Stomachion

mercoledì 31 ottobre 2012

Ginosaji contro Ginosaji: episodio 1

Si conclude con l'inizio di quella che si promette come una serie che lascerà sospesi gli spettatori fino all'uscita del secondo episodio. E' la sfida definitiva. Chi vincerà?

Scienza, insegnamento e fumetti

Un altro post dedicato ai fumetti e alla scienza, sempre in preparazione di Lucca Comics & Science 2012
Nel 2002 F. Javier Perales-Palacios e José M. Vílchez-González hanno studiato l'impatto dei fumetti e dell'animazione nello studio della fisica. Sono giunti alle seguenti conclusioni:
  1. L'insegnamento della fisica con i cartoni animati costituisce un chiaro incentivo per l'attegiamento degli studenti nei confronti della disciplina.(1)
  2. Le idee sbagliate degli studenti sulla fisica sono fino a un certo punto dovute ai cartoni. E' anche possibile che i cartoni hanno rinforzato questi errori fin da tenera età.(1)
  3. L'uso della TV in classe per presentare immagini reali (ad esempio il comportamento di corpi in orbita intorno alla Terra, i movimenti dei passeggeri in un bus, e altro ancora) e il confronto tra realtà e finzione facilita il cambio concettuale.(1)
  4. Questo genere di strategia può avvicinare l'insegnamento della fisica più vicino alla comunicazione dei media che maggiormente interessano agli studenti, e quindi riduce la barriera tra la scienza a scuola e le conoscenze quotidiane.(1)
  5. L'immagine della scienza e degli scienziati presentata nei cartoni era tipica e anche gli studenti che hanno partecipato all'esperimento hanno mantenuto questa immagine stereotipata.(1)
  6. C'era una grande diversità nei risultati tra gli individui e i gruppi. (...) Il gruppo di studenti chiaramente sorpassava gli insegnanti per il numero di fenomeni identificati.(1)
In particolare i punti 2. (la fisica errata nei cartoni animati) e 5. (gli stereotipi riguardo scienza e scienziati) sono approfonditi in un articolo recente degli stessi autori:
Siamo stati in grado di accertare che i cartoni animati distorcono l'immagine della scienza e del suo ambiente. Molto spesso è presentata come qualcosa di distante e lontana dalla vita di tutti i giorni, nascondendo così i suoi obiettivi di base (spiegare il mondo che ci circonda), utilizzando voci senza senso che fanno uso di termini strani (spesso errati) o espressioni matematiche enormi e senza senso. Ciò accade con coloro che sono familiari con la materia (rafforzando in tal modo l'immagine elitaria della scienza), e alcune volte anche presentando alcune delle idee preconcette che la bibliografia riconosce come caratteristiche degli adolescenti. Anche i fumetti forniscono un'immagine distorta di queste questioni, simile a quella che è presentata nei cartoni 'se questi fossero silenziosi'.(2)
I due ricercatori sono preoccupati riguardo l'influenza di questi due media, ma penso che hanno scordato (leggi per esempio il punto 1. dell'articolo del 2002) il ruolo chiave degli insegnanti nell'educazione dei ragazzi. I fumetti, infatti, possono diventare una grande opportunità per introdurre in un modo molto semplice la fisica in classe:
(...) gli educatori non dovrebbero sottostimare gli interessi dei discepoli. Questi interessi possono lavorare per noi in due modi. Possono fornire degli agganci, e spesso anche il contesto. Per molti insegnanti di fisica, la fisica è chiaramente una materia che esplora gli aspetti fondamentali della natura, che comprende le scale più piccole e quelle più grandi che possiamo immaginare, e che si occupa delle questioni e dei fenomeni più affascinanti. Alcuni dei nostri studenti provano lo stesso, e arrivano in classe con l'entusiasmo di imparare di più. Sfortunatamente, tuttavia, molti studenti non condividono inizialmente il nostro entusiasmo.
E' così più semplice imparare quando siamo interessati alla materia. L'apprendimento è più efficace quando siamo motivati ad apprendere e coinvolti nel processo di apprendimento.(3)

martedì 30 ottobre 2012

lunedì 29 ottobre 2012

Cucchiaio contro cucchiaio

Ricordate il serial killer che tormentava la sua vittima con un cucchiaino? E' tornato! E questo è il primo episodio della nuova serie:

Realtà

Un ingegnere pensa che le formule approssimino la realtà.
Un fisico pensa che la realtà approssimi le formule.
Un matematico non vede il nesso tra le due cose.

(autore sconosciuto, via gravitazero)

sabato 27 ottobre 2012

La dottrina e l'invarianza di scala distopica

Lucca Comics&Games si avvicina e con essa anche la prima edizione di Lucca Comics&Science. Come nei tre precedenti fine settimana, anche per questo ecco una recensione pubblicata appositamente per avvicinarci all'evento. In questo caso la scienza non si trova all'interno del fumetto recensito ma viene utilizzata, in particolare la matematica e i concetti di frattali e invarianza di scala, per raccontare il fumetto stesso!
La recensione vi racconta di una serie di 4 volumi di cui il primo è uscito nel 2002 e l'ultimo nel 2010: una lunga attesa che è stata ripagata da quanto i due autori sono riusciti a realizzare.
Se la letteratura vive di pochi macroingredienti fondamentali, usati e riusati per la costruzione di racconti e romanzi, quando si scende nella struttura fine delle opere, si iniziano a notare quelle differenze che innanzitutto conducono alle distinzioni per genere e poi a una selezione per originalità della lingua, del soggetto, della trama, dell'uso della tecnica narrativa.
Uno dei generi che più si presta a una classificazione rigida è quello delle distopie, sottogenere di quella grande famiglia che è la fantascienza. Una distopia è, infatti, semplice da identificare: il romanzo che tu lettore stai leggendo, rappresenta un mondo del futuro (prossimo o remoto) dove ogni cosa è sotto il controllo di una specifica categoria o di una casta e la libertà personale è limitata da una serie di controlli, giustificati con la necessità di fare il bene dei cittadini o della comunità. Nella quasi totalità dei casi l'opposizione alla distopia è inutile e i ribelli vengono inevitabilmente o uccisi o riassorbiti.
Una struttura del genere è dunque l'invariante del nostro discorso, quella caratteristica che non cambia da distopia a distopia. Questo macro controllo civile, poi, si ritrova nel momento in cui l'autore inizia a descrivere la vita dei singoli cittadini: ognuno di loro, infatti, riprende quel controllo nel piccolo della sua vita, controllando di volta in volta se stesso, la sua famiglia, chi gli sta intorno. Se però confrontiamo due fiocchi di neve uno con l'altro, esistono delle lievi differenze all'interno delle loro strutture che rendono un fiocco differente da un altro. I fiocchi di neve sono uno degli esempi tipici di frattali in natura, ovvero di figure geometriche in cui una forma di base, ad esempio un triangolo, viene ripetuta sempre più piccola all'interno di una struttura più grande che ne possiede una forma non dissimile. Per cui spesso, affinché in una storia, sia essa distopica o meno, possa accadere qualcosa, è necessario costruire una struttura che al suo interno abbia delle altre piccole strutture apparentemente identiche nella geometria, ma leggermente differenti una dall'altra.

