Poi arrivarono The Quantum Enigma e, soprattutto, The Holographic Principle, che hanno decisamente alzato l'asticella dal punto di vista sinfonico e operistico. E come intuibile oggi mi voglio concentrare sulla title track dell'album uscito il 30 settembre del 2016, il settimo della loro produzione.
Virtuale come la realtà
L'idea dietro l'album è semplice nella sua ambiguità: parte infatti dalla constatazione che la realtà virtuale permette alle persone di costruire una propria realtà personale. E quindi se, nonostante tutto, la realtà che ci circonda non sia, in fondo, una sorta di ologramma:
We don't know how we canE' a questo punto che parte la sfida a tutti noi, quella di rompere quello stesso giocattolo che in qualche modo abbiamo costruito:
Decode this anagram
We have lost our true selves
Within this hologram
Our soul is lostE allora è chiaro il senso di quell'abbraccia il principio olografico (Now embrace the Holographic Principle): un invito a costruire il proprio mondo, la propria visione della realtà e della vita. Un invito a spostare il timone, come ben detto con il primo verso della prima stanza, tutta in latino:
We challenge illusions
Created by us all
Discemus gubernaculum esse movendumDal punto di vista scientifico, invece, il principio olografico ha una sua collocazione ben precisa: è un modello cosmologico nato all'interno del più ampio paradigma delle teorie delle stringhe. Ed è proprio quello che nel seguito provero a (ri)raccontarvi.
Quod verum putaver am esse particulam
Pro viribus agendum est
Vim totam adhibebimus
Ad haec nos paremus
Proiezioni olografiche
L'idea del principio olografico nasce all'interno del lavoro sviluppato da Gerard t'Hooft, Leonard Suskind e Juan Maldacena(1) sull'unificazione tra relatività generale e meccanica quantistica. L'idea potrebbe essere basata anche sull'ipotesi del cervello olografico di Karl Pribram e David Bohm, ma, come scritto prima, è sostanzialmente un'idea che si basa sulle teorie delle stringhe. In pratica secondo i modelli olografici, l'universo è simile a un ologramma, ovvero i gradi di libertà necessari per descriverlo sono minori rispetto a quelli che sarebbero necessari per un universo tridimensionale.Per chiarire rivediamo ciò che scrive Susskind a proposito:
(...) la combinazione di meccanica quantistica e gravità richiede che il mondo tridimensionale sia una immagine di dati che possono essere conservati in una proiezione bidimensionale, come una immagine olografica (...) abbastanza ricca da descrivere tutti i fenomeni tridimensionali.(2)In pratica secondo Suskind non abbiamo bisogno di un modello completamente quadridimensionale per descrivere il nostro universo. D'altra parte, sempre riprendendo Susskind, la materia che osserviamo si trova sulla superficie tridimensionale di una varietà quadridimensionale, ovvero noi siamo un po' come le formiche che passeggiano sulla buccia di una mela, che nel frattempo si espande. La buccia è immersa in uno spazio tridimensionale, ma poiché essa è bidimensionale, non deve necessariamente essere descritta da tutti i parametri necessari per descrivere la mela nella sua totalità. Ed è fondamentalmente questo il principio olografico.
- Maldacena, J. (1998). The large $N$ limit of superconformal field theories and supergravity Advances in Theoretical and Mathematical Physics, 2 (2), 231-252 DOI: 10.4310/atmp.1998.v2.n2.a1 (arXiv) ↩
- Susskind, L. (1995). The world as a hologram Journal of Mathematical Physics, 36 (11), 6377-6396 DOI: 10.1063/1.531249 (arXiv) ↩
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