Stomachion

Visualizzazione post con etichetta alessandro baricco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta alessandro baricco. Mostra tutti i post

domenica 18 maggio 2025

Topolino #3625: Il ritorno di Novecento

topolino3625-estratto-cover
Era il 2008, dieci anni dopo l'uscita de La leggenda del pianista sull'oceano di Giuseppe Tornatore, quando su Topolino, sul #2737 per la precisione, Alessandro Baricco, Tito Faraci e Gioprgio Cavazzano mettevano insieme i loro talenti per dare ai lettori la parodia disneyana proprio del "romanzo" di Baricco, Novecento. A interpretare il protagonista del libro, Novecento, appunto, troviamo Pippo, scelta quanto mai indicata per molti motivi: la semplicità con cui il personaggio ideato da Baricco era in grado di estrarre note dalla sua testa poteva essere rappresentata solo dalla semplicità con cui Pippo affronta la vita. Inoltre la logica estrema con cui spesso gli autori hanno caratterizzato Pippo ben si adattava per rendere in maniera più leggera rispetto al romanzo le idiosincrasie di Novecento. Senza dimenticare, poi, che la parodia disneyana in un certo senso restituiva al lettore che, come me, aveva anche letto il libro, un personaggio forte che lo stesso Baricco aveva "ucciso" con un finale che ovviamente non era presentabile su Topolino.

sabato 22 febbraio 2020

Senza sangue a fumetti

Lessi Senza sangue di Alessandro Baricco diversi anni fa. Ricordavo più o meno la storia: una donna incontra un uomo, più vecchio di lei. L'incontro non è casuale, visto che l'uomo faceva parte di una spedizione punitiva che uccise il padre e il fratello. I due, però, si raccontano e chiudono i conti con la più grande delle faide umane: la guerra.
La versione a fumetti, uscita sempre per Feltrinelli, viene realizzata da Tito Faraci con Francesco Ripoli ai disegni. L'ombra sembra essere sostanzialmente fedele al soggetto di Baricco, ma, per quel che ricordo del romanzo originale, risulta anche più lineare e semplice da seguire. In effetti la visione sfumata dei personaggi risulta molto più chiara rispetto al testo di Baricco (sempre a quel che ricordo la lettura del breve romanzo), mentre Ripoli, utilizzando una colorazione fatta soprattutto di sfumature di giallo, a parte alcuni flashback, fornisce l'idea di un'ambientazione calda, da paese latino. Inoltre il tratto realistico è reso evocativo grazie all'uso della matita non inchiostrata (o forse del suo equivalente digitale).
In conclusione, forse è eccessivo affermare che il Senza sangue di Faraci e Ripoli è migliore del Senza sangue di Baricco, ma, a quel che ricordo, direi che è proprio così.

domenica 22 settembre 2013

Gli occhi del mare

(il primo a parlare è Bartleboom, il secondo il piccolo Dood, o almeno questo è il suo nome, qui)

- Dove ce li ha, gli occhi, il mare?
- ...
- Perché ce l'ha, vero?
- Sì.
- E dove cavolo sono?
- Le navi.
- Le navi cosa?
- Le navi sono gli occhi del mare.
Rimane di stucco, Bartleboom. Questa non gli era proprio venuta in mente.
- Ma ce n'è a centinaia di navi...
- Ha centinaia di occhi, lui. Non vorrete mica che se la sbrighi con due.
Effettivamente. Con tutto il lavoro che ha. E grande com'è. C'è del buon senso, in tutto quello.
- Sì, ma allora, scusa...
- Mmmmh.
- E i naufraghi? Le tempeste, i tifoni, tutte quelle cose lì... Perché mai dovrebbe ingoiarsi quelle navi, se sono i suoi occhi?
Ha l'aria perfino un pò spazientita, Dood, quando si gira verso Bartleboom e dice
- Ma voi... voi non li chiudete mai gli occhi?

(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

lunedì 18 marzo 2013

Scrivere ritratti

Più riguardo a Mr Gwyn
Ci sono alcuni momenti veramente geniali, come solo Stefano Benni li riesce a scrivere. Altri in cui sembra che sia proprio lì, dietro l'angolo, il colpo di genio, ciò che ti fa spanciare dalle risate per un minuto buono prima di riprendere la lettura. E forse il problema del libro è proprio quello: che sembra il peggior romanzo mai scritto da Stefano Benni.
Ma poi lo chiudi, leggi il nome sulla copertina, che non è Stefano Benni, e tiri un sospiro di sollievo.

