Stomachion

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lunedì 17 febbraio 2025

Matematica, lezione 53: Leggi del mercato

20250217-matematica-lezione53-mercati
In prima approssimazione si può dire che Alessandro Viani ha realizzato un testo chiaro e sufficientemente semplice da seguire per farsi un'idea sul tipo di matematica che viene utilizzata nello studio dei mercati. Il problema grosso, almeno per quel che mi riguarda, è che i mercati finanziari andrebbero eliminati: d'altra parte mi ha dato molto fastidio l'uso positivo del termine "speculazione" che viene fanno nel corso del testo. Questo, ovviamente, non vuole essere un giudizio sulla qualità del contenuto: come ho ribadito sin dall'inizio, da quel punto di vista non c'è nulla da eccepire. D'altra parte il testo di viani si concentra per una larga parte sul modello di Black-Scholes, che è stato in qualche modo involontario protagonista della crisi del 2008. In occasione di quella crisi, l'equazione di Black-Scholes ha mostrato tutta la sua inadeguatezza nel prevedere l'andamento del mercato in situazioni in qualche modo estreme. Il modello è stato in effetti superato da altri modelli, però, di fatto, la sua fallacia era prevedibile già da diversi anni prima, come racconta Ian Stewart nell'ultimo capitolo de Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo.
Confrontandosi con quel testo, ma anche con la figura raccontata da Veronica Giuffré nella sezione biografica, ciò che manca al testo di Viani è proprio una sorta di voce critica, solo parzialmente compensata dalla biografia di Bruno De Finetti.
Personalmente, nonostante la chiarezza espositiva, sono rimasto insoddisfatto. E questa insoddisfazione è proseguita anche nella sezione dei giochi, dove Viani non solo ha proposto due giochi già presentati da Maurizio in volumi precedenti, ma altri due giochi erano stati approfonditi in volumi precedenti di Paolo Caressa, e non come giochi. Di questi 4 forse solo uno è il più interessante, risultando una variazione alle estreme conseguenze di uno dei temi precedentemente trattati.

domenica 26 luglio 2020

Topolino #3374: Azione!

Il titolo portante della recensione domenicale del Topolino settimanale è un riferimento a tutte e tre le storie che, alla fine, ho deciso di recensire qui su DropSea. Partiamo, però, dall'azione, diciamo così, metaforica.
De' Paperoni S.p.A.
Nonostante Paperone possieda azioni di molte imprese sparse per il mondo, non esiste alcuna De' Paperoni SpA. Questo fatto viene finalmente stabilito ne L'azione risolutiva, nuovo episodio di Zio Paperone e l'alta finanza di Alessandro Sisti e Vitale Mangiatordi.
In questo caso la storia ruota intorno al concetto di Società per Azioni. In pratica questa è una società la cui proprietà è frazionata in forma percentuale in funzione di quante azioni ciascun socio possiede. Queste azioni possono essere generate o a partire da una costituzione iniziale in cui vengono messi insieme dei capitali iniziali, o perché una società preesistente, per ottenere liquidità, decide di diventare una S.p.A. Fondamentalmente è questo, spiega Paperone, il motivo per cui nessuna delle società che il magnate ritiene sue è una S.p.A.: preferisce controllare società altrui e non che altri contollino le sue.
La scoperta che effettivamente la vecchia De' Paperoni S.p.A. potrebbe non essere dismessa, porta i paperi verso una nuova avventura, questa volta di stampo ecologico, dove il concetto di azione gioca un ruolo fondamentale anche nel finale.

domenica 22 luglio 2018

Lunedì nero

Come fa notare Antonio Solinas nei redazionali di un paio di volumi di East of West, la serie brilla per l'unione di due dei temi narrativi più utilizzati da Jonathan Hickman: politica e religione. Su questa stessa unione si fonda Balck Monday, serie realizzata insieme con il disegnatore Tomm Coker per la Image e portata in Italia in volumi di grande formato dalla Mondadori nella collana Oscar Ink.
Nel caso specifico, Black Monday si concentra sul mondo dell'economia e della finanza, in particolare sulle banche, che sono uno dei controllori del potere politico. La Caina-Kankrin, fusione di due banche, una statunitense l'altra russa, fonda il suo potere e il suo controllo politico-finanziario su pratiche poco ortodosse, piuttosto esoteriche in effetti, e su sacrifici umani, non metaforici ma piuttosto letterali, come quello che di fatto da il là all'indagine di Theodore James Dumas, 47enne detective della polizia di New York impegnato a indagare sulla morte di uno dei componenti del consiglio di amministrazione della Caina-Kankrin.

