Stomachion

martedì 31 luglio 2018

Verismo astronomico

Come avrà capito chi mi segue su twitter o instagram, settimana scorsa sono stato a Palermo per qualche giorno al lavoro presso l'Osservatorio Astronomico per uno dei progetti legati a Edu INAF. L'Osservatorio, a Palermo, si trova ospitato all'interno del suggestivo e immenso Palazzo dei Normanni, il punto più alto di Palermo da cui si può osservare buona parte della città, in particolare quella che si affaccia sul mare. Al suo interno, come molti Osservatori, ospita anche un museo che raccoglie una serie di strumenti astronomici. Tra questi c'è anche il telescopio qui sotto, descritto ne Il Gattopardo di Tommasi di Lampedusa e utilizzato dal padre dello scrittore.

lunedì 30 luglio 2018

Topolino #3270: Il grande spettacolo delle piccole papere

Anche se il prossimo numero di Topolino è prossimo alla pubblicazione, eccomi qui con un paio di giorni di ritardo sull'usuale per scrivere le solite due righe sul numero ancora in edicola, che vede la conclusione di Piccole grandi papere di Marco Bosco e Silvia Ziche.
United we stand
Si conclude in maniera abbastanza scontata la parodia di Bosco e Ziche de Le piccole donne di Louisa May Alcott. Il finale, però, proprio perché conferma le attese, non delude, anche grazie alla capacità dei due autori di proporre al lettore scene dalla forte carica emotiva. Inoltre il ritmo narrativo, in particolare della prima dinamica parte, permette una lettura veloce e lineare ottimamente enfatizzata dalle capacità espressive del tratto della disegnatrice.
Nel complesso, pur prendendo una direzione differente rispetto al libro originario e alla parodia dei primi anni Novanta del XX secolo di Claudia Salvatori e Lino Gorlero, le variazioni nella trama risultano ottime per far emergere i caratteri delle quattro sorelle Quarch, mentre l'enfasi della trama si sposta dal percorso di crescita del romanzo della Alcott, al rapporto tra le protagoniste e alla costruzione dei legami familiari ed extra-familiari, senza dimenticare l'autodeterminazione del proprio potenziale espressivo.

domenica 29 luglio 2018

Automi scrivani


Uno dei disegni dell'automa di Henri Maillardet
Tra le pagine di Robot fuorilegge John Sladek fa partire la storia della robotica moderna con il ragazzo meccanico dello svizzero Henri Maillardet.
In effetti, dal punto di vista della mitologia, la storia degli automi risale a partire dall'antica Grecia con gli assistenti meccanici di Efesto o con Talos, gigantesco uomo di bronzo guardiano di Crera e antesignano dei mecha, proprio come il colosso di Rodi. A quanto pare l'isola aveva una forte tradizione meccanica, come riporta in questi versi il poeta Pindaro:
Le figure animate
adornano ogni strada pubblica
e sembrano respirare nella pietra,
o muovere il loro piedi di marmo.
Tutto ciò nulla toglie al tono leggendario dei versi, che potrebbero tranquillamente riferirsi a delle statue talmente belle e dettagliate da sembrare animate, soprattutto considerando che il meccanismo più complesso finora ritrovato dall'antica Grecia è il noto meccanismo di Antikythera (o Anticitera).
Facendo un salto al periodo medioevale, sono molti i documenti con progetti di automi dalle fattezze più svariate, dagli animali come i serpenti agli esseri umani. In questo mi sembra interessante citare gli automi di Al-Jazari che servivano per aiutare nel lavaggio delle mani: un automa dalle fattezze femminili, tirando un'apposita levetta, riempiva una bacinella d'acqua, utilizzando un meccanismo molto simile a quello impiegato nei bagni moderni. Una versione più sofisticata prevedeva invece l'uso di piccoli automi umani che porgevano salviettine e sapone all'utente.
Quello che possiamo considerare il boom dell'automazione arriva, però, con il rinascimento, quando gli automi vengono impiegati per gli spettacoli o per stupire le persone comuni. Si possono allora citare i diavoli meccanici di Giovanni Fontana o i progetti non realizzati di Leonardo Da Vinci o il monaco a orologeria probabilmente costruito da Gianello Torriani.
Famosi, poi, gli automi di Athanasius Kircher, in grado persino di parlare, e quelli scrivani di Pierre Jaquet-Droz e di Henri Maillardet, che fu allievo del primo.

sabato 28 luglio 2018

Zio Paperone #1: Il supercomputer affaristico

Con appena l'aggiunta di un euro veniva abbinato a Topolino #3269 della scorsa settimana il primo numero del nuovo mensile Zio Paperone, che pur riprendendo il titolo della storica testata per collezionisti e, parzialmente, il desing del primo logo, si presenta in edicola con un'impostazione molto più simile a quella di Paperino: una storia inedita d'apertura e alcune ristampe. Il primo numero, abbastanza snello di poco più di 160 pagine stampato su carta leggera tipo quella di Skorpio e Lancio Story, presenta un sommario di 6 storie. Di queste, visto il tema tenuto nei post della settimana, mi occupo brevemente dell'ultima, Zio Paperone e la supergestione monetaria di Fabio Michelini e Roberto Marini.
Affrancarsi dagli affari
Paperon de' Paperoni ha un problema: lo stress. Questi gli impedisce di svolgere gli affari mentre resta bloccato nel declamare i nomi delle monete della storia. Il consiglio del medico: abbandonare gli affari per un paio di mesi.
Paperone, che non vuole perdere denaro, si rivolge ai propri tecnici che costruiscono un supercomputer in grado di gestire tutti i suoi affari, ottimizzandoli. All'inizio la situazione prosegue con una certa tranquillità, mentre Paperone può dedicarsi al suo passatempo preferito: nuotare tra le monete come un delfino, scavare cunicoli come una talpa, gettarsi il denaro in testa come sotto una doccia.
I problemi sorgono quando, nell'opera di ottimizzazione, il supercomputer decide di ottimizzare anche il deposito!
Molto spesso, infatti, gli autori, dimenticandosi di alcune semplici regole dell'economia, più concentrati nella rappresentazione dell'avidità di Paperone che non nelle capacità affaristiche, hanno preferito mostrare il flusso di monete in entrata al deposito, dimenticandosi che quelle monete risultano sottratte a qualunque flusso economico, non generando alcuna ricchezza! Da questa considerazione il supercomputer di Paperone decide che il denaro va depositato in una delle banche di Paperone, mentre il deposito smantellato e sostituito con un'attività più redditizia.
Questa situazione di crisi che allontana Paperone dal suo denaro permette, così, a Michelini di mostrare come il legame tra Paperone e il suo denaro vada oltre il semplice accumulo delle ricchezze, ma è un rapporto molto più giocoso e leggero, ma al tempo stesso molto più difficile da recidere perché legato a quella parte della qualità della vita che non può essere misurata con il semplice reddito.
Lo status quo alla fine viene ripristinato grazie a un'opera di hacking condotta dai nipotini, ma che risulta piuttosto debole nella sua descrizione. Qui Quo Qua, infatti, non agiscono da nerd realizzando un algoritmo in grado di provare per loro le password per accedere al server del supercomputer, ma si dedicano alle parole di senso compiuto. Solo per caso, alla fine, trovano la password cercata in una combinazione di parole e non in una singola parola.
Elemento, invece, interessante che emerge parallelamente all'approfondimento di Paperone, è l'idea che affidarsi all'intelligenza artificiale è una scelta pericolosa, non riuscendo a distinguere, nel caso specifico, tra il benessere materiale e quello morale delle persone. E quindi, alla fine, migliorando il primo a scapito del secondo.

