Lo stile di queste immagini era molto in voga all'epoca di cui si discorre, e un esempio potete trovarlo nei libri di Joseph Priestley, come ad esempio "The History and Present State of Electricity".
E ora, buona lettura!
Più tardi, nel corso di quell'anno [1830], nel sud dell'Inghilterra ci furono una serie di sommosse da parte degli agricoltori, che erano stati ridotti alla fame a causa dell'introduzione di macchinari che potevano svolgere il loro stesso lavoro instancabilmente e a un prezzo inferiore. Distrussero trebbiatrici, bruciarono fabbriche e spedirono i manifesti delle loro idee ai proprietari terrieri e ai magistrati. Queste lettere erano firmate: "Capitan Swing".In questo modo è lo stesso Warren Ellis, nell'ultima pagina del diario del Capitan Swing, ad informarci sull'ispirazione prima di Capitan Swing e i pirati elettrici dell'isola delle braci, disegnato da Raulo Caceres. La storia che lo scrittore scozzese ha realizzato, una teslatopia, o un romanzo elettrico su un'utopia piratesca contrastata, la definisce lo stesso Ellis, sicuramente si avvicina al genere steampunk (per approfondimenti tecnici, leggete l'articolo di Simone Rastelli su Lo Spazio Bianco), quindi un fumetto che utilizza la scienza dell'elettricità, e infine è un'opera politica. Punto d'unione di tutte queste anime è il diario del Capitan Swing, che risulta alla fine anche una preziosa fonte di dati e informazioni storiche.
Il lettore, leggendo la storia, vedendo una nave volare grazie alla forza dell'elettricità, vedendo quegli strumenti strani illustrati tra le pagine del diario del Capitano può legittimamente chiedersi: c'è qualcosa di vero nel racconto? O sta forse mentendo Ellis/Swing quando scrive:
Propulsione ionica aerea(1). Levitazione elettrostatica(2). Elettrogravitazione. L'effetto Biefeld-Brown e l'elettrofluidodinamica(3). Non c'è niente di inventato qui. Appare semplicemente ucronico, immaginario e come se provenisse da un tempo fuori di sesto.In effetti molte delle questioni messe in campo da Ellis in questa citazione sono oggetto di ricerca nel campo della fisica e dell'elettromagnetismo. L'elettromagnetismo è quella branca della fisica che si occupa di studiare i campi elettrici e magnetici. Come ha dimostrato Maxwell, i due campi, elettrico e magnetico, sono profondamente legati uno all'altro e solo in una situazione statica si possono, con buona approssimazione, considerare separati.
In effetti però i due concetti di elettricità e magnetismo erano all'inizio separati, e in particolare le prime osservazioni sull'elittricità risalgono alla Grecia Antica:
Talete fu il primo a parlare dell'induzione dell'elettricità statica nel 600 a.c.Bisognerà aspettare mille anni circa per ricominciare, però, ad avere un qualche progresso nel campo:
Otto von Guericke costruì una macchina-frizione per l'accumulazione del carico elettrostatico intorno al 1650 d.c.Guericke, un fisico all'epoca prussiano, è famoso innanzitutto per i suoi esperimenti sull'aria, che in effetti risalgono al 1650 (stando alla Britannica). In particolare famoso è l'esperimento della sfera cava al cui interno è stato praticato il vuoto: i cavalli legati alle due calotte sferiche che componevano la sfera non riuscirono, dopo questa operazione, a separarle, dimostrando così la tremenda pressione esercitata dall'aria sugli oggetti.
E' del 1663 l'invenzione di cui scrive Ellis, ovvero il primo generatore elettrico della storia.
Il vero salto in alto, però, arriva con il 1800:
Nello stesso periodo della fondazione della polizia metropolitana, Francesco Zantedeschi scoprì l'induzione elettromagnetica (sebbene, in questo mondo così lento, Michel Faraday lo ignorasse quando, un anno dopo, pubblicò la stessa scoperta che divenne però ben più famosa).Un semplice esperimento di induzione elettrica (in questo caso elettrostatica) è sicuramente strofinare una penna su una maglia di lana possibilmente e poi vedere l'effetto che ha su alcuni pezzetti di carta. Oppure si può provare a fare la stessa cosa con una sferetta e un'asta, magari usando differenti materiali per capire quale di questi riesce ad attirare la sferetta dopo un opportuno strofinamento: In effetti ci sono alcune piccole differenze nei due esperimenti precedenti, anche se entrambi sono esperimenti di tipo induttivo, ovvero dove viene indotta nel materiale attirato, usualmente neutro, una distribuzione di carica differente rispetto a quella usuale. Ad ogni modo, in entrambi i casi (nel primo, quello con i pezzetti di carta, si parla più correttamente di polarizzazione) il materiale attirato vede al suo interno una ridisposizione delle cariche elettriche tale per cui la carica positiva si trova più vicina all'oggetto carico utilizzato per attirarlo e quindi la forza di Coulomb esercitata tra le due opposte distribuzioni è tale da avvicinare i due oggetti uno all'altro.