sabato 20 settembre 2014

Il valore estetico di un dipinto

Il dolore è modulato da fattori cognitivi, tra cui l'attenzione e le emozioni. In questo studio abbiamo valutato l'effetto di distrazione dell'apprezzamento estetico sul dolore soggettivo (...) indotto da stimolazione laser della mano sinistra su 12 volontari in salute. I soggetti sono stati stimolati con il laser in assenza di altri stimoli esterni e mentre guardavano diversi dipinti che avevano precedentemente classificato come belli, neutrali o brutti. La visione dei dipinti precedentemente apprezzati come belli ha prodotto un livello di dolore inferiore (...).
I nostri risultati forniscono la prova che il dolore può essere modulato al livello corticale dal contenuto estetico di stimoli di distrazione.
L'articolo Aesthetic value of paintings affects pain thresholds del gruppo italiano composto da Marina de Tommaso, Michele Sardaro e Paolo Livrea ha vinto l'Ig Noble 2014. Sul loro lavoro vi segnalo un paio di post interessanti: Effects of Art in Lowering Pain Levels e Pain & Paintings: Beholding Beauty Reduces Pain Perception and Laser Evoked Potentials.
L'Italia ha vinto anche un secondo premio, in economia, grazie all'ISTAT
(...) per l'orgoglio di aver preso la guida nell'adempiere il mandato dell'Unione Europea per ogni paese di aumentare la dimensione ufficiale dell'economia della propria nazione, includendo i ricavi dalla prostituzione, dalla vendita illegale della droga, dal contrabbando, e da tutte le altre operazioni finanziare illecite tra i partecipanti volenterosi.
Mi sa che l'Ig Noble per sentirsi fieri di essere imbroglioni non siamo andato a ritirarlo...
Ultima menzione al premio per la fisica, che va al gruppo composto da Kiyoshi Mabuchi, Kensei Tanaka, Daichi Uchijima e Rina Sakai per aver studiato l'attrito mentre si scivola sulla classica buccia di banana!
Anche quest'anno la matematica, che nei giorni scorsi è stata vista sudare copiosamente, è stata risparmiata, ma non è detto che la pacchia continui ancora a lungo...

sabato 31 dicembre 2011

Il signor mercato

Dal punto di vista economico il 2011 è stato l'ennesimo anno terribile dopo una prima decade di III millennio obiettivamente difficile. La situazione è stata particolarmente difficile soprattutto perché la crisi economica che aveva colpito nel 2008 le banche statunitensi è arrivata anche alle banche europee, e questo ha prodotto qualche problema ai debiti statali o governativi, in particolare quelli di paesi particolarmente deboli da quel punto di vista, come ad esempio la Grecia, la Spagna o l'Italia. In particolare questi ultimi due paesi sono stati sotto gli occhi degli osservatori soprattutto per il loro legame con Francia e Germania: insieme questi 4 paesi possono essere considerati come i motori dell'Europa, sia nel bene (a quanto pare i primi due) sia nel male (soprattutto gli altri due).
Riguardo la crisi, però, la BBC ha pubblicato on-line una interessante infografica con un po' di grafici, e il primo, legato al costo del prestito, sembra proprio confermare la direzione di una Europa spaccata tra Germania e Francia da un lato e Italia e Spagna dall'altro:
Se però andiamo ad esaminare il dettaglio sulla crescita del debito nei quattro paesi, ci rendiamo conto non solo che le distanze tra queste due Europe non sono poi così grandi, ma che, nonostante le grandissime responsabilità della seconda repubblica, ad essere cresciuto in tutti e quattro i paesi è soprattutto il debito privato:
In questo senso le responsabilità della Francia crescono e non di poco, tanto che nel complesso potrebbe tranquillamente essere considerata la seconda fonte della crisi europea.
Inoltre il fatto che dei quattro è in Germania che il debito governativo è cresciuto più di tutti sembrerebbe suggerire che il problema, a differenza di quanto non si possa sostenere come libertari, non sia originato per nulla dai governi e dagli stati, ma dal settore privato. La Germania, però, ha due forti differenze rispetto agli altri tre paesi che la avvicinano soprattutto alle democrazie nord-europee: innanzitutto un peso dei politici sulla vita dei cittadini inferiore rispetto agli altri tre paesi, e questo alleggerisce sicuramente gli effetti della democrazia (e di qualunque altra forma di governo, per estensione) sulla vita quotidiana, e poi un minore costo del lavoro:
E questo, in effetti, ci riporta alle responsabilità dei governi, perché sono proprio questi che decidono il peso del costo del lavoro sul reddito nazionale. Potrei provare a immaginare cosa sarebbe la Germania se il costo del lavoro non solo fosse ulteriormente inferiore, ma addirittura assente, però non è il caso, soprattutto se abbiamo di fronte un esempio evidente a tutti: gli operatori finanziari. Ognuno di loro, ognuno dei componenti, soprattutto quelli piccoli, del così detto signor mercato, hanno un costo del lavoro decisamente molto più basso e in questi anni sono riusciti a prosperare nonostante la crisi. Il problema è che al tempo stesso ne sono anche la causa, non solo scatenante, ma anche del suo apparentemente incontrollabile aggravarsi.
Ad essere veramente pignoli, però, il vero problema di questa crisi potrebbe essere non tanto la dinamica interna della rete economica, ma la sua struttura:

