
Stomachion
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venerdì 7 marzo 2025
Guardarsi intorno: Galileo, materia oscura e spazi di Hilbert

giovedì 16 gennaio 2025
Assioni, solitoni e materia oscura

Iniziamo con Ultimate light-shining-through-a-wall experiments to establish QCD axions as the dominant form of dark matter:
venerdì 27 dicembre 2024
Una dimensione oscura

In breve i tre fisici teorici, prendendo spunto dalla teoria delle stringhe, suggeriscono che la materia oscura, l'elusiva materia oscura si nasconda in una dimensione (relativamente) grande. L'idea viene ripescata da Quanta Magazine proprio mentre la previsione delle dimensioni extra (oltre la 4.a) è messa in grande discussione, e io stesso la utilizzo come semplice introduzione a questo link post scientifico dedicato proprio alla materia oscura.
L'altro giorno, infatti, mentre mi apprestavo a usare Google Scholar alla ricerca di qualcosa di interessante su Babbo Natale (e, come spero avete letto, l'ho trovata), il motore di ricerca accademico mi ha suggerito una lunga serie di articoli recenti, per lo più preprint su arXiv, molti dei quali dedicati proprio alla materia oscura. La prima osservazione che ho fatto tra me e me su questa mole di lavori è come le osservazioni del James Webb Space Telescope che hanno insinuato non pochi dubbi sull'esistenza della materia e dell'energia oscure nell'universo, non hanno però bloccato le proposte teoriche. Per contro, però, proprio le osservazioni del JWST in un certo senso hanno ridato una spinta anche a versioni di materia oscura vicine all'essere scartate, questo perché è altamente probabile che le MOND non siano comunque sufficienti per spiegare tutte le osservazioni.
giovedì 28 novembre 2024
La non esistenza di un modello cosmologico standard

venerdì 26 luglio 2024
Sempre questioni di una certa gravità

In sintesi, come ben spiegato nell'articolo (e soprattutto nel titolo) di Physics World, ci si chiede se non sia possibile unificare la meccanica quantistica e la relatività generale senza alcuna necessità di quantizzare la gravità. Mi riprometto di approfondire la cosa, però ricordo che la così detta gravità a loop in realtà non è la quantizzazione della gravità (e quindi tecnicamente non sarebbe una gravità quantistica), ma una quantizzazione dello spaziotempo. A parte queste sottigliezze, però, è giunto, sempre nel campo della comprensione della gravità, un nuovo risultato sperimentale piuttosto interessante e raccontanto nel preprint Indefinitely Flat Circular Velocities and the Baryonic Tully-Fisher Relation from Weak Lensing.
venerdì 22 marzo 2024
Un nuovo modo di vedere l'universo

venerdì 26 marzo 2021
La distribuzione di materia oscura nell'universo
Il video che vi presento qui sotto mostra la distribuzione di materia oscura nel nostro universo ed è basato sulla Millennium Simulation. E' stata sviluppata dal Virgo Consortium del Max Planck Institute for Astrophysics. La porzione di universo che viene simulata è una regione cubica di 2 miliardi di anni luce e contiene oltre 10 miliardi di particelle.
La materia oscura al momento costituisce circail 30% di tutto l'universo, mentre la materia ordinaria, quella di cui siamo fatti, è poco meno del 5%, il resto è tutto energia oscura. Questi nomi "oscuri" indicano il fatto che non ne conosciamo la natura.
Avevo già pubblicato il video sul canale YT di Science Backstage, ma ho pensato bene di ripubblicarlo sul canale di DropSea con l'aggiunta di un commento. E' breve, poco più di un minuto, e oltre che qui sotto, potete anche dargli un'occhiata su PeerTuube:
La materia oscura al momento costituisce circail 30% di tutto l'universo, mentre la materia ordinaria, quella di cui siamo fatti, è poco meno del 5%, il resto è tutto energia oscura. Questi nomi "oscuri" indicano il fatto che non ne conosciamo la natura.