venerdì 26 ottobre 2012

Il principio di equivalenza

Sto mettendo un po' d'ordine tra le voci fin qui scritte nel syllabus delle Olimpiadi dell'Astronomia. Il lavoro procede a ritmi lenti perché, semplicemente, sono in attesa dell'approvazione dei fondi richiesti, per cui per mantenere la mia attenzione (ma anche quella degli interessati, innanzitutto studenti e insegnanti) desta mi sono messo a fare lo sporco lavoro di revisione. In particolare, nel capitolo dedicato alla gravità c'è una voce dedicata al principio di equivalenza, una legge che stabilisce qualcosa che si ritiene in generale ovvio, ovvero che la massa gravitazionale $m_g$ che viene misurata quando ci mettiamo su una bilancia sia equivalente alla massa inerziale $m_i$, ovvero quella che si oppone al moto.
Questa distinzione è importante quando, per esempio, in un esercizio vogliamo uguagliare la forza di gravità di un oggetto in caduta libera con la forza di gravitazione universale tra lo stesso oggetto e il pianeta verso cui sta cadendo: \[m_i g = G \frac{m_i M}{r^2}\] dove $M$ è la massa del pianeta, $r$ la distanza tra il pianeta e l'oggetto.
Questa formula, di solito, viene utilizzata per ricavare il valore dell'accelerazione di gravità $g$ a partire dalla costante di gravitazione universale $G$ o, ancora meglio, viceversa. In effetti l'accelerazione di gravità è qualcosa che posso misurare facilmente e, per esempio, misurandola su diversi pianeti, posso poi ricavare $G$ e dai risultati trovati estrarre il valore corretto per la costante di gravitazione. Per fare però questo in maniera semplice e con poche incertezze ho bisogno che la massa inerziale e quella gravitazionale siano identiche, come stabilisce il principio di equivalenza, in modo da poter scrivere \[mg = G \frac{mM}{r^2}\] e semplificare così la massa $m$ dell'oggetto in caduta.
Il principio di equivalenza venne enunciato per la prima volta da Einstein(1) e assume una grande importanza nella teoria della relatività einsteiniana, nella fisica in generale, ma anche nel banale svolgimento degli esercizi!
A little reflection will show that the law of the equality of the inertial and gravitational mass is equivalent to the assertion that the acceleration imparted to a body by a gravitational field is independent of the nature of the body. For Newton's equation of motion in a gravitational field, written out in full, it is:
(Inertial mass) $\cdot$ (Acceleration) = (Intensity of the gravitational field) $\cdot$ (Gravitational mass)
It is only when there is numerical equality between the inertial and gravitational mass that the acceleration is independent of the nature of the body
Si può dire che un po' per tutti questi motivi è importante poter verificare tale principio con la massima precisione. A partire dal 500 (o giù di lì) sono molti gli scienziati che singolarmente o in gruppo hanno cercato di verificare questa equivalenza: se ne contano una quindicina solo nell'ultimo secolo o poco più, di cui l'ultimo è del 2008(2) con una differenza tra massa inerziale e gravitazionale di $3 \times 10^{-14}$.

lunedì 22 ottobre 2012

I 250 anni dell'Osservatorio Astronomico di Brera in un francobollo

Questa mattina è stato rilasciato il francobollo celebrativo dei 250 anni dell'Osservatorio Astronomico di Brera, con annullo apposito. E questa mattina sono andato a fare la fila allo Spazio Filatelia delle Poste Italiane a Milano per acquistare un po' di questo materiale celebrativo. In effetti oggi è uscito anche un altro francobollo, quello celebrativo dei 200 anni dell'Osservatorio di Capodimonte.
Nella foto qui sopra vedete gli acquisti che ho fatto che poi ho notato non essere così completi: il tipo dell'ufficio si è, in effetti, scordato di darmi la card con il francobollo di Brera...
Mi sa che dovrò tornarci.