P.S.: in effetti la seconda parte del libro propone dei passaggi gradevoli, ma mettete da conto che il giudizio potrebbe essere influenzato dal fatto che il protagonista è un uomo che, abbandonata l'attività di romanziere, inizia a scrivere ritratti. Come si fa qui.

venerdì 21 dicembre 2012

Il volo

L'uomo lasciò la locanda la mattina dopo. C'era un cielo strano, di quelli che corrono veloci, hanno fretta di tornare a casa. Soffiava vento da nord, forte, ma senza far rumore. All'uomo piaceva camminare. Prese la sua valigia e la sua borsa piena di carta, e si avviò lungo la strada che se ne andava, di fianco al mare. Camminava veloce, senza voltarsi mai. Così non la vide, la locanda Almayer, staccarsi da terra e disfarsi leggera in mille pezzi, che sembravano vele e salivano nell'aria, scendevano e salivano, volavano, e tutto portavano con sé, lontano, anche quella terra e quel mare, e le parole e le storie, tutto, chissà dove, nessuno lo sa, forse un giorno qualcuno sarà così stanco che lo scoprirà.

FINE

(da Oceano mare, di Alessandro Baricco)

mercoledì 24 febbraio 2010

Omero, Iliade

More about Omero, IliadeBaricco, chiamato a raccontare in pubblico l'Iliade di Omero, rimanda a lungo l'operazione, indeciso tra questa e l'altra sua opera più amata, il Moby Dick di Melville. Alla fine decide di affrontare prima l'Iliade e quello che ne esce fuori è la riscrittura ristampata nell'Universale Economica Feltrinelli con una bella copertina di Gianluigi Toccafondo.
Alessandro Baricco, uno dei miei scrittori preferiti, quando passò dall'Università della Calabria, parlò di guerra, e di guerra parla proprio l'Iliade, di quanto è violenta, ma anche di quanto è bella. E soprattutto Baricco enfatizza, nella postfazione, quanto poco si faccia la guerra nell'Iliade e quanto a lungo si perda tempo a parlare e discutere. Ed è vero, leggendo la riscrittura baricchiana: si notano i discorsi aulici, lunghi, che fondamentalmente sono intatti rispetto alla versione poetica di Omero, affiancati dalle descrizioni dei forti e splendidi guerrieri.

lunedì 8 febbraio 2010

La congiunzione

(si parla della nebbia, perché sulla spiaggia è una giornata di nebbia. A parlare è Dira, una bambina di 10 anni che sta alla... reception)

(...) La notte, poi... capita di non capirci proprio più niente. Pensate che Arlo Crut, una sera, è tornato a casa, ha sbagliato casa ed è finito dritto dritto nel letto di Metel Crut, suo fratello. Metel neanche se ne accorse, dormiva come un sasso, ma la moglie sì che se ne accorse. Un uomo che si infilava nel suo letto. Da non crederci. Bé sapete cosa gli disse, lei?
E qui, nella testa di Padre Pluche si scatenò la consueta sfida. Due belle frasi partirono dai blocchi di partenza del cervello con davanti a sé il traguardo ben preciso di una voce con cui uscire all'aperto. La più sensata delle due, considerato che si trattava pur sempre della voce di un prete, era sicuramente
- Fallo, e mi metto a gridare.
Ma aveva il difetto di essere falsa. Vinse l'altra, quella vera.
- Fallo, o mi metto a gridare.
- Padre Pluche!
- Cosa ho detto?
- Cosa avete detto?
- Io ho detto qualcosa?

(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

mercoledì 26 agosto 2009

Sulla spiaggia...

Sai cos'è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. E' come se non fosse passato mai nessuno. E' come se non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. E' tempo. Tempo, che passa. E basta.
Sarebbe un rifugio perfetto. Invisibili a qualsiasi nemico. Sospesi. Bianchi come i quadri di Plasson. Impercettibili anche a se stessi. Ma c'è qualcosa che incrina questo purgatorio. Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezza, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama. Lo scoprirai, Elisewin. Non fa altro, in fondo, che questo: chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente, li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succede in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno. Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.