martedì 23 agosto 2011

Ricette anti-crisi: l'esempio del Belgio

Tempo fa Fabristol, sul suo blog libertario, ha riassunto il caso Belgio, una nazione che in questo momento è molto vicina ai principi libertari, senza bisogno di attendere la nascita delle isole libertarie. Ebbene, a quanto pare in Europa, in questo momento, senza dover ritoccare le tasse dei cittadini, il Belgio è una delle economie più forti e stabili d'Europa (fonte ft.com). Quindi, dopo la proposta estratta da Controstoria delle Calabrie di Ulderico Nisticò, proprio andare verso una scelta politica ed economica di stampo libertario (ad esempio sul numero 51 di Superman, edizioni Planeta De Agostini, Straczinsky propone una soluzione del genere, anche se non è molto esplicita, e ispirata al romanzo Pianeta che vai di Erik Frank Russell) potrebbe risolvere i problemi di un sistema economico che si sta avviando, a colpi di crisi sempre più grosse, verso l'autodistruzione. Non sono gli aumenti di tasse (per quanto giusti anche nell'opzione in cui colpiscono i più ricchi) o la lotta all'evasione, ma forse proprio il fallimento economico e così cogliere l'occasione di ricominciare da zero.
Certo bisogna sperare che l'Unione Europea non spinga anche sul Belgio perché adotti, per una qualche scusa (potrebbe essere l'inflazione, secondo ft.com), le misure anti-crisi che sta imponendo a Grecia, Spagna, Italia e chissà chi altri.

P.S.: un grazie a Mehdi Tekaya per la condivisione su twitter.

mercoledì 14 aprile 2010

Un economista controcorrente

Jeff Rubin è un economista canadese; uno dei pochi che cerca di leggere i segnali che il nostro sistema economico ci manda senza pregiudizi, arrivando così a delle conclusioni che raramente un economista è pronto ad accettare.

Ha fatto clamore la sua affermazione che nel giro di un paio di anni il prezzo del petrolio potrebbe arrivare ad avere 3 cifre, raggiungendo i 225$ a barile nel 2012. La sua affermazione è accompagnata da importanti conseguenze, prima di tutto gli effetti di questo sui trasporti con la conseguente trasformazione del commercio da transoceanico a regionale (la fine della globalizzazione!). Il prezzo del carburante, con l'aumento del costo del petrolio, raggiungerebbe valori così elevati da non consentire più il commercio come lo conosciamo oggi, con container che vengono spediti dalla Cina all'Europa fino agli USA.

Le sue premesse sono molto semplici: ogni cosa che noi facciamo, acquistiamo o mangiamo è intimamente legata al petrolio e così come il suo prezzo aumenta, allo stesso modo aumenta il prezzo per estrarre, lavorare, produrre, impacchettare e spedire i beni che consumiamo.

Lui è uno dei pochi che ha legato la crisi scoppiata negli USA l'anno scorso al rapido aumento del petrolio che raggiunse i 150$ nel Luglio del 2008, giusto prima che la "crisi" scoppiasse. Mentre gli altri si affannavano a parlare di "speculazione" (come d'altronde stanno facendo anche ai giorni nostri) lui ci spiega come fu proprio il prezzo del petrolio che portò ad un aumento dei tassi di interesse e dell'inflazione, innescando la crisi dei mutui, che in una reazione a catena ha portato alla crisi del mercato globale.

Le cose che dice sono ragionevoli e dette e stradette in tanti blog che si occupano di cosa succede intorno a noi; sentirselo dire da un importante economista però fa la sua impressione... chissà cosa succederebbe se i politici cominciassero ad ascoltarlo...

Probabilmente il picco di produzione del petrolio è già dietro di noi ed il prezzo del petrolio ha ricominciato la sua risalita; come dice Jeff Rubin "appena l'economia riprenderà a crescere il prezzo del petrolio tornerà a salire" e questo porterà ad una nuova crisi.

Quindi una cosa è certa, quello che succederà nei prossimi anni non potrà non essere che "traumatico": il peggio deve ancora venire (per quanto sembra che stasera sulla tv pubblica si stia discutendo se la crisi esista davvero... c'è ancora chi è convinto che le cose non esistano se non se ne parla... o che i problemi si superino solo facendo gli ottimisti...).

Vi lascio con questo intervento di Jeff Rubin (32 minuti di intervento seguito da alcune domande):


sabato 27 giugno 2009

Effetti di volume finito

Il 16 giugno 2009 Repubblica pubblica un articolo che finisce quasi subito nel dimenticatoio:
Rifiuti, nel giro di due anni l'emergenza sarà nazionale.
La ricerca è condotta da Assoambiente, un associazione di imprese private che gestiscono servizi ambientali.

Nel rapporto si afferma tra l'altro:
rimangono solo 24 mesi o poco più prima che tutte le discariche italiane abbiano esaurito le loro capacità di assorbire il flusso di rifiuti urbani

Come soluzione viene proposta il riciclo e l'incenerimento ma viene aggiunto anche:
la tempistica media per la progettazione e messa in funzione di un impianto prende da un minimo di quattro anni ad un massimo di quasi sei

In breve siamo spacciati.

E' chiaro che (per fortuna!) non c'è tempo per costruire inceneritori. A tal proposito aggiungo qui una veloce riflessione; spesso ci si dimentica che la materia nè si crea nè si distrugge (Antoine Lavoisier) e che di conseguenza nel momento in cui i rifiuti vengono messi in un inceneritore si trasformano in qualcosa altro. Si trasformano in gas, liquidi e solidi; da notare che questi residui sono molto più pericolosi dei rifiuti iniziali e che quindi non possono essere messi nelle normali discariche perchè sono diventati rifiuti "speciali": in pratica l'effetto dell'incenerimento è di amplificare il problema (il solo vantaggio è di ridurre il volume).

