà delle rette asintotiche, intese come rette che si avvicinano a una data curva nei suoi punti di divergenza o all'infinito, che vi vado a tradurre.
Buona lettura.

1. Il raggio-vettore dall'origine a un punto all'infinito è parallelo all'asintoto contenente quel punto. Quindi, se dall'equazione di ogni raggio di tale genere, $y = \mu x$, sostituiamo la $y$ nell'equazione algebrica di una curva, $\varphi (x, y) = 0$, e da $\varphi (x, \mu x) = 0$ estraiamo un valore $\mu_\infty$ corrispondente a $x = \infty$, otteniamo l'inclinazione dell'asintoto rispetto all'asse $x$.
2. L'intercetta dell'asintoto sull'asse $y$ è uguale alla differenza $\beta$ tra l'ordinata dell'asintoto e quella del raggio vettore $y = \mu_\infty x$, per ogni ascissa. O, detta $\beta = \mu x - \mu_\infty x$ \[\beta_\infty = \frac{\mu x - \mu_\infty x}{\left ( \frac{1}{x} \right )} \underset{x \rightarrow \infty}{\rightarrow} \frac {d \mu}{d \left ( \frac{1}{x} \right )}\] poiché in $\varphi$, $y = \mu x$ è l'ordinata della curva che diventa l'ordinata dell'asintoto quando l'ascissa va all'infinito. Così l'equazione dell'asintoto è \[y = \mu_\infty x + \beta_\infty\] 3. E' ovvio che nessun termine di $\varphi$ al di sotto del più grande o dell'$n$-simo grado entra nella determinazione dei valori finiti di $\mu$. Se ci sono valori infiniti, cioè, se ci sono asintoti paralleli all'asse $y$, questi possono essere trovati dal controllo del coefficiente della potenzia di $y$ più alta in $\varphi$.

lunedì 7 gennaio 2013

Chiamate telefoniche

More about Chiamate telefoniche
Raccontare una raccolta di racconti è sicuramente più difficile del racconto di un romanzo, anche di uno ricco di spunti, perché una raccolta propone uno spunto per ogni racconto. E quanto più è ricca la raccolta, tanto maggiori sono gli spunti. Per cui ha probabilmente molto più senso iniziare dall'autore della raccolta, Roberto Bolaño, che colpisce soprattutto per il ristretto arco temporale della sua carriera letteraria, almeno quella di scrittore, che si è conclusa con la morte, comunque attesa dallo scrittore.
Chiamate telefoniche, del 1997, rappresenta gli inizi di questa carriera, e sin dal primo racconto, Sensini, lascia trapelare evidente uno degli interessi della letteratura dello scrittore cileno: la letteratura stessa. Forse sta anche qui il segreto del successo di Bolaño, il motivo per cui in così poco tempo è riuscito a diventare una figura di riferimento per tutta la letteratura latino americana in particolare e per quella in lingua spagnola in generale. E forse sta anche qui il segreto a livello mondiale di Bolaño. Ma forse sta anche in un altro punto particolare, che prescinde dallo stile o dalla vasta produzione rapportata al tempo concessogli: Bolaño si interessa soprattutto alle persone. Ciascuno dei racconti di Chiamate telefoniche, infatti, è una storia di persone reali, vive: non credo, infatti, che sia un caso se 6 dei 14 racconti hanno come titolo o nel titolo nomi di persone. E poi c'è I detective, dove fa la sua prima comparsa Arturo Belano, che sembra, forse per assonanza?, una sorta di alter ego di Bolaño. Belano, però, pur essendo protagonista del racconto, non compare mai in prima persona, ma è invece raccontato, narrato dai personaggi del dialogo su cui si poggia il racconto, proprio come sarà raccontato da altri ne I detective selvaggi, romanzo al tempo stesso corale e retto su due specifici protagonisti.
Ciò che però colpisce in Chiamate telefoniche non è qualcosa che lo si può comprendere nell'immediato: certo ogni storia di Bolaño è preziosa e particolare, e si propone a volte con stili e generi differenti, ma se alla raccolta si fa seguire, più o meno immediatamente, la lettura de I detective selvaggi si comprende molto meglio quello che scrivevo all'inizio, ovvero che la letteratura di Bolaño si occupa essenzialmente della letteratura stessa, proprio come un tempo si diceva che l'arte migliore è quella fatta per il solo piacere di fare arte.