domenica 21 ottobre 2012

La politica elettrica del Capitan Swing

Capitan Swing e i pirati elettrici dell'isola delle braci non esaurisce i suoi spunti con la scienza, che abbiamo ampiamente approfondito ieri. Innanzitutto già l'ispirazione del nome del protagonista, Capitan Swing, è indicativo dell'intento politico di Ellis, che però opera anche questo aspetto con la leggendaria figura di Jack il Saltatore, su cui mi sono già più o meno diffusamente soffermato nella recensione di Springald.
Come avevo già scritto in quel post, l'epoca di Jack il Saltatore è quella della nascita del corpo di polizia londinese, i più noti bobbies. Questo corpo, la classica polizia metropolitana, venne fondato da sir Robert Peel e all'epoca non era costituito da gente poi molto preparata, se
(...) il primo uomo a essersi arruolato fu beccato dopo quattro ore così sbronzo da non riuscire neanche a camminare da solo.
Non solo: il rispetto verso questo giovane corpo di polizia era decisamente molto basso all'epoca, se era possibile un fatto del genere:
Tre anni da adesso, l'agente Bob Culley sarà accoltellato durante una sommossa, e il suo assassino assolto per legittima difesa: perché la sua vittima era un Peeler.
Non era però l'unico corpo di polizia della capitale britannica:
Bow Street era la sede della Corte dei magistrati, fondata dal colonnello Sir Thomas de Veil: e i magistrati, i Giudici di Pace che esminavano e giudicavano ai processi, controllavano i Bow Street Runner che usavano per far rispettare la legge. Molti Runner in precedenza erano stati "acchiappaladri" indipendenti, pagati direttamente dalle vittime per acciuffare i manolesta e restituire il maltolto. Molti acchiappaladri erano, naturalmente, ladri, esrtorsori e assassini a loro volta. L'acchiappaladri Jonathan Wilde guidava un esercito di scassinatori talmente numeroso che quando fu condannato Daniel Defoe riferì che per salutarel'impiccato si era radunata la più grande folla che avesse mai visto, "come se fosse stato un trionfo". I Bow Street Runner, quindi, forse non erano onesti come i magistrati volevano far credere alla gente.
E nemmeno gli stessi magistrati lo erano.
I magistrati diventano, quindi, una metafora, decisamente molto aderente alla realtà, alla luce di quanto tramanda la storia, del potere costituito, difeso da un lato dai violenti runner e dall'altro dagli inconsapevoli (e mediamente incompetenti) poliziotti metropolitani. A questo ordine costituito si oppone Swing, ovvero il dottor Jonathan Rheinhardt, uno scienziato e un utopista, dome dimostra mentre discute con l'agente Charlie Gravel.
Innanzitutto ecco come si descrive:
Io sono un pirata, sir. Un pirata dell'aria. Un ladro con una nave e il terrore e il terrore della gente ignorante sulla terra, lo so.
Ma ciò che cerco di rubare è il vero mondo che deve arrivare.
Un mondo di scienza e filosofia della natura. Un mondo in cui una nave volante non ha bisogno di nascondersi tra le nuvole di notte.

sabato 20 ottobre 2012

La scienza elettrica del Capitan Swing

Un altro articolo di avvicinamento e preparazione all'evento di quest'anno, Lucca Comics & Science, organizzato da Roberto Natalini e Andrea Plazzi, cui avrò l'onore di partecipare. Le prime tre immagini degli apparati scientifici sono tratte dal fumetto di Ellis e Caceres da cui ho tratto ispirazione per il lungo post.
Lo stile di queste immagini era molto in voga all'epoca di cui si discorre, e un esempio potete trovarlo nei libri di Joseph Priestley, come ad esempio "The History and Present State of Electricity".
E ora, buona lettura!
More about Capitan Swing e i pirati elettrici dell'Isola delle Braci
Più tardi, nel corso di quell'anno [1830], nel sud dell'Inghilterra ci furono una serie di sommosse da parte degli agricoltori, che erano stati ridotti alla fame a causa dell'introduzione di macchinari che potevano svolgere il loro stesso lavoro instancabilmente e a un prezzo inferiore. Distrussero trebbiatrici, bruciarono fabbriche e spedirono i manifesti delle loro idee ai proprietari terrieri e ai magistrati. Queste lettere erano firmate: "Capitan Swing".
In questo modo è lo stesso Warren Ellis, nell'ultima pagina del diario del Capitan Swing, ad informarci sull'ispirazione prima di Capitan Swing e i pirati elettrici dell'isola delle braci, disegnato da Raulo Caceres. La storia che lo scrittore scozzese ha realizzato, una teslatopia, o un romanzo elettrico su un'utopia piratesca contrastata, la definisce lo stesso Ellis, sicuramente si avvicina al genere steampunk (per approfondimenti tecnici, leggete l'articolo di Simone Rastelli su Lo Spazio Bianco), quindi un fumetto che utilizza la scienza dell'elettricità, e infine è un'opera politica. Punto d'unione di tutte queste anime è il diario del Capitan Swing, che risulta alla fine anche una preziosa fonte di dati e informazioni storiche.
Il lettore, leggendo la storia, vedendo una nave volare grazie alla forza dell'elettricità, vedendo quegli strumenti strani illustrati tra le pagine del diario del Capitano può legittimamente chiedersi: c'è qualcosa di vero nel racconto? O sta forse mentendo Ellis/Swing quando scrive:
Propulsione ionica aerea(1). Levitazione elettrostatica(2). Elettrogravitazione. L'effetto Biefeld-Brown e l'elettrofluidodinamica(3). Non c'è niente di inventato qui. Appare semplicemente ucronico, immaginario e come se provenisse da un tempo fuori di sesto.
In effetti molte delle questioni messe in campo da Ellis in questa citazione sono oggetto di ricerca nel campo della fisica e dell'elettromagnetismo.
L'elettromagnetismo è quella branca della fisica che si occupa di studiare i campi elettrici e magnetici. Come ha dimostrato Maxwell, i due campi, elettrico e magnetico, sono profondamente legati uno all'altro e solo in una situazione statica si possono, con buona approssimazione, considerare separati.
In effetti però i due concetti di elettricità e magnetismo erano all'inizio separati, e in particolare le prime osservazioni sull'elittricità risalgono alla Grecia Antica:
Talete fu il primo a parlare dell'induzione dell'elettricità statica nel 600 a.c.
Bisognerà aspettare mille anni circa per ricominciare, però, ad avere un qualche progresso nel campo:
Otto von Guericke costruì una macchina-frizione per l'accumulazione del carico elettrostatico intorno al 1650 d.c.
Guericke, un fisico all'epoca prussiano, è famoso innanzitutto per i suoi esperimenti sull'aria, che in effetti risalgono al 1650 (stando alla Britannica). In particolare famoso è l'esperimento della sfera cava al cui interno è stato praticato il vuoto: i cavalli legati alle due calotte sferiche che componevano la sfera non riuscirono, dopo questa operazione, a separarle, dimostrando così la tremenda pressione esercitata dall'aria sugli oggetti.
E' del 1663 l'invenzione di cui scrive Ellis, ovvero il primo generatore elettrico della storia.
Il vero salto in alto, però, arriva con il 1800:
Nello stesso periodo della fondazione della polizia metropolitana, Francesco Zantedeschi scoprì l'induzione elettromagnetica (sebbene, in questo mondo così lento, Michel Faraday lo ignorasse quando, un anno dopo, pubblicò la stessa scoperta che divenne però ben più famosa).
Un semplice esperimento di induzione elettrica (in questo caso elettrostatica) è sicuramente strofinare una penna su una maglia di lana possibilmente e poi vedere l'effetto che ha su alcuni pezzetti di carta. Oppure si può provare a fare la stessa cosa con una sferetta e un'asta, magari usando differenti materiali per capire quale di questi riesce ad attirare la sferetta dopo un opportuno strofinamento:

Scienziati e navigatori

Mentre Lucca Comics si avvicina, mentre c'è chi un network di blogger scientifici prova a progettarlo, i giornalisti italiani iniziano a interessarsi sempre di più al nostro rutilante mondo e in particolare il n.813 di D propone a pagina 107 il servizio Scienziati e giornalisti di Gina Pavone. Visto che nei pdf che si possono scaricare dal sito della rivista c'è la pubblicità, ho pensato bene di estrarre le pagine e proporvele: buona lettura (basta cliccare su ciascuna delle immagini per avere una versione leggibile)!

venerdì 19 ottobre 2012

Strategie di vendita

In questo periodo alcuni editori, per celebrare l'annuale assegnazione del Nobel per la Fisica 2012, permettono il download libero del database quasi completo di alcune loro riviste. Tra queste c'è anche il Journal of Mathematical Physics e ovviamente il sottoscritto si è messo a scaricare un po' di roba interessante (spero che potrete leggerne nel futuro). Nella navigazione per i vari volumi (per il momento solo quelli usciti nel 2012 e qualcosa del 2011), ho notato un dettaglio che può essere spiegato come strategia di vendita e che spero possiate notare anche voi nello screenshot qui sotto:
Visto che ci sono, vi segnalo anche il mio articolo, che, come tutti gli altri, potrete scaricare fino alla fine di ottobre.

mercoledì 17 ottobre 2012

Mario Rasetti intervista Tullio Regge e Rita Levi-Montalcini

Il fisico Mario Rasetti, torinese, intervista altri due grandi scienziati italiani (e torinesi), Rita Levi-Montalcini e Tullio Regge. I ricordi d'infanzia di Regge nella sua intervista in pratica costituiscono alcuni degli aneddoti presenti nel primo capitolo de L'infinito cercare, il libro autobiografico che ha scritto con Stefano Sandrelli.
Di Rita Levi-Montalcini mi piace, però, ricordare queste frasi:
Non ho mai saputo tenere un protocollo. Tutto in me è immaginazione, intuito. Niente è scientifico.
Io non sono una scienziata, sono un'artista della scienza
Update: l'intervista era statagià segnalata anche da Annarita Ruberto su Scientificando.

martedì 16 ottobre 2012

Il Premio Nobel e gli orologi atomici

Ecco. E' passato un bel po'. Ci sono cose che diventano obsolete e altre che invece invecchiano, e spero questa sia una delle seconde. E' che non sono riuscito, vuoi per il fattore tempo, vuoi per la voglia, a scriverne prima, eppure è successo che, a causa di una agenzia, il Nobel per la Fisica 2012 è stato accompagnato da una castroneria via l'altra, come direbbe qualcuno dei miei vecchi professori. Il riassunto delle puntate precedenti c'è sul blog di Peppe, io invece mi limito a ricordare che quello che può essere considerato come il padre degli orologi atomici ha vinto il Nobel in Fisica nel 1944
per il suo metodo risonante per registrare le proprietà magnetiche dei nuclei(1)
Se andiamo ad approfondire la storia di questo particolare dispositivo, scopriamo che l'idea da cui è partito tutto è nientemeno che di Lord Kelvin nel 1879:
Poi arriva Isidor Isaac Rabi che mette in pratica le idee di Lord Kelvin, e misurare il tempo diventa un'operazione così precisa che non bastano più i proverbiali svizzeri! Come spiegano Lombardi, Heavner e Jefferts(2), Rabi e il suo team svilupparono gli orologi atomici tra gli anni 30 e i 40 del XX secolo. In particolare il lavoro ritenuto chiave nella realizzazione di un vero e proprio orologio atomico fu quello pubblicato nel 1938, A new method of measuring nuclear magnetic moment(3)
Proposito di questa nota è descrivere un esperimento nel quale il momento magnetico nucleare è misurato in un modo molto diretto. Il metodo è capace di grandissima precisione ed estensione a un grandissimo numero e varietà di nuclei atomici.
L'idea di base è quella di far passare un fascio di particelle, nel caso del primo esperimento delle molecole di LiCl, attraverso un gruppo di magneti, in modo che gli spin nucleari si disaccoppino uno dall'altro e dalla rotazione molecolare. A questo punto si applica un ulteriore campo magnetico, questa volta leggermente oscillante, in modo che gli spin e il momento magnetico nucleare si riorientino, ottenendo alla fine una sorta di precessione della frequenza(3).
Alla fine Rabi e colleghi sono riusciti ad osservare perfettamente i picchi di risonanza dei due nuclei di litio e cloro separati e appena l'anno successivo, come anche promesso nelle conclusioni dell'articolo del 1938, sono riusciti ad aggiornare il metodo utilizzando dei nuovi atomi, descrivendo in maniera un po' più dettagliata l'apparato sperimentale utilizzato(4):