Rimane il riciclo; è evidente che riciclando tutto il possibile risolveremo gran parte del problema legato alle discariche (urbane) ma non è abbastanza. E' necessario andare ancora più a monte del problema ed arrivare al motivo per cui produciamo tanti rifiuti. Potremmo parlare del problema degli imballaggi; ogni volta che compriamo un prodotto ci troviamo poi a disfarci di una quantità di rifiuti spesso superiore al peso dell'oggetto acquistato! ma non è ancora abbastanza. Dobbiamo arrivare al cuore del sistema capitalista.

Tutto il sistema si basa sul'idea che ci sono risorse (infinite) che possono essere trasformate per ottenere beni che devono essere poi venduti (acquistati dal consumatore), usati, consumati e buttati in discarica (qui per discarica intendo aria, acqua, terra; anche queste di dimensioni infinite). Naturalmente più velocemente questo processo avviene meglio è per il sistema, più velocemente i beni fluiscono, più velocemente l'economia "cresce" e tutti sono contenti (o quasi).

I rifiuti esistono perchè questo sistema richiede un flusso continuo di beni che dalla Terra (come risorse) passano al consumatore e poi di nuovo alla Terra.

Quando i primi pensatori gettarono le basi per la comprensione del capitalismo, a partire da Adam Smith, fecero un assunto che in quel momento era "scontato": la nostra civiltà vive su un pianeta infinito, per cui abbiamo a disposizione un infinita quantità di risorse (basta scavare) ed abbiamo quindi anche un infinito spazio per gettare i rifiuti.

Con queste ipotesi iniziali l'economia mondiale è continuata a crescere per due secoli buoni; attenzione alla parola che sto usando: "crescita". La crescita nel sistema capitalista non è un effetto secondario ma fortemente caratterizzante; il sistema per rimanere in "vita" (per continuare ad evolvere) deve crescere sempre.
E qui un altro fatto fondamentale: non deve solo crescere linearmente ma esponenzialmente. Per qualche motivo gli esseri umani non riescono a concepire il concetto di crescita esponenziale ma soprattutto non riescono a vedere gli effetti disastrosi che esso nasconde: apparentemente abbiamo tanto tempo per risolvere i nostri problemi ma in realtà... aneddoto di Meadows.

Con la fine della seconda guerra mondiale si è deciso di dare un nuovo impulso alla crescita economica spingendo al massimo "i motori" per "produrre più beni di consumo". A sessanta anni da quella decisione il sistema capitalista si trova davanti a quello che in fisica si chiama "effetto di volume finito".

In pratica il sistema si trova di "colpo" a dover fare i conti con quelle ipotesi, vere all'inizio, quando il sistema sembrava evolvere davvero in un pianeta infinito, ma non più vere ora.
Qui potrebbe nascere un fraintendimento: non sto solo parlando della capacità di "descrivere" il sistema capitalista; non sto solo dicendo che gli economisti non hanno a questo punto nessuna teoria per descrivere il sistema economico in cui viviamo (hanno solo una teoria "valida" su un pianeta infinito... per cui è inutile che si affannino a dire che la crisi finirà tra un anno, due, ... non hanno nessuno strumento per fare previsioni) ma sto dicendo che quel sistema che era in qualche modo stabile e che si è sviluppato fino ad oggi, ora sta per entrare in un nuovo regime, caratterizzato da forti instabità e che collasserà nel giro di pochi decenni. Per quanto Obama (e gli altri "grandi" della Terra) si possano impegnare non saranno in grado di gestire un sistema che sta per diventare instabile e di cui non si conoscono le leggi che lo governano.

Quando Napoli si è riempita di spazzatura bisognava prendere quello per quello che era: un segnale di allarme: un altro limite è stato raggiunto! Di questi allarmi ne vediamo tanti ma non riusciamo ad interpretarli nel modo corretto perchè spesso vengono visti come eventi isolati indipendenti uno dall'altro. Discariche che si riempiono, cambiamenti climatici, risorse minerarie alla fine, petrolio e gas alla fine, desertificazione, popolazione in aumento, fame in aumento, crisi finanziaria, .... tutte facce della stessa medaglia.

I "grandi" della Terra ora sono concentrati a risolvere il problema finanziario; ma se non si affronta il problema guardando contemporaneamente all'economia, alla finanza, alla popolazione mondiale, al cibo disponibile, alle risorse minerarie ed energetiche, ai cambiamenti climatici, si avrà sempre una visione parziale del problema e non si riuscirà a capire che il solo modo per risolvere questi problemi è uscire da questo sistema economico. Abbiamo bisogno di un nuovo sistema caratterizzato da una vera stabilità, a crescita zero. Solo così tutti i discorsi sulla "sostenibilità" acquistano un senso; siamo già insostenibili per GAIA vogliamo crescere ancora di più? dobbiamo superare le assurdità ed i paradossi del sistema capitalista. Dobbiamo cercare un sistema economico in cui il numero dei posti di lavoro non è legato alla crescita del sistema; in cui possiamo decidere di chiudere le fabbriche di automobili perchè inquinanti, senza aver paura che si perdino migliai di posti di lavoro; in cui posso avere lo stesso ombrello per 100 anni
(perchè con la nostra tecnologia è possibile) senza aver paura che poi le fabbriche chiuderanno quando tutti avranno il loro ombrello; e così via ...