La notte della Luna rossa

Questa notte si è sta svolgendo (o si è svolta: dipende da quando state leggendo queste righe), l'eclissi di Luna più lunga del secolo.
Una eclissi di Luna avviene quando la Terra si frappone tra il Sole e la Luna, che normalmente riflette la luce che la nostra stella manda contro la sua superficie, permettendoci così di vedere anche durante la notte. Inoltre la colorazione della Luna, sul rosso, è dovuta alla rifrazione dell'atmosfera. Successivamente alla fase di massima, la Luna diventerà sempre più piena, tornando alla sua colorazione usuale. Uno spettacolo bello ed emozionante impreziosito anche dalla presenza di Marte, poco sotto la Luna, protagonista questa settimana grazie all'annuncio della scoperta di un lago d'acqua liquida superfreddo poco sotto la superficie nell'emisfero sud del pianeta!
Ad ogni modo quella di stanotte è (o è stata) l'eclissi più lunga del secolo perché avviene nel punto in cui la Luna si trova alla maggior distanza possibile dalla Terra, e quindi resta nascosta dal cono d'ombra per un tempo maggiore.

venerdì 27 luglio 2018

I Rompicapi di Alice: La formica di Langton

Era il 1986 quando Christopher Langton propose di utilizzare una formica per studiare la biochimica della vita(1). La formica di Langton, però, non era una vera e propria formica, ma un automa cellulare. Prima di vedere come funziona la proposta di Langton, vale la pena introdurre gli automi cellulari e, tra questi, ilpiù famoso di tutti, il gioco della vita di Conway.
Auto-replicazione
Tutto ebbe inizio a Los Alamos con John von Neumann e Stanislaw Ulam. I due stavano studiando, rispettivamente, i sistemi autoreplicanti il primo e la crescita dei cristalli il secondo.
Il progetto iniziale di von Neumann si basava sull'idea di un robot in grado di costruire un altro robot: sviluppando questo progetto, il matematico si rese conto dei problemi insiti in esso, come il costo eccessivo nel fornire al robot le molte parti necessarie per costruire un altro robot a lui identico.
L'idea di Ulam di utilizzare un modello discreto per l'autoreplicazione in qualche modo venne ripresa dai due matematici quando, sul finire degli anni Cinquanta, crearono un modello per calcolare il movimento di un liquido. Essi consideravano il liquido come un gruppo di unità discrete e calcolavano il moto di ciascuna unità in base al comportamento dei vicini: nasceva il primo sistema di automi cellulari.
I due realizzarono un sistema in grado di copiare e costruire dalle celle di partenza in funzione di alcune regole base sulla vicinanza(2). Tale sistema sarebbe stato in grado di realizzare un numero infinito di copie di se stesso all’interno dell’universo cellulare dato: questo è il così detto costruttore universale di von Neumann.

giovedì 26 luglio 2018

Uomini e androidi: la sopravvivenza del più adatto

Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta del XX secolo la paura di una guerra nucleare era al suo apice. Uno dei business più importanti dell'epoca era quello della costruzione dei rifugi nucleari. In questa attività si trova coinvolto John Markham, protagonista di Uomini e androidi, romanzo distopico del 1960 di Edmund Cooper.
Novello Rip van Winkle, John si trova all'interno di uno di questi rifugi mentre sta scoppiando, imprevista, la guerra nucleare e qui viene congelato in maniera automatica dal rifugio stesso. Verrà risvegliato circa 150 anni più tardi, ritrovandosi in una Londra spopolata a causa della guerra in cui gli esseri umani sono riusciti ad affrancarsi dal lavoro, manuale ma anche intellettuale, grazie alla costruzione degli androidi. Questi ultimi, in grado anche di costruire altri androidi in tutto simili a se stessi, sono ormai più numerosi degli esseri umani, ma si fanno carico di questi ultimi e della sicurezza della Repubblica di Londra. Il problema è che la combinazione tra la rigida programmazione degli androidi e le regole emerse dopo la drastica riduzione della popolazione (ad esempio non si possono avere più di un limitato numero di figli nell'arco di cinque anni e essere padri o madri di un figlio in più oltre tale limite porta al ricondizionamento mentale) genera una società in cui le libertà individuali sono abbastanza limitate e risulta abbastanza facile passare più di una volta nel corso della propria vita dall'ospedale o per delle sedute criogeniche o per un vero e proprio lavaggio del cervello che modifica completamente la personalità di chi viene considerato una minaccia per la sicurezza della Repubblica.

mercoledì 25 luglio 2018

Robot fuorilegge

Anni dopo aver letto l'esilarante Sistema riproduttivo, ritrovo su una bancarella il divertente e umoristico, per quanto non altrettanto esilarante, Robot fuorilegge sempre di John Sladek.
Con un omaggio al Mago di Oz, il protagonista e narratore in prima persona è il robot Tik-Tok. Vive in un non meglio imprecisato anno del terzo millennio e, come tutti i robot, è, o dovrebbe essere soggetto ai circuiti asimov, che costringono gli assistenti meccanici dell'umanità a seguire le direttive delle tre leggi della robotica ideate da Isaac Asimov. C'è solo un problema in Tik-Tok: per un qualche motivo, non meglio precisato (anche se un'idea il lettore se la può fare), il robot protagonista del romanzo riesce ad aggirare la programmazione dei circuiti asimov e inizia a uccidere, dipingere, copulare, progettare rapine e atti di terrorismo, provare odio e ambizione, insomma inizia a essere un po' più umano.
Sladek non ha, però, alcuna intenzione di cavalcare la tigre della paura dell'intelligenza artificiale (o forse un po' lo fa!), ma il suo abbastanza evidente intento è quello di mettere in evidenza i difetti e gli eccessi degli esseri umani. Molti personaggi, infatti, hanno caratteri e comportamenti decisamente sopra le righe, come l'uomo che decide di costruire una copia esatta della Grande Piramide, o quello che non perde il suo ottimismo nemmeno dopo che ha perso tutto, famiglia, averi, onore. Lo stile ironico del racconto è infine enfatizzato dal racconto distaccato di Tik-Tok, osservatore per lo più imparziale anche di se stesso.

