Stomachion

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sabato 2 maggio 2020

Alan Moore: Storie di scienza e magia

Dopo il quarto volume di Cinema Purgatorio, torno a occuparmi di Alan Moore e, in particolare, dello speciale che Linus gli ha dedicato con l'ultimo numero del 2019, cui peraltro era abbinato anche il calendario di questo sfortunato 2020. Anche in questo caso la lettura è arrivata con grande ritardo rispetto alla pubblicazione della rivista, ma non sono andato oltre anche grazie agli arresti domiciliari cui siamo costretti.
Andiamo, però, con ordine, e vediamo come è strutturato l'albo dedicato al bardo di Northampton.
Costruire un omaggio
Sin da quando Igort ha preso in mano la direzione della storica rivista di fumetti, cultura e approfondimento, ogni numero ha avuto un tema portante, sviluppato nella sezione centrale del numero alternando articoli di critica a fumetti.
Nel caso di Moore lo speciale è stato curato con la consulenza di smoky man, ovviamente presente a sommario con un articolo composto da citazioni di Moore che ne identificano il pensiero scientifico e filosofico. Tra gli articoli ho trovato notevoli e interessanti, per vari motivi, quello di Alessandro Bilotta sul suo rapporto con Moore e quello di Adriano Ercolani sul parallelismo di temi e narrativa tra Moore e Bob Dylan. In particolare l'articolo di Bilotta mi ha confermato qualcosa che già pensavo del nostro sceneggiatore sin dai tempi di Giulio Maraviglia: Bilotta è uno dei pochi autori al mondo ad aver veramente compreso il senso dell'opera dello sceneggiatore britannico e ad applicarlo senza fraintendimenti. Ciò potrebbe essere materiale per futuri articoli, ma per il momento mi fermo qui e passo alle storie.
La redazione di Linus per questo speciale ha selezionato tre storie brevi, Continuo a tronare, Se Einstein ha ragione e Lo sbaffo frettoloso del mio sorriso. Quest'ultima storiella, su cui non mi soffermerò più di tanto, disegnata da Peter Bagge, è una vera e propria parodia di un certo modo di fare pubblicità. Nonostante l'interessante argomento, però, mi occuperò principalmente delle altre due storie a sommario.

sabato 4 aprile 2020

Cinema Purgatorio: I mostri di Browning

Il quinto volume dell'edizione italiana di Cinema Purgatorio raccoglie i numeri 13, 14 e 15 dell'onomima serie antologica ideata da Alan Moore e portata avanti da un nutrito gruppo di bravi autori che si sono imbarcati con lo sceneggiatore inglese nella realizzazione di fumetti alla vecchia maniera: in bianco e nero. L'idea del bianco e nero non è l'unica, visto che anche le tematiche e la struttura antologica richiama alle esperienze sperimentali di molte riviste a fumetti britanniche. Come ho già raccontato in occasione delle recensioni del secondo e del quarto volume della raccolta, ciascuna delle serie sviluppate, a partire da quella che da il titolo all'antologico, sviluppa in episodi brevi, intorno alle 8/10 pagine, una trama più complessa.
Il re dell'horror.
Come al solito, i tre episodi della serie portante, disegnata da Kevin O'Neill, presentano una storia a continuazione nelle pagine iniziale e finale fornendo sempre più dettagli sulla spettatrice, presumibilmente morta, degli spettacoli cinematografici messi in scena dai due amabili autori. Le pellicole, che hanno tutte titoli con riferimenti a film del passato, si concentrano su alcune figure chiave dell'industria cinematografica. La prima storia è dedicata ad Arthur Lucan, che per buona parte della sua carriera ha interpretato il personaggio di Old Mother Riley in uno show omonimo insieme con Kitty McShane, che nella storia di Moore interpreta la figlia Kitty. In effetti questo secondo personaggio è particolarmente ambiguo, al pari dell'arzilla Mamma Riley, con la differenza che quest'ultima sembra vivere la sua ambiguità con molta più leggerezza.
La seconda storia è dedicata a quello che può essere considerato come il re dell'horror statunitense, Tod Browning. I suoi capolavori sono, infatti, il Dracula del 1931 con Bela Lugosi, e il corale Freaks del 1931, in un certo senso una summa della poetica (se così si può dire) cinematografica di Browning. Questi è anche il regista del più noto dei così detti film persi: de Il fantasma del castello (London after midnight), in cui il vampiro protagonista era interpretato da Lon Chaney, uno degli attori preferiti da Browning, non sono al momento note copie esistenti. L'ultima, infatti, andò perduta durante un incendio agli studi MGM nel 1965.
Si diceva di Freaks come la summa della carriera di Browning, e in un certo senso così è non solo per i contenuti, molti dei quali non superarono la censura, ma anche per gli esiti: la carriera del regista è, infatti, costellata di alti e bassi e Freaks, film rivalutato nel XX secolo, fu l'ultimo e più forte flop nella carriera di Browning, che aveva posto alte aspettative in questa pellicola. Tutto questo Moore lo racconta non con disprezzo o rigetto, ma con profonda stima e ammirazione, come evidente dalla quadrupla che sancisce la fine della pellicola su carta.
Il terzo episodio, ambientato in un obitorio, racconta un po' di episodi piccanti e poco gratificanti di alcuni personaggi del mondo del cinema, tutti peraltro finiti sulle pagine del foglio scandalistico Confidential, tracciando così un quadro non proprio edificante del mondo delle stelle del grande schermo, cosa che è abbastanza comune a un po' tutte le storie di Cinema Purgatorio.

domenica 10 giugno 2018

Cinema Purgatorio: Il misterioso caso di Elizabeth Short

Ho un po' trascurato in questi mesi Cinema Purgatorio, l'antologico ideato da Alan Moore e realizzato con cinque storie brevi di otto pagine a numero. Ognuna delle storie a sua volta appartiene a una sua saga con una più o meno forte continuity interna. Gli albi della serie vengono uccessivamente pubblicati in volumi che raccolgono tre uscite alla volta e in Italia la serie è portata da Panini Comics.
La serie principale, che da il titolo al progetto, è Cinema Purgatorio, realizzata dallo stesso Moore insieme con Kevin O'Neill ed esplora, attraverso un personaggio rinchiuso in un cinema (e che di questa sua condizione non si è ancora reso conto, nonostante tutti gli indizi), la storia della cinematografia. In particolare nel quarto volume della serie, quello di cui voglio scrivere due righe in questo post, Moore e O'Neil si occupano del cinema dell'orrore con Il mistero del picture palace, con una parodia nera di Frank Capra ne La vita è nera e gravosa, e soprattutto con un misterioso omicidio in quel di Hollywood in My Fair Dahlia, seconda storia del trittico.
I sogni muoiono all'alba
Erano le 10 del mattino del 15 gennaio 1947 quando Betty Bersinger, che stava portando a spasso la figlia di tre anni, trova in un terreno nei pressi di Leimert Park, quartiere meridionale di Los Angeles, il corpo senza vita di una donna nuda e tagliata in due all'altezza della vita, con evidenti segni di tortura su tutto il corpo. La ragazza si scoprì essere Elizabeth Ann Short, aspirante attrice.
Era giunta a Hollywood nell'agosto del 1946 piena di sogni e speranze, ma gli unici ingaggi che aveva ottenuto erano per dei film pornografici, all'epoca illegali. Nata il 29 luglio del 1924, ebbe una vita breve e non molto facile: già a sei anni, nel 1930, si trovò a vivere con la madre e le quattro solere a Medford nel Massachusetts dopo che il padre abbandonò la famiglia.
La vita con la madre non fu, evidentemente, semplice, se decise ben presto di abbandonare gli studi per lavorare come cameriera. Successivamente, all'età di 19 anni, lasciò la casa materna per andare a vivere con il padre a Los Angeles. Anche questa convivenza fu piuttosto complicata ed Elizabeth si trasferì nuovamente, questa volta a Camp Cooke in California, per lavorare in un ufficio postale.
Il 23 settembre del 1943 venne arrestata in stato di ebrezza, e non essendo ancora legalmente maggiorenne, venne rispedita dalla madre. Successivamente si trasferì in Florida dove conobbe Matthew M. Gordon Jr., che stava per partire in guerra. Tra i due scattò ben più di una simpatia, tanto che Gordon, in una lettera che scrisse mentre era ricoverato in un ospedale militare in India, le chiese di sposarlo. E tutto sarebbe andato per il meglio se il giovane fosse riuscito a tornare in patria: purtroppo un incidente aereo avvenuto il 10 agosto del 1945 spezzò il sogno della ragazza.
Soprannominata Dalia Nera a causa della sua passione per il film La dalia azzurra e per il suo abbigliamento scuro, venne per certi versi ritenuta responsabile della sua stessa morte a causa della sua presunta scarsa moralità. Le indagini, in effetti, non sembra siano state condotte con l'usuale precisione, e forse non fu un caso che ben 60 persone furono accusate o si auto-accusarono dell'omicidio, mentre 22 furono considerati i sospettati principali.
L'omicidio è ancora oggi insoluto.
Moore e O'Neil scelgono, per narrare questa vicenda, il genere del musical, che per certi versi è molto amato da Moore. Lo sceneggiatore britannico, non certo senza un pizzico di ironia e sarcasmo, narra di una vicenda che poco interessava risolvere e mettendo in piedi un pur leggero parallellismo con Marylin Monroe, che compare a un certo punto come co-narratrice insieme a Beth della misteriosa vicenda, con il tempo assorbita negli ingranaggi commerciali di Hollywood ispirando pellicole e altri prodotti più o meno commerciali.
Una visione nel complesso non molto edificante del mondo del cinema.

