Stomachion

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martedì 17 luglio 2018

La bussola d'oro, ovvero della verità e del libero arbitrio

Quando nel dicembre del 2007 uscì La bussola d’oro, film diretto da Chris Weitz con Daniel Craig e Nicole Kidman, nessuno poteva prevedere che la trilogia cinematografica tratta da Queste oscure materie di Philip Pullman si sarebbe interrotta improvvisamente. Il motivo ufficiale fu la crisi economica del 2008. D'altra parte il risultato al botteghino statunitense fu al di sotto delle attese, ma gli incassi nel resto del mondo sembravano più che sufficienti per sperare nella realizzazione dei due film successivi tratti dai romanzi La lama sottile e Il cannocchiale d'ambra.
Unica voce fuori dal coro fu quella di Sam Elliott, l’attore che interpretava l'aviatore texano Lee Scoresby. Secondo la sua versione, la chiesa cattolica fece una serie di pressioni sulla casa di produzione per bloccare la prosecuzione della trilogia(1), e questo nonostante la versione molto meno anticattolica del film rispetto al romanzo.
D'altra parte nel 2005 era uscito il primo film tratto da Le cronache di Narnia di Charles S. Lewis di chiara ispirazione cattolica, che si era rivelato un buon successo planetario, mentre Queste oscure materie, oltre che con il debole esordio al botteghino statunitense, metteva in discussione non solo il senso della religione, ma anche le autorità ecclesiastiche, in un percorso che vuole portare il lettore attraverso alcuni temi fondamentali della vita.
Dichiarazione d'intenti
Le cronache di Narnia, così come Il Signore degli Anelli di Tolkien, amico di Lewis, sono figlie del loro tempo: le due guerre mondiali, vissute in vario modo dai due autori, influenzarono le due opere, che diventano così un modo per ricordare i valori della pace e del rispetto della diversità. In questo senso sono indubbiamente più giocose le Cronache rispetto al Signore, ma allo stesso modo si possono vedere Queste oscure materie di Pullman.
L’interesse dei nostri tempi si scinde tra le spinte consumistiche e la ricerca di una vita più genuina. In questa dicotomia si inserisce lo scrittore britannico che, in quarta di copertina, afferma:
A me interessa parlare di temi importanti: la vita, la morte, l'esistenza di Dio, il libero arbitrio. Il fantastico non è fine a se stesso, ma sostiene e dà corpo al realismo... Non abbiamo bisogno di liste di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, abbiamo bisogno di libri. 'Non devi' è presto dimenticato, 'C'era una volta' durerà per sempre.

mercoledì 4 febbraio 2015

Libertà e verità in matematica

Il modo in cui ci occupiamo ancora oggi di numeri nelle scuole è, sostanzialmente, lo stesso modo utilizzato dai nostri antenati pitagorici, che vedevano i numeri come oggetti concreti, certo, ma in un modo che impediva loro di concepire in qualche modo l'infinito. Nel corso dei secoli l'unico che si avvicino alla rottura del confine con l'infinito fu Archimede, ma nella storia della matematica può essere considerato un caso abbastanza unico di mancato sviluppo soprattutto a causa dell'isolamento dei matematici dell'epoca e dell'evidente differenza di qualità tra il siciliano e i suoi colleghi. Per poter tornare a toccare il muro dell'infinito e servircene in maniera proficua bisognerà attendere l'arrivo di Georg Cantor.
Il matematico tedesco di fatto affrontò i numeri, rivoluzionando la matematica, utilizzando sostanzialmente gli insiemi e la logica, due strumenti che gli permisero non solo di avvicinare, ma addirittura manipolare l'infinito grazie ai numeri transfiniti. A guidare i suoi passi era probabilmente la seguente convinzione:
La vera essenza della matematica è la sua libertà.
Secondo Daniel Bonevac, questo vero e proprio mantra, scritto nel 1883, è emblematico dell'approccio libertario di Cantor alla matematica. Con questo punto fermo, Bonevac prova, allora, a scrivere una teoria della verità matematica, con l'obiettivo di spiegare alcuni fatti più o meno assodati: