Stomachion

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giovedì 10 ottobre 2019

Joker: l'oscuro pagliaccio del crimine

Non vi tedierò con un qualche lungo trattato sul Joker: mi basta rimandarvi al lungo articolo che ho dedicato allo storico avversario di Batman in occasione dei 75 anni del Cavaliere Oscuro.
Joker di Todd Phillips con un bravissimo Joaquin Phoenix nel ruolo del protagonista e titolare della pellicola, si sviluppa lungo il soggetto de Il ritorno del Cavaliere Oscuro, ma senza alcun Batman. Non sono, in effetti, pochi gli elementi che i due prodotti hanno in comune: una Gotham in preda al caos e alla criminalità; una presenza esagerata da parte dei media, sempre pronti a esagerare gli eventi violenti della città; alcune scene che sembrano prese pari pari dal fumetto di Frank Miller, come l'esordio televisivo del Joker. La pellicola, però, pesca anche dal primo Batman di Tim Burton: in quell'occasione, infatti, il Joker era la causa della morte dei genitori di Bruce Wayne, in questo caso ne è solo la causa indiretta. Lo stesso Phoenix, in particolare nella scena delle scale, ricorda molto nelle movenze il Jack Nicholson che interpretò da par suo un personaggio al tempo stesso semplice e complesso come il Joker.

domenica 12 ottobre 2014

Batman e Joker: tra Moore e Morrison

E' partito lo Speciale per i 75 anni di Batman. Anche in questo caso ho partecipato con grande entusiasmo scrivendo un lungo articolo dedicato al Joker, l'avversario per eccellenza di Batman. In questo estratto (con alcune parti che ho tenuto fuori dall'articolo, centrato sul Joker), vi propongo un breve esame su due delle più importanti visioni sul folle clown del crimine, come lo definì durante la silver age il grande Dennis O'Neil.
The Killing Joke
Alan Moore riteneva e continua a ritenere The Killing Joke un'opera minore nella sua produzione. A tal proposito, infatti, affermò
Non sta dicendo nulla di molto interessante.
Nonostante questa opinione da parte del suo stesso autore, The Killing Joke costituisce un punto di riferimento importante nella caratterizzazione del Joker, risultando un primo e abbastanza riuscito tentativo di sintetizzare le varie anime incarnate dal personaggio nel corso della sua storia editoriale.
Per portare a termine con successo questo obiettivo, Moore partì da Detective Comics #168, storia che introdusse, con una operazione di retrocontinuity, il Cappuccio Rosso nelle origini del Joker: nessuno aveva mai realmente esplorato quell'aspetto del passato del pericoloso assassino, diventando così un punto di partenza ideale per un autore che, come Alan Moore, aveva basato buona parte dei suoi successi su una caratterizzazione realistica dei personaggi.
Per raggiungere questo obiettivo, lo scrittore di Northampton, utilizzando le nuove teorie della psicologia criminale, cerca di comprendere le ragioni intime della follia del Joker, descritto prima della trasformazione come uno dei tanti piccoli abitanti della grande città con un sogno nel cassetto e una famiglia cui non si sente all'altezza. E' un uomo sconfitto, deluso, depresso, che si lascia trascinare dagli eventi mentre il mondo gli cade addosso.
Quando emerge dalle sostanze chimiche nelle quali si è gettato per sfuggire a Batman, negli attimi prima di ridere ossessivamente, il Joker resta sospeso, quasi in contemplazione, forse arrivando alla consapevolezza che lo farà impazzire ben più delle stesse sostanze chimiche cui è entrato in contatto:
E' tutto uno scherzo. Tutto ciò per cui si combatte o si vive... è una barzelletta mostruosa e demente!
E allora... perché non vedi il lato comico?
Perché non ridi?
Ecco una delle motivazioni dell'ultimo attacco a Gordon e Batman descritto da Moore: sparare a Barbara, futura Oracolo, torturare Gordon fin quasi alla follia, spingere il Cavaliere Oscuro ad affrontarlo in un luna park abbandonato costellato di trappole. Tutto per strappare una risata, e soprattutto per dimostrare un concetto:
Basta una giornataccia, per trasformare l'uomo più sano del mondo in uno svitato!
Ecco quanto disto dal mondo: solo una giornataccia!
Batman, però, non è d'accordo:
Forse è sempre stata colpa tua!
A supporto di ciò, porta Gordon, che nonostante tutto è riuscito ad aggrapparsi alla sua stessa sanità mentale, che invita Batman a non commettere sciocchezze:
Dobbiamo fargli vedere che la nostra strada funziona!
grida un Gordon nudo e psicologicamente prostrato alla volta del Crociato incappucciato.
E questa frase diventa un mantra, la chiave per leggere il finale ambiguo della storia in un senso positivo: secondo Grant Morrison, ultimo di una lunga schiera, in una chiacchierata "radiofonica" con Kevin Smith, alla fine della conviviale risata Batman uccide Joker, eppure contro questa interpretazione non solo va il giudizio di Moore, ma anche due dettagli interessanti. Da un lato c'è una rappresentazione di Batman abbastanza granitica, quasi superficiale come rappresentante della legge e dell'ordine. Manca qualunque dramma interno per la morte dei genitori, ma viene quasi utilizzato da Moore come una rappresentazione malleabile dei dolori delle vittime del Joker. Dall'altro, se ci si sofferma sul titolo, ci si può rendere conto che lo sceneggiatore britannico non sta uccidendo il barzellettiere (joker), ma la barzelletta (joke): non è un caso che il Joker paragona il mondo a una comica, e questo rende, allora, proprio il criminale l'uccisore della barzelletta, il vero e unico assassino in una storia dove non è realmente morto nessuno.