sabato 21 ottobre 2017

Il cinema come purgatorio

Terzo sabato consecutivo dedicato ad Alan Moore, in questo caso con il secondo volume di Cinema Purgatorio, volume antologico edito da Panini Comics che raccoglie le storie dello scrittore di Northampton uscite sull'omonimo albo in bianco e nero insieme con quelle di Gart Ennis, Max Brooks, Kieron Gillen e Christos Gage.
Prigioniero del cinema
Il protagonista di Cinema Purgatorio di Moore è un ignoto personaggio, probabilmente una donna, che nei suoi ricordi si trova sempre nello stesso cinema a vedere film di genere in quello che, leggendo le storie una dietro l'altra, sembra molto una sorta di piccola storia del cinema. Ogni "pellicola", rappresentata da Kevin O'Neill, in questi ultimi anni fedele collaboratore di Moore sulle pagine della Lega degli Straordinari Gentiluomini, presenta però un dettaglio strano: ad esempio Un re al crepuscolo è visivamente un racconto di King Kong. La narrazione, in prima persona, esce dalla bocca di Kong, ma in realtà è la vita di uno degli animatori del gigantesco gorilla, Willis O'Brien, che alla fine spiega anche l'ambientazione del breve racconto di Moore e O'Neill: molto probailmente, infatti, recupera le idee di O'Brien sul personaggio che erano state "prese in prestito" da Ishirō Honda e Thomas Montgomery per King Kong contro Godzilla del 1962.
Per tutta la vita è un mix tra un film romantico e una puntata di Ai confini della realtà, con due neo sposini che, una volta entrati nella loro casa, invecchiano a una velocità impressionante. La vera chicca del trittico uscito su questo secondo volume è, però, I frateli Warner in "Una notte dagli avvocati".
E' al tempo stesso un omaggio a Groucho Marx, il più noto dei fratelli Marx, e un modo per togliersi un po' di sassolini nei confronti della Warner Bros., visto che, a mia memoria, né Groucho Marx né i suoi fratelli hanno mai lavorato perla Warner. In particolare Moore fonde la vita di Groucho con quella di Jack Warner, non molto dissimili in generale, ma molto differenti nei dettagli. Stilisticamente Moore riprende la vena umoristica mostrata nei racconti su 2000 A.D.

sabato 14 ottobre 2017

Giocare con lo spazio e il tempo

Proseguo con le recensioni "mooriane": dopo i Bojeffries, ecco due saghe fantascientifiche di stampo umoristico a loro modo rivoluzionarie.
Gli inizi di Alan Moore come sceneggiatore di fumetti risalgono alla storica rivista di fantascienza britannica 2000AD. Le storie, per lo più irriverenti e intrise del miglior umorismo dissacrante e nero degli autori di Sua Maestà, venivano realizzate da sceneggiatori e disegnatori che avrebbero successivamente invaso il mercato fumettistico statunitense e quindi mondiale.
Moore, in particolare, propose la serie dedicata a D.R.&Quinch, con protagonisti due studenti universitari di un lontano pianeta che nella loro prima avventura contribuiscono alla distruzione del pianeta Terra, di fatto esplicitando l'ispirazione di Douglas Adams sulla serie.
A fianco di questa ecco una serie di racconti, che più o meno ricadono tutti sotto l'ombrello del Tharg's Future Shocks, e le disavventure di Abelard Snazz, geniale e pasticcione risolutore di problemi (i cui clienti risultano alla fine invariabilmente scontenti).
Mentre in Snazz l'influenza di Adams risulta forse più evidente che nel resto della produzione umoristica di Moore, i racconti di Future Shocks sembrano dei piccoli episodi di Ai confini della realtà, ma senza quel senso di inquietudine che spesso si porta dietro la fantascienza, ma solo con l'idea da un lato di divertire e shockare il lettore, e dall'altro scherzare sugli schemi della fantascienza e sui piccoli e grandi difetti degli esseri umani e della società. D'altra parte è proprio in Future Schocks che si trovano le prime bordate al tatcherismo, che purtroppo sono ancora oggi attuali. E non solo in Gran Bretagna.
Le storie di cui sopra si trovano sui volumi:
The complete D.R.&Quinch
con Alan Davis
The complete Alan Moore Future Shocks
con disegnatori vari

sabato 7 ottobre 2017

La saga dei Bojeffries

Ispirato da alcuni recenti fumetti comici di genere fantascientifico usciti per Editoriale Cosmo, recupero la recensione di questo bel volume uscito per la Bao l'anno scorso
I Bojeffries sono una famiglia particolare: un padre che di notte va sui tetti a pesca di pipistrelli insieme con il figlio, mentre la figlia tanto disinibita quanto brutta che odia il mondo intero iniziando proprio dalla sua famiglia prova periodicamente a perdere la verginità; un vampiro e un licantropo per zii; un neonato radioattivo e un nonno che appartiene alla schiatta delle divinità extramondane ideate da Howard Philips Lovecraft.
Così in uno dei suoi primi fumetti, ritroviamo uno dei numi tutelari della poetica e della narrativa di Alan Moore, declinato con un gusto molto vicino a quello dei Monty Python, noto gruppo di comici surreali britannici. L'idea sembra quella di realizzare una famiglia alla Addams nella periferia britannica, in particolare quella di Northampton, cittadina natale dello sceneggiatore: Moore così ironizza sulla società inglese degli anni '80 del XX secolo (la serie esordì nel 1983 sull'antologico Warrior). Emerge il quadro di una società povera (non solo economicamente), che sopravvive tra piccole risse, razzismo strisciante e cliché sul sesso.
Steve Parkhouse, con il suo tratto dettagliato, riesce a seguire ottimamente le invenzioni di Moore, rappresentando al meglio la scena iniziale, uno zoom che dallo spazio porta fino ai tetti di Northampton, o nella capacità di passare da vignette praticamente spoglie ad altre straripanti dettagli. In questa serie di avventure Moore inizia poi a sperimentare, come in Vacanze estive, un vero e proprio racconto illustrato, o in Canto delle terrazze, che è uno dei fumetti-canzoni scritti dal fumettista, sulla stessa linea di The march of the sinister ducks o The old gangsters never die.
La saga dei Bojeffries
Alan Moore, Steve Parkhouse
Traduzione di Michele Foschini
brossurato, bianco e nero, 96 pagine
Bao Publishing, 2016, 14,00

sabato 29 aprile 2017

La voce del fuoco

Alan Moore ha letteralmente rivoluzionato il mondo del fumetto supereroistico con opere che, però, ne trascendono il genere. In particolare con V for Vendetta, Moore, in questo caso coadiuvato da David Lloyd ai disegni, ha realizzato un fumetto distopico assolutamente plausibile e tremendamente vicino a realizzarsi con alcune evidenti influenze anarco-libertarie. Qualcosa di simile, ma molto più subdolo, venne proposto con Watchmen, disegnato da Dave Gibbons, in cui Moore inserì anche tutta una serie di elementi esteriori che rendono un'opera indubbiamente supereroistica.
Il seguito della sua carriera, segnato dal litigio con la DC Comics, l'editore che segnò buona parte dei suoi lavori mainstream, è una sperimentazione continua le cui punte massime, almeno all'esterno del mondo del fumetto, sono da considerarsi le esibizioni artistico-magiche realizzate a Northampton, città natale di Moore.
Gli elementi essenziali di tali esibizioni, successivamente trasportate in fumetto da Eddie Campbell, che con Moore aveva realizzato From Hell, si basavano sulla storia della città: non solo i contenuti, sia quelli verbali sia quelli musicali e visuali, ma anche il luogo scelto per le esibizioni erano accuratamente scelti in funzione dei nodi storici più importanti del luogo, trasformando tali esibizioni in eventi unici oltre che in esempi perfetti di geomanzia. Un sottoprodotto, non meno importante, è La voce del fuoco, primo romanzo di Moore, pubblicato in Italia dalla BD nel 2006, e ambientato esattamente in quel di Northampton.