martedì 24 luglio 2018

Golem XIV: discorsi sull'intelligenza artificiale

Quando acquistai Golem XIV dopo aver letto la quarta di copertina durante Book Pride 2018, il tipo della casa editrice Il Sirente mi guardò ammirato come se avessi fatto una scelta particolarmente coraggiosa. Lì su due piedi ne restai stupito: in fondo era un libro di fantascienza di quel genio che risponde al nome di Stanislaw Lem. In effetti il libro non è di semplice lettura, ma l'idea di fondo non è molto differente rispetto a A noi vivi di Robert Heinlein.
Lem, infatti, utilizzando un computer superavanzato, il Golem XIV, consegna al lettore due conferenze sull'uomo, sull'intelligenza artificiale e sull'evoluzione. Queste vengono incorniciate da un'introduzione di uno dei responsabili del Golem, in custodia presso i laboratori del MIT e da una postfazione di uno dei suoi colleghi. Rispetto al testo postumo di Heinlein, questo di Lem è redatto già esplicitamente come una serie di conferenze, due per la precisione. Queste sono tenute dal Golem XIV, una delle due intelligenze artificiali sviluppate dagli Stati Uniti con l'obiettivo di gestire la strategia militare difensiva e offensiva. La situazione, però, sfugge di mano alle autorità militari, poiché sia il Golem sia Anna la candida, l'altra superintelligenza costruita dai ricercatori informatici, non aderiscono ai propositi bellici del governo, considerando molto più utile la pace.

lunedì 23 luglio 2018

Metropolis, o dell'alienazione

Quando nel 1913 Henry Ford introdusse il concetto della catena di montaggio, inventato un secolo prima dall'ingegnere Marc Isambard Brunel nei cantieri della marina militare britannica, applicandolo alla produzione industriale, sorse quasi immediatamente una serie di teorie sull'alienazione e le condizioni di vita degli operai che avrebbero lavorato nelle fabbriche così strutturate.
L'opera più esplicitamente critica nei confronti della catena di montaggio è indubbiamente Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin, sebbene elementi di critica a questo (per l'epoca) nuovo sistema di produzione erano già presenti in Metropolis, pellicola del 1927 di Fritz Lang, considerato il primo film di fantascienza propriamente detto.
La sceneggiatura del film si basa sul romanzo della moglie di Lang, Thea von Harbou, uscito nel 1925, ma probabilmente in lavorazione già da alcuni anni. Nella quarta di copertina dell'edizione della Newton-Compton uscita nel 1996 all'interno della collana Compagnia del fantastico, si suggerisce che la stesura originale del romanzo risalga addirittura al 1912, quindi leggermente antecedente all'introduzione della catena di montaggio nelle industrie di Ford, o al peggio contemporanea.
Il libro, e così la pellicola, che come scritto ha come tema centrale quello dell'alienazione degli operai, si presenta con un paio di stili differenti: nella prima parte risulta dettagliato nelle descrizioni e nell'approfondimento dei personaggi, mentre nella seconda molto teatrale per ritmo e descrizione delle scene. Tali differenze stilistiche suggerirebbero uno sviluppo del testo in parallelo con la stesura della sceneggiatura da parte della scrittrice insieme con il marito.
La vividezza del racconto, e in particolare dei personaggi, risiede nella capacità della von Harbou di tracciarli con pochi particolari, di caratterizzarli con rara intensità utilizzando pochi caratteri ricorrenti. Dal punto di vista politico, invece, l'alienazione della classe operaia viene spinta alle estreme conseguenze grazie al piano di Fredersen che vuole sostituire gli operai con i robot progettati e costruiti da Rotwang. A tal proposito gioca un ruolo fondamentale la versione robotica di Maria, la ragazza di cui è innamorato il giovane figlio di Fredersen, a un tempo rappresentate della classe agiata, ma anche consapevole della condizione di sfruttamento della classe operaia.
I robot, ideati dallo scrittore ceco Karel Čapek nel 1920 per I robot universali di Rossum, rappresentano la perfetta metafora per la condizione operaia, ma la von Harbou ne coglie, anche se solo timidamente, l'inquietudine che susciteranno nella letteratura fantascientifica del futuro, quando molti suoi colleghi li utilizzeranno per raccontare delle paure insite nello sviluppo di esseri artificiali antropomorfi e dotati di un'intelligenza fredda, distaccata e per certi versi superiore. In questo proprio la descrizione del robot-Maria risulta particolarmente efficace e anticipatrice, anche se il senso ultimo del romanzo risiede in quello che afferma la scrittrice sul suo stesso testo:
Questo libro non è sull'oggi o sul futuro.
Non racconta un luogo.
Non serve una causa, un partito o una classe.
Ha una morale che cresce sul pilastro della comprensione: "Il mediatore tra il cervello e i muscoli deve essere il Cuore."

domenica 22 luglio 2018

Lunedì nero

Come fa notare Antonio Solinas nei redazionali di un paio di volumi di East of West, la serie brilla per l'unione di due dei temi narrativi più utilizzati da Jonathan Hickman: politica e religione. Su questa stessa unione si fonda Balck Monday, serie realizzata insieme con il disegnatore Tomm Coker per la Image e portata in Italia in volumi di grande formato dalla Mondadori nella collana Oscar Ink.
Nel caso specifico, Black Monday si concentra sul mondo dell'economia e della finanza, in particolare sulle banche, che sono uno dei controllori del potere politico. La Caina-Kankrin, fusione di due banche, una statunitense l'altra russa, fonda il suo potere e il suo controllo politico-finanziario su pratiche poco ortodosse, piuttosto esoteriche in effetti, e su sacrifici umani, non metaforici ma piuttosto letterali, come quello che di fatto da il là all'indagine di Theodore James Dumas, 47enne detective della polizia di New York impegnato a indagare sulla morte di uno dei componenti del consiglio di amministrazione della Caina-Kankrin.