Storicamente, come ricordato da Ellis, fu il sacerdote e fisico italiano Francesco Zantedeschi a scoprire per primo l'induzione elettromagnetica nel 1929, anticipando così gli esperimenti di Faraday del 1831 anche con due pubblicazioni, una nel 1829 e l'altra nel 1830(4, 5, 6).
Il risultato di Faraday (e quindi di Zantedeschi), può alla fine essere riassunto in questo modo:
C'è corrente indotta ogni qualvolta c'è moto relativo tra il conduttore e le linee di forza magnetiche considerate come fisicamente esistenti.(7)Il lavoro di Faraday fu tutto esclusivamente sperimentale. Non a caso descrisse nel suo Experimental Researches in Electricity (libro in tre volumi che raccoglieva tutte le sue osservazioni):
Dai risultati relativi alla rotazione del filo e del magnete (3097, 3106), è inoltre evidente che quando un filo si muove di moto uniforme tra linee uguali (cioè in un campo di uguale forza magnetica), la corrente di elettricità prodotta è proporzionale al tempo; inoltre [è proporzionale] alla velocità del moto. Essi provano inoltre, in generale, che la quantità di elettricità immessa in una corrente è proporzionale al numero delle linee intersecate(7, 8)Una forma matematica alle leggi sperimentali scoperte da Faraday arriva grazie all'attento lavoro di James Clerk Maxwell, che scrive A Treatise on Electricity and Magnetism proprio con lo scopo di dare una forma matematica alle osservazioni del suo predecessore nel campo dell'elettromagnetismo. In particolare, per quel che riguarda l'induzione, scrive:
Invece di parlare di numero di linee di forza magnetica, potremmo parlare dell'induzione magnetica attraverso il circuito, cioè dell'integrale di superficie dell'induzione magnetica esteso su qualsiasi superficie confinata dal circuito(7, 9)che dal punto di vista matematico diventa: \[f_{em} = - \frac{\text{d} \phi}{\text{d} t}\] dove $\phi$ è il flusso del campo magnetico.
Questa, meglio nota come regola del flusso, non è stata ricavata da Maxwell, anche perché il fisico britannico era interessato a scrivere una equazione di campo, molto più generale di una semplice regola di calcolo come quella dell'equazione precedente. Non a caso, alla fine di due pagine di calcoli, 221 e 222 sul secondo volume, ricava l'espressione per il campo elettrico indotto: \[\vec{E}_i = \vec v \times \vec B - \frac{\partial \vec A}{\partial t} - \nabla \varphi\] Ritorniamo, però, ai pionieristici studi sperimentali sull'elettromagnetismo. In questo campo c'è sicuramente una scoperta che porta il marchio di fabbrica italiano, ovvero il diamagnetismo nei gas. L'idea iniziale risale a Luigi Coddé che propose l'esperimento che gli suggerì tale proprietà durante l'Ottavo Congresso degli Scienziati Italiani tenutosi a Genova nel settembre del 1846: in pratica bastava avvicinare un magnete a forma di cavallo alla fiamma di una candela per osservare un allungamento e un aumento di intensità luminosa nella fiamma stessa(10).
Sembra che anche il fisico Jean-Alexandre Duran affermò di aver osservato un effetto simile, e così Giovanni Battista Amici, che presiedeva la sessione, decise di ripetere l'esperimento di Coddé utilizzando gli strumenti a disposizione nel locale gabinetto di fisica. Purtroppo per Coddé l'esperimento non riprodusse i suoi risultati, ma la strada per il diamagnetismo dei gas era stata semplicemente aperta.
In effetti, quasi contemporaneamente al congresso di Genova, Faraday aveva ripreso i suoi esperimenti (siamo nel 1845) in particolare cercando di comprendere il rapporto tra magnetismo e materia
(...) intraprendendo una nuova serie di esperimenti in cui veniva utilizzato un elettromagnete con espansioni opportunamente allungate e alimentato da pile di Grove, in grado di fornire un campo magnetico disomogeneo e relativamente potente.(10)Utilizzando il suo apparato sperimentale, Faraday innanzitutto osservò quella che chiama una nuova proprietà magnetica, il diamagnetismo, ovvero i materiali posti sotto l'azione del campo magnetico si vanno a disporre lungo il piano di simmetria equatoriale, ovvero il piano perpendicolare a quello su cui giace il magnete. Ovviamente si interessò anche ai gas e qui fece una serie di esperimenti con dell'aria a diverse densità posta all'interno di alcune provette. L'effetto osservato era estremamente leggero e quindi non era possibile comprendere se dovuto esclusivamente al vetro della provetta o anche, pur se in minima parte, all'aria contenuta. La conclusione era dunque quella di una assenza di diamagnetismo nei gas, pur se Faraday si trovò a scrivere:
Comprendere se i risultati negativi ottenuti con l'uso di gas o vapori dipendano dall'inferiore quantità di materia in un dato volume, oppure se questa sia una diretta conseguenza delle alterate condizioni fisiche della sostanza è un punto di grande importanza per la teoria del magnetismo(10)
Una serie di materiali studiati da Faraday e classificati secondo il loro diamagnetismo
Evidentemente questo esperimento fallito, unito con le note osservazioni di Faraday sul diamagnetismo suggerirono a Bancalari di provare egli stesso e allo scopo costruì un magnete particolare partendo dai materiali presenti nel Gabinetto. In particolare decise di smontare la così detta macchina Pixii, realizzata nel 1832 dal costruttore parigino Antoine-Hyppolite Pixii con la consulenza di André-Marie Ampére. Smontando letteralmente il macchinario, Bancalari costruì uno strumento in grado di generare un campo magnetico disomogeneo, che avrebbe in questo modo esaltato un qualunque effetto diamagnetico. Evidentemente ricordandosi dell'esperimento di Coddé, Bancalari pose tra i due poli del magnete una fiamma osservando proprio l'effetto annunciato da Coddé nel 1846(10).