domenica 12 ottobre 2014

Batman e Joker: tra Moore e Morrison

E' partito lo Speciale per i 75 anni di Batman. Anche in questo caso ho partecipato con grande entusiasmo scrivendo un lungo articolo dedicato al Joker, l'avversario per eccellenza di Batman. In questo estratto (con alcune parti che ho tenuto fuori dall'articolo, centrato sul Joker), vi propongo un breve esame su due delle più importanti visioni sul folle clown del crimine, come lo definì durante la silver age il grande Dennis O'Neil.
The Killing Joke
Alan Moore riteneva e continua a ritenere The Killing Joke un'opera minore nella sua produzione. A tal proposito, infatti, affermò
Non sta dicendo nulla di molto interessante.
Nonostante questa opinione da parte del suo stesso autore, The Killing Joke costituisce un punto di riferimento importante nella caratterizzazione del Joker, risultando un primo e abbastanza riuscito tentativo di sintetizzare le varie anime incarnate dal personaggio nel corso della sua storia editoriale.
Per portare a termine con successo questo obiettivo, Moore partì da Detective Comics #168, storia che introdusse, con una operazione di retrocontinuity, il Cappuccio Rosso nelle origini del Joker: nessuno aveva mai realmente esplorato quell'aspetto del passato del pericoloso assassino, diventando così un punto di partenza ideale per un autore che, come Alan Moore, aveva basato buona parte dei suoi successi su una caratterizzazione realistica dei personaggi.
Per raggiungere questo obiettivo, lo scrittore di Northampton, utilizzando le nuove teorie della psicologia criminale, cerca di comprendere le ragioni intime della follia del Joker, descritto prima della trasformazione come uno dei tanti piccoli abitanti della grande città con un sogno nel cassetto e una famiglia cui non si sente all'altezza. E' un uomo sconfitto, deluso, depresso, che si lascia trascinare dagli eventi mentre il mondo gli cade addosso.
Quando emerge dalle sostanze chimiche nelle quali si è gettato per sfuggire a Batman, negli attimi prima di ridere ossessivamente, il Joker resta sospeso, quasi in contemplazione, forse arrivando alla consapevolezza che lo farà impazzire ben più delle stesse sostanze chimiche cui è entrato in contatto:
E' tutto uno scherzo. Tutto ciò per cui si combatte o si vive... è una barzelletta mostruosa e demente!
E allora... perché non vedi il lato comico?
Perché non ridi?
Ecco una delle motivazioni dell'ultimo attacco a Gordon e Batman descritto da Moore: sparare a Barbara, futura Oracolo, torturare Gordon fin quasi alla follia, spingere il Cavaliere Oscuro ad affrontarlo in un luna park abbandonato costellato di trappole. Tutto per strappare una risata, e soprattutto per dimostrare un concetto:
Basta una giornataccia, per trasformare l'uomo più sano del mondo in uno svitato!
Ecco quanto disto dal mondo: solo una giornataccia!
Batman, però, non è d'accordo:
Forse è sempre stata colpa tua!
A supporto di ciò, porta Gordon, che nonostante tutto è riuscito ad aggrapparsi alla sua stessa sanità mentale, che invita Batman a non commettere sciocchezze:
Dobbiamo fargli vedere che la nostra strada funziona!
grida un Gordon nudo e psicologicamente prostrato alla volta del Crociato incappucciato.
E questa frase diventa un mantra, la chiave per leggere il finale ambiguo della storia in un senso positivo: secondo Grant Morrison, ultimo di una lunga schiera, in una chiacchierata "radiofonica" con Kevin Smith, alla fine della conviviale risata Batman uccide Joker, eppure contro questa interpretazione non solo va il giudizio di Moore, ma anche due dettagli interessanti. Da un lato c'è una rappresentazione di Batman abbastanza granitica, quasi superficiale come rappresentante della legge e dell'ordine. Manca qualunque dramma interno per la morte dei genitori, ma viene quasi utilizzato da Moore come una rappresentazione malleabile dei dolori delle vittime del Joker. Dall'altro, se ci si sofferma sul titolo, ci si può rendere conto che lo sceneggiatore britannico non sta uccidendo il barzellettiere (joker), ma la barzelletta (joke): non è un caso che il Joker paragona il mondo a una comica, e questo rende, allora, proprio il criminale l'uccisore della barzelletta, il vero e unico assassino in una storia dove non è realmente morto nessuno.

domenica 13 ottobre 2013

Neonomicon

La Bao Publishing è uno degli editori più aggressivi degli ultimi anni in Italia. I prodotti che ha proposto, sta proponendo e che, dai preview, proporrà promettono di essere molto interessanti, e quando ha la possibilità di mettere le mani su opere dal grande potenziale, non si lascia sfuggire l'occasione per una presentazione in grande stile. E' quello che è successo con Neomicon, il volume che raccoglie le storie lovecraftiane di Alan Moore, proposto con copertine differenti, non solo sin dalla prima pubblicazione, ma anche con le successive ristampe.
Lovecraft
Howard Philips Lovecraft, il solitario di Providence, è stato uno degli scrittori di punta di Weird Tales, uno dei più noti pulp magazine statunitensi. A questa mitica rivista collaborò anche Robert Erwin Howard, il creatore di Conan, e uno dei più prolifici in assoluto, considerato il tempo limitato di produzione delle sue storie. Lovecraft e Howard furono legati da una grande amicizia, tanto che Howard scrisse alcuni racconti ambientati all'interno del Ciclo di Cthulu, la serie di racconti dello scrittore di Providence dedicata ad antiche entità che dal profondo dello spazio, eoni fa, giunsero sulla Terra, influenzandone gli abitanti, in particolare pazzi, artisti e sognatori. E Lovecraft era un sognatore: i suoi sogni erano così vividi e precisi, e i suoi mal di testa così forti, che non poteva, HP, non diventare uno scrittore del fantastico, in particolare dell'horror. A Lovecraft, poi, e alle sue opere sono stati dedicati film e fumetti, come ad esempio quello di Keith Giffen ed Enrique Breccia, basato su una sceneggiatura cinematografica di Hans Rodionoff: l'opera vuole essere una sorta di biografia non autorizzata, ma soprattutto è una storia visionaria in cui Lovecraft non solo sogna ma vive in prima persona i suoi incubi, in un percorso che lo fa oscillare a cavallo tra il mondo reale e la follia, quella ereditata dai propri genitori.
Che Lovecraft non fosse proprio quel pazzo visionario che Giffen-Riodionoff-Breccia rappresentano non è difficile da immaginare: basti pensare alla sua vasta produzione di saggi che rivaleggia con l'altrettanto vasta produzione di racconti, o al suo interesse verso le novità nel campo della matematica, della fisica, dell'astronomia (in quest'ultimo caso si interessò alla previsione dell'esistenza di un ottavo pianeta nel Sistema Solare).

giovedì 16 febbraio 2012

Democrazia

Estraggo dall'intervista ad Alan Moore da Helen Lewis-Hasteley nella traduzione di smokyland la parte dedicata alla politica, vista l'attualità del sacro fuoco ateniese. Vorrei solo ricordare che il sistema elettivo greco citato da Moore nell'intervista era in vigore, con alcune modifiche, in Calabria.

