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giovedì 12 luglio 2018

La scoperta del neutrone

La storia dei modelli atomici risale sin dai tempi di Democrito, ma entra nella scienza moderna solo grazie al modello a panettone di Joseph John Thomson. Il passo successivo venne compiuto da Hans Geiger e Ernest Marsden che nel 1909 verificarono l'idea di Thomson e nel 1911 da Ernest Rutherford, che interpretò i risultati ottenuti suggerendo che l'atomo fosse costituito da un nucleo positivo centrale e da una nuvola di elettroni che vi ruotava intorno. Inoltre il nucleo, sempre secondo Rutherford, non era costituito solo da cariche positive.
Per poter completare il quadro sul nucleo fu necessario aspettare il 1930 quando Walther Bothe e Herberth Becker(1) realizzarono la prima osservazione del neutrone: i due fisici sperimentali bombardando una targhetta di berillio con particelle $\alpha$ (ovvero un nucleo di elio) prodotte dal decadimento del polonio. Come effetto di tale bombardamento osservarono l'emissione di una radiazione molto penetrante proveniente dal berillio colpito. L'idea dei due ricercatori tedeschi era che il berillio emettesse una sorta di radiazione $\gamma$ (fotoni) con un coefficiente di assorbimento di 0,3 cm-1(2) e una penetrazione all'interno del materiale di circa 20 cm(3). L'energia di questi fotoni era supposta estremamente grande.
Il passo successivo fu fatto da H.C. Webster(4), che riprodusse i risultati di Bothe e Becker, proponendo quattro distinte interpretazioni:
  1. Ha luogo una collisione anelastica tra la particella $\alpha$ e il nucleo senza la cattura della particella $\alpha$. L’energia perduta dalla particella $\alpha$ è irradiata come quanto, come nella produzione di radiazione X continua per impatto di un elettrone.
  2. Si verifica lo stesso processo, salvo che l’energia perduta dalla particella $\alpha$ eccita il nucleo, che successivamente ritorna al suo stato nurmale emettendo radiazione $\gamma$.
  3. La particella $\alpha$ è catturata dal nucleo, si forma un nuovo nucleo normale e l’eccesso di energia è allo stesso tempo irradiato come quanto.
  4. La particella $\alpha$ è catturata dal nucleo, con una parte dell’energia disponibile viene emesso un protone, lasciando il nuovo nucleo in uno stato eccitato. Successivamente si verifica una transizione verso lo stato normale, con l’emissione di un quanto di raggi $\gamma$.
A conferma delle osservazioni di Webster ecco arrivare nel 1931 Irène Curie(5): la figlia di Marie Curie confermò l'enorme energia trasportata dalla presunta radiazione $\gamma$ osservata.
L'anno dopo, Irène, insieme con il marito Frédéric Joliot(6), realizzò delle nuove osservazioni non solo con il berillio ma anche con il boro, dove si rilevò che i protoni venivano espulsi con una velocità considerevole.
I due ricercatori suggerirono che l'energia era stata trasferita dal berillio al protone attraverso un processo simile all'effetto Compton degli elettroni(7).
Né Rutherford, né James Chadwick erano convinti della validità dell’ipotesi della radiazione $\gamma$. Così quest’ultimo realizzò una serie di esperimenti che mostrarono che tale radiazione era costituita da particelle neutre(2, 7). Questa scoperta permise a Werner Heisenberg, tra il 9132 e il 1933, di completare il modello del nucleo atomico. Infine fu sempre Chadwick, tra il 1934 e il 1935, questa volta con il suo allievo Maurice Goldhaber, a fornire la prima misura accurata della massa del neutrone(8).
  1. Bothe, W.; Becker, H. (1930). Künstliche Erregung von Kern-Strahlen [Artificial excitation of nuclear-radiation]. Zeitschrift für Physik 66 (5-6): 289.
  2. Chadwick, J. (1932). Possible existence of a neutron. Nature, 129(3252), 312. doi:10.1038/129312a0
  3. Liu, M. (2009) The Discovery of Fission
  4. Webster, H. C. (1932). The artificial production of nuclear γ-radiation. Proc. R. Soc. Lond. A, 136(829), 428-453. doi:10.1098/rspa.1932.0093
  5. Curie, I. (1931) C.R. Acad. Sci. Paris, 193, 1412 (1931)
  6. Curie, I., & Joliot, F. (1932) C.R. Acad. Sci. Paris, 194, 273 (1932)
  7. Chadwick, J. (1932). The existence of a neutron. Proc. R. Soc. Lond. A, 136(830), 692-708. doi:10.1098/rspa.1932.0112 (html)
  8. Chadwick, J., & Goldhaber, M. (1934). A nuclear photo-effect: disintegration of the diplon by-Rays. Nature, 134, 237-238. doi:10.1038/134237a0
    Chadwick, J., & Goldhaber, M. (1935). The nuclear photoelectric effect. Proceedings of the Royal Society of London. Series A, Mathematical and Physical Sciences, 151(873), 479-493. doi:10.1098/rspa.1935.0162

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