Avevo già pubblicato il video sul canale YT di Science Backstage, ma ho pensato bene di ripubblicarlo sul canale di DropSea con l'aggiunta di un commento. E' breve, poco più di un minuto, e oltre che qui sotto, potete anche dargli un'occhiata su PeerTuube:
giovedì 30 aprile 2020
Le grandi domande della vita: Un oscuro mistero
In questa nuova puntata monotematica (in effetti le domande sono due, ma così interessanti da fare per quattro!) mi andrò ad occupare, spero il più semplicemente possibile, di uno dei molti problemi che l'universo pone ai cosmologi e agli astrofisici moderni: la materia oscura.
Il punto centrale di queste osservazioni è molto semplice: osservando il moto delle periferie galattiche, si nota che queste ruotano troppo velocemente considerando il contenuto di materia visibile. Per spiegare tali osservazioni, bisogna postulare la presenza di materia invisibile all'interno della galassia.
L'esistenza della materia oscura, nel corso dei decenni successivi, ha ottenuto sempre più evidenze a favore: il moto di rotazione delle galassie, la velocità di dispersione della materia, il comportamento gravitazionale delle galassie all'interno degli ammassi, i dati provenienti dalle lenti gravitazionali e dalla radiazione cosmica di fondo, le misure di distanza delle supernove e, soprattutto, l'Ammasso del Proiettile.
Ma che mistero
La storia della materia oscura inizia da lontano: già sul finire del XIX secolo si iniziava a fare sempre più larga l'idea dell'esistenza nell'universo di oggetti invisibili alla vista. Questa prima idea, che in qualche modo si confonde con i buchi neri, venne per la prima volta suggerita da Lord Kelvin nel 1884, che stimò come la maggior parte delle stelle che costituiscono la Via Lattea fossero scure. Il termine "materia oscura" venne, però, coniato da Henri Poincaré(1), in una nota in cui commentava proprio il lavoro di Kelvin del 1884, mentre il primo a supporre che l'idea di Kelvin non fosse campata in aria fu Jacobus Kapteyn nel 1922(2) grazie a una serie di misure astronomiche. Per avere i primi dati sufficientemente solidi ci volle un decennio: prima Jan Oort nel 1932(3), quindi Fritz Zwicky nel 1933(4) e infine Horace Babcock con le sue osservazioni sulla nebulosa di Andromeda(5) (a dire il vero Babcock non associò le sue osservazioni alla presenza di materia invisibile), la stessa studiata da Vera Rubin nel 1970 insieme con Kent Ford jr., portando nuovi supporti e riportando in auge l'idea della materia oscura(6).Il punto centrale di queste osservazioni è molto semplice: osservando il moto delle periferie galattiche, si nota che queste ruotano troppo velocemente considerando il contenuto di materia visibile. Per spiegare tali osservazioni, bisogna postulare la presenza di materia invisibile all'interno della galassia.
L'esistenza della materia oscura, nel corso dei decenni successivi, ha ottenuto sempre più evidenze a favore: il moto di rotazione delle galassie, la velocità di dispersione della materia, il comportamento gravitazionale delle galassie all'interno degli ammassi, i dati provenienti dalle lenti gravitazionali e dalla radiazione cosmica di fondo, le misure di distanza delle supernove e, soprattutto, l'Ammasso del Proiettile.

giovedì 13 settembre 2018
Paperinik: dai buchi neri alla materia oscura
Con qualche mese di ritardo su quanto avevo preventivato a suo tempo, è finalmente uscita la recensione de L'orizzonte degli eventi. Ne sono particolarmente soddisfatto per via degli inserti scientifici colà presenti. In questa sede vi estraggo quanto ho scritto, sebbene in parte già pubblicato sia qui sia in altre sedi.
Iniziamo:
Per raffinare e arrivare all'idea moderna di una singolarità in grado di "strappare" lo spaziotempo in modo tanto forte e violento da impedire persino alla luce di sfuggire sarebbe stata necessaria la teoria della relatività di Albert Einstein, e le soluzioni particolari trovate successivamente da Karl Schwarzschild nel 1916 e da David Finkelstein nel 1958. In particolare fu quest'ultimo a introdurre il concetto di orizzonte degli eventi, la superficie che circonda il buco nero superata la quale è impossibile sfuggire alla sua attrazione gravitazionale.