Vai a votare?
No, non voto. Da tempo, sono un anarchico... Ho votato una sola volta. Votai per Jim Callaghan perché un mio amico, molto più attivo politicamente di me, mi disse che Edward Heath era un fascista e che non votare equivaleva a votare per Heath. Votare per Heath era come votare per Hitler.
Al tempo, non sapevo molte cose. Edward Heath era solo un Tory vecchio stampo ma allora non sapevamo che ci sarebbero stati dei Tory diversi. Per cui Heath sembrava davvero un pessimo elemento, così votai per Jim Callaghan. Callaghan vinse e subito dopo iniziò a portare i missili Cruise americani nelle basi inglesi e impose la peggiore legge anti-immigrazione che abbia mai visto. E mi dissi: "è colpa tua."
Presi la cosa seriamente. Non mi piace votare perché non credo che sia democrazia. Democrazia, per come la vedo io, è demos, ossia la gente comanda. Non dice nulla sul fatto che i rappresentanti eletti debbano comandare. In Dogmen Logic parlo di un'opzione che è stata usata e che mi sembra preferibile, ossia la via Ateniese.

Sì, venivi convocato.
Venivi convocato tramite estrazione a caso. Se c'era una decisione d'importanza nazionale da prendere, una giuria o un parlamento veniva convocato mediante un'estrazione. Ascoltavano le argomentazioni delle parti coinvolte, votavano e poi la giuria veniva sciolta. Non avrebbe alcun senso votare dei privilegi a favore dei membri del Parlamento, perché tu non ne faresti parte. Sarebbe invece tuo interesse votare per qualcosa che abbia importanza per la comunità perché è lì che ritornerai. Non sto dicendo che non sia un'idea priva di punti deboli ma forse bisognerebbe pensarci, perché credo che questa sia, per lo meno, una vera simulazione di democrazia.

Sì, così una parte marginale di elettorato gestirebbe gli equilibri del potere.
Esatto. Quando, negli anni '80, collaboravo con il Green Party su questioni di politica locale, si parlava dell'idea di rappresentanza proporzionale, ossia se il Green Party avesse ottenuto l'1% dei voti, avrebbe avuto l'1% di membri in Parlamento. Se il British National Party o il National Front prendevano l'1% dei voti anche loro avrebbero avuto l'1% in Parlamento ma potevo accettarlo. Mi sembrava un'idea che, per lo meno, sarebbe stata più corretta.
Ma questa cosa del voto alternativo non ha nulla a che fare con la rappresentanza proporzionale [quest'intervista è stata raccolta prima del referendum britannico sul voto alternativo tenutosi il 5 Maggio 2011, N.d.T]. È solo un altro modo per disporre le sedie a sdraio sul Titanic. Abbiamo bisogno di qualcosa di molto più drastico. Abbiamo bisogno di un’alternativa all'attuale sistema elettorale, ma quella non lo è.
Per cui, no, non voto. Credo in azioni politiche dirette. Ad esempio, alcuni miei amici del Galles (lì ho comprato una fattoria in rovina, circa 15 anni fa)… uno di loro è stato in Romania e ha visto un orfanatrofio gestito da volontari che cercavano di aiutare i ragazzi che avevano salvato dagli orfanatrofi pubblici, posti davvero terribili in cui succedevano cose che non si possono neppure immaginare.
E questo tizio, un ex-nazionale gallese di rugby, con una faccia come se qualcuno gli avesse spento il fuoco da dosso a colpi di pala... tutto quello che ti aspetti di vedere da un grande e grosso, eroico, giocatore professionista di rugby. Si trovava in Romania per lavoro, vide quell’orrore e non poté continuare a vivere senza fare qualcosa. Tornò a casa e convinse un gruppo di ubriaconi disoccupati, affetti da cirrosi, ad andare lì in Romania con un paio di camion e materiali che aveva convinto i suoi colleghi d'affari a donare, per senso di colpa. E così costruirono un orfanatrofio e un ospizio in due settimane, con tanto di elettricità e acqua.
Quello che sto cercando dire è che se guardando il mondo vedi qualcosa di insopportabile o con cui non sei d’accordo, non votare per qualcuno che ti dice che sistemeranno loro le cose, perché non succederà. Stanno solo cercando di avere il tuo voto. Diranno qualsiasi cosa per ottenere il tuo voto.
Non avranno nessun incentivo una volta che l'avranno ottenuto.
Se vuoi che qualcosa venga fatto, allora, come era solita dire mia mamma, fallo tu in prima persona. Questo è in parte il messaggio di Dodgem Logic. Credo che la politica del 21esimo secolo sia il coinvolgimento diretto col mondo in cui viviamo. Piuttosto che abdicare le nostre responsabilità nell’urna elettorale ad un branco di pagliacci a cui evidentemente non importa nulla.

sabato 4 giugno 2011

Smax

More about Top Ten Special: Smax In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.

Uno dei personaggi più enigmatici di Top Ten è il gigante blu Jeff. In Smax, finalmente, andiamo nel suo mondo e veniamo a conoscenza del suo passato, grazie alla morte dello zio adottivo. Nel suo viaggio porterà con sé Robyn, che alla fine risulterà determinante per la conclusione della sacra ricerca.
Infatti Jeff viene da un mondo periferico, dove la magia è sovrana rispetto alla tecnologia. Orchi, elfi, nani, draghi, maghi, mezziorchi come Jeff e la sorella Rexa, nati dalle violenze compiute dal padre, un orco, sulla madre, un'eroina andata ad ucciderlo, quell'orco.
Con il suo solito stile dissacrante, Alan Moore, coadiuvato da Zander Cannon, riscrive il fantasy in maniera anche inaspettata, un po' alla Neil Gaiman, con tanto di burocrazia: bisogna andare a chiedere, infatti, il permesso nell'apposito ufficio per iniziare una sacra ricerca nell'ufficio preposto, fino a concludere di fronte a una delle tante morti, ovvero i tizi incappucciati con falce alla mano e teschio al posto della faccia, che magari invece di giocare a scacchi preferiscono le parole crociate e sono forse un po' stupidi, almeno se non li fai arrabbiare (più o meno...). E ovviamente ogni morte deve essere assegnata ad ogni ricerca.
A Jeff e Robyn, ad esempio, tocca Carlo, la morte che non è brava a scacchi e perde sempre con il contadino, e per fortuna evitano Gigi, la morte epica e leggendaria, quella che ha reso la morte per quello che è, giusto per intenderci, che però non tarderà a fare la sua inquietante comparsa, visto che un epico e leggendario scontro si prepara tra Jeff e Astrosplendente, un drago elementale che colleziona anime da cui trae il potere. E che per inciso è anche particolarmente antipatico!
Il finale, senza anticiparvelo troppo, è ricco di fisica, che poi sarà la chiave per la sopravvivenza dei nostri eroi.

sabato 17 ottobre 2009

Il primo Superman di Moore

More about Capitan BretagnaLa prima storia di Superman di Moore non è una storia con Superman per protagonista, ma il più malleabile Capitan Bretagna. Con storie di appendice apparse su vari albetti Marvel tra il 1982 e il 1984, Alan Moore insieme con un eccezionale Alan Davis ai disegni con uno stile tra Marshall Rogers e John Byrne, ha in pratica scritto una serie di storie divertenti ed intelligenti in cui sono presenti molti elementi che successivamente avrebbe riutilizzato, meglio sviluppati, nelle sue storie più famose come V for Vendetta, Watchmen, Che fine ha fatto l'uomo del domani?
L'inizio è da V for Vendetta: una Terra senza eroi, un'Inghilterra dove tutto il paese, le mosse di ogni cittadino sono controllate. Poi iniziano i problemi, una sorta di disastro multiversale(1) costringe Capitan Bretagna e i suoi amici a uscire allo scoperto, mentre il governo decide di liberare la Furia, un cybiota indistruttibile costruito per uccidere i supereroi. Il suo progettista è Jim Jaspers, un folle con il potere di piegare la realtà al suo volere, una sorta di fusione tra Joker e Mr.Mxyzptlk, che Moore utilizzerà in Che fine ha fatto l'uomo del domani? Tra l'altro, nei primi anni del 2000, Jeph Loeb e soci metteranno contro Superman un Joker super folle dotato proprio dei poteri del folletto dispettoso della 4.a dimensione nella saga Joker Imperator (recentemente ristampata dalla Planeta come Imperatore Joker).