sabato 21 luglio 2018

Topolino #3269: Il Paperopoli Film Festival e altre storie

In occasione del Giffoni Film Festival, Topolino presenta ai lettori il classico servizio di graphic jounralism, scritto per l'occasione da Davide Catenacci per i disegni del solito Giuseppe Ferrario e una storia d'eccezione, Zio Paperone e la minaccia del maxi gattone, scritta per l'occasione dall'attrice Jasmine Trinca.
Tra cinema e Rodolfo Cimino
Ad affiancare l'attrice, però, troviamo Giulio D'Antona come co-sceneggiatore e Daniela Vetro ai disegni. Paperone, in piena crisi cinematografica a causa dei continui successi di Rockerduck, si ritrova con un nuovo problema: un gigantesco gattone che compare di fronte al suo Deposito. Questo si rivela, però, una proiezione olografica proveniente dall'isola gattara, cui Paperone e nipoti si recheranno con apposito mezzo costruito da Archimede (un gigantesco gomitolo di metallo) con la labile speranza di ottenere dal gattone un aiuto per risolvere i problemi cinematografici del miliardario.
Il soggetto di base è dunque di chiara ispirazione ciminiana e si lascia leggere piacevolmente. D'Antona, come Vito Stabile, utilizza anche uno stile più ricco di termini e meno banale rispetto alla media delle storie che compaiono sul settimanale, mentre il finale risulta sbrigativo e un po' deludente, in particolare per l'uso sottodimensionato dei particolari cristalli recuperati dai paperi sull'isola gattara alla fine dell'avventura.
Buona, nel complesso, l'opera di Daniela Vetro ai disegni, in particolare nella prima parte che sembra leggermente più curata.

venerdì 20 luglio 2018

Queste oscure materia, o della meditazione e dell'amore

Ne Il matrimonio del cielo e dell'inferno (The marriage of heaven and Hell) William Blake esprime, a mio giudizio, tutta l'ambiguità del suo essere, diviso tra l'inferno e il paradiso, tra quello che gli hanno insegnato essere male e bene. Risolve la disputa assegnando al paradiso la ragione e all'inferno l'energia, esprimendo nel complesso il concetto che nulla nell'universo si possa muovere senza questi due opposti. In effetti anche una piccola poesia come Il sorriso (The smile) racconta di questo vivere conteso tra due opposti, proprio come nel simbolo cinese di yin e yang, dove bianco e nero si compenetrano. Il conflitto presente in Blake, però, lo tiene lontano dall'unione equilibrata di yin e yang, dandogli una visione più conflittuale degli opposti, molto più occidentale, per riassumere.
Le poesie di Blake sono, dunque, ambigue, non solo per lo stile iniziatico, ma proprio per l'ambiguità dell'oscillazione dell'uomo tra bene e male. E per certi versi anche Queste oscure materie è un’opera ambigua, in cui non è semplice parteggiare per qualcuno se non per i giovani protagonisti, Lyra e Will. In fondo è la stessa scelta che fanno le streghe, i gyziani, Lee Scoresby, Iorek Byrnison e altri co-protagonisti della storia: ognuno di loro li protegge come può, perché solo a questi due ragazzi ogni essere intelligente dell’universo potrà finalmente essere libero. D'altra parte l'ambiguità e il ribaltamento della saga sono figli delle due principali fonti di ispirazione di Philip Pullman: Il paradiso perduto di John Milton e il già citato Blake, poeta e incisore. E a questo proposito proprio l'incisione de Il matrimonio del cielo e dell’inferno, che racconta di un vuoto da cui fuggire, possibilmente in due verso l'alto, sarebbe perfetta come copertina per la fuga delle anime dal mondo dei morti, un viaggio probabilmente ispirato dall'Inferno di Dante Alighieri, che Blake (uno tra tanti) ha anche illustrato.
Un’altra visione che sembra presa da Blake sono gli Spettri, raccontati dal poeta britannico nella poesia Il mio spettro attorno a me notte e giorno (My spectre around me night and day), che in Pullman però diventa un’entità parassita e perennemente affamata della parte più intima degli esseri umani(1), rappresentata su Terra-Lyra dai daimon.

giovedì 19 luglio 2018

Il cannocchiale d'ambra, ovvero della fine e dell'inizio

Anche Mary Malone viaggia nel multiverso. Arriva su un mondo verde, incontaminato e florido dove la specie intelligente è costituita da una sorta di elefanti-nani che si muovono su semi giganti come fossero ruote e dall'inusitata struttura fisica. Ne impara il linguaggio e qui incontra nuovamente Lyra e Will, interpretando il ruolo del serpente in una sorta di nuova genesi. E sempre su questo mondo costruisce lo strumento con cui è possibile osservare il flusso della polvere e che da il titolo al terzo e ultimo romanzo della saga: Il cannocchiale d'ambra.
Questo terzo libro, che nel 2001 ha vinto il premio inglese Whitbread, è il più difficile e più importante della serie, non solo perché ne costituisce la degna conclusione, ma soprattutto per i temi trattati: l'amore, la tentazione, il peccato e soprattutto la fine e l'inizio.
Dire addio
Uno dei nodi narrativi più importanti del romanzo è la risposta alla domanda: cosa succede dopo la fine della vita? Cosa succede al sopraggiungere della morte?
Grazie al legame con l'amico Roger, sacrificato da Lord Asriel per aprire il portale tra i mondi, Lyra scoprirà l'esistenza di una Terra particolare all'interno del multiverso: il mondo dei morti. Rispetto alla discesa simile compiuta da Ged ne La spiaggia più lontana, il viaggio di Will e Lyra sarà molto più difficile, intimo e coinvolgente, costringendo il lettore a fare i conti con se stesso, con le proprie paure, in particolare con il tema della fine dell'universo e di ogni essere vivente: è stata, in questo senso, una lettura estremamente difficile e al tempo stesso catartica.
La soluzione proposta da Philip Pullman è, d'altra parte, molto orientale: il mondo dei morti, infatti, è un luogo con poca, pochissima luce, dalla quale sembra impossibile fuggire, ed è custodito da una banda di arpie, molto sensibili alla verità o alle bugie che le anime raccontano. In particolare è proprio il racconto vero e sincero a incantarle. Allora Lyra e Will stringono un patto con le custodi: ogni anima di tutti i mondi che costituiscono il multiverso finirà in quel mondo. Quindi quelle che non vorranno restare dovranno semplicemente raccontare sinceramente la propria vita alle arpie e queste le accompagneranno fino a un mondo splendido e meraviglioso dove i propri atomi potranno riunirsi con quelli del multiverso, ritornando a farne parte.
L'argomnto della morte è, in ogni caso, sempre estremamente delicato. In fondo, come ricorda lo stesso autore,
(...) nel momento in cui si nasce la Morte viene al mondo con noi: è proprio la Morte che ti tira fuori(1).
E' un discorso che ha della saggezza, come quello che un allevatore di piccioni fa, nel primo numero, al protagonista di Rockwell, manga fantasy di Wataru Nadatani:
Allevo piccioni viaggiatori da quarant'anni... Mi hanno dato tante gioie e molti dolori.
Se incontri cinquanta piccioni sono cinquanta giorni di risate in loro compagnia e dopo poco vai incontro a cinquanta addii.(2)
E John Pooh, l'allevatore, così conclude:
Un incontro è l'inizio di un addio.(2)