domenica 6 gennaio 2013

Insostenibile

Tutti i processi naturali e tecnologici,
Procedono in modo tale che la disponibilità
di energia rimanente diminuisca.
In tutti gli scambi di energia, se nessuna energia
entra in o lascia un sistema isolato,
l'entropia del sistema aumenta.
L'energia continuamente passa dall'essere
concentrata al diventare dispersa,
sparpagliata, sprecata e inutile.
Nuova energia non può essere creata
mentre energia di grande qualità viene distrutta.
Un'economia basata sulla crescita infinita è...
Insostenibile

Le leggi fondamentali della termodinamica
porranno limiti fissati all'innovazione tecnologica
e all'avanzamento umano.
In un sistema isolato, l'entropia
può solo aumentare.
Una specie settata sulla crescita infinita è...
Insostenibile

(da Unsustainable dei Muse)

sabato 5 gennaio 2013

I mondi fantastici di Civiello e Mosdi

Probabilmente Emmanuel Civiello è uno dei più grandi illustratori fantasy al mondo. Quando i suoi disegni esplodono a tutta pagina, è un piacere perdersi nei dettagli del tratto e nella ricchezza del colore. Le sue creature fantastiche, poi, sono perfettamente plausibili, i guerrieri sprigionano forza e potenza, le donne bellezza e sensualità. Folletti ed esseri di questa stazza risultano alla fine inevitabilmente simpatici. Almeno fino a che all'osservazione con i soli occhi non si aggiunge la lettura dei dialoghi di Thomas Mosdi, apprezzato sceneggiatore transalpino del fantastico.
L'incontro tra i due autori fantasy, con il senno di poi, non poteva che essere inevitabile e ha prodotto ben due tetralogie, Il seme della follia, dove Civiello collabora anche ai testi, e Korrigan. Per quanto quest'ultima sia, come opera successiva, molto più matura e tecnicamente più valida sia dal punto di vista delle illustrazioni, sia dal punto di vista dei testi, Il seme della follia è invece una storia molto più ricca e interessante e molto meno banale di quel che potrebbe sembrare.
More about Il seme della follia
Rispetto a Korrigan, che è un fantasy classico, come vedremo, Il seme della follia è una interessante combinazione tra le storie sulle fate e alcune opere fondamentali del fantastico. L'inizio è cupo e violento, con l'invasione da parte delle truppe di un ancora sconosciuto nemico nelle terre delle fate. Il popolo di Faerie è quindi costretto a fuggire e tutti si rivolgono alla regina delle fate, l'unica speranza per un mondo morente, proprio come ne La storia infinita la regina bambina lo è di Fantasia. Purtroppo la regina delle fate muore e lì dove sorgeva il suo castello sorge un albero immenso e contorto: la sua tomba.
I pochi poteri rimastili, però, le consentono di assegnare la classica cerca a Igguk Plitchwook: l'elfo alchimista, anche se controvoglia, dovrà trovare il Cuore di Cristallo, un oggetto che dovrebbe salvare Faerie. E il folletto inizia così un viaggio lungo il regno insieme a una scalcinata compagnia che, affrontando pericoli sopra e anche sotto la terra, lo porterà all'assalto finale al castello del crudele avversario, Oberon, il primo marito della regina delle fate. E con la regina, riportata in vita grazie alla sua cerca, Igguk avrà un dialogo che nei contenuti non è troppo diverso da quello che hanno Sebastian e la regina bambina di Fantasia di fronte all'ultima scintilla di vita del regno.
Purtroppo la sconfitta di Faerie è inevitabile: la guerra si gioca, letteralmente, tra Oberon e il re delle fate su Faerie e tra un giovane monaco e Merlino sulla Terra. Ognuno dei quattro personaggi è una rappresentazione o manifestazione del suo corrispettivo su ciascun mondo, e i due avversarì così giocano due partite che in realtà sono una al gioco più famoso del mondo: gli scacchi. La sfida immortale da cui Mosdi e Civiello traggono ispirazione è la partita a scacchi immortalata da Bergmann ne Il settimo sigillo, e lo dimostrano l'iconografia utilizzata e l'inevitabile sconfitta di Merlino. E il mago del ciclo arturiano è, insieme al suo avversario, una rappresentazione simbolica del passaggio dal mondo druidico a quello cristiano, un passaggio non certo incruento.
