A causa di alcuni interventi sul
server, questa settimana l'usuale recensione staccata sul
Caffè del Cappellaio Matto non andrà in onda, per cui l'articolo domenicale qui su
DropSea dedicato al numero settimanale di
Topolino inizia con l'ultimo episodio de
La pietra dell'oltreblu. Appena sarà possibile tornare a pubblicare sul blog, provvederò, per completezza, a pubblicare anche lì la sola parte riferita alla saga di
Bruno Enna e
Alessandro Perina.
Il periodo romano
L'ultima tappa della ricerca dei paperi di ciò che resta dei magici lapislazzuli di Paperello, alias
Raffaello Sanzio, avviene in quel di Roma, dove il pittore passò un lungo periodo artistico, dal 1509 fino al 1520, anno della sua morte. In particolare i due autori per l'ultima tappa usano come fonte di ispirazione l'affresco realizzato da Raffaello nel 1511 per conto di
Agostino Chigi,
Il trionfo di Galatea, conservato presso
Villa Farnesina.
Nella mitologia greca, Galatea era una ninfa del mare, figlia di Nereo e Doride. Era innamorata, ricambiata, del giovane pastorello Aci. I due, però, erano visti con invidia dal ciclope Polifemo, innamorato della ninfa. Una sera, dopo aver visto i due amanti in riva al mare, accecato dalla gelosia, e con un
modus operandi a lui ben noto, scagliò contro Aci un masso di lava, uccidendolo. Galatea iniziò a versare lacrime disperate, mentre il sangue di Aci sgorgava a fiotti dalla ferita alla testa. Zeus e gli altri dei, mossi a pietà dal dolore della ninfa, trasformarono il sangue di Aci nelle acque del fiume Akis, che sorge dall'Etna e sfocia a Capo Mulini, in provincia di Acireale. Peraltro proprio da quelle parti si trova una piccola fonte sorgiva, nota come "
u sangu di Jaci",
il sangue di Aci, dal colore rosastro a causa della presenza di ossidi di ferro.
L'affresco di Raffaello mostra Galatea a bordo del suo carro acquatico, una conchiglia trainata da delfini, al centro di una scena di gruppo vivace e affollata di altre figure mitologiche in attegiamenti amorevoli. A parte quest'ultimo aspetto dell'opera, di quelle di Raffaello fin qui riprodotte da Perina, questo trionfo è sostanzialmente il più fedele per quel che riguarda uso dei colori e rappresentazione dei personaggi.
Il committente di Paperello, infine, che non viene mai nominato, ha le sembianze dell'
Uomo in arme di
Sebastiano del Piombo, uno degli artisti ingaggiati da Chigi per decorare la sua villa. Mentre l'autore del quadro è stato identificato solo
negli anni Trenta del XX secolo, l'identità dell'uomo ritratto non è stata ancora ben chiarita: c'è chi ritiene sia
il condottiero Luigi Gonzaga, chi
lo stesso Chigi. C'è, comunque, da dire che la moda del tempo per i potenti era sostanzialmente la stessa (un po' come ora che tutti i giovani ricchi portano la cresta), come ben si vede dal
medaglione che lo ritrae realizzato da
Lorenzo Bernini per la
Cappella Chigi a Roma. In questo caso, però, i tratti sembrano molto più gentili rispetto a quelli del quadro di del Piombo.