mercoledì 18 luglio 2018

La lama sottile, ovvero del multiverso e della materia oscura

Con La bussola d'oro abbiamo conosciuto il mondo di Lyra, un pianeta in tutto simile alla nostra Terra, incluse le nazioni chiamate più o meno allo stesso modo delle nostre. Su questo mondo, molto steampunk come influenza, dove ogni essere umano ha una sorta di animale custode parlante, il daimon, mutaforma fino a che il bambino non diventa adulto, la Chiesa ha preso il controllo sulle vite dei cittadini. Questa, però, non è che una delle innumerevoli Terre del multiverso.
E non a caso ne La lama sottile, secondo romanzo della saga Queste oscure materie di Philip Pullman, la giovane protagonista Lyra fa amicizia con Will, un ragazzino proveniente proprio da una di queste Terre parallele. I collegamenti tra le Terre avvengono attraverso passaggi particolari, come quello che l’esploratore John Parry, padre di Will, ha scoperto trovarsi al Polo Nord, punto geografico che risulta fondamentale in molte delle Terre del multiverso di Pullman.
Inizia così l'avventura nel multiverso di Lyra e Will, mentre entrano in scena nuovi personaggi, come Mary Malone che risulterà fondamentale nel seguito della vicenda.
Nel frattempo, però, riassumiamo un po' la teoria del multiverso, la cui sintesi nel romanzo viene affidata a sir Charles Latrom.
Perdersi nel multiverso
Come già per il libero arbitrio, anche il multiverso interseca la sua strada con la diatriba sull'interpretazione della meccanica quantistica. Il giovane dottorando Hugh Everett nello sviluppo della sua tesi sui molti mondi venne ispirato dall'ultima conferenza di Albert Einstein, in particolare dalla sua affermazione sui topi e l'universo:
E' difficile credere che questa descrizione sia completa. Sembra rendere il mondo nebuloso a meno che qualcuno, un topo ad esempio, non lo stia guardando. E’ credibile che lo sguardo di un topo possa cambiare considerevolmente l'universo?
Era il 14 aprile del 1954 ed Everett decise l'argomento della sua tesi di dottorato, che avrebbe sviluppato sotto la supervisione di John Wheeler. La tesi venne discussa nel 1956(1) mentre l'anno dopo ne uscì una versione sintetica come articolo vero e proprio(2).
L'idea originale di Everett non aveva alcun vero riferimento teorico ai molti mondi, la cui aggiunta venne suggerita da Bryce DeWitt. Più che altro Everett si riferiva ai molti osservatori, che però per Conway e Kochen non sono in greado di modificare le osservazioni(3): la funzione d'onda totale, infatti, o universale, è secondo Everett la sovrapposizione delle funzioni d'onda parziali che tengono conto della memoria e delle osservazioni di ciascun componente dell’universo. Inoltre il concetto di universalità della funzione d'onda implica che ciascuna funzione d’onda parziale è dunque in grado di estendersi in tutto l'universo senza limitarsi, ad esempio, a una scatola. Secondo Everett, infine, ciascun elemento si evolve in maniera deterministica, ma gli aspetti statistici e probabilistici emergono dalla natura molteplice della meccanica quantistica, che realizza e mette in atto tutte le possibilità.

martedì 17 luglio 2018

La bussola d'oro, ovvero della verità e del libero arbitrio

Quando nel dicembre del 2007 uscì La bussola d’oro, film diretto da Chris Weitz con Daniel Craig e Nicole Kidman, nessuno poteva prevedere che la trilogia cinematografica tratta da Queste oscure materie di Philip Pullman si sarebbe interrotta improvvisamente. Il motivo ufficiale fu la crisi economica del 2008. D'altra parte il risultato al botteghino statunitense fu al di sotto delle attese, ma gli incassi nel resto del mondo sembravano più che sufficienti per sperare nella realizzazione dei due film successivi tratti dai romanzi La lama sottile e Il cannocchiale d'ambra.
Unica voce fuori dal coro fu quella di Sam Elliott, l’attore che interpretava l'aviatore texano Lee Scoresby. Secondo la sua versione, la chiesa cattolica fece una serie di pressioni sulla casa di produzione per bloccare la prosecuzione della trilogia(1), e questo nonostante la versione molto meno anticattolica del film rispetto al romanzo.
D'altra parte nel 2005 era uscito il primo film tratto da Le cronache di Narnia di Charles S. Lewis di chiara ispirazione cattolica, che si era rivelato un buon successo planetario, mentre Queste oscure materie, oltre che con il debole esordio al botteghino statunitense, metteva in discussione non solo il senso della religione, ma anche le autorità ecclesiastiche, in un percorso che vuole portare il lettore attraverso alcuni temi fondamentali della vita.
Dichiarazione d'intenti
Le cronache di Narnia, così come Il Signore degli Anelli di Tolkien, amico di Lewis, sono figlie del loro tempo: le due guerre mondiali, vissute in vario modo dai due autori, influenzarono le due opere, che diventano così un modo per ricordare i valori della pace e del rispetto della diversità. In questo senso sono indubbiamente più giocose le Cronache rispetto al Signore, ma allo stesso modo si possono vedere Queste oscure materie di Pullman.
L’interesse dei nostri tempi si scinde tra le spinte consumistiche e la ricerca di una vita più genuina. In questa dicotomia si inserisce lo scrittore britannico che, in quarta di copertina, afferma:
A me interessa parlare di temi importanti: la vita, la morte, l'esistenza di Dio, il libero arbitrio. Il fantastico non è fine a se stesso, ma sostiene e dà corpo al realismo... Non abbiamo bisogno di liste di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, abbiamo bisogno di libri. 'Non devi' è presto dimenticato, 'C'era una volta' durerà per sempre.

lunedì 16 luglio 2018

Ritratti: Jocelyn Bell

Era nata il 15 luglio di 24 anni prima. E sempre a luglio si ritrovò a lavorare nell'università di Cambridge. Come astronoma. A un certo punto si imbatté in alcuni segnali radio anomali per via della loro grande regolarità. Il punto nel cielo da cui proveniva il segnale venne indicato come Little Green Man 1. Il termine (omino verde) era entrato nel parlare comune come sinonimo di extraterrestre solo da qualche decennio, mutuato dalle leggende fantastiche su magici difensori del verde. Esaminando i dati, però, l'origine aliena intelligente venne ben presto esclusa, insieme a quella di segnali radio artificiali di origine umana o naturali originati da quasar. Questi sono nuclei di galassie particolarmente luminosi che per molti anni (almeno fino a che la tecnologia non ha consentito di approfondirne la conoscenza) sono stati classificati come stelle: scoperti grazie alle loro emissioni radio, nell'ottico si mostravano come sorgente puntiforme.
Tornando al segnale del luglio 1967, questi era troppo veloce e regolare per essere originato da una quasar. Così Jocelyn Bell e il suo supervisore Antony Hewish iniziarono ad esaminare dati e articoli arrivando alla conclusione che questo segnale poteva essere generato solo da una stella superdensa in rapida rotazione su se stessa: era la prima osservazione di un nuovo oggetto celeste costituito da neutroni (e immaginato per la prima volta nel 1934 da Walter Baade e Fritz Zwicky(1)) che venne battezzato col nome di pulsar.

Saluti dalla Terra

Oltre alle difficoltà di cui ho scritto all'inizio dell'articolo sulla Terra crescente, ci sono state altre difficoltà di ordine pratico, come una non perfetta formattazione, le note a pié pagina che non sono andate nel formato html e l'assenza di una immagine associata. Dopo aver sistemato la formattazione, sono però riuscito ad aggiungere anche il breve fumetto che avevo progettato, e che eventualmente potete vedere anche su devianart!
P.S.: a quanto pare ci sono state incomprensioni anche nell'uscita di questo post, di cui in prima pubblicazione mi sono sfuggite le parole...

domenica 15 luglio 2018

Topolino #3268: Alla ricerca di Zio Paperone e altre storie

Mentre proseguono le avventure delle Piccole (grandi) papere nella storia di apertura di Bosco e Ziche, nella penultima storia del numero Paperino e nipotini indagano su L'inspiegabile scomparsa di Paperon de' Paperoni.
A caccia di tesori sommersi
Con un incipit non molto dissimile dalla serie I tesori del grande blu ideata da Sisto Nigro, Carlo Panaro supportato ai disegni da Luciano Gatto, spedisce Paperone e nipoti alla ricerca di tesori sommersi. A supporto di ciò, però, non c'è la classica ricerca biblio-archeologica, ma un satellite ideato da Archimede, il LO.S.T. (LOcalizzatore Spaziale Tesori), che una volta identificata la nave sommersa manda un segnale al tablet di Paperone che può recarsi sulle coordinate indicate. Qui per recuperare la nave basta mandare un nuovo segnale al satellite (sempre tramite il tablet) che provvederà a inviare un fascio di energia in grado di riportare in superficie il galeone sommerso.
A un certo punto Paperone scompare e inizia la parte interessante della storia (e detta da un amante della fantascienza non è proprio un complimento) con Paperino e nipotini che iniziano a indagare sui principali nemici dello zione: i Bassotti. Viene fuori un investigativo che porta i paperi tra Paperopoli e le isole tropicali a sventare un nuovo piano bassottesco, abbastanza ben congegnato in effetti. L'elemento positivo su tutti è la caratterizzazione di Paperino, determinato nel trovare Paperone.

sabato 14 luglio 2018

Le grandi domande della vita: Abbuffata cosmica

Questa terza puntata dell'edizione mensile de Le grandi domande della vita è stata piuttosto tribolata. Saltato l'appuntamento del venerdì scorso, insieme a quasi tutta la prima settimana di luglio, la notizia della determinazione dell'origine cosmica dei neutrini ad alta energia mi ha suggerito di dedicare la giornata di ieri alle più piccole ed elusive particelle dello zoo, trasformandolo, un po' per caso, nell'ideale seguito dell'articolo dedicato ai loro parenti più cicciotti.
A questo ci sono da aggiungere anche alcuni problemi tecnici che mi hanno costretto a riscrivere l'articolo una seconda volta. Alla fine, però, eccovi la terza puntata della serie mensile de Le grandi domande della vita che, come le due precedenti, si apre su un modello sulla forma e struttura del nostro pianeta: l'espansione della Terra.
Il mio raggio che cambia
L'idea di base del modello è che il raggio della Terra non è costante nel corso del tempo. A partire da questa tesi si possono avere tre scenari:
  1. la massa della Terra resta costante;
  2. la massa della Terra aumenta così come il volume;
  3. il raggio della Terra aumenta a densità costante.
Ciasuno dei tre scenari ha delle corrispondenti implicazioni gravitazionali:
  1. la gravità diminuisce nel tempo;
  2. la gravità superficiale resta costante;
  3. la gravità superficiale aumenta nel tempo.
Per chiarire meglio ciascuno dei tre scenari basta ricordare che la gravità può essere scritta o in funzione della massa della Terra: \[g = G \frac{M}{r^2}\] o in funzione della densità \[g = \frac{4}{3} \pi G \rho \, r\] In questo modo diventa evidente la diminuzione della gravità superficiale nello scenario 1., mentre nello scenario 2. la gravità resta costante a patto che il quadrato del tasso di aumento del raggio sia tale da controbilanciare il tasso di aumento della massa. Infine, nello scenario 3., è evidente che a densità costante, la gravità superficiale non può che aumentare all'aumentare del raggio.
Gli scenari 1. e 3. implicherebbero in maniera evidente una variazione nelle orbite dei pianeti, in particolare della Terra, con conseguente influenza sulla durata dell'anno solare (ovvero il periodo di tempo impiegato dalla Terra a completare un'orbita intorno al Sole). Anche lo scenario 2., in cui la gravità superficiale resta costante, genererebbe una variazione dell'orbita terrestre, e questo perché la legge di gravitazione universale dipende dalla massa e quindi un aumento di essa aumenterebbe la forza di attrazione tra Sole e Terra.