(Ann Deverià a Elisewin, da Oceano mare di Alessandro Baricco)

mercoledì 24 dicembre 2008

Io una volta ho visto gli angeli

(...) lui era uno di quelli che quando non ci sono più lo senti. Come se il mondo intero diventasse, da un giorno all'altro, più pesante. Capace che questo pianeta, e tutto quanto, resta a galla nell'aria solo perché ci sono tanti Bartleboom, in giro, che ci pensano a tenerlo su. Con quella loro leggerezza. Senza aver la faccia da eroi, ma intanto tengono su la baracca. Sono fatti così. Bartleboom, lui, era fatto così. Per dire: era uno capace di prenderti sottobraccio, un giorno qualsiasi, per strada, e dirti in gran segreto
- Io una volta ho visto gli angeli. Stavano sulla riva del mare.
Con tutto che lui non ci credeva, in Dio, era uno scienziato, e per le cose di chiesa non aveva una gran predisposizione, se capite cosa voglio dire. Ma aveva visto gli angeli. E te lo diceva. Ti prendeva sottobraccio, un giorno qualsiasi, per strada e con la meraviglia negli occhi, te lo diceva.
- Io una volta ho visto gli angeli.
Si può non voler bene a uno così?

(da Oceano mare, di Alessandro Baricco)

giovedì 13 novembre 2008

"il tocco Plasson"

(...) curiosa caratteristica stilistica altrimenti traducibile nel talento, invero singolare, con cui l'apprezzato pittore sapeva regalare un riflesso d'intelligenza a qualsiasi sguardo, foss'anche un vitello. "Foss'anche un vitello" era una precisazione che, di solito, nei salotti si stralciava.

(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

sabato 20 settembre 2008

Timbuktu

Gli venne in mente, senza spiegazioni, una delle tante leggende che circolavano su quella città: che le donne, laggiù, tenevano un solo occhio scoperto, meravigliosamente dipinto con terre colorate. Si era sempre chiesto perché mai avrebbero dovuto nascondere l'altro. Si alzò e si avvicinò oziosamente alla finestra. Stava pensando di aprirla quando una voce, nella sua testa, lo immobilizzò pronunciando una frase nitida ed esatta:

- Perché nessun uomo potrebbe reggere il loro sguardo senza impazzire.

(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

domenica 3 agosto 2008

Il pittore nel mare

Tutt'intorno nessuno. Quasi nessuno. Nel mare - che ci fa nel mare? - un pittore.
(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

mercoledì 22 settembre 2004

Domande

Com'è la fine del mondo? -, gli chiese Baldabiou.
- Invisibile.
Alla moglie Hélène portò in dono una tunica di seta che ella, per pudore, non indossò mai. Se la tenevi tra le dita, era come stringere il nulla.

(da Seta, di Alessandro Baricco)

venerdì 17 settembre 2004

Ombre

Solamente silenzio, lungo la strada. Il corpo di un ragazzino, per terra. Un uomo inginocchiato. Fino alle ultime luci del giorno.

(da Seta, di Alessandro Baricco)

mercoledì 9 giugno 2004

Viaggio verso il mare

Ancora adesso, nelle terre di Carewall, tutti raccontano quel viaggio. Ognuno a modo suo. Tutti senza averlo mai visto. Ma non importa. Non smetteranno mai di raccontarlo. Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno - un padre, un amore, qualcuno - capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume - immaginarlo, inverntarlo - e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare.

(da Oceano mare di Alessandro Baricco)

venerdì 21 maggio 2004

Preti e ammiragli

[Padre Pluche] Partì il giorno dopo. Era già sulla carrozza, quando ne ridiscese e avvicinandosi a Langlais gli disse:
- Sapete una cosa? Avrei detto che gli ammiragli stessero sul mare...
- Anch'io avrei detto che i preti stessero nelle chiese.
- Oh, bé, sapete, Dio è dappertutto...
- Anche il mare, Padre. Anche il mare.

(da Oceano mare, di Alessandro Baricco)

venerdì 9 aprile 2004

Lieve e inspiegabile

Se gliel'avessero chiesto, Hervé Joncour avrebbe risposto che sarebbero vissuti così, per sempre. Aveva con sé l'inattaccabile quiete degli uomini che si sentono al loro posto. Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva attraverso il parco fino al lago, e si fermava per ore, sulla riva, a guardare la superficie dell'acqua incresparsi formando figure imprevedibili che luccicavano a caso, in tutte le direzioni. Era uno solo, il vento: ma su quello specchio d'acqua, sembravano mille, a soffiare. Da ogni parte. Uno spettacolo. Lieve e inspiegabile.
Ogni tanto, nelle giornate di vento, Hervé Joncour scendeva fino al lago e passava ore a guardarlo, giacché, disegnato sull'acqua, gli pareva di vedere l'inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita.
- da Seta, di Alessandro Baricco

venerdì 2 aprile 2004

Castelli, dentro castelli, dentro castelli...