Il magnete di Bancalari
(...) tutti con piena soddisfazione e in una maniera evidentissima vedemmo, che ogni volta che veniva messa in giro la corrente la fiamma mostrava di sentire dai due pezzi di ferro, un'azione ripulsiva, venendo respinta alcun poco all'infuori, e che quest'azione cessava immediatamente al ritogliersi della corrente(10)Il risultato di Bancalari venne diffuso solo attraverso gli atti del congresso e non con una comunicazione diretta da parte dello scopritore. Fu invece il già citato Zantedeschi, che riprodusse positivamente il risultato presso l'Università di Torino, che diffuse con un suo articolo la scoperta di Bancalari. E fu proprio questo articolo che venne all'attenzione di Faraday, che, vista l'importanza dell'osservazione fatta dai fisici italiani, decise di proporre la traduzione dell'articolo di Zantedeschi(11), introducendolo con una nota opportuna(12).
E questa è solo una parte della storia sugli esperimenti legati all'elettromagnetismo, una parte per noi italiani molto interessante che dimostra come la fisica italiana dell'epoca non era solo Alessandro Volta ma contava anche altre menti brillanti come Zantedeschi e Bancalari.
Sezione video:
(1) In effetti il motore a propulsione ionica è stato utilizzato dalla NASA a partire dal 1998. Vedi la scheda su Torino Scienza.
(2) Più che di levitazione elettrostatica si dovrebbe parlare di levitazione magnetica. In questo campo, in effetti, si è ottenuto un successo abbastanza concreto. Il grandissimo Michael Berry, insieme con il Premio Nobel per la Fisica 2010 Andre Geim pubblicò nel 1997 un lavoro sulla levitazione delle rane (pdf) in cui insieme a Geim riuscirono a far levitare reaklmente una rana (vedi video). Grazie a questo lavoro i due fisici vinsero l'IgNobel nel 2000. Maggiori dettagli su Rangle.
Anche l'argomento successivo, l'elettrogravitazione, in ultima analisi può essere riportato nella stessa linea di ricerca della levitazione magnetica.
(3) L'effetto Biefeld-Brown è un effetto della così detta elettroidrodinamica, anche detta elettrofluidodinamica, e prevede la produzione di un vento ionico che trasferisce il suo impulso alle particelle neutre del circondario e fu scoperto per la prima volta dal tedesco Paul Alfred Biefeld e dallo statunitense Thomas Townsend Brown. In particolare quest'ultimo ha registrato un po' di patenti di marchingegni che potremmo considerare alla base delle barche volanti presenti nel fumetto scritto da Ellis.
(4) Ohry A., Michael Faraday (1791 – 1867), science, medicine, literature and his disability (pdf)
(5) Martins, R.D.A. (2007). Ørsted, Ritter, And Magnetochemistry, Boston Studies in the Philosophy and History of Science, 241 385. DOI: 10.1007/978-1-4020-2987-5_16 (pdf)
(6) Francesco Zantedeschi, Relazione delle principali scoperte magneto elettriche (Verona: Antonelli, 1834)
(7) G. Giuliani (2008). Glossario - L'induzione elettromagnetica: un percorso didattico Il Giornale di Fisica, 49 (4), 291-304 : 10.1393/gdf/i2008-10072-8 (pdf)
(8) Dal terzo volume, p. 346, dell'opera di Faraday.
Gli altri due volumi possono essere trovati sul Project Gutenberg e su archive.org
(9) James Clerck Maxwell, A Treatise on Electricity and Magnetism (1873)
(10) M. Leone, A. Paoletti, N. Robotti (2009). La Fisica nei "Gabinetti di Fisica" dell'Ottocento: il caso dell'Università di Genova Il Giornale di Fisica, 50 (3), 135-154 : 10.1393/gdf/i2009-10106-9 (pdf)
(11) Zantedeschi, F. (1847). On the motions presented by flame when under the electro-magneticinfluence, Philosophical Magazine Series 3, 31 (210) 424. DOI: 10.1080/14786444708645887 (versione scannerizzata)
(12) Faraday, M. (1847). On the diamagnetic conditions of flame and gases, Philosophical Magazine Series 3, 31 (210) 421. DOI: 10.1080/14786444708645886
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