venerdì 13 luglio 2018

La scoperta del neutrino

Strettamente legata alla scoperta del neutrone è quella della particella più elusiva dell’universo: il neutrino.
La sua storia inizia nel 1896 quando Henri Becquerel e indipendentemente da lui Marie e Pierre Curie scoprirono la radioattività rispettivamente nell'uranio il primo e nei nuovi elementi del polonio e del radio i secondi. Le radiazioni, a loro volta, seguendo la classificazione proposta da Ernest Rutherford nel 1899, potevano essere in funzione del loro potere di penetrazione: si partiva dai raggi alpha ($\alpha$), che potevano essere fermati da sottili fogli di alluminio, per passare poi ai raggi beta ($\beta$), che riuscivano a penetrare svariati millimetri di alluminio, fino ai raggi gamma ($\gamma$), scoperti da Paul Villard nel 1900, i più penetranti di tutti e così chiamati sempre da Rutherford nel 1903. Inoltre nel 1901 sempre Rutherford insieme con Frederick Soddy mostrò che i raggi $\alpha$ e $\beta$ erano legati a un qualche processo di trasmutazione degli atomi: il sogno degli alchimisti sembrava ormai alla portata dei fisici.
Di queste tre radiazioni, quella che si rivelò particolarmente problematica fu la radiazione $\beta$. Due esperimenti, quello di Lise Meitner e Otto Hahn nel 1911 e quello di Jean Danysz nel 1913, mostrarono che le particelle $\beta$ possedevano uno spettro continuo. Tale risultato venne confermato nel 1914 da James Chadwick, portando alla luce anche una terribile notizia: la prima violazione della conservazione dell'energia.

giovedì 12 luglio 2018

La scoperta del neutrone

La storia dei modelli atomici risale sin dai tempi di Democrito, ma entra nella scienza moderna solo grazie al modello a panettone di Joseph John Thomson. Il passo successivo venne compiuto da Hans Geiger e Ernest Marsden che nel 1909 verificarono l'idea di Thomson e nel 1911 da Ernest Rutherford, che interpretò i risultati ottenuti suggerendo che l'atomo fosse costituito da un nucleo positivo centrale e da una nuvola di elettroni che vi ruotava intorno. Inoltre il nucleo, sempre secondo Rutherford, non era costituito solo da cariche positive.
Per poter completare il quadro sul nucleo fu necessario aspettare il 1930 quando Walther Bothe e Herberth Becker(1) realizzarono la prima osservazione del neutrone: i due fisici sperimentali bombardando una targhetta di berillio con particelle $\alpha$ (ovvero un nucleo di elio) prodotte dal decadimento del polonio. Come effetto di tale bombardamento osservarono l'emissione di una radiazione molto penetrante proveniente dal berillio colpito. L'idea dei due ricercatori tedeschi era che il berillio emettesse una sorta di radiazione $\gamma$ (fotoni) con un coefficiente di assorbimento di 0,3 cm-1(2) e una penetrazione all'interno del materiale di circa 20 cm(3). L'energia di questi fotoni era supposta estremamente grande.
Il passo successivo fu fatto da H.C. Webster(4), che riprodusse i risultati di Bothe e Becker, proponendo quattro distinte interpretazioni:

mercoledì 11 luglio 2018

Le incantatrici

Dopo La donna che visse due volte e I diabolici è la volta di un altro grande romanzo dei maestri del noir francese, Pierre Boileau e Thomas Narcejac. Un ragazzo, Pierre Doutre, lasciato dai genitori in una scuola privata gestita da religiosi, si ritrova all'improvviso catapultato nel mondo dell'illusionismo dopo la morte del padre. La madre, infatti, per poter risparmiare sulla retta della scuola, lo richiama a se, introducendolo man mano nel dorato ma piuttosto complicato mondo dello spettacolo. Pierre, allora, conosce due gemelle tedesche che lavorano con la madre e, vista la giovane età, inizia a innamorarsene, senza accorgersi di restare invischiato in un gioco complesso in cui l'ossessione ora per una ora per l'altra si confonde, mentre la madre, una figura a tratti ossessiva e più interessata al denaro, cerca di tenerlo lontano dalle due ragazze.
Come evidente la storia, la più introspettiva delle tre, non finirà bene, ma forse ancor di più che nei romanzi precedenti Boileau e Narcejac intrecciano il tema dell'amore, del sesso e del doppio, che successivamente avrebbero riproposto con La donna che visse due volte.

martedì 10 luglio 2018

L'odore della polvere da sparo

Il mattino del giorno 29 aprile [1947] oltre mille contadini provenienti dalla campagna circostante e di qualche comune viciniore armati di zappe, randelli e grossi bastoni, inscenarono in questa piazza Prefettura una violenta manifestazione, chiedendo l'abolizione totale dell'ammasso, la libera macinazione del grano e la soppressione del Consorzio Agrario.
Così scrive il prefetto di Potenza nel resoconto della manifestazione contadina che si stava tenendo nel capoluogo lucano. La polizia non rimase con le mani in mano e sparò sulla folla, o più precisamente in aria, ferendo 16 persone di cui due, Antonio Bastiano e Pietro Rosauno, morirono successivamente in ospedale.
In questo contesto politico è ambientata la prima parte de L'odore della polvere da sparo di Attilio Coco, che a partire da quella vicenda particolarmente cruenta, racconta la vita di Gianni Ceccante, all'epoca studente di liceo, quindi attore affermato. Questa viene narrata al giornalista Pietro Mattei, che in un certo senso ricostruisce la complessa vita di un uomo cresciuto in un ambiente libertario, un po' nascosto un po' manifesto tra la libreria e l'orologeria.
Coco, pur inserendo forti elementi libertari nel suo testo, riesce a non cadere nella facile trasformazione del romanzo in un piccolo saggio, ma anzi costruisce una vicenda interessante, a tratti misteriosa, dove le lunghe mani del potere influenzano le persone in modi decisamente intangibili.