lunedì 15 ottobre 2012

250 anni dalla fondazione dell'Osservatorio Astronomico di Brera

Questo, oltre ad essere il 50.mo anniversario della prima osservazione di astronomia X, è anche il 250.mo compleanno dell'Osservatorio Astronomico di Brera. Mercoledì 17 ottobre alle 18, presso la Sala delle Adunanze dell'Istituto Lombardo in Palazzo Brera, a Milano, per la serie I cieli di Brera, il direttore dell'Osservatorio, Giovanni Pareschi, riassumerà la storia di questa storica istituzione italiana, partendo dalla fondazione, dovuta a Boscovich, fino ai giorni nostri, soffermandosi sui fatti, le persone e le ricerche chiave della sua lunga storia.
Due parole sul conferenziere:
Si è Laureato all'Università di Bologna nel 1992 in Astronomia, si è Dottorato in Astrofisica nel 1996 presso l'Università di Ferrara ed è stato ESA postdoc fellow presso il Danish Space Reserach Institute (1997-98).
Dal 1998 è staff member dell'Osservatorio di Brera. Il suo campo di ricerca riguarda principalmente la strumentazione per telescopi da terra e dallo spazio, settore in cui collabora con prestigiose Istituzioni nazionali e internazionali come ASI, ESA, ESO, NASA, CNES, MPE, JHU e Harvard University. E' membro di diversi board internazionali e autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Ha guidato diversi progetti per l'implementazione di telescopi spaziali e terrestri e dal 2011 è il principal investigator del progetto bandiera ASTRI/CTA del MIUR, legato allo sviluppo di telescopi gamma di tipo Cherenkov di nuova generazione.
Per chi fosse interessato, ci sono ancora posti disponibili per il corso astronomico L'universo in fiore. Per iscriversi, utilizzare il form apposito.

domenica 14 ottobre 2012

Il mondo scientifico di Don Rosa

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Finalmente, grazie a Comunicare Fisica, sono riuscito a vedermi con Piero Patteri, che mi ha consegnato nelle mani il volume "Don Rosa: A little something special" che il Papersera.net ha consegnato a Don nel 2011. Nel corposo volume di poco oltre le 480 pagine, è presente anche un articolo scritto a quattro mani dal sottoscritto e da Piero. E visto che si sta avvicinando "Lucca Comics&Science" (per la quale ancora non sono pronto...) ho ben pensato di riproporre questo articolo anche sul blog come tappa di avvicinamento all'evento. Nel frattempo, oltre a leggere il programma completo, passate da Roberto Natalini, che vi racconta un po' di retroscena. Il sottoscritto, che è stato gentilmente coinvolto dai due organizzatori (l'altro è Andrea Plazzi) sarà il primo giorno nelle due "conferenze" dell'1 novembre, alle 12 e alle 14.
E ora via alla lettura!


Le leggi fisiche del mondo reale si applicano in maniera molto approssimativa nel mondo dei fumetti. Spiaccicarsi, rimbalzare, colpirsi in scontri terribili ma innocui sono eventi comuni nelle strip, almeno a cominciare dalle mattonate tirate da Ignatz a Krazy Kat, sulla scia delle frenetiche sequenze delle comiche del cinema muto. Per questo motivo è davvero sorprendente, e anche divertente dal punto di osservazione di un fisico, che un artista dei fumetti riveli una costante attenzione a costruire le sue gag collocandole in un contesto fisico apprezzabilmente coerente.
Racconteremo le nostre sensazioni esplorando il mondo fisico di Don Rosa, sia nel viaggio nel mondo microscopico, in Zio Paperone: L'incerdibile avaro minuaturizzato, sia nel Sistema Solare in Zio Paperone: L'attacco delle orribili creature spaziali, entrambi temi che sembrano inevitabili nella carriera di un autore di fantascienza.
Dopo aver presentato alcune divertentissime gag ispirate al teletrasporto in Zio Paperone "su un piatto d'argento" approderemo infine nel territorio della Fisica Straordinaria in vigore in due storie di straordinaria originalità creativa: Paperino in Tempo rubato e Zio Paperone: Una questione di estrema gravità.

Nel mondo microscopico

La macchina riduttrice che appare in Zio Paperone: L'incredibile avaro miniaturizzato è una esplicita citazione della macchina di Carl Barks in Zio Paperone e il riduttore atomico, ma quella trovata dai paperi nella soffitta di Zio Paperone è difettosa, e il processo di rimpicciolimento, una volta avviato, procede indefinitamente.
Mentre nella storia di Carl Barks la riduzione delle dimensioni causa un repentino ribaltamento del ruolo cacciatore/preda trale formiche e i paperi, che sono salvati solo dal tempestivo intervento di Archimede Pitagorico, nella storia di Don Rosa, oltre alla scoperta di nuovi pericoli in un mondo sempre più piccolo, la prospettiva di una riduzione continua e incontrollabile accresce la tensione tavola dopo tavola. Zio Paperone e Paperino lottano a ogni livello, saltellando sulle monete del deposito come sui sassi di un ruscello, finché i vuoti tra di esse non le fa apparire come pareti scivolose di immense voragini, o scacciano un orribile pidocchio che presto diventa un mostro più grande di loro. Infine, tra la sporcizia nella tavola di un Bassotto, i germi che sembrano mostri mitologici come Medusa e Argo-dai-cento-occhi sono sul punto di sopraffarli e solo un intervento risolutore, un teatrale deus-ex-machina, può riuscire a salvarli.
Esplorando il nuovo ambiente alla ricerca di una via di fuga scoprono continuamente particolari della vita reale, come il sebo scivoloso su un capello, o la lanugine appiccicatasi sulla superficie di una prugna; si è tentati di dire che questi dettagli non aggiungono nulla alla trama, ma è proprio il loro essere 'superflui' che induce la sensazione che i paperi siano davvero finiti in un mondo straordinario, ma estremamente realistico. Così infine la possibilità di scappare saltando da uno spuntone all'altro della barba rasata non è un trucco inventato al momento, ma è un'opportunità costruita logicamente lungo tutta la storia.
Il susseguirsi precipitoso degli eventi ricorda talvolta le sequenze di inseguimento e fuga di Hitchcock, come in intrigo internazionale o La donna che visse due volte, e come nei film del Maestro del brivido, la conclusione balsa a sorpresa sugli spettatori/lettori, come Zio Paperone che riacquista le sue dimensioni sulle mani di un Bassotto.