Iniziamo:
Stelle nere
Nel 1783, in una lettera inviata a John Cavendish e successivamente pubblicata in forma di articolo nel 1784 dalla Royal Society, il geologo, fisico e astronomo John Michell ipotizzava l'esistenza di una stella scura (o stella nera) che aveva delle caratteristiche inusuali per l’epoca: la sua massa e la sua densità erano tali per cui la velocità di fuga, ovvero la velocità necessaria per abbandonare la superficie di un corpo celeste, risultava superiore a quella della luce.
Un'idea simile venne espressa anche dall'astronomo e matematico francese Pierre Laplace nel 1796 nel suo famoso Exposition du Systeme du Monde:
Un astro luminoso, della stessa densità della Terra, e il cui diametro sia 250 volte quello del Sole, non permetterebbe, a causa della sua attrazione, ad alcuno dei suoi raggi di giungere fino a noi; è pertanto possibile che i più grandi corpi luminosi dell’universo possano, a causa di ciò, essere invisibiliSin dal 1600, infatti, si riteneva la luce costituita da corpuscoli, concettualmente simili ai più moderni fotoni, e quindi soggetta alla gravità, mentre le osservazioni gioviane di Giovanni Cassini e del danese Ole Rømer, che per un breve periodo fu assistente di Cassini, indicavano che la velocità della luce dovesse essere finita. Quindi non deve stupirci che l'esistenza di un corpo celeste molto simile ai moderni buchi neri sia nata sin dalla seconda metà del 1700 (1).
Per raffinare e arrivare all'idea moderna di una singolarità in grado di "strappare" lo spaziotempo in modo tanto forte e violento da impedire persino alla luce di sfuggire sarebbe stata necessaria la teoria della relatività di Albert Einstein, e le soluzioni particolari trovate successivamente da Karl Schwarzschild nel 1916 e da David Finkelstein nel 1958. In particolare fu quest'ultimo a introdurre il concetto di orizzonte degli eventi, la superficie che circonda il buco nero superata la quale è impossibile sfuggire alla sua attrazione gravitazionale.
mercoledì 18 luglio 2018
La lama sottile, ovvero del multiverso e della materia oscura
Con La bussola d'oro abbiamo conosciuto il mondo di Lyra, un pianeta in tutto simile alla nostra Terra, incluse le nazioni chiamate più o meno allo stesso modo delle nostre. Su questo mondo, molto steampunk come influenza, dove ogni essere umano ha una sorta di animale custode parlante, il daimon, mutaforma fino a che il bambino non diventa adulto, la Chiesa ha preso il controllo sulle vite dei cittadini. Questa, però, non è che una delle innumerevoli Terre del multiverso.
E non a caso ne La lama sottile, secondo romanzo della saga Queste oscure materie di Philip Pullman, la giovane protagonista Lyra fa amicizia con Will, un ragazzino proveniente proprio da una di queste Terre parallele. I collegamenti tra le Terre avvengono attraverso passaggi particolari, come quello che l’esploratore John Parry, padre di Will, ha scoperto trovarsi al Polo Nord, punto geografico che risulta fondamentale in molte delle Terre del multiverso di Pullman.
Inizia così l'avventura nel multiverso di Lyra e Will, mentre entrano in scena nuovi personaggi, come Mary Malone che risulterà fondamentale nel seguito della vicenda.
Nel frattempo, però, riassumiamo un po' la teoria del multiverso, la cui sintesi nel romanzo viene affidata a sir Charles Latrom. Come già per il libero arbitrio, anche il multiverso interseca la sua strada con la diatriba sull'interpretazione della meccanica quantistica. Il giovane dottorando Hugh Everett nello sviluppo della sua tesi sui molti mondi venne ispirato dall'ultima conferenza di Albert Einstein, in particolare dalla sua affermazione sui topi e l'universo:
L'idea originale di Everett non aveva alcun vero riferimento teorico ai molti mondi, la cui aggiunta venne suggerita da Bryce DeWitt. Più che altro Everett si riferiva ai molti osservatori, che però per Conway e Kochen non sono in greado di modificare le osservazioni(3): la funzione d'onda totale, infatti, o universale, è secondo Everett la sovrapposizione delle funzioni d'onda parziali che tengono conto della memoria e delle osservazioni di ciascun componente dell’universo. Inoltre il concetto di universalità della funzione d'onda implica che ciascuna funzione d’onda parziale è dunque in grado di estendersi in tutto l'universo senza limitarsi, ad esempio, a una scatola. Secondo Everett, infine, ciascun elemento si evolve in maniera deterministica, ma gli aspetti statistici e probabilistici emergono dalla natura molteplice della meccanica quantistica, che realizza e mette in atto tutte le possibilità.