giovedì 24 settembre 2009

Grande e terribile

More about Lost Girls vol. 3Dei tre volumi, è quello che ho apprezzato di meno: un'orgia infinita dal primo al penultimo capitolo del volume, una rappresentazione della parte animale degli esseri umani, con pochi guizzi interessanti e curiosi.
L'apertura delle danze viene affidata a Fuori, il gelo, la neve accecante, dove l'albergo si svuota a causa della guerra, così molti clienti, tra cui Rolf e Harold, sono costretti a partire anticipatamente rispetto al previsto. Wendy e Dorothy, però, non si perdono d'animo, e così un incontro tra una banana e la ex-timida Wendy prosegue tra le lenzuola insieme all'eloquio unico della piccola Dorothy. Eppure manca qualcosa, o meglio qualcuno, o ancora meglio qualcosa che qualcuno può dare al loro piccolo festino: e così vengono chiamati in camera due inservienti ed ecco la prima e unica scena veramente divertente e particolare del volume. Wendy si affaccia dalla finestra mentre Harold va via, nel frattempo Dorothy ha la bella idea di farla prendere da dietro proprio mentre saluta il marito. Così, mentre Harold va via, scambia gli urletti di piacere della moglie, che alle sue spalle vede un incontro intimo a tre con Dorothy opportunamente dotata, per lacrime di dolore per la sua partenza.
Questo, però, è solo l'inizio: sfruttando il fatto che l'albergo si sta svuotando, Monsieur Rougeur da inizio a un'orgia alberghiera con le clienti e gli inservienti rimasti. Come guida, ovviamente, i racconti del suo Libro Bianco. Seguono così Un allegro equipaggio sotto il sole al tramonto e Non ti scorderai di salutare?, alla fine dei quali l'albergo si svuoterà definitivamente tranne che per le nostre tre ragazze perdute. Ancora una volta la storia è suddivisa nettamente in due parti, suddivisione più rigida nel capitolo 22, comunque. Nella parte superiore viene rappresentato un racconto di vita familiare tratto dal Libro Bianco, nel primo caso in bianco e nero, nel secondo a colori.
Il resto è storia, o orgia come ho scritto all'inizio, dall'incontro con l'uomo di latta e poi dalla contemporaneo consesso con i tre inservienti che porterà Dorothy e il padre (eh già! è il padre e non lo zio!) nel viaggio che concluderà le vicende della ragazza durante una intima settimana di fuoco in cui esplorerà le ultime conoscenze che le mancano riguardo i rapporti tra uomini e donne. La scoperta finale da parte della matrigna la spingerà a prendere la via dell'Europa (Il campo dei papaveri, capitolo 24, e L'uomo dietro le quinte, capitolo 28). Conclude anche Wendy le sue avventure estive con Presa all'uncino (capitolo 25) dove viene rielaborato l'episodio in cui il personaggio del romanzo di Barrie viene legata al palo della nave di Uncino, e Inghiottito (capitolo 27), dove si concludono le vicende di Wendy e Peter e viene rappresentato nella consueta splah page il momento in cui Uncino cade nella bocca del coccodrillo: un'immagine al tempo stesso esplicita ma sottile (e forse anche soddisfacente per il pubblico femminile). Alice, invece, conclude con Il consesso del bruco (capitolo 26) e soprattutto La deposizione di Alice (capitolo 29) dove avvengono due fatti notevoli: la splash page in cui Alice viene inseguita dall'amico di ogni maschio che presumibilmente sta urlando, sputando a destra e a manca, Tagliatele la testa!, e la conclusione delle evoluzioni erotiche delle tre donne con reciproca e contemporanea soddisfazione degli umori intimi.
All'insegna del cerchio (che oramai, spossato oltre ogni dire, non ricordo più dove ho citato) è la conclusione: Lo specchio: Ripresa e crescendo (Chi lo ha sognato?). Ancora una volta ci troviamo di fronte allo specchio di Alice. Le tre amiche si stanno rivestendo dopo l'ultima notte passata nell'hotel, preparandosi a partire, a fuggire dalla guerra. Il bacio finale di Alice al suo specchio, questa volta, è diverso rispetto a quello iniziale: in quel caso era rivolto a se stessa, questa volta sembra più che altro allo specchio stesso, a quello cui è stato testimone, alle vicende che partendo Dorothy, Wendy e Alice si lasciano alle spalle.
In quel mondo di fantasia che le tre ragazze perdute si sono lasciate dietro, però, irrompe la realtà della guerra: i soldati tedeschi arrivano e distruggono lo specchio. E la telecamera si allontana dalla stanza, dall'albergo, fino alle nuvole per poi concentrarsi sul volto di un ragazzo in estasi che, con il procedere delle inquadrature, si scopre sbudellato, tra le trincee. E così si resta col dubbio: è il soldato morente ad aver immaginato o magari sognato tutta la vicenda che lo ha visto tra i protagonisti? O è una metafora alla Ende con il sogno che viene infranto dalla realtà che è sognata da qualcuno che... e si potrebbe continuare ancora...
Le pornogafie sono i boschi incantati dove il nostro io più segreto e vulnerabile può giocare in tutta tranquillità. Sono i lussuosi palazzi che tutte le polizie e gli eserciti del mondo esterno non potranno mai saccheggiare o ridurre in macerie. Sono i nostri giardini segreti, dove seducenti sentieri di parole e immagini ci conducono alla porta accecante del nostro piacere oltre cui le cose possono essere espresse in una lingua che supera ogni letteratura e ogni parola...
(Monsieur Rougeur da Un allegro equipaggio sotto il sole al tramonto, trad. Leonardo Rizzi)

