Stomachion

domenica 3 maggio 2020

Topolino #3362: Arte e scienza, l'unione fa la forza!

A causa di alcuni interventi sul server, questa settimana l'usuale recensione staccata sul Caffè del Cappellaio Matto non andrà in onda, per cui l'articolo domenicale qui su DropSea dedicato al numero settimanale di Topolino inizia con l'ultimo episodio de La pietra dell'oltreblu. Appena sarà possibile tornare a pubblicare sul blog, provvederò, per completezza, a pubblicare anche lì la sola parte riferita alla saga di Bruno Enna e Alessandro Perina.
Il periodo romano
L'ultima tappa della ricerca dei paperi di ciò che resta dei magici lapislazzuli di Paperello, alias Raffaello Sanzio, avviene in quel di Roma, dove il pittore passò un lungo periodo artistico, dal 1509 fino al 1520, anno della sua morte. In particolare i due autori per l'ultima tappa usano come fonte di ispirazione l'affresco realizzato da Raffaello nel 1511 per conto di Agostino Chigi, Il trionfo di Galatea, conservato presso Villa Farnesina.
Nella mitologia greca, Galatea era una ninfa del mare, figlia di Nereo e Doride. Era innamorata, ricambiata, del giovane pastorello Aci. I due, però, erano visti con invidia dal ciclope Polifemo, innamorato della ninfa. Una sera, dopo aver visto i due amanti in riva al mare, accecato dalla gelosia, e con un modus operandi a lui ben noto, scagliò contro Aci un masso di lava, uccidendolo. Galatea iniziò a versare lacrime disperate, mentre il sangue di Aci sgorgava a fiotti dalla ferita alla testa. Zeus e gli altri dei, mossi a pietà dal dolore della ninfa, trasformarono il sangue di Aci nelle acque del fiume Akis, che sorge dall'Etna e sfocia a Capo Mulini, in provincia di Acireale. Peraltro proprio da quelle parti si trova una piccola fonte sorgiva, nota come "u sangu di Jaci", il sangue di Aci, dal colore rosastro a causa della presenza di ossidi di ferro.
L'affresco di Raffaello mostra Galatea a bordo del suo carro acquatico, una conchiglia trainata da delfini, al centro di una scena di gruppo vivace e affollata di altre figure mitologiche in attegiamenti amorevoli. A parte quest'ultimo aspetto dell'opera, di quelle di Raffaello fin qui riprodotte da Perina, questo trionfo è sostanzialmente il più fedele per quel che riguarda uso dei colori e rappresentazione dei personaggi.
Il committente di Paperello, infine, che non viene mai nominato, ha le sembianze dell'Uomo in arme di Sebastiano del Piombo, uno degli artisti ingaggiati da Chigi per decorare la sua villa. Mentre l'autore del quadro è stato identificato solo negli anni Trenta del XX secolo, l'identità dell'uomo ritratto non è stata ancora ben chiarita: c'è chi ritiene sia il condottiero Luigi Gonzaga, chi lo stesso Chigi. C'è, comunque, da dire che la moda del tempo per i potenti era sostanzialmente la stessa (un po' come ora che tutti i giovani ricchi portano la cresta), come ben si vede dal medaglione che lo ritrae realizzato da Lorenzo Bernini per la Cappella Chigi a Roma. In questo caso, però, i tratti sembrano molto più gentili rispetto a quelli del quadro di del Piombo.
Il trionfo di Amelia
Torniamo alla ricerca dei paperi: il gruppo, sempre con Amelia infiltrata, riesce a trovare finalmente l'ultimo scrigno di Paperello, al cui interno, però, si trovano solo delle pepite d'oro. Questa scoperta permette agli autori di mostrare il metodo di lavoro degli artisti durante opere così complesse come degli affreschi: un'impalcatura e un paio di assistenti che aiutano il pittore a realizzare i colori e dipingere i dettagli minori. Sembra che siamo di fronte al finale, piuttosto scontato, della storia, ma Enna ha in serbo una sorpresa: coadiuvato da un eccezionale Perina, che dimostra ancora una volta di essere uno dei migliori "ritratisti" di Amelia dopo Giorgio Cavazzano, apinge la strega partenopea verso livelli che non si vedevano dai tempi della pietra pantarba. E qui, alla fine, il problema del finale vero della saga: rispetto al livello di pericolo raggiunto da Amelia, la sua sconfitta e la spiegazione della stessa risultano un po' insoddisfacenti, sebbene la tavolata finale a mangiare pizza su un terrazzo a Napoli rinfranchi decisamente i cuori.
Una villa a Vicenza
Andrea Palladio è stato uno dei più noti architetti del rinascimento italiano. Originario di Padova, ha realizzato le sue prime opere a Vicenza, grazie al mecenatismo di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro, poeta e conte vicentino, che soleva sopranominarlo il Palladio (il suo vero nome era, infatti, Andrea di Pietro della Gondola).
Ed è proprio per omaggiare quest'ultimo che Roberto Gagnor, ispirato da un progetto scolastico, ritorna a scrivere La storia dell'arte di Topolino, in coppia con l'altrettanto bravo e simpatico Valerio Held. Il dinamico duo propone l'altrettanto dinamica coppia di Paperino e Paperoga alle prese con un intrigo spionistico nella Vicenza del 1540. In questo caso Paperino, che interpetra un Palladio disneyano, Paperino della Gondola, deve recuperare il progetto della villa di uno dei più ricchi affaristi di Vicenza, Paperon Trissino (ovviamente interpretato da Paperone), affiancato dall'amico Papergozzi/Paperoga.