E non a caso ne La lama sottile, secondo romanzo della saga Queste oscure materie di Philip Pullman, la giovane protagonista Lyra fa amicizia con Will, un ragazzino proveniente proprio da una di queste Terre parallele. I collegamenti tra le Terre avvengono attraverso passaggi particolari, come quello che l’esploratore John Parry, padre di Will, ha scoperto trovarsi al Polo Nord, punto geografico che risulta fondamentale in molte delle Terre del multiverso di Pullman.
Inizia così l'avventura nel multiverso di Lyra e Will, mentre entrano in scena nuovi personaggi, come Mary Malone che risulterà fondamentale nel seguito della vicenda.
Nel frattempo, però, riassumiamo un po' la teoria del multiverso, la cui sintesi nel romanzo viene affidata a sir Charles Latrom. Come già per il libero arbitrio, anche il multiverso interseca la sua strada con la diatriba sull'interpretazione della meccanica quantistica. Il giovane dottorando Hugh Everett nello sviluppo della sua tesi sui molti mondi venne ispirato dall'ultima conferenza di Albert Einstein, in particolare dalla sua affermazione sui topi e l'universo:
E' difficile credere che questa descrizione sia completa. Sembra rendere il mondo nebuloso a meno che qualcuno, un topo ad esempio, non lo stia guardando. E’ credibile che lo sguardo di un topo possa cambiare considerevolmente l'universo?Era il 14 aprile del 1954 ed Everett decise l'argomento della sua tesi di dottorato, che avrebbe sviluppato sotto la supervisione di John Wheeler. La tesi venne discussa nel 1956(1) mentre l'anno dopo ne uscì una versione sintetica come articolo vero e proprio(2).
L'idea originale di Everett non aveva alcun vero riferimento teorico ai molti mondi, la cui aggiunta venne suggerita da Bryce DeWitt. Più che altro Everett si riferiva ai molti osservatori, che però per Conway e Kochen non sono in greado di modificare le osservazioni(3): la funzione d'onda totale, infatti, o universale, è secondo Everett la sovrapposizione delle funzioni d'onda parziali che tengono conto della memoria e delle osservazioni di ciascun componente dell’universo. Inoltre il concetto di universalità della funzione d'onda implica che ciascuna funzione d’onda parziale è dunque in grado di estendersi in tutto l'universo senza limitarsi, ad esempio, a una scatola. Secondo Everett, infine, ciascun elemento si evolve in maniera deterministica, ma gli aspetti statistici e probabilistici emergono dalla natura molteplice della meccanica quantistica, che realizza e mette in atto tutte le possibilità.
giovedì 17 maggio 2018
Il lato oscuro dell'universo

Partiamo, però, dall'inizio: l'idea che nell'universo siano presenti corpi celesti scuri venne espressa per la prima volta da Lord Kelvin nel 1884 che stimò come la maggior parte delle stelle che costituiscono la Via Lattea siano scure e quindi invisibili agli occhi. Il termine di "materia oscura" venne però coniato nel 1906 da Henri Poincaré in un commento al lavoro di Lord Kelvin, mentre il primo a suggerire l'esistenza di tale materia a partire da misure astronomiche fu Jacobus Kapteyn nel 1922. Le successive osservazioni di Jan Oort (1932) e Fritz Zwicky (1933) fornirono ulteriori dati a supporto dell'esistenza di materia oscura nell'universo fino alle prime, robuste osservazioni di Horace Babcock sulla nebulosa di Andromeda (1939).