Nello spazio cosmico

Ancora una volta, la sconsiderata accensione di un misterioso apparecchio influenza le proprietà fisiche del deposito di Zio Paperone. Questa volta perde il peso, e i paperi devono inseguirlo nello spazio, con la speranza di riuscire ad invertire il funzionamento dell'apparecchio.
I commenti all'edizione italiana di Zio Paperone: L'attacco delle orribili creature spaziali sottolineano l'omaggio alle classiche serie di fantascienza televisiva o cinematografica. Sebbene questo sia vero per quanto riguarda il tuffo nel tunnel dello spazio-tempo, che ricorda direttamente le saghe di Star Trek o Guerre stellari, noi pensiamo che una gran parte dei dettagli della storia siano un amorevole tributo a Paperino e il razzo interplanetario. Il viaggio dell'astronave nella fascia degli asteroidi e l'incontro con la famiglia di pescatori di minerali ricalca la sequenza di Luciano Bottaro.

sabato 13 ottobre 2012

Sotto un cielo cremisi

More about Sotto un cielo cremisi
Mentre il titolo originale, Vanilla Ride, fa riferimento a un protagonista della seconda parte del romanzo, l'infallibile killer assoldato dai narcotrafficanti per uccidere un giovane fuggito con la fidanzata con una borsa piena di soldi e finito sotto la protezione di Hap e Leonard (che così, inevitabilmente, finiscono nel fuoco incrociato che alla fine ne deriverà), il titolo originale che la Fanucci, il nuovo editore della serie hard boiled ideata da Joe Champion Lansdale, propone ai lettori, Sotto un cielo cremisi, è certamente molto più evocativo e più in linea con il bagno di sangue proposto in questa nuova avventura dallo scrittore che, tempo addietro, definii come l'ultimo scrittore pulp.
La trama della storia è molto semplice: il vecchio amico dei nostri due sfaccendati, Marvin Hanson, viene a chiedere una mano a Hap Collins e Leonard Pine per tirare fuori dai guai la nipote: la ragazza si è invischiata con un tipo poco raccomandabile, un drogato e spacciatore. I due portano a compimento la missione, nonostante la recalcitrante Gadget, con il solito contorno di ossa rotte (degli altri), vetri spaccati (degli altri) e un dessert che sul momento sembrava la cosa giusta da fare: gettare un carico di cocaina del valore di svariati milioni lungo lo scarico.
Ovviamente questo gesto eroico verrà pagato a caro prezzo dai nostri due eroi, che resteranno coinvolti in inseguimenti e sparatorie più o meno senza respiro lungo un po' tutte le pagine del romanzo. Ovviamente a pentirsi della sfida, più che i due inusitati amici, saranno i loro avversari, e questo ci porta irrimediabilmente al punto debole del romanzo, se vogliamo. Ho già definito la serie, in apertura, hard boiled, anche se ciascuno dei romanzi che ho precedentemente recensito su DropSea è in realtà qualcosa di più di un semplice giallo d'azione. Gli elementi di investigazione pura e di noir propriamente detto risultano quasi nulli in questo Sotto un cielo cremisi: in fondo da una parte sia lo scrittore sia i lettori conoscono molto bene i due protagonisti, e quindi non è necessario alcun approfondimento sul loro carattere, mentre come al solito la descrizione dei personaggi di contorno viene lasciata ai fitti dialoghi di cui Lansdale si è sempre dimostrato abile scrittore; dall'altra c'è stata una scelta ben precisa nello sviluppo della trama di puntare, per questo romanzo, su scazzottate, sparatorie e inseguimenti, tutti elementi tipici di un romanzo hard boiled, e tutto a chiaro vantaggio della leggibilità.
Non mancano certo i colpi di scena, di cui il più importante coinvolge proprio il coprotagonista del romanzo, Vanilla Ride, ma in definitiva è il romanzo più debole tra tutti quelli di Lansdale che ho avuto il piacere di leggere (e non solo nella serie di Hap e Leonard).

giovedì 11 ottobre 2012

United we stand: Siamo pronti per fare network?

Nel mondo, in particolare in quello anglosassone, è forte lo stimolo dei blogger scientifici ad aggregarsi in vari network. Il capostipite è stato scienceblogs.com, dal quale poi sono partite molte e varie esperienze, come Field of Science o il recente network di Scientific American. Molti di questi blogger partecipano a più network o hanno anche un blog personale, spesso anche questo tarato sulla scienza. In Italia, invece, come in molti campi, siamo fermi da tempo al solo network degli autori de Le Scienze. Si prova a capire quali possono essere le possibilità di un network italiano e chi potrebbero essere i componenti di questo gruppo.

di Gianluigi Filippelli e Moreno Colaiacovo

Il fenomeno dei weblog o più comunemente dei blog è in continua espansione: ad esempio dall'ottobre 2006 all'ottobre 2011, il numero di blog si è quasi quintuplicato (dati nielsen). All'interno di questo mondo in espansione una nicchia, più o meno consolidata, è occupata dai blog scientifici.
In generale un blog è di facile definizione: una pagina web aggiornata periodicamente attraverso un software apposito che permette anche l'interazione con i lettori attraverso i commenti agli aggiornamenti (i post) scritti e pubblicati dall'autore. Quando però si cerca di classificare i blog in grandi categorie, ci si trova di fronte a tutta una serie di sfumature, e a queste non sfuggono nemmeno i già citati blog scientifici.
Già Walker, che, oltre ad essere uno dei primi blogger scientifici, ha scritto, insieme con Torill, il primo (o comunque uno dei primi) articoli dedicati allo studio di questa sottocategoria di blog(11), in Blogging From Inside the Ivory Tower(1) distingueva tra due distinte tipologie: public intellectuals, che si occupa soprattutto del dibattito politico, e research blogs, centrato essenzialmente sul mondo della ricerca. In particolare questa seconda tipologia è oggi quella maggiormente identificata come blog scientifico in senso stretto, e anche quella che presenta tutta una serie di sfumature cui si accennava poc'anzi, come rivelato da molti studi e ribadito da Bora Zivkovic, blog editor di Scientific American, nel suo articolo "Science Blogs: definition, and a history":
Usually it is meant to be a blog that satisfies one or more of these criteria: blog written by a scientist, blog written by a professional science writer/journalist, blog that predominantly covers science topics, blog used in a science classroom as a teaching tool, blog used for more-or-less official news and press releases by scientific societies, institutes, centers, universities, publishers, companies and other organizations.
Per gli scopi della discussione attuale, ha scarso interesse andarci ad occupare di blog scritti da scienziati ma che non trattano di scienza (vanno considerati blog scientifici anche questi?), ma potrebbe non essere così inutile distinguere il sottogruppo dei blog scritti da scienziati che però non si occupano della disciplina in cui si sono formati. Certo, in questi casi è buona norma, seguendo ad esempio i consigli di Peppe Liberti, avere come fonte preferenziale un bravo ricercatore che prova a raccontare ciò che succede nella sua disciplina, tuttavia il primo e più importante criterio per valutare se un blog è scientifico o meno sono l'approccio e il metodo scelti dal blogger.