Approfondire dal punto di vista storico questo passaggio non è certo semplice, quindi mi limiterò a raccontare brevemente il probabile simbolismo che potrebbe essere alla base della scelta degli autori nell'utilizzo del personaggio. Secondo la tradizione cattolica, Merlino ha dei natali demoniaci e quindi, rappresentando egli la tradizione druidica della Gran Bretagna, diventa un facile mezzo per demonizzare quella stessa tradizione. Al tempo stesso, però, Merlino è anche l'artefice della salita al trono di Artù, un simbolo troppo potente e radicato per essere cancellato così facilmente. E infatti questa parte non viene distrutta, ma anzi esaltata, grazie ai valori della cavalleria. Non a caso, come ben scrive Tolkien nel saggio che accompagna la sua riedizione de Il cavaliere verde, molti dei miti della tavola rotonda sono di ispirazione cristiana. La presenza di Merlino in questi miti è dunque un simbolo per suggerire come il mago, abbandonata una fede errata, ha giustamente abbracciato una nuova e più giusta tradizione.
In poche parole Merlino è diventato il simbolo del passaggio dal druidismo al cristianesimo (o cattolicesimo) e dell'accettazione di una tradizione nuova giunta nell'indomito regno di Gran Bretagna. Il ruolo di Merlino sembra essere lo stesso, nonostante la sconfitta finale. Anche perché l'ultima scintilla di vita di Faerie, il seme della follia, continua a brillare nella mano del mago morente, così come l'ultima scintilla di Fantasia brillava nelle mani di Sebastian prima di iniziare a ricostruire il fantastico mondo.
More about Korrigan - L'integrale
Di diverso impianto è invece Korrigan. Innanzitutto è un'opera tecnicamente più valida, non solo per i disegni, ma soprattutto per i dialoghi. Laddove Il seme della follia presentava dialoghi troppo moderni e brillanti, piuttosto piatti per il contesto fantasy della storia, qui la prosa di Mosdi raggiunge in alcuni punti toni da epica classica. La trama è classica ed è una abbastanza evidente variazione su quella de Il signore degli anelli. Balor, signore dei Fomori, è stato rinchiuso nella sua fortezza all'interno del mondo degli dei del tempo degli eroi e delle fatate creature dai suoi più acerrimi avversari, i Tuatha De Danann. Questi, come gli Ainur, vivono in una terra separata e lontana dalle altre, raggiungibile solo via mare, ma l'arrivo di Luaine, accompagnata da due folletti del clan dei Korrigan, Emer ed Eolas, riuscirà ad ottenere il loro aiuto contro Balor per liberare la madre, diventata l'inconsapevole mezzo del cattivo per liberarsi dalla sua magica prigione, e il nonno, rinchiuso nelle segrete del castello incantato.
In effetti ad aiutare Luaine nell'attacco finale scenderà in campo anche una sorta di Aragorn, il cavaliere dei Tuatha, messer Arianrod cui nel momento decisivo si uniranno anche Medh Maeb, figlia dello stupro di Balor su una Tuatha, e l'entità marina dai mistici poteri Shassurrah, imprigionata e torturata dai Fomori ma liberata proprio grazie a Luaine. Interessante, poi, notare come, nonostante tutto il potere magico dei Tuatha, per rinchiudere Balor questi esseri potenti sono stati costretti a ricorrere alla magia dei druidi della Terra, e questo è stato al tempo stesso il motivo del successo iniziale ma anche il punto debole intorno cui è ruotato il piano di Balor, rapire gli umani nella notte di Samain, e quindi l'intera storia di Mosdi e Civiello.
Alla fine Korrigan è un fantasy classico, con molti punti di collegamento con il romanzo principe del genere, Il signore deigli anelli, e con tutta l'opera e la mitologia sviluppata da Tolkien. Supportato dalle splendide illustrazioni di Civiello, Mosdi ha anche dimostrato in questo caso un'ottima conoscenza del linguaggio del genere, sfruttandolo appieno, senza le imprecisioni e le imperfezioni de Il seme della follia, e questo, visto che nella trama la loro prima tertralogia è molto più interessante, lascia un po' l'amaro in bocca. Ad ogni modo alcuni dettagli (innanzitutto il rito che ha permesso a Balor di ottenere la conoscenza sulla natura della magia umana) lasciano la vicenda leggermente aperta, quindi non sarebbe così incredibile leggere delle nuove avventure di Luaine in futuro.