lunedì 7 maggio 2012
La teoria del vuoto
Su tumblr, uno dei miei lettori, frankietwohats, mi ha posto la seguente questione:
Ora, l'esatta soluzione delle equazioni di Einstein fu fornita dallo spaziotempo di Lemaitre-Tolman-Bondi \[\text{d} s^2 = -\text{d} t^2 + \frac{Y'^2}{1-K} \text{d} r^2 + Y^2 \text{d} \Omega\] In questo modello ci sono quattro parametri liberi: la densità dell'origine, la densità e il raggio del punto centrale, e il raggio cui corrisponde lo spaziotempo di Einstein-de Sitter(2). Invece il modello del vuoto:
(la curvatura di tre differenti tipi di vuoto)
Non so se la teoria cui faceva riferimento fosse quella che ho scovato su Google, ma ora passo a proporvi la versione in italiano della risposta che gli ho fornito (versione breve, ma non tanto, su tumblr; versione lunga su Doc Madhattan). Ciò che ho trovato, infatti, riguarda la così detta teoria del vuoto (void theory), che viene così descritta da Esther Inglis-Arkell su io9:Can I ask you a random question? I can't remember the name of a theory that argued that the universe wasn't expanding, but instead was stretching. Do you happen to know of it/it's name? It came up in conversation today (well, universe expansion did) and I want to look into it more.
C'è stato un tempo in cui la Terra era considerata il centro dell'universo. Poi è stata scalzata via dal sole, e da allora il mantra degli astronomi è stato: Non siamo niente di speciale. La parte di universo nella quale risiede la Terra non può essere differente rispetto a un'altra parte. Non è unica, on straordinaria, o fuori dall'ordinario. La teoria del vuoto contraddice tutto ciò. Invece di sedersi su una parte tipica dell'universo, la Terra si trova in una parte inusualmente vuota: un vuoto. L'universo non si sta espandendo a causa di una qualche forza misteriosa. Semplicemente quando la luce viaggia da una parte più densa dell'universo in un vuoto, è alterata in modo da far apparire l'universo in espansione. Poiché questa espansione è la stessa quando osservata da ogni parte della Terra, la Terra deve essere prossima al centro di questo vuoto. Improvvisamente, l'universo osservabile è nuovamente geocentrico.Vediamo, ora, cos'è (dal punto di vista delle pubblicazioni scientifiche) questa teoria del vuoto. Innanzitutto, seguendo Clifton, Ferreira e Land(1), bisogna ricordare un attimo i due principi su cui si basa la nostra visione dell'universo: lo spaziotempo è un'entità dinamica, che obbedisce alle equazioni di Einstein; e l'universo è omogeneo e isotropo su grandi scale, che poi è la generalizzazione del principio di Copernico che dice che la Terra non è in una posizione centrale e particolarmente favorita.
Ora, l'esatta soluzione delle equazioni di Einstein fu fornita dallo spaziotempo di Lemaitre-Tolman-Bondi \[\text{d} s^2 = -\text{d} t^2 + \frac{Y'^2}{1-K} \text{d} r^2 + Y^2 \text{d} \Omega\] In questo modello ci sono quattro parametri liberi: la densità dell'origine, la densità e il raggio del punto centrale, e il raggio cui corrisponde lo spaziotempo di Einstein-de Sitter(2). Invece il modello del vuoto:
è completamente specificato dal profilo radiale, dal valore odierno della costante di Hubble $H_0$ nel centro del vuoto, dalla densità di radiazione, che è fissata dalla temperatura media della radiazione cosmica di fondo, $T_0 = 2.725K$, e dalla frazione barionica $f_b = \frac{\rho_b}{\rho_m}$. All'esterno del vuoto si va asintoticamente allo spaziotempo di Einstein-de Sitter.(2)

(la curvatura di tre differenti tipi di vuoto)
sabato 28 aprile 2012
La materia oscura nell'anello
Basandosi su dati analizzati dagli stessi ricercatori del Fermilab(4), Christoph Weniger(5), ricercatore indipendente, ha suggerito l'esistenza di alcuni segnali anomali che potrebbero essere dovuti alla presenza della materia oscura. Non preoccupatevi, però: non sono segnali che dimostrano che la materia oscura(1) è stata trovata in laboratorio, ma possibili osservazioni dirette dovute al Fermi Large Area Space Telescope, in pratica un telescopio costruito da fisici delle alte energie (che ce ne sono anche nel campo dell'astronomia e dell'astrofisica).