Purtroppo so che non siamo così intelligenti; la nostra civiltà sta per finire, come tante altre prima di noi; pazienza, mi dispiace solo constatare che la storia si ripete e che non insegna niente... e che la conseguenza di questa cecità sarà (anzi è) la sofferenza di milioni, miliardi di esseri umani.

lunedì 15 giugno 2009

Home

In molti hanno rilanciato in rete il documentario HOME di Yann Arthus - Bertrand (produttori Denis Carot e Luc Besson). Mi associo anche io con questo post. La durata del film è di 1:33:18, è in lingua inglese sottotitolata e potete vederlo andando alla pagina del progetto su youtube.

Il film, usando immagini molto belle, riprese per lo più dall'alto, ci consente attraverso una prospettiva particolare di vedere gli effetti dell'azione umana (piu' precisamente del nostro modello economico) su GAIA.

Il film sottolinea infatti molto il fatto che il pianeta Terra e tutti gli esseri viventi sono collegati tra di loro attraverso un equilibrio molto delicato; proprio quell'equilibrio che noi, come esseri umani, siamo vicini a rompere in modo irrimediabile. La nostra smania di produrre, di costruire, sempre pù velocemente ci ha portato di fronte ai limiti del pianeta Terra; le miniere nel prossimo secolo finiranno di estrarre tutto l'estraibile; il petrolio, alla base di tutta la nostra economia sta per diventare economicamente non estraibile (sta per finire quindi a tutti gli effetti pratici); il cibo per sfamare tutti gli esseri umani non basta; l'acqua non basta; (il grano è usato per produrre carne e biocarburanti); l'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera sta creando grandi cambiamenti climatici (gli esseri umani mai hanno vissuto in un atmosfera con tali concentrazioni di carbonio); i ghiacci si stanno sciogliendo; secondo alcune ricerche siamo nel pieno della sesta estinzione di massa; ci si aspetta che per il 2050 ci saranno 200 milioni di "rifugiati climatici" (persone che devono scappare dalla terra in cui sono nati a causa dei cambiamenti climatici); ...

Il film finisce con un pò di ottimismo: sta a noi scrivere cosa accadrà nel nostro prossimo futuro...

Buona visione!

venerdì 8 maggio 2009

La fine dei minerali metallici

Quasi tutti i limiti di sostenibilita' sono stati superati: questo e' vero per le terre destinate all'agricoltura (quindi per i cibo), il pesce che peschiamo nei mari, per le risorse energetiche (petrolio, gas, uranio), per l'immissione di anidride carbonica nell'atmosfera...
Perseguendo l'idea della crescita economica (basata sulla ricerca del profitto e tenuta in vita dalla competizione tra le aziende) la nostra civilta' sta correndo sempre piu' veloce (esponenzialmente) verso un muro; questo si "vociferava" da tanto ma ora il muro e' li dietro l'angolo, lo vediamo. Lo scontro non sara' qualcosa che riguardera' le generazioni future ma noi, tra qualche anno, domani.

Ci troviamo di fronte alle piu' grandi crisi che la nostra civita' ha mai dovuto affrontare; il cancro capitalista sta intaccando gli organi vitali del sistema.

Nel grafico seguente potete vedere quanti anni rimangono prima che diversi minerali metallici (ipotizzando un ritmo produttivo del 2% annuo) finiscano:



In base al ritmo attuale il ferro finira' tra meno di 50 anni; stronzio e argento 10 anni; oro e zinco 15; piombo e cadmio 20; mercurio e rame 25.

E' facile immaginare l'impatto della fine di questi minerali per la civilta' industriale (elettrica ed elettronica ...).

(Riflessione veloce: forse questo spiega meglio la necessita' di militarizzare le discariche... le miniere del futuro...)

Un articolo approfondito lo trovate su:
http://www.hcss.nl/en/publication/1051/Metal-minerals-scarcity:-A-call-for-managed-auster.html
o anche su:
http://europe.theoildrum.com/node/5239

martedì 21 ottobre 2008

Il pesce, il sindaco e le monete

Non voglio farvi la recensione di un libro fantasy (o di qualsiasi altro genere) ispirato alle Cronache di Narnia, né voglio proporvi un mio racconto ispirato all'opera di C.S.Lewis, ma è semplicemente la naturale prosecuzione dei post sulla crisi e l'ambiente della settimana scorsa.
Innanzitutto il pesce: come e forse più delle altre risorse della Terra, il pesce sta iniziando a mostrare i suoi limiti di riproducibilità a fronte di un ritmo di consumo eccessivo e concentrato. In pratica il pesce sta diminuendo perché i pescatori del mondo stanno pescando a un ritmo più veloce rispetto a quello di cui hanno bisogno i pesci per riprodursi. La conseguenza prima e più evidente è in Europa, con le recenti proteste dei pescatori che si lamentano della concorrenza, che pretendono aiuti economici e che vogliono tutti pescare e tutti con gli stessi mezzi altamente competitivi. In testa alla protesta, ovviamente, i nostri: notizia sicuramente vecchia, di Luglio, ma le considerazioni restano purtroppo drammaticamente reali, perché nulla sembra essere cambiato.
Sempre di Luglio è la notizia dell'opposizione del sindaco di Gela al progetto di un impianto eolico, perché paesaggisticamente controproducente al turismo (o per meglio dire agli affari turistici e relativi introiti per l'erario comunale). Interessante come in un'Italia in cui la guerra al paesaggio, alle foreste e alle acque è stata fatta in nome del progresso e che ha portato molte vittime umane (causate da inondazioni e smottamenti che, con una maggiore cura del territorio sarebbero state evitate), un piccolo sindaco di un piccolo comune di una piccola regione, per quanto si sia coperto di molte iniziative meritorie, preferisca sacrificare l'ambiente e la possibilità di un reale sviluppo energetico del territorio in nome del turismo e non già della difesa del paesaggio.
Finché sarà questa l'idea di sviluppo dell'Italia, fondata come in molti altri paesi dell'Occidente sull'oro e sull'accumulazione della ricchezza, sarà difficile trovare uno sbocco serio. Probabilmente si arriverà a un prevedibile collasso del sistema economico, di questo attuale sistema economico, almeno, come in un certo senso sembra proporre Ugo Bardi in questo post dedicato all'oro dei nostri tempi. Se comunque ci soffermiamo ad esaminare l'articolo 1 della nostra costituzione:
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro

allora probabilmente abbiamo quello che dovrebbe essere il vero valore del denaro: esso dovrebbe rappresentare non già una ricchezza da accumulare ma un modo per testimoniare il lavoro di una persona. Forse è utopia, ma se non ci autodistruggiamo prima con qualche guerra devastante, probabilmente solo il crollo dell'economia potrà salvarci.

P.S.: nel frattempo i nostri governi provano a salvare le banche con interventi che, generalmente, sarebbero sanzionati dall'Unione Europea. Leggere per farsi un'idea il recente intervento di Pietro Cambi.

martedì 14 ottobre 2008

Crisi economica

Ciò che mi ha maggiormente colpito in questi ultimi giorni sui commenti alla crisi economica in atto è che nessuno o quasi ha messo in dubbio che la crisi sia dovuta a una crisi più generale del modello economico, della visione economica della Terra e del lavoro dell'uomo. E all'interno di questo stesso modello sembrano muoversi i governi europei che propongono una soluzione, forse efficace visto che le borse mondiali hanno avuto balzi da record, raccolta in un documento unitario.
Andiamo a leggerlo:
1) I sistemi finanziari contribuiscono in modo essenziale al buon funzionamento delle nostre economie e sono dunque un prerequisito necessario per la crescita di un alto livello di occupazione. Milioni di depositanti hanno affidato la loro ricchezza alle nostre istituzioni finanziarie. Le conseguenze della corrente crisi dei mercati finanziari mettono in pericolo il ruolo economico cruciale del sistema finanziario.

E già questo inizio dice tutto sulla posizione economica e politica dei governi europei: massimo rispetto verso il sistema e il modello attuali, senza critiche a esso, ma con interventi sullo stesso.
2) Dall'inizio della crisi, abbiamo agito per affrontare le sfide poste al nostro sistema finanziario: ci siamo impegnati a intraprendere azioni decisive e ad usare tutti gli strumenti disponibili per sostenere istituzioni rilevanti e prevenire il loro fallimento ed abbiamo agito efficacemente in diversi casi; abbiamo aumentato la trasparenza e rivelato l'esposizione delle banche; abbiamo aumentato la protezione di garanzia dei singoli depositi.

Sostegno, prevenzione, protezione da parte dei governi: il massimo per i finanzieri!
3) Ulteriore azione concertata è necessaria con urgenza considerati i persistenti problemi del finanziamento delle banche e il contagio dalla crisi finanziaria all'economia reale.

In effetti il problema delle banche è abbastanza complesso: il sistema economico e finanziario si fonda tanto, forse troppo sulle banche e sulla loro solidità. In effetti buona parte degli stati industrializzati e quasi tutti quelli in via di sviluppo sono finanziariamente in mano alle banche, che possono scegliere chi e come finanziare. Una crisi economica in un tale sistema potrebbe tranquillamente essere dovuta non solo alla sempre maggiore diminuzione delle risorse non rinnovabili e a uno sconsiderato sfruttamento di quelle rinnovabili, ma anche a giochi finanziari e politici degli stessi istituiti bancari, che per proteggere le loro posizioni di potere potrebbero spingere i governi mondiali a misure di sostegno e protezione.
E' troppo fantascientifica questa ipotesi da finanza casalinga? (o forse, semplicemente, leggo troppi invisibili!)
4) Confermiamo oggi il nostro impegno ad agire insieme in un modo decisivo e comprensibile per restituire la fiducia e il giusto funzionamento del sistema finanziario, con lo scopo di restituire appropriate ed efficienti condizioni di finanziamento per l'economia. In paralleo gli Stati Membri sono d'accordo per coordinare misure per affrontare le conseguenze della crisi finanziaria sull'economia reale, in linea con le conclusioni dell'Ecofin del 7 Ottobre. In particolare, vediamo con favore la decisione della Banca europea d'investimento di destinare 30 miliardi di euro a sostenere le piccole e medie imprese europee e il suo impegno a dispiegare la sua capacità per intervenire in progetti di infrastrutture.

