Stomachion

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mercoledì 19 dicembre 2018

The First: Destinazione Marte

Ieri sera è stato lanciato con un evento gratuito in vari cinema italiani The First, la nuova serie di Beau Willimon, il creatore di House of Cards. Sono andato al Cinema Arcobaleno, l'unico nella città milanese che ha aderito all'inizitiva per vedere i primi due degli 8 episodi di cui è costituita la prima stagione, in Italia presentata in esclusiva da Tim Vision. Queste le impressioni che mi ha lasciato la serie.
Intanto la trama: The First racconta la sfida della prima missione umana verso Marte. Tutto, però, inizia con un incidente, l'esplosione del razzo che porta il primo equipaggio destinato a giungere sul pianeta rosso. Il protagonista della serie, Tom Hagerty, interpretato da Sean Penn, non è però a bordo della navicella: per un ancora ignoto motivo è stato escluso dall'equipaggio. Ad affiancarlo come coprotagonista troviamo Natascha McElhone che interpreta Laz Ingram, scienziata e CEO della ditta che ha ottenuto l'appalto dalla Nasa per costruire il razzo, denominato come Providence e che possiamo considerare come l'equivalente al femminile di Elon Musk. Ovviamente, oltra ai due protagonisti principali, c'è un contorno di personaggi più o meno secondari, qualcuno più efficace qualcun altro meno, qualcuno più importante di altri, come la figlia di Hagerty, qualcuno con una semplice comparsata. La serie è anche ricca di piccole citazioni, alcune facilmente riconoscibili, come quella di Carl Sagan sul vivere su un granello di polvere spospeso su un raggio di Sole, altre un po' meno.

domenica 8 luglio 2018

Millennium people

James Graham Ballard nella parte finale della sua carriera di scrittore di fantascienza si è concentrato nel genere della fantapolitica, andando ad esaminare sotto varie angolature la società britannica moderna, e con essa la stessa società occidentale. In particolare in Regno a venire ha mostrato quanto fosse facile ricadere dentro gli errori del nazismo, mentre in Un gioco da bambini mostra come l'unione di benessere ed eccessivo controllo possa portare i figli delle classi più ricche verso una violenta ribellione familiare.
In un certo senso Millennium people è una versione più estesa di Un gioco da bambini: guidato dall'equivoco e carismatico Robert Gould, il quartiere residenziale di Chelsea Marina diventa il covo di un pericoloso gruppo di terroristi, costituito proprio dagli abitanti di questo particolare progetto urbanistico costruito a pochi passi da Londra.
La risposta all'ovvia domanda su come sia stato possibile che un gruppo più o meno vasto di cittadini rispettosi e relativamente abbienti abbia progettato una rivolta sociale di tale violenza potrebbe non essere così piacevole, perché implica una profonda critica al mondo consumistico e moderno che verrà esplorata successivamente nel già citato Regno a venire.

martedì 3 ottobre 2017

La notte eterna del coniglio

Avevo lasciato da parte La notte eterna del coniglio, romanzo d'esordio di Giacomo Gardumi, per molto e molto tempo. Poi, finalmente, ho preso la decisione di leggerlo.
Alla fine gli elementi interessanti del poderoso ma veloce tomo sono molti, iniziando dalla trama: quattro gruppi di sopravvissuti a una catastrofe nucleare sono in collegamento tra loro attraverso quattro rifugi antinucleari. Alcune incomprensioni con la ditta costruttrice limitano le possibilità di connessione ed è su questo che si giocano le possibilità dell'autore nella costruzione della tensione, altrimenti impossibili considerando le capacità tecnologiche di questo genere di software già all'inizio del XXI secolo.
Gardumi, attraverso una narrazione per lo più in prima persona, costruisce un romanzo di grande tensione, che lascia un po' sullo sfondo gli elementi di fantapolitica (in parte lucidi nella capacità previsionistica dell'autore, per quanto abbia sbagliato, pur se di poco, la minaccia asiatica), che diventano semplicemente la causa che spinge una decina di persone sottoterra.
Ne esce un romanzo psicologico, filosofico, claustrofobico, in molti punti splatter, incredibilmente raro nella letteratura italiana (almeno quella di inizio secolo), indubbiamente influenzato dai reality show e forse un po' anche dal Blair Witch Project: una vera piccola sorpresa che mi spiace di aver snobbato per così tanto tempo.