lunedì 9 luglio 2018

Compagno Hasek

Jaroslav Hasek nel romanzo Compagno Hasek, comandante della città di Bugul'mà, non ha solo raccontato una vicenda a lui realmente accaduta, ma ha anche scritto un libro veloce, divertente, intelligente e di critica dall'interno del bolscevismo. Il breve romanzo racconta, infatti, del periodo che Hasek passo in Russia nel 1918 come soldato dopo aver disertato dal suo esercito. Lo scrittore, infatti, era nato a Praga, all'epoca in Boemia, uno dei territori dell'impero austro-ungarico.
Nel giugno del 1916 venne reclutato per unirsi come volontario alla Brigata Cecoslovacca che combatteva per gli austriaci. Presso tale Brigata ebbe compiti di impiegato, giornalista, agente di reclutamento fino al febbraio del 1918. A marzo di quell'anno la Brigata intraprese un viaggio per unirsi al Fronte Occidentale: Hasek, però, non era d'accordo con questa scelta, decidendo così di passare tra i bolscevichi cechi e russi. Dall'ottobre del 1918 entrò nell'Armata Rossa, lavorando sempre come reclutatore e scrittore di propaganda.
Da questa esperienza, come scritto, nasce il breve romanzo (o racconto lungo) narrato con ritmo veloce e piglio umoristico Compagno Hasek, comandante della città di Bugul'mà.

domenica 8 luglio 2018

Millennium people

James Graham Ballard nella parte finale della sua carriera di scrittore di fantascienza si è concentrato nel genere della fantapolitica, andando ad esaminare sotto varie angolature la società britannica moderna, e con essa la stessa società occidentale. In particolare in Regno a venire ha mostrato quanto fosse facile ricadere dentro gli errori del nazismo, mentre in Un gioco da bambini mostra come l'unione di benessere ed eccessivo controllo possa portare i figli delle classi più ricche verso una violenta ribellione familiare.
In un certo senso Millennium people è una versione più estesa di Un gioco da bambini: guidato dall'equivoco e carismatico Robert Gould, il quartiere residenziale di Chelsea Marina diventa il covo di un pericoloso gruppo di terroristi, costituito proprio dagli abitanti di questo particolare progetto urbanistico costruito a pochi passi da Londra.
La risposta all'ovvia domanda su come sia stato possibile che un gruppo più o meno vasto di cittadini rispettosi e relativamente abbienti abbia progettato una rivolta sociale di tale violenza potrebbe non essere così piacevole, perché implica una profonda critica al mondo consumistico e moderno che verrà esplorata successivamente nel già citato Regno a venire.

sabato 7 luglio 2018

Topolino #3267: Le nuove piccole papere e altre storie

Tra il 1992 e il 1993 Topolino pubblicò Piccole papere e Le piccole papere crescono, parodie dei romanzi di Louisa May Alcott realizzate da Claudia Salvatori e Lino Gorlero. A più di 25 anni di distanza, sul Topolino #3267, ecco un nuovo omaggio all'epopea delle donne della famiglia March realizzata questa volta da Marco Bosco e Silvia Ziche, che per l'occasione utilizzano il rodato gruppo di papere che più volte hanno già messo in campo: Nonna Papera, Paperina, Paperetta Yé-Yé, Miss Paperett e Brigitta.
Solo una parodia
In effetti è solo con questo mantra in testa che si riesce a mandar giù la scelta delle protagoniste. Le quattro piccole donne hanno, infatti, un'età compresa tra i 12 e i 16 anni e anche con tutta la buona volontà e un allargamento della fascia d'età, includere tra le piccole papere Brigitta risulta abbastanza complicato, anche perché la sua età "avanzata" è abbastanza manifesta per via del suo innamoramento per Paperon Laurenbek, evidentemente l'equivalente dell'altrettanto burbero James Laurence. Paperino, invece, è il nipote di Laurenbek, equivalente di Theodore Laurence, e in effetti ne interpreta una versione più matura, ma abbastanza coerente sia con il personaggio originale sia con Paperino stesso.
La scelta che fa storcere di più il naso è, però, l'interprete dell'anziana zia March, affidata a Doretta Doremì, per l'occasione diventata semplicemente zia Etta. Il problema non è tanto la presenza contemporanea delle due spasimanti di Paperone (anche se ultimamente l'amore in generale e quello con Doretta in particolare sembra che siano stati banditi da Topolino, come se i bambini, almeno in Italia, vivessero in famiglie felici ma senza amore!), o della precisa preferenza, per il ruolo di spasimante, di Brigitta, ma proprio per il trattamento del personaggio, che mal si adatta a interpretare la zia March.
Scelte dei personaggi a parte, la storia procede liscia, lineare e in maniera tutto sommato coerente con la trama del romanzo della Alcott: siamo comunque di fronte alla prima puntata delle Piccole grandi papere, ma gli elementi qui presentati sembrano preparare una storia bella e appassionante. Speriamo che Bosco riesca a mantenere le attese.

domenica 1 luglio 2018

Paperino ai mondiali di calcio

Mentre su Topolino si svolge l'attesa sfida tra le squadre allenate da Mondor e Amelia, sui Grendi Classici Disney (seconda serie) #30 viene ristampata Paperino ai mondiali di calcio, dedicata proprio alla più famosa competizione agonistica per nazionali. Autore della lunga avventura è il maestro Romano Scarpa, che mescola in un'unica soluzione una serie di spunti ed elementi che hanno caratterizzato molte delle sue storie di quel periodo.
Nelle nebbiose brughiere scozzesi
Realizzata in occasione dei Mondiali tedeschi del 1974, Paperino ai mondiali di calcio fa il suo esordio su una pubblicazione usualmente dedicata alle ristampe, i Classici Disney (prima serie) #54. A sommario anche Paperino calciatore, anche questa storia inedita scritta da Gian Giacomo Dalmasso per i disegni di Marco Rota, che realizza le illustrazioni per copertina e quarta di copertina.
Queste due storie verranno successivamente ristampate, sempre in coppia, prima sui Classici Disney (seconda serie) #65 in occasione dei mondiali spagnoli del 1982, quindi su Paperone mondiale 1990, uscito in occasione dei mondiali italiani di quell'anno come supplemento a Topolino #1795. In quest'ultima occasione venne anche ristampata la lunga Mundial Story realizzata da Massimo Marconi insieme con Marco Rota e le chine di Roberto Marini e precedentemente pubblicata su Topolino in occasione dei mondiali del 1986 in Messico.
La storia di Scarpa si apre come un flashback sulle nebbiose lande scozzesi, dove due clan, i MacPapp e i Bass Rock capeggiati rispettivamente da una sorta di avi di Paperone e Rockerduck, si contendono le poche risorse che il periodo mette a disposizione: zucche.