La fantascienza in Italia non è vissuta della sola Urania, ma anche di altre più o meno piccole collane, come ad esempio la Collana Saturno. Sul quarto numero della collana, preso a qualche banchetto di libri usati, ecco un romanzo di fantascienza di Tanith Lee, autrice che avevo conosciuto grazie al romanzo fantasy Il signore delle illusioni facente parte della serie Flath Earth. Per cui la scoperta di un'autrice di genere fantastico come scrittrice molto più a tutto tondo mi ha spinto all'acquisto, e la lettura del romanzo è stata per certi versi sorprendente.
Non mordere il Sole oscilla tra l'utopia e la distopia, con alcuni piccoli cenni alla cyber punk non troppo pronunciati. La società umana, infatti, si è concentrata a vivere in grandi centri abitati a sviluppo verticale dove gli abitanti possono vivere una vita spensierata e senza problemi. Le attività principali sono gestite da robot e quasi-robot, ovvero robot con parti organiche, mentre gli abitanti provano un po' tutto, cambiando persino corpo o con apposite richieste o morendo. Già: gli esseri umani sono giunti a una sorta di semi immortalità, da qui gli elementi cyber punk o alla Matrix del romanzo.
La protagonista della storia attraversa la società mossa da una strisciante insoddisfazione, che in molti momenti sembra portarla al limite della ribellione. Alla fine, però, si ha la sensazione che, tutto sommato, la giovane non faccia altro che comportarsi come la media degli abitanti di ciascuna delle grandi città rimaste sulla Terra.
Un romanzo gustoso, a tratti divertente, su una società annoiata che ha essenzialmente rinunciato alla creatività più o meno in ogni campo, puntando su un'agiatezza diffusa grazie alla sostituzione dei lavoratori sottopagati o mal pagati con i robot, che vengono pagati grazie all'energia sonora. Sarà, forse, questo il nostro futuro?
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