sabato 11 aprile 2015

Great Pacific: l'immondizia del Pacifico


Great Pacific, fumetto di Joe Harris e Martin Morazzo tra #politica, #ecologismo e #misticismo: una salsa non completamente efficace
Great Pacific di Joe Harris e Martin Morazzo è costruito, come molte serie televisive, con l'intreccio narrativo di temi differenti. Tutto, però, ruota intorno al nodo centrale della così detta grande chiazza di immondizia del Pacifico, interpretata come una sorta di isola di lattine e altri rifiuti plastici di vario tipo. Una interpretazione grafica e narrativa che, come vedremo, è errata e fuorviante, che poi è solo uno dei problemi di Great Pacific.
La grande chiazza di immondizia del Pacifico
A partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, le nazioni industrializzate e quelle in via di sviluppo hanno riversato in mare detriti e spazzatura di tipo plastico. I materiali plastici, a differenza di quelli organici, subiscono un processo detto di fotodegradazione, ovvero, a causa dell'azione della luce del sole, si disintegra
(...) in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono, la cui ulteriore biodegradazione è molto difficile.(1, 2)
Così scomposta, la plastica ottiene delle dimensioni e un comportamento idrostatico simile a quello del plancton, e viene così facilmente catturata e digerita dagli abitanti del mare, entrando nel ciclo alimentare. Il problema non sarebbe ingestibile, o comunque non di proporzioni eccessive se non fosse che, come mostrato in uno studio del NOAA di Robert Day, David Shaw e Steven Ignell(3), il gioco di correnti nell'Oceano Pacifico avrebbe dovuto creare un'area in cui tutta la plastica si sarebbe raccolta creando la ben nota grande chiazza di immondizia del Pacifico, nome proposto per la prima volta dall'oceanografo Curtis Ebbesmeyer(2). La sua estensione non è nota precisamente, e questo è dovuto a un fatto semplice ma apparentemente non così banale, visto che sovente si parla di isola: semplicemente non lo è. E' una chiazza dai contorni indistinti, un vortice di immondizia i cui bordi, almeno quelli visibili, dipendono dalle correnti e dalla quantità di immondizia presente (stimata in 3.5 milioni di tonnellate(1)). E' ovvio che, a causa della fotodegradazione non è possibile essere certi dei propri occhi, anche se l'osservazione diretta è sempre meglio di una simulazione. In questo senso senza Charles Moore(2) oggi della grande chiazza si ignorerebbero probabilmente non pochi dettagli. Moore che, tra l'altro, ha fondato l'Algalita Marine Research Foundation proprio per tenere sotto controllo questa particolare chiazza, ma anche le altre sparse negli altri oceani della Terra, e ha anche mostrato come il rapporto plastica-plancton dell'area sia di 6 a 1.
Nonostante questi numeri, la grande chiazza è un ecosistema che vibra di vita, in particolare microscopica, definito dai ricercatori plastisfera(4), costituita da innumerevoli specie di diversi organismi (dando un'occhiata all'articolo di Zettler e soci ho spannometricamente contato circa 150 specie differenti di batteri), di cui alcuni potenzialmente dannosi.
Il problema della grande chiazza e delle sue sorelle non è di facile risoluzione e, a mio parere, le azioni di sensibilizzazione, come l'installazione artistica di Maria Cristina Finucci, il Garbage Patch State patrocinato dall'UNESCO, non sono per nulla sufficienti al momento per invertire la tendenza. Il problema è, infatti, essenzialmente economico.
In questa fase storica, infatti, il maggiore contributo alla plastica oceanica proviene dai paesi in via di sviluppo, Cina e India in testa. Il motivo di questa alta produzione è in parte da ricercarsi nella popolazione costiera, ma soprattutto in un particolare problema strutturale interno di questi paesi. E' infatti emerso dall'esame che 16 dei primi 20 produttori di immondizia hanno sì avuto un grande e veloce sviluppo economico, affiancato però da una mancanza nello sviluppo e nella gestione delle infrastrutture dedicate alla spazzatura(5).
Quando si vanno a fare le proiezioni di crescita della spazzatura nel mondo, dato per buono un modello in cui i paesi si svilupperanno in maniera più o meno identica uno con l'altro, sarà molto difficile arrivare a un picco di produzione prima del 2100, mentre la quantità di plastica che verrà immessa negli oceani dovrebbe oscillare tra le 100 e le 250 milioni di tonnellate(5). Sono numeri spaventosi, cui non si può sperare di porre un limite con, per esempio, il controllo della popolazione. D'altra parte sarà difficile anche limitare la crescita economica dei paesi in via di sviluppo (posizione che non viene nemmeno presa in considerazione), quindi, nell'attesa che tali paesi, oggi Cina e India, domani i paesi costieri africani, sviluppino dei sistemi di smaltimento dei rifiuti efficienti, i paesi industrializzati
(...) possono agire immediatamente riducendo gli sprechi e riducendo la crescita della plastica mono-uso.(5)
Onestamente la soluzione più semplice e logica che ridurrebbe drasticamente la previsione dei ricercatori sarebbe quella di fornire supporto tecnico ai paesi in via di sviluppo, ma questa soluzione, come potete immaginare, andrebbe a scontrarsi con l'economia di tipo concorrenziale imposta dai paesi industrializzati per cui gli altri non sono visti come potenziali collaboratori, ma come affamati concorrenti.