Probabilmente il punto più condivisibile di tutto il documento, perché dimostra l'idea di procedere insieme verso un unico obiettivo. Quest'ultimo è opinabile, così come il modo per raggiungerlo.
5) Come membri dell'area dell'Euro, condividiamo una comune responsabilità e dobbiamo contribuire a un approccio europeo comune. Invitiamo i nostri partners europei ad adottare i seguenti principi in modo che l'Unione europea nel suo insieme possa agire unitariamente ed evitare che misure nazionali influiscano sul funzionamento in modo opposto [...]

E dopo questo, l'economia riparte (forse!).

A margine vi propongo un paio di post interessanti:
* Non sarà un nuovo '29
* Ho 30 anni, un master e non trovo lavoro
Grazie per la cortese attenzione. Ci vediamo su un altro pianeta (si spera ma ci credo poco!).

giovedì 19 giugno 2008

A noi vivi

Immagine di A noi viviIl primo e l'ultimo. Già avvenuto, con Stark, ora si ripete, con A noi vivi di Heinlein. E come promesso torno a parlarne e questa volta in maniera più diffusa. Cerchiamo, innanzitutto, di separare i due aspetti principali del romanzo: il legame con l'opera futura di Heinlein e le idee e le previsioni proposte dall'autore nel romanzo.
Il legame con i racconti e i romanzi futuri è, per un qualsiasi lettore affezionato di Heinlein, evidente: in A noi vivi sono già in embrione tutti i romanzi dello scrittore statunitense, che in pratica, come dicono Spider Robinson e Robert James nella prefazione e nella postfazione, sfrutta le tematiche del suo primo romanzo mai pubblicato sviluppandole e ponendole al centro di molti dei suoi romanzi.
Le idee e le previsioni di Heinlein, invece, fanno quasi paura, tanto sono precise, a parte forse la cronologia. Il punto di partenza dell'utopia descritta in A noi vivi è la non partecipazione degli Stati Uniti alla 2.a Guerra Mondiale: questo fatto, in un certo senso, sembra generare una serie di discussioni e attriti interni che, in maniera più o meno varia, rispecchiano molte delle discussioni contemporanee, come ad esempio le critiche sempre più diffuse al nostro attuale modello economico. E certamente è questo, oltre alle idee sui nuovi costumi sociali e sulla difesa assoluta della privacy, il cardine del romanzo. Le idee economiche di Heinlein sono tratte dalle teorie di Clifford Hugh Douglas, che propone una sorta di economia molto più sociale e solidale (Social Credit), e che il romanziere sfrutta descrivendo uno stato in cui vengono finanziati i cittadini con delle eredità di base, che possono consentire ad ognuno di sopravvivere senza necessità di lavorare, il tutto grazie al fatto che, quando c'è necessità di nuovo denaro, è il governo stesso che decide di stamparne di nuovo, aggirando in pratica l'economia basata sulle banche. Perché, parliamoci chiaro, la nostra economia ruota proprio intorno alle banche, che di fatto posseggono la maggior parte delle nazioni più avanzate (nonché quelle del così detto Terzo Mondo o in via di sviluppo), che possono prestare denaro senza possederlo, e quindi in pratica crearlo dal nulla.
E tutti i progressi tecnologici non possono essere fatti senza le banche, che finanziano dal nulla solo ciò che può far crescere il capitale: ciò però porta ad una sovrapproduzione che alla lunga porta al fallimento del sistema: interessante in questo senso il capitolo 9, durante il quale Heinlein cerca di dimostrare al lettore con un esempio come ciò sia possibile.
Heinlein, sul Social Credit, scommise la maggior parte della sua sfortunata carriera politica: presentatosi a Hollywood nelle primarie del partito democratico, venne battuto alle stesse dal candidato repubblicano, che presentatosi anche alle primarie democratiche e vincendole in pratica divenne l'unico candidato del seggio, ottenendolo automaticamente senza bisogno di elezioni (forse proprio perché il partito democratico concesse a Charles Lyons di partecipare alle primarie, Heinlein decise di far sparire i democratici nella sua storia alterata degli Stati Uniti in A noi vivi!). Non solo, comunque: il panico diffuso per la situazione economica difficile, le crisi economiche successive, le tensioni internazionali, tutto previsto con grandissima lucidità, e tutto risolto aggirando il potere delle banche, limitandolo, cambiando in pratica il modello economico alla base della società, il tutto senza dimenticare la libertà individuale, protetta per costituzione nella nuova versione della Carta Statunitense.
In un certo senso le idee economiche di Heinlein ricordano la recente proposta della decrescita, un modo per rendere la civiltà umana sostenibile non solo per il pianeta ma anche per gli esseri umani stessi: in fondo l'utopia è tale solo se è impossibile da raggiungere. Fino ad ora ogni cosa che non andasse bene per gli imprenditori era un'utopia. Dobbiamo solo cercare di essere noi a voler cambiare.
Per intanto, il discorso con Heinlein finisce qui.
Buona lettura.

