United we stand
Si conclude in maniera abbastanza scontata la parodia di Bosco e Ziche de Le piccole donne di Louisa May Alcott. Il finale, però, proprio perché conferma le attese, non delude, anche grazie alla capacità dei due autori di proporre al lettore scene dalla forte carica emotiva. Inoltre il ritmo narrativo, in particolare della prima dinamica parte, permette una lettura veloce e lineare ottimamente enfatizzata dalle capacità espressive del tratto della disegnatrice.Nel complesso, pur prendendo una direzione differente rispetto al libro originario e alla parodia dei primi anni Novanta del XX secolo di Claudia Salvatori e Lino Gorlero, le variazioni nella trama risultano ottime per far emergere i caratteri delle quattro sorelle Quarch, mentre l'enfasi della trama si sposta dal percorso di crescita del romanzo della Alcott, al rapporto tra le protagoniste e alla costruzione dei legami familiari ed extra-familiari, senza dimenticare l'autodeterminazione del proprio potenziale espressivo. Inevitabile, poi, il confronto con le Piccole papere della Salvatori: la storia di Bosco risulta, nel complesso, molto più dinamica e meglio legata nel suo sviluppo rispetto alla parodia del 1992 e al seguito del 1993. In quel caso la sceneggiatrice aveva optato per una soluzione abbastanza semplice con Paperina che legge i due romanzi scritti dalla Alcott e si immedesima nelle quattro sorelle March, sostituendo ai protagonisti i componenti della famiglia dei paperi. In questo caso la Salvatori decide di enfatizzare gli aspetti moderni e femministi delle caratterizzazioni delle sorelle, le cui vicende vengono però seguite in maniera slegata una dall'altra, mancando così la parte di approfondimento legata ai rapporti interni della famiglia. Questo problema viene in parte mitigato nel seguito, Piccole papere crescono, ma non del tutto eliminato. La stessa presenza di Paperina risulta poi eccessiva nel complesso, diventando una sorta di commentatrice più che di lettrice.
Nel confronto, dunque, è proprio la parodia di Bosco e Ziche a risultare quella più efficace, nonostante le licenze che quest'ultima si è concessa rispetto a quella di Salvatori e Ziche.
Sulle tracce di Robert Johnson
Giuseppe Zironi, da grande appassionato di musica, propone su questo numero di Topolino Le notti blues, il cui coprotagonista, Pippson, è evidentemente ispirato a Robert Johnson visto che, come leggenda vuole, Pippson ha trovato la sua fida chitarra a un incrocio dopo aver incontrato il signore dei crocicchi, noto anche come Papa Legba. La connessione con Johnson è evidenziata anche da alcune battute di Pippson, che mostrano come, in compagnia di Mickey, sia un bluesman itinerante, proprio come il mitico pioniere del genere.La storia, ambientata agli inizi del XX secolo in un piccolo paese della periferia statunitense, racconta di una speculazione edilizia e di una truffa, di un concorso blues e del classico riscatto di un'ipoteca che contrasta i progetti per il futuro di Mickey e Minny.
Unico difetto è forse l'assenza di una grande variabilità nei protagonisti: gli unici animali antropomorfi sono i protagonisti disneyani classici, mentre i caratteristi di contorno risultano i soliti cani antropomorfizzati (o umani animalizzati). C'è, però, il cameo di un personaggio di contorno che ricorda Olivia Oyl, che però si accompagna a un contadino e non a un marinaio guercio. Infine risulta particolarmente efficace, come spesso succede nelle storie da autore completo, la capacità di Zironi di enfatizzare le scene chiave grazie a un'ottima gestione delle ombre.
In fondo al mar
Andreas Pihl realizza una storia a metà strada da Carl Barks e Jerry Siegel: ne Il pericolo sottomarino Paperone e nipoti, in questo caso avversari nell'attività di ricerca sottomarina, si imbattono in una popolazione sottomarina di pesci intelligenti. La storia viene complicata dalla presenza di uno strano macchinario e di una faida con i vicini polpi intelligenti.Senza pretese di messaggi ecologisti, Pihl realizza un'avventura pura, leggera, divertente, che stilisticamente ricorda i due autori citati poco sopra e impreziosita dai sempre bellissimi disegni marini di Giorgio Cavazzano. Il modo migliore per chiudere un numero in cui il resto delle storie a sommario risultano delle semplici riempitive, come ormai accade da tempo.
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