Immagine di Castelli di rabbiaDi solito si dice: costruire castelli in aria. Di solito si costruisce in aria quando si la propria mente realizza sogni e immagina cose e vuole staccarsi dalla vita di ogni giorno. E ognuno inventa mondi diversi, nei quali rifugiarsi, nei quali rifugiare i suoi personaggi, come amici invisibili che vede solo lui, nessunaltro. E a volte capita di imbattersi in certe storie, che sembrano vere, che sono dei sogni fatti di sabbia, che al primo vento volano via e lasciano una traccia solo nel ricordo di chi le ha lette, di chi le ha ascoltate. A volte sono sogni fatti di vetro, destinati a rompersi non appena qualcuno di maldestro li tocca, e li fa cadere a terra, senza che nessuno li possa raccogliere. A volte sono sogni fatti di rabbia, che impediscono di crollare quando si e' nel fondo, quando sembra di non riuscirsi a sollevare e solo l'obiettivo finale spinge ad andare avanti, e avanti, e avanti... fino a che non si arriva. E allora anche quei sogni volano via, senza troppi rimpianti.
Una volta ho letto una storia che sembrava vera. Le persone, per quanto particolari, sembravano vere e niente potevi dir loro: esistevano e basta. Facevano sogni e castelli in aria e la loro sostanza era quella del vetro, dell'aria, della rabbia. Ma alla fine, quando ormai quelle persone erano amici fedeli, la storia altro non era che un castello con dentro tanti altri castelli: e la storia era bella lo stesso...

sabato 31 gennaio 2004

Lieve come seta

Ci sono alcune giornate particolari, in cui il vento soffia leggero e lieve e ti accarezza la faccia, facendosi sentire, ma al tempo stesso senza sembrare veramente presente.
Ci sono giornate in cui il soffio del vento sembra proteggerti, cercarti dentro come se volesse carpire i tuoi più intimi segreti, in cui il suo tocco lieve ti riporta alla mente un tessuto lieve, leggero al tatto, trasparente alla vista, quasi come fosse niente.
E ci sono giorni in cui ti sembra che la tua vita scorra così, senza altro motivo se non quello di portarti avanti, senza foga, con la calma di un luogo lontano e sconosciuto. Giorni in cui anche una pericolosissima impresa può sembrare la cosa più naturale e lieve del mondo.

Ci sono giorni in cui ti puoi imbattere, così senza preavviso, in storie che, come la tua, sono lievi come la... Seta.

venerdì 16 gennaio 2004

Il ritratto del mare

Il mare è difficile.
(...)
PLASSON - E' difficile capire da dove iniziare. Vedete, quando facevo ritratti, ritratti alla gente, io lo sapevo da dove iniziare, guardavo quelle facce e sapevo esattamente... (stop)
(...)
Quando facevo i ritratti alla gente iniziavo dagli occhi. Dimenticavo tutto il resto e mi concentravo sugli occhi, li studiavo, per minuti e minuti, poi li abbozzavo, con la matita, e quello era il segreto, perché una volta che voi avete disegnato gli occhi... (stop)
(...)
Succede che tutto il resto viene da sé, è come se tutti gli altri pezzi scivolassero da soli intorno a quel punto iniziale, non c'è nemmeno bisogno di... (stop)
(...)
No. Uno può quasi evitare di guardare il modello, tutto viene da sé, la bocca, la curva del collo, perfino le mani... Ma quel che è fondamentale è partire dagli occhi, capite?, e qui sta il vero problema, il problema che mi fa impazzire, sta esattamente qui:... (stop)
(...)
Il problema è: dove cavolo sono gli occhi del mare? Non riuscirò mai a combinare nulla finché non lo scoprirò, perché quello è il principio, capite?, il principio di tutto, e finché non capirò dov'è continuerò a passare i miei giorni a guardare questa maledetta distesa d'acqua senza... (stop)
(...)
Questo è il problema: dove inizia il mare?

(Plasson, pittore, a Bartleboom, studioso, da Oceano mare di Alessandro Baricco)