E' a noi vivi che spetta portare a termine il lavoro lasciato incompiuto da quelli che qui combatterono. E' a noi vivi che spetta dedicarci al grande compito che ci resta di fronte: quello di trarre da questi nobili caduti una dedizione ancor più grande alla causa per la quale essi hanno dato la più completa e definitiva prova di dedizione; quello di affermare qui solennemente che questi morti non sono morti invano, perché questa nazione, guidata da Dio, possa rinascere nella libertà...
(dal discorso di Abramo Lincoln a Gettysburgh che da il titolo al romanzo di Heinlein)

lunedì 16 giugno 2008

La curva del petrolio

La vita è piena di coincidenze che fanno tremendamente paura. Ho finito di leggere giusto sabato il bel romanzo di Heinlein A noi vivi: non solo dal punto di vista letterario questo primo romanzo (di cui cercherò di parlare in seguito più diffusamente), rimasto a lungo inedito, contiene tutti gli elementi della letteratura successiva dello scrittore statunitense, ma contiene una serie di previsioni disarmanti, oltre ad una critica molto precisa e puntuale del nostro attuale sistema economico, che per inciso è lo stesso del 1939, periodo durante il quale il romanzo venne scritto.
In questi giorni di lotta per i tirocini di ricerca in Calabria (vedi anche Stipaturi), il mio amico Pietro mi invia una e-mail molto interessante, che punta l'attenzione sul petrolio e sul nostro sistema economico. La condivido con voi in maniera integrale:

Ciao a tutti,
in questi giorni mi sono divertito ad analizzare i dati relativi al costo del petrolio (in dollari) dal gennaio 2000 ai giorni nostri. Vorrei condividere con voi il grafico che vi allego e alcune riflessioni.
In sintesi i risultati che il grafico mette bene in evidenza. Da gennaio 2000 ad agosto 2003 il prezzo e' praticamente costante; da agosto 2003 ad agosto 2006 c'è una prima crescita esponenziale (l'asse delle ordinate è logaritmico) con tasso di crescita del 34%; da agosto 2006 ai giorni nostri c'è un secondo andamento esponenziale caratterizzato da un tasso di crescita del 52% (più grande quindi del precedente!).
Da notare che si tratta chiaramente di crescite esponenziali e non lineari; questo aspetto è molto importante e fa si (come mostro nella tabella nel grafico) che nel giro di 3 anni, il costo del petrolio potrebbe portarsi a 500$ al barile!!!
Naturalmente il sistema capitalista americano (e mondiale) non potrebbe mai reggere un qualcosa del genere!
Ricordo che tutta la nostra civiltà si basa sul petrolio... viaggiamo, mangiamo, lavoriamo, ci divertiamo, grazie al petrolio.
Cosa succederà quindi nei prossimi nei prossimi tre anni? non lo so; ma temo niente di buono....
Spesso nelle discussioni a proposito di un possibile "collasso" del sistema capitalista mi capita di sentire dire... che c'è molto tempo... si parla di secoli... la mia opinione è che ciò sarebbe vero se il sistema popolazione-economia crescesse in modo lineare... ma sappiamo benissimo che entrambi stanno crescendo in modo esponenziale...
In particolare l'economia: non si fa altro che dire che "deve" crescere, il PIL deve essere SEMPRE positivo (da notare che il PIL altro non e' che il tasso di crescita di una funzione esponenziale!).
Tutto ciò è illogico, pericoloso e porterà in pochi anni la nostra civiltà al collasso; i segnali ci sono tutti: aumento dei prezzi delle risorse energetiche, diminuzione dei suoli utili all'agricoltura, cibo pro-capite in diminuzione, aumento della fame nel mondo, riempimento delle discariche (Napoli è solo una "spia" luminosa accesa di pericolo... non un caso isolato), militarizzazione dei territori, radicalizzazione del clima, "paura" dilagante.... tutte facce della stessa medaglia.
L'economia NON deve crescere; questa è una bugia di cui tutti dobbiamo prendere coscenza; è il benessere degli esseri umani che deve crescere. La crescita dell'economia è la causa dei problemi di oggi, non la soluzione.
Questo comporta un "radicale" cambiamento di rotta. E questo non lo dico io ma le più importanti strutture di controllo governativo (ONU) e non governativo... quello che manca è l'opinione pubblica che spinga i governi a farlo.
Questo però nasce dallo sforzo di ognuno ad imparare e a far conoscere.

Un saluto a tutti.
Pietro.

Il grafico, un file in pdf, potete scaricarlo cliccando qui.

giovedì 20 aprile 2006

Sistema economico

E' interessante vedere come SeanLehay vede la situazione del debito dell'Australia, la sua nazione.
E' interessante concludere che sembra che l'attuale sistema economico produce un debito per qualsiasi nazione...

La domanda, a questo punto, è: ma chi ci guadagna in questo sistema?

domenica 24 novembre 2002

Economia spicciola

3 persone vanno in un ristorante e spendono 10 euro ciascuno, per un tottale di 30. Secondo loro la spesa è eccessiva e il ristorante decide di rendergli 5 euro. Il cameriere, per fare una spartizione più semplice, decide allora di intascare 2 euro, dandone così 1 ciascuno ai tre amici.
Totale: 9 euro pagati dai tre più i 2 euro intascati dal cameriere fa 29 euro. Si è perso 1 euro per strada!!!
Facendo i conti in questo modo, gli euro si perdono continuamente, ma in effetti per arrivare alla cifra che in totale è circolata nel sistema ristorante bisogna sommare alla cifra pagata dai 3, il resto che hanno percepito, ovvero i soldi resi dal ristorante meno quelli intascati dal cameriere: 9 euro per 3 persone + 5 euro dal ristorante - 2 euro nelle tasche del cameriere = 30 euro!