venerdì 5 aprile 2013

L'uomo nell'alto castello

Come sarebbe stato il mondo se la Seconda Guerra Mondiale fosse stata vinta da Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia e non da Germania, Giappone e Italia (nonostante il tradimento di una parte di quest'ultima)? E' su questo che ruota il romanzo La cavalletta non si alzerà più di Hawthorne Abendsen, romanzo di fantapolitica che descrive la società in un mondo alternativo dove col tempo le tensioni tra i vincitori avrebbero portato inevitabilmente a una guerra con la vittoria dei britannici, mostratisi più aggressivi.
La cavalletta non si alzerà più è proibito praticamente in tutti i paesi controllati dalla Germania nazista, compresa la costa orientale degli Stati Uniti, che sono stati divisi tra Giappone e Germania, i due grandi vincitori della guerra. Nonostante il divieto, il romanzo è un grande successo anche e forse soprattutto nei paesi controllati dai tedeschi, tanto che il suo autore è costretto a vivere isolato, in un High Castle. E' dunque un gioco, quello de La svastica sul Sole (titolo originale, The Man in the High Castle) in cui un romanzo di fantapolitica ha come protagonista un altro romanzo di fantapolitica.
L'idea in effetti è però quella di utilizzare il genere fantapolitico (o distopico) non tanto per suggerire un possibile pericolo futuro, come Orwell in 1984 (e ancora più esplicitamente ne La fattoria degli animali), ma per scrivere, ancora una volta, della società contemporanea e della politica del tempo. Mentre Dick scrive il romanzo, che esce nel 1962, siamo in piena guerra fredda, una guerra che è evidente però a tutti grazie alla corsa verso lo spazio, che viene per certi versi presa in giro proprio attraverso il programma spaziale nazista, che è vicino a portare gli esseri umani su Marte. In effetti il mondo dominato dai tedeschi è descritto al tempo stesso come socialmente peggiore, ma molto più efficiente. Ovviamente non manca un pizzico di ironia, a saperla scovare, visto che i crimini nazisti non vengono mai messi in discussione in nessun momento del romanzo!

martedì 31 maggio 2011

La scacchiera

More about La scacchiera In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.

Da che parte iniziare? Da una scacchiera. Due giocatori. E da una partita classica, la sfida tra Steinitz e Cigorin del 1892, vinta da Steiniz. Su questa partita John Brunner ha costruito il suo romanzo, La scacchiera, muovendo e facendo interagire i personaggi avendo come trama di fondo proprio quella stessa partita. Ciascuno dei personaggi, come rivela lo schema finale, è una delle pedine di quella partita. E quasi ogni mossa è rappresentata all'interno del romanzo, almeno fino alla terz'ultima. Cosa cambia rispetto a quella partita? Succede che una delle pedine, il Cavallo del Re bianco, Boyd Hakluyt, si rende conto di essere una pedina in un gioco politico/scacchistico che sta influenzando la vita degli abitanti di Ciudad de Vados, la capitale dell'Aguazul, staterello del centro America retto ormai in una sorta di regime democratico dall'ottuagenario Juan Sebastian Vados (il Re Bianco).
Boyd è l'esperto del traffico chiamato dagli amministratori locali per modificare la viabilità, già quasi perfetta della città, per rendere più semplice la cancellazione di un mercato popolare in una delle piazze della città e l'espulsione degli abitanti dei villaggi circostanti, giunti in città a causa della riduzione delle risorse naturali, tutte cannibalizzate dalla capitale, popolata da stranieri e da locali ricchi e privilegiati.
Il romanzo, quindi, di genere fantapolitico, porta il lettore all'interno di una sorta di distopia, ne esamina i difetti, lo distrugge grazie a un veloce precipitare degli eventi. E come spesso avviene nei romanzi di fantascienza, gli spunti lanciati dall'autore sono molti, iniziando proprio dalla mitica partita a scacchi su cui si basano le azioni dei personaggi all'interno delle strade di Ciudad de Vados.