venerdì 4 gennaio 2013

Maddmaths #30

MaddMaths
Come sapete ultimamente non sono stato così continuo nella presentazione della newsletter di Maddmaths! Come si suol dire: si fa quel che si può. Visto che, al momento, posso, vi segnalo un po' di collegamenti interessanti dall'ultima uscita, datata dicembre 2012 (in effetti a ridosso della fine dell'anno), partendo dall'indice dell'attività del sito durante il 2012.
A seguire l'interessante intervista ad Anna Cerasoli, insegnante di matematica e scrittrice di libri. Alla prima domanda sul perché fa l'insegnante proprio di matematica, risponde così:
Dopo il liceo classico ero molto incerta tra Matematica e Filosofia, due materie in cui riuscivo egualmente bene e che m'incuriosivano. Solo allo scadere dei termini d'iscrizione decisi per Matematica, ma la filosofia è sempre rimasta tra i miei interessi. Dopo la laurea vinsi una borsa di studio del CNR presso la Normale di Pisa, per fare ricerca sull'ottimizzazione dei piani radioterapici nel trattamento dei tumori, in collaborazione con i medici dell'ospedale Santa Chiara. Ma la mia vera passione è sempre stata l'insegnamento, forse perché avevo molto sentito il fascino di una didattica appassionata e coinvolgente dei miei insegnanti di greco e di filosofia. Perciò, quando, dopo un anno di attività, il direttore della ricerca fu trasferito in Sicilia, decisi di rinunciare alla borsa di studio e scegliere l’insegnamento.
Tra gli eventi ricordo il convegno Matematica e Cultura 2013, dove possono partecipare anche gli insegnanti (è valido come corso di aggiornamento) e la call for papers del giornale di didattica e divulgazione matematica Euclide.
Infine, tra le news, si segnala l'inaugurazione, a New York, del MoMath, il museo della matematica.
Alla prossima newsletter!

giovedì 3 gennaio 2013

Il figlio del cimitero

More about Il figlio del cimitero
Una delle principali caratteristiche di Neil Gaiman è quella di essere un autore capace di scrivere con la stessa semplicità sia per adulti sia per ragazzi, e anche le storie per ragazzi non sono mai realmente banali, ma sempre godibili e gradevoli. Sarà forse per le tematiche che affronta, il gotico e il fantasy, così tipiche anche del suo Sandman,ma si può tranquillamente affermare che Gaiman non tradisce mai le attese.
Come già Coraline, anche Il figlio del cimitero si avvale delle illustrazioni di Dave McKean e ha per protagonista un ragazzino, rimasto orfano appena nato a causa di un efferato omicidio avvenuto in casa sua, e fortunatamente sopravvissuto dopo essere finito, forse per caso, nel cimitero vicino alla sua abitazione. E' qui che Bod Owens cresce, a contatto con gli abitanti del cimitero, un gruppo di simpatici fantasmi, e con un vampiro come tutore. Le sue avventure, di cui un capitolo era stato anticipato, pubblicato nella raccolta Il cimitero senza lapidi, sono un intelligente alternarsi tra il mondo cimiteriale in cui cresce, un mondo che cerca di proteggerlo dall'uomo che vuole ucciderlo, e il crescente interesse di Bod verso il mondo esterno, fino a che, nella inevitabile conclusione (nel senso che è inevitabile che prima o poi un figlio cerchi una sua strada lontano dai genitori) non venga alla fine risolto il mistero dell'assassino e del complotto dietro la morte dei suoi genitori.
Per un romanzo che si può tranquillamente far leggere a un bambino, la ricchezza di spunti provenienti dalle classiche leggende britanniche e il modo leggero di trattare le atmosfere gotiche dell'ambientazione scelta da Gaiman rendono il libro perfetto per ogni età, un po' come lo stesso autore.

mercoledì 2 gennaio 2013

American Gods

More about American Gods
Gli esseri umani si sono da sempre interrogati sul soprannaturale, su trascendente, sul divino. E in un certo senso American Gods di Neil Gaiman è qualcosa del genere: un viaggio nel mondo delle divinità. Lo scrittore britannico, noto soprattutto come sceneggiatore di quel capolavoro che è il Sandman degli anni Novanta del XX secolo, ha, per il suo viaggio, una premessa di fondo importante: le sue divinità sono entità ideate dal cuore degli uomini e che dalla loro fede traggono il potere. Questa premessa, importante, aiuta però a intendere una delle chiavi di lettura del romanzo (che avrà poi un seguito ne I ragazzi di Anansi): gli esseri umani, nel mondo moderno, quello del XXI secolo (il romanzo, infatti, è uscito nel 2001, il primo anno di questo secolo attuale), sembra che hanno massimamente smesso di credere negli dei, o almeno in quelli vecchi, rivolgendo l'attenzione verso altri simboli, che hanno ricevuto così tanta forza da diventare delle vere e proprie divinità, come personaggi televisivi, o come la tecnologia.
Così la guerra, che si prepara come una tempesta, tra dei antichi e moderni diventa una sorta di metafora sul passaggio tra le vecchie tradizioni e le nuove ossessioni, mentre il protagonista della storia, Shadow, ex-ergastolano che, uscito dopo aver scontato la sua pena si ritrova senza moglie e senza lavoro (la moglie è morta nella stessa macchina del suo amico e futuro datore di lavoro, travolti da un insolito destino mentre si stavano intimamente salutando per l'ultima volta prima del ritorno di Shadow), si trasmorma da burattino a risolutore, colui che raccoglierà, senza saperlo, nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti, tutte le informazioni necessarie per far cessare la guerra prima ancora che inizi.
In effetti American Gods è una sorta di On the road divino: Shadow e Wednsday, la versione americana di Odino, andranno in giro per gli Stati Uniti a reclutare le altre divinità importate dagli immigrati nei secoli per la guerra che il Signore delle forche sta preparando contro gli dei moderni. E così, con la scusa di raccontare una guerra, Gaiman ci porta a spasso per i grandi spazi statunitensi, lasciandoci immagini e sprazzi del viaggio che, invece, ha realmente fatto in quel grande paese, un viaggio che porta i protagonisti e il lettore dalla vita nella grande città, fatta di palazzoni e condomini, a quella nella periferia, fatta di villette mono- e bi-familiari, quella grande provincia americana che, anche quando è tranquilla e serena, nasconde segreti incoffessabili. E poi il viaggio, da fare necessariamente in aereo e/o in auto, e i grandi spazi. E non mancano le critiche agli immigrati europei, che hanno sottratto la terra alle tribù indigene:
Hanno vinto quasi sempre i bianchi. E quando perdevano firmavano un trattato. Poi lo rompevano. Così vincevano di nuovo.(1)
Sono le amare parole di Whiskey Jack, che più avanti ci ricorda anche come Paul Bunyan sia
(...) saltato fuori da un'agenzia di pubblicità di New York nel 1910 e ha riempito la mitica pancia della nazione di calorie inutili.(1)
Paul Bunyan, anche se viene semplicemente citato di passaggio, è l'emblema di una terra che non è fatta per gli dei, come viene spesso ripetuto nel corso del romanzo: è uno di quei miti giovani di cui gli Stati Uniti hanno bisogno per crearsi una mitologia comune, qualcosa che li unisca. E' in un certo senso l'emblema delle nuove divinità statunitensi e moderne: create dai pubblicitari, da un ufficio marketing, da un impresario, da un agente di un artista sconosciuto, da un dirigente di una qualsiasi casa discografica, editoriale o che altro ancora.