Stomachion

sabato 2 maggio 2020

Alan Moore: Storie di scienza e magia

Dopo il quarto volume di Cinema Purgatorio, torno a occuparmi di Alan Moore e, in particolare, dello speciale che Linus gli ha dedicato con l'ultimo numero del 2019, cui peraltro era abbinato anche il calendario di questo sfortunato 2020. Anche in questo caso la lettura è arrivata con grande ritardo rispetto alla pubblicazione della rivista, ma non sono andato oltre anche grazie agli arresti domiciliari cui siamo costretti.
Andiamo, però, con ordine, e vediamo come è strutturato l'albo dedicato al bardo di Northampton.
Costruire un omaggio
Sin da quando Igort ha preso in mano la direzione della storica rivista di fumetti, cultura e approfondimento, ogni numero ha avuto un tema portante, sviluppato nella sezione centrale del numero alternando articoli di critica a fumetti.
Nel caso di Moore lo speciale è stato curato con la consulenza di smoky man, ovviamente presente a sommario con un articolo composto da citazioni di Moore che ne identificano il pensiero scientifico e filosofico. Tra gli articoli ho trovato notevoli e interessanti, per vari motivi, quello di Alessandro Bilotta sul suo rapporto con Moore e quello di Adriano Ercolani sul parallelismo di temi e narrativa tra Moore e Bob Dylan. In particolare l'articolo di Bilotta mi ha confermato qualcosa che già pensavo del nostro sceneggiatore sin dai tempi di Giulio Maraviglia: Bilotta è uno dei pochi autori al mondo ad aver veramente compreso il senso dell'opera dello sceneggiatore britannico e ad applicarlo senza fraintendimenti. Ciò potrebbe essere materiale per futuri articoli, ma per il momento mi fermo qui e passo alle storie.
La redazione di Linus per questo speciale ha selezionato tre storie brevi, Continuo a tronare, Se Einstein ha ragione e Lo sbaffo frettoloso del mio sorriso. Quest'ultima storiella, su cui non mi soffermerò più di tanto, disegnata da Peter Bagge, è una vera e propria parodia di un certo modo di fare pubblicità. Nonostante l'interessante argomento, però, mi occuperò principalmente delle altre due storie a sommario.
Sulle tracce di Jack
Una delle opere in un certo senso più complesse e difficili da realizzare per Moore fu From Hell. Disegnata da Eddie Campbell, ricostruisce gli omicidi seriali di Jack lo Squartatore, fornendo un'ipotesi sulla sua identità. L'idea di Moore, però, al di là della scelta, più che plausibile, compiuta dallo sceneggiatore britannico, era quella di costruire l'opera intorno alla psicogeografia, una metodologia che Moore aveva iniziato ad adottare all'incirca nel periodo di realizzazione di From Hell per i suoi spettacoli, come ben racconta, ad esempio, in Sacco amniotico. Peraltro la versione a fumetti di questo spettacolo è stata realizzata, se la memoria non mi inganna, proprio da Campbell.
Ad ogni buon conto utilizzando la psicogeografia Moore realizzava spettacoli adatti al luogo in cui si svolgevano, per catturarne più facilmente lo spirito e rendere massimo il coinvolgimento del pubblico. Su questi stessi principi è anche organizzato il romanzo d'esordio di Moore, La voce del fuoco (certo, a voler essere pignoli, le sceneggiature di Moore erano già di per se dei romanzi!) e anche Continuo a tornare, disegnato da Oscar Zarate.
In questo caso, però, l'approccio psicogeografico discende dalle origini stesse del fumetto: Moore, infatti, era tornato insieme con una troupe della BBC alla chiesa di Christ Church Spitalfields per girare un documentario, costringendo lo sceneggiatore a rivivere le atmosfere di Jack e di From Hell. Il fumetto, infatti, è realizzato in soggettiva e il narratore non lo si vede mai, se non di sfuggita riflesso in un teleobietivo. L'introspezione psicologica, invece, è particolarmente elevata: l'idea di Moore è quella di suggerire che lo spirito di Jack sia entrato dentro il narratore. E proprio il fatto che di quest'ultimo non si conoscano bene le fattezze fornisce l'altro elemento di interesse della storia: il lettore, pur conoscendo la genesi di Continuo a tornare, non può essere completamente certo che quello che ha letto coincida esattamente con l'esperienza di Moore.
L'idea del tempo che uno ha
Moore è stato anche uno dei primi (e pochi) autori a sfruttare nella maniera più consapevole possibile le grandi scoperte scientifiche del XX secolo, dalla meccanica quantistica alla relatività di Albert Einstein. Ed è proprio da quest'ultimo che discende l'idea di tempo di Moore: l'universo è da considerarsi come un immenso blocco iperdimensionale in cui è compresente tutto ciò che è, che era e che sarà. Secondo Moore tutti gli esseri senzienti, indipendentemente dal loro grado di intelligenza e consapevolezza, andrebbero immaginati come filamenti contorti all'interno di questo blocco al cui interno si muove la nostra coscienza. Ed è solo il cammino dal passato al futuro della nostra coscienza che ci da la sensazione di un universo in mutamento. Nel momento della morte, la coscienza torna all'inizio del filamento e ricomincia il viaggio, in un eterno andare e tornare.
E' abbastanza ovvio che questo concetto filosofico discende dall'altrettanto filosofica aspettativa di Einstein di un universo statico, cosa che venne abbastanza velocemente smentita sia dagli approfondimenti teorici sia dalle prove sperimentali. Mentre, però, la relatività generale sfuggiva dalle mani di Einstein, Moorene recupera la visione per riproporla nei suoi fumetti e in particolare con Se Einstein ha ragione realizza una breve e consolatoria storia per i parenti delle vittime morte nel rogo della Grenfell Tower. Il breve fumetto, disegnato dalla moglie di Moore, Melinda Gebbie, non ha solo una parte consolatoria, scritta con stile lirico e poetico, ma anche una parte di denuncia nei confronti della politica locale, caratterizzata soprattutto da una punta di ironia, che serve a mascherare la rabbia, tutta concentrata nelle vignette dell'ultima striscia dove vengono rappresentati i politici nazionali e locali ritenuti responsabili della tragedia. Posti in una posa da "foto segnaletica", sono in bianco e nero per contrasto con la rappresentazione a colori delle vittime nelle due strisce superiori di ciascuna pagina.
Solo un autore come Moore sarebbe stato in grado di mettere insieme relatività, tenerezza per i propri cari e denuncia politica in appena quattro pagine.

Nessun commento:

Posta un commento