domenica 11 aprile 2010

Ministero

More about MinisteroFrancisco Solano Lopez ritorna, dopo L'eternauta con Oesterheld, alla fantascienza di denuncia questa volta affiancato ai testi da Ricardo Barreiro.
Un gruppo di esseri umani (gli ultimi sulla Terra?) sono rinchiusi in un grandissimo grattacielo, il Ministero del titolo della historieta, suddivisi in livelli. Ogni livello è accessibile solo in base ad alcuni permessi dovuti alla propria posizione di casta, mentre l'intera struttura serve per la sopravvivenza della casta superiore, degli eletti, di coloro che comandano l'intera struttura sopravvivendo in maniera parassitaria al resto degli abitanti.
Eppure c'è un movimento di rivolta che cova nei piani inferiori, un movimento che esplode e trova le sue motivazioni nell'ultima spedizione della polizia segreta, una sorta di SS naziste nelle quali i due autori inseriscono anche una critica evidente agli Stati Uniti e alle loro politiche così vicine a quelle naziste sul controllo e la repressione, che recluta a forza un gruppo di giovani donne che dovranno fornire nuova linfa vitale agli eletti attraverso macchine che estraggono una sorta di elisir di giovinezza alcune, e sollazzi e piaceri sessuali altre.
In questo modo una società estremamente maschilista, quella degli eletti, è in grado di sopravvivere senza la necessità di avere troppe donne nel gruppo, mentre le classi inferiori vengono mantenute all'oscuro, in una serrata competizione tra loro per ottenere una agognata e impossibile promozione, sacrificate per il bene dei pochi e nutrite con le loro stesse carcasse. Sarebbe semplice chiedervi se vi ricorda qualcosa, certo l'ultima pagina, che dopo la vittoria dei rivoltosi e la loro uscita dal Ministero riporta il lettore nel mondo dei nostri giorni, chiarisce in maniera drammatica la vicinanza della vicenda di fantapolitica con la storia moderna dell'Argentina.

giovedì 20 agosto 2009

Prima di 1984: Il tallone di ferro

More about Il tallone di ferroDalla prefazione di Goffredo Fofi leggo che questo libro fu bandito dallo stesso Mussolini, traditore del partito socialista cui London e la moglie appartenevano (e da cui se ne andarono quasi per gli stessi motivi di Mussolini) e dell'Italia poi, leggo poi che è un romanzo di fantapolitica sul socialismo, senza poi contare i capolavori di London, Il richiamo della foresta e Zanna Bianca, due splendidi romanzi del Nord ricchi di avventura ed emozioni. Tutto questo non poteva non colpirmi e così Il tallone di ferro è finito nella mia libreria.
Come già Heinlein con il romanzo postumo A noi vivi, anche London sfrutta il romanzo per portare avanti una serie di mini lezioni politico-economiche, in questo caso sul socialismo. Da abile scrittore quale era, però, London non dimentica l'azione e così nella seconda parte del romanzo, mentre le idee si diradano, iniziano le descrizioni delle lotte, delle battaglie, degli espedienti dei dissidenti socialisti contro il così detto Tallone di Ferro, ovvero l'unione dei trust economici che in effetti controllano il mondo. Interessante come, grazie all'inserimento di note di un curatore del futuro, London sembra molto ottimista sulla vittoria del socialismo.
In effetti il tema della lotta sociale, dovuta al controllo e allo sfruttamento eccessivo delle materie prime, è protagonista primaria o velata di molti ottimi romanzi di fantascienza, primo fra tutti il da me sempre citato Morte dell'erba di John Cristopher.
In ogni caso Il tallone di ferro è un ottimo libro, una lettura intelligente e interessante e di grandissima attualità.