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mercoledì 23 settembre 2009

Isole che non ci sono

More about Lost Girls vol. 2Penso di averlo scritto in occasione di Coraline: le favole erano un modo utile e leggero per raccontare le difficoltà e i pericoli della vita, per veicolare verso i giovani messaggi positivi. Allo stesso modo si possono vedere tre grandi capolavori per la letteratura dei ragazzi: Il mago di Oz, Peter Pan e Alice nel Paese delle Meraviglie. Ne Il mago di Oz, Dorothy esplora il magico mondo di Oz, nel quale si è persa, in compagnia di uno spaventapasseri senza intelligenza, un leone senza coraggio e un uomo di latta senza cuore. Il suo viaggio è una ricerca del mago che le permetterà di ritornare a casa, il demiurgo che sta dietro al mondo di Oz. In Peter Pan, invece, Wendy e i suoi fratelli vengono trascinati nell'Isola che non c'è da Peter, il ragazzo che non voleva crescere, dove sfidano il vecchio Capitan Uncino: due età della vita che non accettano di vedersi una rispecchiata nell'altra come facce di una stessa medaglia. Alice nel Paese delle Meraviglie è, come i primi due, un viaggio in un mondo fantastico, una caduta in un certo senso in un mondo popolato da esseri assurdi e incredibili. Il suo stesso autore è stato anche accusato di pedofilia, se non ricordo male, mentre il romanzo si ritiene sia stato scritto seguendo la logica e la matematica e in realtà nasconde dietro un rassicurante racconto per ragazzi le confessioni dell'autore.
In tutti e tre i romanzi, in ogni caso, si possono trovare immagini ambigue, leggendoli con gli occhi della malizia, e in un certo senso è quello che ha fatto Moore. E' ora evidente, cosa che non avevo scritto ieri, che le tre protagoniste sono ritratte come le protagoniste dei tre romanzi di cui sopra. Lo scrittore di Northampton, infatti, ha preso questi tre capolavori, li ha inseriti uno dentro l'altro, fondendoli alla fine in un unico romanzo grafico sospeso tra l'erotismo e la pornografia esplicita. Lo aiutano moltissimo in questa operazione le illustrazioni di Melinda Gebbie, che si dimostra molto duttile nell'adattare il suo stile ai vari schemi narrativi ideati dal suo compagno. Inoltre ogni racconto delle tre donne viene centrato intorno a un'unica illustrazione a tutta pagina che reinterpreta, cristallizzandola sulla pagina, alcune scene centrali dei romanzi in chiave erotica.
Eppure non è questa la sola chiave di lettura di tutta l'opera, e una mano interpretativa ci viene tesa dal primo racconto del secondo volume, Una maratona e una lunga chiacchierata, 11.mo capitolo del romanzo. Le didascalie sono una lettera di Harold Potter a un suo caro amico, scritta il 12 maggio 1914. La prima vignetta, però, senza commento, è un'illustrazione colorata di due corpi avvinghiati uno all'altro. In effetti il nostro istrionico Monsieur Rougeur sta ritraendo due suoi inservienti in atteggiamenti inequivocabili, tanto che i due non riescono a contenere l'eccitazione per la vicinanza dei loro corpi nudi. Il direttore si indigna, mentre Pietro, l'inserviente che aveva accompagnato i Potter in camera, si riveste ed esce nel corridoio dove incontra una cameriera. Seconda pagina: ecco che tra Pietro e la cameriera inizia un incontro frettoloso ma intenso e intimo, interrotto solo dall'orologio. Lei deve attendere ai suoi doveri portando il te ad Alice. E la donna la attende con la vestaglia aperta. Terza pagina: inevitabilmente l'eccitazione di Alice aumenta di fronte alle curve della giovane, e così anche l'anziana donna viola, come prima Pietro, la virtù dell'inserviente. Tutta la scena, però, ha avuto una spettatrice, oltre ai lettori: Dorothy, nascosta nel bagno. Quarta pagina: ovviamente, nella vasca piena d'acqua, la mai appagata Alice si diverte con la giovane Dorothy, ma questa volta invece di utilizzare dita o attrezzi finti, ecco spuntare un opportuno sapone e un sorriso di piacere sulle labbra. Le due si separano e Dorothy torna in camera, dove Rolf si è esercitato con le sue scarpe d'argento. Quinta pagina: poiché Rolf è pronto, Dorothy mette le scarpe e si sdraia su Rolf, rivolgendo il suo fondo verso il viso dell'amante e la sua faccia verso le parti basse di Rolf. Finito il piacevole incontro, Rolf si avvia verso i bagni turchi. Sesta pagina: da dietro un separé Rolf spia Wendy mentre, sul bordo della vasca, si lava. Il militare non riesce a contenere le proprie reazioni: solo il fatto che la donna sia sposata gli impedisce, probabilmente, di farsi avanti. Wendy, finite le abluzioni, lascia il bagno turco ignara delle tensioni emotive che ha causato. Settima pagina: rientrata in camera, non sa che i suoi movimenti e le sue posture ispirano giochi erotici e incredibili virtuosismi nel marito, in un certo senso anch'egli frustrato dalla fame. A quel punto Harold, con il Libro Bianco in mano, si dirige in bagno. Ottava pagina: qui, immerso nella vasca, si lascia andare alle incredibili immagini del libro, riuscendo alla fine a trovare uno svago piacevole e una tanto cercata liberazione. L'ultima immagine è un'inquadratura del libro, con un'illustrazione così simile a quella che ha aperto il capitolo.
Il divertimento di Una maratona e una lunga chiacchierata non sta tanto nelle immagini esplicite, né nella ciclicità di tutto l'episodio, quanto nell'abbinamento delle immagini con le parole della lettera di Harold, che scandiscono in maniera perfetta i vari momenti della narrazione. Ad esempio, commentando il comportamento dei giovani inservienti dell'albergo, Harold scrive:
Alla loro età, sarei stato in giro a fare attività fisica come raccogliere girini.

E intanto la cameriera è seduta sopra Pietro, entrambi mezzi svestiti, e intenti proprio in una interessante... attività fisica!
Vi lascio scoprire le altre chicche di questo genere e passo al 12.mo capitolo, Risveglio.
E' il primo esplicito tradimento a se stessa e a suo marito, quello che Wendy si concede con Alice, ma è anche un'interessante gioco letterario. Wendy sta leggendo I sette peccati capitali sul Libro Bianco e, nelle sette tavole successive, parallelamente alle vicende delle due donne, Moore e la Gebbie ci rappresentano i sette peccati a sinistra della pagina in azione, a destra descritti e rappresentati da donne nude. Si potrebbe dire un piccolo fotoromanzo guidato dai sette peccati capitali.
Moore, però, non ha intenzione di trascurare nessuno, nemmeno i maschietti, nemmeno il finora inattivo Harold (salvo qualche fantasia e la liberazione dei suoi oscuri pensieri). In questo caso il marito di Wendy si sta intrattenendo con Rolf: quasi ispirato dal racconto di Dorian Gray, un'avventura in una casa di omosessuali che viene illustrata in parallelo alle evoluzioni erotiche dei due uomini, Rolf e Harold iniziano un incontro intimo che aprirà nuovi interessanti orizzonti a quest'ultimo, che però Moore non riprenderà più in seguito, se non in un paio di vignette e in battute sparse qua e là. Alcuni sguardi, alcune battute, poi, sembrano suggerire nel lettore che, finito Lost Girls, i due riusciranno finalmente a liberare i loro istinti, ma la sensibilità dello scrittore britannico non vuole approfondire un rapporto fondamentalmente intimo e privato: quasi una scelta simile a quella di Magnus ne Le 110 pillole(1).
Torniamo però alla storia di Moore e della Gebbie e con il 14.mo capitolo, L'uomo di paglia, ricominciano i racconti delle tre donne e, come avrete capito, riprende la piccola Dorothy. La struttura è sempre quella: tavole suddivise in tre vignette orizzontali, con una splash page che rappresenta in chiave erotica l'immagine del romanzo di riferimento, in questo caso Il mago di Oz. La curiosità, in questo caso, è che l'immagine è la più casta tra tutte le reinterpretazioni. Anche in questo caso, l'amante di Dorothy acquista un talento non dissimile da quello del corrispondente personaggio del romanzo originale.
Si prosegue con Wendy e con L'isola diventa vera: una vignetta orizzontale superiore, rappresnetata come delle ombre proiettate su uno schermo bianco, e tre vignette verticali sotto, dove viene raccontata la vicenda. Wendy continua ancora con la sua timidezza, che andrà via via sciogliendosi, raccontando la versione erotica del suo incontro con i bambini perduti, rappresentata alla fine anche questa con una splash page opportuna, anche se non eccessivamente esplicita.
Il capitolo 16, Il giardino dei fiori parlanti, è strutturato, come tutti i capitoli dedicati ad Alice, con tre vignette orizzontali dal contorno ovale e rappresenta un punto di passaggio non solo nella vita di Alice, che racconta di come ha conosciuto le gioie delle orge femminili nel collegio in cui era stata mandata, l'equivalente del giardino dei fiori nel Paese delle meraviglie, ma rappresenta un punto di avvicinamento fondamentale tra le tre protagoniste. Il passaggio è sottolineato anche dal capitolo successivo, anch'esso dedicato ad Alice: Un tè di matti. Dal punto di vista grafico i racconti di Alice sono quelli tratteggiati in maniera più infantile, o comunque più da libri per l'infanzia: un contrasto stridente visto l'argomento dell'opera. In particolare questo 17.mo capitolo racconta della sempre più inarrestabile discesa di Alice tra orge e passioni incontrollate, guidata dalla sua vecchia insegnante di ginnastica, che l'ha assunta come sua segretaria personale (e come amante, alle spalle del marito, of course!).
Gli episodi della vita erotica di Dorothy sono quasi dei quadri impressionisti, e non fa eccezione nemmeno il 18.mo capitolo, Il leone vigliacco, dove la piccola ragazzina texana continua l'esplorazione delle parti intime maschili della fattoria degli zii. Anche in questo caso la Gebbie rappresenta l'incontro tra Dorothy e il leone di Oz: vi lascio immaginare come (anche se vi state spingendo un po' troppo! Vi conosco, eh, belli e belle miei, anche se siete pochini pochini!) Wendy, invece, ossessionata dalla sua estate di scoperta del sesso, vede in chiesa tutti nudi e fugge, incontrando il suo Peter nel parco circostante. Qui si appartano e finalmente conclude con l'amato: purtroppo l'atmosfera idilliaca e perfetta viene rovinata dal capitan Uncino, un guardone che si aggira per i parchi e che, come nel caso di Wendy e Peter, accompagna i due ignari amanti con l'espulsione contemporanea dei suoi fluidi. Lo stile della Gebbie in occasione di questo e degli altri episodi è, oserei dire, vittoriano, estremamente raffinato quanto esplicito nel caso di Dorothy. In questo caso è il duello a spade tratte tra Peter e Unicino a venire immortalato nella splash page, con Wendy in adorante contemplazione della spada di Peter!
In questi ultimi tre capitoli, Alice, Wendy e Dorothy, si sono imbarcate in un viaggio che le porterà su un'isoletta tranquilla il 28 giugno 1914, il giorno in cui Francesco Ferdinando e consorte vennero assassinati da Gravilo Princip, il giorno che segnò l'inizio della prima guerra mondiale. Le tre donne, su quell'isola, esplorano nuove dimensioni del piacere nella vignettona superiore, con la compagna di Moore che, a sua volta, si esibisce in una gran varietà di stili, tutti efficaci in funzione delle posture e della situazione rappresentate, mentre nella vignetta piccola inferiore si fa la storia, che non tarderà a colpire le tre ragazze perdute: è il 20.mo capitolo, Uno scatto saettante.