La storia, dinamica e divertente come le tipiche storie di Gagnor, spicca anche per l'ottima e poco sfruttata caratterizzazione molto barksiana di Paperino: in questo caso il Paperin Palladio di Gagnor e Held si dimostra particolarmente ricco di idee e determinato al successo e, soprattutto, molto ferrato in matematica, cosa che, tra le altre cose, permette agli autori di strizzare un occhio alla Guida galattica. I riferimenti matematici, però, sono vari, alcuni abbastanza evidenti, come il labirinto in cui a un certo punto Paperino si trova intrappolato, ma anche più sottili, come quello alla catenaria, la curva che descrive una corda tesa sotto l'azione del campo gravitazionale, nota già ai tempi. D'altra parte il principale trattato del Palladio, quello vero, I quattro libri dell'architettura, pubblicato a Venezia nel 1570, stabiliscono in maniera precisa e geometrica le proporzioni di un palazzo a partire dalle dimensioni e dalla tipologia della colonna utilizzata. L'idea dietro tali proporzioni era quella di realizzare delle strutture al tempo stesso maestose, ma anche armoniose con gli stili architettonico e pittorico utilizzati.
L'opera più nota di Palladio è, infine, Villa Capra, detta La Rotonda. Costruita poco fuori Vicenza, venne progettata, ma non completata, da Palladio tra il 1566 e il 1567. Ed è proprio questa villa che viene celebrata nel finale della storia, visto che è il suo progetto che consente a Paperin Palladio di vincere il concorso di Paperon Trissino, concludendo anche la storia con uno splendido messaggio: con l'impegno e le idee si possono raggiungere grandi risultati.
E ci fermammo a riveder le stelle
Questo Topolino #3362 è indubbiamente ricco di spunti, fino alla sua ultima storia, Lo stellocchiale di Astrus de' Pipps. Come intuibile dal titolo, la storia combina il tipico viaggio nella soffitta di Pippo con una nuova storia dagli annali dei suoi avi. In questo caso Silvia Martinoli e Davide Cesarello ci propongono Astrus de' Pipps, un personaggio molto particolare che potremmo considerare come il simbolo stesso del passaggio verso la scienza moderna.
Come Galileo Galilei, anche Astrus aveva ideato un oggetto in grado di osservare lontano e che permetteva di vedere le stelle ingrandite di molte volte. In questo caso il pippide utilizzò lo strumento per dedurre tramite le osservazioni il sistema geocentrico e la rotondità della Terra. Come abbiamo visto, la rotondità della Terra era stata assodata da diverse centinaia di anni, per cui non era certo questa l'idea rivoluzionaria di Astrus. Invece l'idea realmente sconvolgere era quella della centralità del Sole rispetto alla Terra: il buon avo di Pippo ricevette un trattamento tutto sommato gentile per averla sostenuta, ovvero una semplice pedata nel di dietro!
Astrus, però, viene caratterizzato anche come un navigatore: d'altra parte l'osservazione delle stelle era fondamentale per conoscere la propria posizione in mare e raggiungere così il porto di destinazione. Inoltre la sua sparizione ha anche un che di magico, un po' come la leggenda intorno alla sua vita: d'altra parte tutti gli astronomi, incluso Galileo, ben sapendo che erano solo fanfaluche, realizzavano oroscopi e carte astrali per ricchi committenti che credevano nell'influenza delle stelle lontane e immutate sulla vita dei comuni mortali. Ovviamente le stelle, come ben dimostrò Galileo, per quanto lontane (ma non a distanza infinita) non erano certo immutabili, visto che potevano spuntare nel cielo delle nuove stelle.
Astrus, allora, rappresentato da Cesarello (che si esibisce con un tratto che ricorda quello di Giorgio Piras) come una sorta di dottor Paperus in versione pippesca con una lunga barba che sembra quasi dotata di vita propria, è un fulgido esempio di quella curiosità e quell'entusiasmo che caratterizza spesso gli scienziati. In questo senso le ultime due pagine della storia risultano un po' forzate, a parte, forse, la vignetta conclusiva. Questo, però, non inficia la bellezza della storia e il senso di meraviglia nei confronti dell'universo e del nostro pianeta che viene trasmesso molto bene dalla scena dell'osservazione notturna di Pippo e Topolino.
Le Giovani Marmotte in viaggio in Alaska
Chiudo l'articolo con la storia di copertina, la prima puntata dell'Operazione Alaksa, saga di Federico Rossi Edrighi e Francesco D'Ippolito. Un po' mi dispiace aver relegato in fondo questa nuova storia ecologista, anch'essa piena di spunti scientifici. La storia, che è anche l'occasione per lanciare la nuova rivista dedicata alle Giovani Marmotte, pone le premesse per il viaggio in Alaska del gruppo di scout ideato da Carl Barks sulle tracce del bamballocco, un simpatico uccello inventato da Edrighi, ma che non è detto non possa essere scoperto in futuro, come vedremo quando mi prenderò lo spazio necessario per tutti gli approfondimenti del caso.
Per ora, visto che mi sono dilungato anche troppo, mi preme solo sottolineare come le premesse della storia sembrano non molto diverse da altre saghe con Qui, Quo, Qua protagonisti: le circostanze, infatti, come anticipato dal Gran Mogol, li metteranno in competizione. Vedremo come Edrighi affronterà la questione, dopo l'ottimo lavoro svolto sui tre paperotti da Bruno Enna e Roberto Gagnor.

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