2013, anno archimedeo

In attesa di dare maggiori delucidazioni sul nuovo bando delle Olimpiadi dell'Astronomia, e in attesa della pubblicazione del contributo mio e di Moreno a Comunicare Fisica 2012, vi propongo una nuova iniziativa, che sarà centrale per il prossimo, emozionante anno matematico:

Nel 2013, in occasione del 2300-esimo anniversario della nascita di Archimede, l'UMI intende promuovere la conoscenza e l'attualizzazione del suo pensiero e della sua straordinaria figura di matematico, scienziato ed ingegnere, in grado di coniugare ricerca pura di altissima qualità e applicazioni di concretissima efficacia, nello spirito così sintetizzato da Attilio Frajese: Potremmo dire che Archimede sia non soltanto il più grande matematico ma anche il più grande ingegnere dell'antichità: ingegnere nel senso più ampio, cioè non soltanto nel senso di colui che applica la teoria alla pratica, ma anche di colui che quella teoria costruisce (in: Opere di Archimede, UTET, Torino 1974, p. 15).
In particolare, in collaborazione con il Piano Nazionale Lauree Scientifiche (PNLS) e con il suo sostanziale contributo, l'UMI bandisce un concorso a premi volto a stimolare l'educazione matematica dei giovani, a valorizzare i collegamenti della matematica con le altre discipline scientifiche (con particolare riguardo alla fisica), nonché con la storia e la cultura, e a contribuire alla diffusione della matematica nella società italiana, stimolando altresì la collaborazione dei giovani tra loro e con i loro insegnanti di diverse materie.
Il concorso è rivolto alle scuole secondarie di secondo grado e intende premiare prodotti di attività che riguardino aspetti del pensiero matematico di Archimede anche in senso ampio. Tali attività saranno svolte dagli studenti con modalità laboratoriale e saranno promosse e coordinate da insegnanti, di cui uno almeno di discipline matematiche. In particolare, le attività potranno rientrare fra i laboratori che si svolgono nell'ambito dei progetti locali del Piano Nazionale Lauree Scientifiche.

Bando Premio Archimede 2013: pdf

martedì 9 ottobre 2012

Comuinicare Fisica 2012: seconda giornata

E dopo i tweet più interessanti della prima giornata, passiamo a quelli della seconda (mentre lo storify è stato prontamente aggiornato!), che è stata accesa da animate discussioni, a quanto pare. La prima raccolta coinvolge l'editore Michele Luzzato, e il mondo accademico italiano potremmo dire ne esce con le ossa rotte:

lunedì 8 ottobre 2012

Comunicare Fisica 2012: prima giornata

Quest'anno, e dopo poco più di due anni dall'edizione precedente, ritorna Comunicare Fisica. Oggi c'è stata la prima giornata e un impegnatissimo, in questo periodo, Stefano Bagnasco ha fatto un live tweet dettagliato di cui vi propongo in particolare un paio di gruppi di tweet, il primo dedicato all'intervento di Fernando Ferroni:

L'ultima lacrima

More about L'ultima lacrima
Stefanno Benni è un poeta e un profeta. Un poeta non solo in termini letterari (basti leggere i suoi blues), ma anche quando mette mano alla prosa. Ne L'ultima lacrima, infatti, alcuni dei racconti sono dei veri e propri piccoli racconti zen, così brevi e semplici che possiamo considerare simili a delle poesie o, ancora meglio, a degli haiku. Esempio ne è la Lombritticoetica, una raccolta di brevi storie morali di varia lombirichitudine, e tutte che iniziano con la lampante:
Un lombrico stava attaccato all'amo. Un pesce lo vide.
con le conseguenze del caso, nel senso che è casuale il seguito della storia.
D'altra parte colpisce per la sua semplicità Il re moro, mentre già Che tempo fa? sta sospeso tra la poesia e la profezia, non nel senso che Benni profetizzò dell'arrivo del programma multiculturale di Fabio Fazio, ma che già vide l'arrivo a spron battuto di un uomo che tutto poteva, anche far splendere il Sole in un giorno di pioggia! E se state pensando proprio a quello lì, vi fugo ogni dubbio: la raccolta di racconti venne pubblicata nel 1994. Quell'anno lì, appunto.
Benni, però, profetizzò anche più di così: profetizzò la crisi, sperando che un giorno i bancomat d'Italia, se non del mondo, iniziasserro a distribuire soldi a destra e a manca sottraendoli ai conti correnti più facoltosi (diciamo che questa redistribuzione del reddito mi sembra molto più interessante di quella che dovrebbe fare uno stato centrale...); oppure profetizzò l'arrivo della televisione nei luoghi più impensabili, come l'ingresso nelle carceri per gustarsi lo spettacolo di una condanna a morte; oppure vide una visione incredibile in cui per andare bene a scuola bisogna essere dei quasi perfetti ignoranti (a parte guardare la televisione, magari il gossip sfrenato o i telequiz in voga a quel tempo, che oggi sostituiremmo con i reality): e per fortuna a tale punto non siamo ancora arrivati (o almeno così mi pare: ditemelo pure, se nel frattempo mi sono distratto...).
Non possiamo però soffermarci su ciascun racconto, io e voi, cari lettori, altrimenti voi, cari lettori, non comprerete il libro, che quello lì ci ha raccontato tutto! Ci ha tolto tutto il divertimento! E allora resta poco da dire, solo poche lacrime ancora, giusto per ricordarvi la bravura di Benni nello scrivere anche delle bellissime e divertenti storie dell'orrore (Il nuovo libraio), o la grande abilità nella narrativa di viaggio (uno splendido trittico che si conclude con L'inferno, preceduto da una splendida reinterpretazione del mito di Orfeo ed Euridice), o la precisione nel racconto fantascientifico (Erasmo, il venditore del cosmo). Questo è molto altro ancora, signori, si trova ne L'ultima lacrima. Una raccolta da non perdere!