(1) Vedi La compagnia della forca, ed Panini Comics, o Le femmine incantate, Alessandro Editore

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martedì 22 settembre 2009

Ragazze cresciute

More about Lost Girls vol. 1Le prime trinità, quelle delle mitologie antiche, erano femminili. Tra le più famose divinità, o entità anche note come le Tre-che-sono-una, sicuramente la romana Ecate, collegata alla Luna. Gaiman, in Sandman, fonde il concetto delle trinità pagane femminili in un unico gruppo di tre entità mistiche, di fatto identiche alle Parche, che rappresentano anche le tre età delle donne: giovinezza, maturità, vecchiaia, o anche fanciulla, madre, vecchia. Verranno poi riprese da James Robinson in Witchcraft, che grazie a loro tesse una trama interessante che si dipana attraverso le varie epoche storiche. Il concetto, però, è forte e molto legato alle divinità femminili e alla magia e a tutto quello che poi le religioni monoteiste, con il loro maschilismo più o meno esplicito.
A tutto questo aggiungiamo alcuni concetti fondamentali espressi in Promethea, in cui Alan Moore esplorò, insieme a Williams III, il misterioso mondo della magia, realizzando di fatto un vero e proprio trattato di magia a fumetti. In quella serie, per poter iniziare il suo viaggio, Promethea deve prima compiere, attraverso la sua incarnazione umana, una potente magia: il sesso. E visto che Lost Girls di questo parla era inevitabile che le tre protagoniste fossero una giovane donna degli Stati Uniti, una donna matura dell'Inghilterra, una madre, e una lesbica che ormai ha provato nella vita ogni più incredibile abiezione sessuale, chiudendo così il parallelismo con le figure magiche di cui sopra.
Aiutato dalla compagna Melinda Gebbie, Moore esplora quindi un mondo per lui strettamente legato con la magia e, tra tante scene esplicite, in ogni caso non può non emergere la grande cultura dello scrittore e il suo gusto per mettere in crisi le convenzioni sociali. L'operazione, poi, nel suo complesso ha anche qualcosa che la accosta a La lega degli straordinari gentiluomini, ma avremo modo di parlarne. Immergiamoci, invece, nei meandri di Ragazze cresciute, il primo volume della trilogia.
La storia si apre con Lo specchio: in questo caso Moore e la Gebbie raccontano questo primo capitolo con un'inquadratura fissa su uno specchio, osservando tutto ciò che si riflette in esso. Lo specchio è di Alice Fairchild, la più vecchia delle tre protagoniste, che sembra si stia intrattenendo con qualcuna, anche se c'è il sospetto che si stia dando piacere da sola, poi confermato dalle vignette finali. In ogni caso Alice si trasferisce con il suo specchio fino in Austria, all'Hotel Himmelgarten di Monsieur Rougeur.
Già questa storia dovrebbe essere indicativa, ma tra poco l'ultimo gioco di Moore diventerà sempre più chiaro fino a diventare esplicito. Scarpe d'argento, secono capitolo della storia, si apre e si chiude con due intere pagine che seguono i piedi di Dorothy Gale. Arrivata anch'essa all'Hotel Himmelgarten, qui incontra un militare austriaco al momento in riposo, Rolf Bauer. Il giovane subito si mette alle calcagna di Dorothy, concludendo la serata nel giardino, a fare ciò che si può ben immaginare.
Ombre scomparse, invece, è forse uno dei capitoli più divertenti di tutto il primo volume, se non di tutta la trilogia. Al famigerato Hotel giunge la coppia di coniugi Potter, Harold e Wendy, Darling da nubile. Si capisce sin da subito che la coppia giunta è tutta apparenza, con il marito, di molto più vecchio della moglie, che la apostrofa come vecchia mia, mentre Wendy sembra persa dietro pensieri malinconici, quasi rinchiusa in una vita che non ama e che, semplicemente, si trascina. Giunti in camera, dopo la sistemazione del bagaglio, avvengono due eventi paralleli: Wendy esce per una passeggiata, mentre Harlod legge un libro trovato nella camera. E' il Libro Bianco di Monsieur Rougeur, un libro particolare pieno di racconti erotici e immagini decisamente esplicite. E così mentre Harold legge le evoluzioni, con lingue e candele dalla forma molto virile, di tre ragazze, Wendy si scopre nel giardino a spiare il garzone dell'albergo mentre si prepara per la notte. Poi il rientro in camera: mentre i due coniugi si dedicano a azioni normalissime (trovare documenti di lavoro, infilare un ago) le loro ombre consumano un carnale incontro, quello che i loro padroni non riescono fare né riusciranno a fare tra loro, se non forse una volta chiusa la copertina del terzo volume.
Papaveri e Fino al mattino descrivono una stessa giornata, quella successiva, seguendo due gruppi differenti: prima Alice e Dorothy, poi Harold e Wendy. Entrambe le coppie pranzano nella sala comune alla stessa ora e salgono nelle rispettive camere nello stesso momento, ma il modo in cui passano la notte e totalmente differente. Le due donne, infatti, anche aiutate dai fumi dell'oppio, si lasciano andare a giochi intimi, che finiscono solo quando Alice si avvicina per l'ennesima voltà all'intimità di Dorothy, vedendo tra la sua peluria la visione di un bambino in meditazione.
Quindi Dorothy esce. E con l'avvicinarsi del giorno il papavero appassisce.
Le evoluzioni delle due donne, però, sono udite nella stanza accanto, quella di Wendy e Harold: mentre l'uomo cerca di dormire seriamente, Wendy prova a ripassare le tabelline, probabilmente per scacciare le immagini erotiche che inevitabilmente, come ombre, si formano nella sua mente. Il dolore di non poter avere un rapporto intimo con il marito, la spinge in bagno: Harold, preoccupato, si alza e, dopo l'uscita della moglie dal bagno, forse per tranquillizzare Wendy (ma a mal pensare anche per dormire meglio lui), si affaccia per andare a lamentarsi con gli occupanti della stanza accanto.
Quindi Dorothy esce. E con l'avvicinarsi del giorno il papavero appassisce.
Niente di meglio di una buona colazione e di una gita sul laghetto nei dintorni dell'albergo. Così Alice e Dorothy, sulle rive dello specchio d'acqua, continuano quello che avevano interrotto la sera prima, ma l'arrivo di Wendy interrompe nuovamente tutto: è l'incontro tra tre donne differenti, l'inizio di un'amicizia che, anche graficamente, farà rifiorire Wendy. Semplicemente saranno Regine insieme.
Giustamente, a questo punto, le tre donne iniziano a frequentarsi e nei tre capitoli successivi il gioco di Moore si fa esplicito e l'accostamento evidente. Accostamento a cosa? Pazienza. Pazienza.
In un famoso romanzo per ragazzi, un paio di scarpette avevano una grande importanza, ma le vicende della protagonista iniziarono con un ciclone. E proprio Il ciclone è il titolo del 7.mo capitolo, in cui Dorothy racconta la bizzarra avventura avvenuta durante un ciclone a casa di quelli che chiama zio e zia. All'improvviso sulla sua casa nel Kansas si abbatte un ciclone: tutto viene sconvolto dal vento, che rompe le finestre, entra in casa, scombussola ogni cosa. E in tutto questo le mani di Dorothy vanno verso le sue mutande, in tutto questo per la prima volta Dorothy scopre il suo corpo, e la cosa alla fine non le dispiace nemmeno tanto.
Tre ragazzi, Wendy e i fratelli John e Michael, stanno passando un'estate spensierata di giochi e divertimenti. Vicino alla loro casa c'è un parco e lì un giorno si avvicinano e scoprono due ragazzi, nudi, uno dietro l'altra: si muovono all'unisono, avanti e indietro, con la ragazza che lancia alcuni periodici gridolini. I tre scappano, ma la sera il giovane dai capelli rossi, Peter, sale nella loro stanza e li invita a giocare in un modo simile a come stava giocando nel pomeriggio con la sorella: Come away, come away è la prima parte di un episodio della prima adolescenza di Wendy, un episodio che le crea imbarazzo evidente. E' solo l'inizio anche per la timida Wendy.
Usando una terminologia cara ai lettori di supereroi, nel nono capitolo, La casa dello specchio, riceviamo dalla viva voce di Alice le origini segrete della sua passione per lo specchio del primo capitolo e per le donne. Abbiate presente questa immagine: sulle rive di un fiume, Alice e la sorella stanno passando un po' di tempo, sole. La sorella leggendo, Alice contemplando la sua immagine nel fiume. In un momento in cui la sorella si era addormentata, un amico del padre la avvicina: un tipo calvo e con rari capelli bianchi.
Sembrava eternamente ansioso, come se volesse trovarsi da qualche altra parte. Noi lo chiamavamo Bunny, anche se il suo nome ora mi sfugge.