domenica 7 ottobre 2012

Bohr e il ferro di cavallo

Scrive George Gamow in "Trent'anni che sconvolsero la fisica" (traduzione di Laura Felici):

Sulla porta d'ingresso della sua casetta di campagna a Tisvilde aveva attaccato a un chiodo un ferro di cavallo, il proverbiale portafortuna. Vedendolo un visitatore esclamò: "Un grande scienziato come lei crede veramente che un ferro di cavallo sull'uscio di casa porti fortuna?" "No" rispose Bohr, "Certo che non credo in queste superstizioni. Ma sa com'è", aggiunse con un sorriso, "dicono che porti fortuna anche a chi non ci crede!"

sabato 6 ottobre 2012

Astronomia ed emozioni

Nel livestream di ieri sui 50 anni dell'ESO, uno dei ricercatori che hanno raccontato il loro lavoro è stato l'italiano Fernando Patat. Oggi l'ESO ha rilasciato i video dei singoli talk e così oggi posso proporvi il video del nostro connazionale:

venerdì 5 ottobre 2012

Le lapalissiane caratteristiche dei link nei blog

Il grosso è stato fatto. Il contributo per Comunicare Fisica 2012, che quest'anno si terrà a Torino, al Museo di Scienze Naturali, è stato scritto nei suoi contenuti principali. Credo che ci saranno successivamente solo dei piccoli aggiustamenti e una stesura della bibliografia più puntuale. Ora, però, vorrei concentrarmi su uno degli articoli in particolare in cui mi sono imbattuto, Scholarly hyperwriting: The function of links in academic weblogs, dove la ricercatrice, María José Luzón Marco, cerca di capire la funzione dei link all'interno dei blog accademici:
Weblogs are gaining momentum as one of most versatile tools for online scholarly communication. Since academic weblogs tend to be used by scholars to position themselves in a disciplinary blogging community, links are essential to their construction. The aim of this article is to analyze the reasons for linking in academic weblogs and to determine how links are used for distribution of information, collaborative construction of knowledge, and construction of the blog's and the blogger's identity. For this purpose I analyzed types of links in 15 academic blogs, considering both sidebar links and in-post links. The results show that links are strategically used by academic bloggers for several purposes, among others to seek their place in a disciplinary community, to engage in hypertext conversations for collaborative construction of knowledge, to organize information in the blog, to publicize their research, to enhance the blog's visibility, and to optimize blog entries and the blog itself.
Dai risultati dello studio emerge che i link sono utilizzati per posizionarsi all'interno di una comunità e costruire delle relazioni; per distribuire e organizzare le informazioni; per collaborare nella costruzione della conoscenza; per creare una identità per il blogger e/o il suo blog; per conversare; per pubblicizzare la propria ricerca; per aumentare la visibilità del blog.
I link vengono poi classificati in varie categorie leggermente più tecniche: gli in-post link incorporati all'interno dei post (praticamente i link che rimandano ad altre pagine nella rete); i blog link, ovvero il menu di navigazione interno del blog; gli entry link, ovvero tutti i link che si trovano all'inizio del post, ma che in effetti si possono anche mettere alla fine, con le informazioni sull'autore, alle etichette e ai commenti; e infine i sidebar link, che non sono solo la classica blogroll, ma anche la tagcloud o qualsiasi altro collegamento che compare nella (o nelle!) barra laterale.
Se queste informazioni abbastanza lapalissiane non vi hanno fatto fuggire, aggiungo anche quest'altra osservazione che già sembra avere un carattere avanzato:
... only slightly more than half of the blogs linked to other blogs, the majority of the blogs received no comments, and fewer than a third of blog posts contained any links to external content.
E questo è certamente un male che affligge un po' tutti i blog in un po' tutto il mondo.
Ciò che però costituisce motivo di ulteriore stupore è come sia realmente difficile (se non impossibile) riuscire a trovare di articoli di questo genere una versione scaricabile, quasi come se i ricercatori che si occupano di blog, un sistema abbastanza aperto e pronto alla condivisione, non abbiano per nulla compreso questa importante caratteristica (o forse l'hanno compresa così bene che è in effetti il motivo principale della loro avversione).
María José Luzón (2009). Scholarly hyperwriting: The function of links in academic weblogs Journal of the American Society for Information Science and Technology, 60 (1), 75-89 DOI: 10.1002/asi.20937

lunedì 1 ottobre 2012

Ellissonetto

Il sonetto
non ha bisogno di provocarci,
è semplicemente 8 versi seguiti da sei
e tali geometrici trucchi
per i poeti sono solo un'abracadabra.
Ma per scrivere un'ellisse, come di punti
un luogo, ogni asse bisogna fissare
tale che maggiore e minore non si vanno a mescolare
e l'occhio della mente fuori fuoco mandare!
Lasciate che lo studioso di Milton o di Dante
si sottoponga a un'operazione leggera
rimuovendo il suo status-quo-ante
riguardo tale versificazione:
è facile da fare; e allora perché non si può
per il divertimento dell'ellittica
creazione?

P.S.: spero che Gerald L. Kaufman possa perdonarmi per la non troppo bella e divertente traduzione...

(l'originale su Scientific American)