Con una scusa la portò in casa e qui, secondo voi, cosa poteva fare un pedofilo con una ragazzina innocente? Eppure agì con grande cautela, facendo addirittura ubriacare la fanciulla, tanto che Alice ricorda la scena come un sogno, quasi una magica visione, in cui vide il suo corpo mezzo nudo riflesso nel grande specchio presente nel soggiorno. E lì iniziò la sua ossessione per la sua immagine, la sua passione per le donne.
L'ultimo capitolo, Stravinsky, è una vera e propria visione parallela: le tre donne, accompagnate da Rolf e Harold, vanno ad assistere a un balletto, Le sacre du printemps. Le tavole sono suddivise in due parti: quella superiore, più grande, puntata sul palco dove si svolge il balletto, quella inferiore, più piccola, centrata sulla platea e soprattutto su Alice, Wendy e Dorothy. Mentre il balletto procede, gli spettatori si indignano sempre di più e nel frattempo le tre donne si toccano a vicenda con sempre maggiore audacia: alla fine sia il balletto sia i giochi erotici delle tre devono essere interrotti per la rivolta della folla contro l'indecoroso spettacolo che stanno guardando sul palco del teatro.

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giovedì 18 novembre 2004

La magia del fumetto

Non si può aggiungere nient'altro se non:

Alan Moore

E non lasciarci: abbiamo ancora bisogno di te!

lunedì 11 ottobre 2004

Il vestito buono dell'imperatore

Il fax si lamenta mentre gli impulsi elettrici viaggiano a velocità luce. L'atmosfera intorno si fa tesa in attesa della risposta di colui che tutto decide con un semplice atto della propria mente.
E la parola si fa reale...

- La Verità è una bugia patologica ben documentata. Invariabilmente salta fuori che è la Narrativa che indossa un bel vestito.

Questo disse il sommo. Queste le parole scritte che l'essere della quarta dimensione lesse sul tomo della vita. E quando tali parole si formarono nella sua quadri-mente, decise che l'entità della terza dimensione dovesse per tutti chiamarsi Alan Moore.
E in quel momento il sommo iniziò ad esistere.

lunedì 26 aprile 2004

Denti aguzzi

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Uno degli ultimi romanzi gotici, forse l'ultimo, Dracula di Bram Stoker è una storia appassionante, che ha posto le basi alla moderna mitologia vampirica, antica quanto la superstizione. Gli eroi della vicenda affrontano un mostro terribile, un succhiasangue che infetta gli altri esseri viventi con il suo morbo, dopo averli sfruttati per la sua stessa sopravvivenza.
Il recente La Leggenda degli Uomini Straordinari e il prossimo Van Helsing per certi aspetti tradiscono i personaggi inventati da Stoker. Nel primo Mina Harker è una vampira, ma nel romanzo viene salvata (non so se nei racconti viene compiuto il destino che sembra aver subito nel film succitato, ma per ora mi baso solo sulla lettura del romanzo), ritornando alla salvezza dell'anima: è anche questa la Mina (Murray) che compare nel fumetto di Alan Moore e Kevin O'Neil.
Nel secondo si interpreta il buon dottore come un cavaliere che combatte contro i vampiri, più giovane rispetto al personaggio di Stoker, e in un film in cui fa la sua comparsa anche il buon dr.Frankenstein.
Purtroppo la tradizione del romanzo gotico, iniziata con Orace Walpole, si è persa e resta, ogni tanto, nelle storie dell'ultimo personaggio gotico ancora esistente: Batman.

martedì 16 marzo 2004

Esseri di altre terre

Forse ABC sta ritrovando il modo di rendere le uscite regolari, ma certo io non sono ancora riuscito a leggerlo in tempo.
Conclusa da poco la lettura di ABC#14, c'è da rilevare che in Esseri di altre terre, seconda puntata del secondo volume de La Lega degli Straordinari Gentlemen, la Lega fa da testimone passivo degli eventi, almeno fino allo sconvolgente finale, con Mr.Griffin, l'Uomo invisibile, che sembra combinare un terribile patto con gli extraterrestri per tradire la Terra.
Nel frattempo Promethea intraprende un lungo, esoterico viaggio verso la morte alla ricerca della sua amica Barbara, deceduta alcuni numeri fa, nel quale viene iniziata ad altri misteri esoterici che stanno alla base dell'Universo. A parte il valore in sé dell'opera, è comunque rarissimo vedere in un fumetto (e in generale in una qualsiasi opera di letteratura) il recupero di quei significati simbolici ai più persi nella memoria, che vanno ben al di là di quello che spesso sperimentiamo ogni giorno.
Il resto sono storie brevi: 3 dalla serie Tom Strong, una da Tomorrow Stroies, con un amore proibito per Grey Shirt, e due dalla nuova Tom Strong's Terrific Tales, con l'esordio di Jonni Future e la creazione di una vera e propria continuity per l'ABC Universe.

martedì 10 febbraio 2004

Lo stupefacente mondo scientifico di Jack B.Quick

Salve appassionati della scienza! Ecco uno spaventoso miracolo della scienza che potete provare a casa vostra! Per prima cosa mettete nel freezer una bottiglia di plastica di acqua frizzante!
Lasciatela lì un paio d'ore. Raggiungerà il punto di congelamento, ma le bolle di diossido di carbonio le impediranno di tramutarsi in ghiaccio!
A un certo punto i vostri diranno: "Quanto ci andrebbe un bicchiere fresco di acqua minerale!"
Allora voi direte: "Aspettate! Non è abbastanza fresca! Lasciate fare a me!"
"Possente Ymir, padre del gelo artico, gigante delle tempeste e del ghiaccio, colpisci questo recipiente col tuo alito di ghiaccio, in nome di Odino!!"

Quando la bottiglia è aperta, tutto il gas fuoriesce di corsa e l'acqua si tramuta all'istante in ghiaccio!
Poi, mettetevi comodi (ndb: seduti sulle schiene dei vostri) e godetevi il divertimento...
"Strisciate mortali, o un'era glaciale cancellerà la vostra fragile specie da questa terra!"

(Jack B.Quick, di Alan Moore, testi, e Kevin Nowlan, disegni, da ABC Special, ed.Magic Press, trad.Leonardo Rizzi)