In effetti le anomalie riscontrate da Weniger si trovano, ma meno evidenti, già nell'articolo della collaborazione (Fermi LAT), ma non sono così statisticamente rilevanti come quelle mostrate nel recente preprint. Considerando che non c'è nessuno che conosce meglio l'esperimento di chi lo ha condotto e costruito (nonostante ciò che è successo con OPERA, è questa la norma), risulta piuttosto difficile ritenere che un ricercatore indipendente sia riuscito a scovare un qualche effetto sfuggito a chi ha lavorato al Fermi LAT, soprattutto considerando quanto questo genere di esperimenti siano altamente sofisticati. Certo non si può escludere a priori che Weniger abbia torto: il suo preprint (che immagino sottoporrà a una rivista di settore, se non l'abbia già fatto), in un certo senso sembra voler andare nella direzione di un esame più attento di quei dati particolari e della regione di energia che sembrano puntare (intorno ai 125 GeV).
D'altra parte 8 mesi fa circa tre teorici del CERN, Gian Francesco Giudice, Ben Gripaios e Rakhi Mahbubani proposero un preprint piuttosto interessante, di recente pubblicato da Physical Review D(6), dove proponevano alcuni procedimenti per rilevare tracce di materia oscura all'interno di LHC!
In particolare si può estrarre la così detta relic density, che i tre ricercatori suppongono possa essere collegata con l'interazione debole. Ad ogni modo, il cuore della proposta è tutto qui:
Il passo successivo è, poi, convincersi che le particelle di materia oscura sono associate con i processi contenenti più di una particella invisibile.
Supponiamo che la particella di materia oscura sia più leggera dei quark di un protone, così da poter considerare i quark come dei singoletti. Allora protoni e coppie di protoni sono stati di singoletto che vengono prodotti nelle collisioni che avvengono lungo l'anello di LHC. Se si riuscisse a produrre un non-singoletto di materia oscura, allora lo stato finale dovrebbe contenere una particella che non è singoletto. Questa sarebbe ancora una particella di materia oscura, ma potrebbe anche essere una particella diversa. Se è diversa, e se è visibile e stabile alle scale di osservazione dell'acceleratore, allora non si vedrebbe una produzione multipla di particelle invisibili, ma la traccia di una particella carica. Quindi gli unici processi che, in questo scenario, sarebbero associabili facilmente alla materia oscura sono proprio quelli con una produzione multipla di particelle invisibili.
Vi risparmio i calcoli cinematici e i grafici prodotti con simulazioni montecarlo realizzati dai tre teorici, che prendono in considerazione varie ipotesi (come ad esempio particelle invisibili prive di massa). Ad ogni modo si può ulteriormente migliorare e sviluppare la proposta già semplicemente partendo da alcuni punti evidenziati dagli stessi ricercatori: prendere in considerazione più osservabili rispetto a quelle utilizzate da Giudice, Gripaios e Mahbubani; si dovrebbe poi affrontare il problema dei processi apparentemente identici o dell'eventuale presenza di radiazione iniziale; e c'è poi da capire quanto la topologia dell'esperimento influenzerebbe questo genere di risultati.
E infine:
In effetti le anomalie riscontrate da Weniger si trovano, ma meno evidenti, già nell'articolo della collaborazione (Fermi LAT), ma non sono così statisticamente rilevanti come quelle mostrate nel recente preprint. Considerando che non c'è nessuno che conosce meglio l'esperimento di chi lo ha condotto e costruito (nonostante ciò che è successo con OPERA, è questa la norma), risulta piuttosto difficile ritenere che un ricercatore indipendente sia riuscito a scovare un qualche effetto sfuggito a chi ha lavorato al Fermi LAT, soprattutto considerando quanto questo genere di esperimenti siano altamente sofisticati. Certo non si può escludere a priori che Weniger abbia torto: il suo preprint (che immagino sottoporrà a una rivista di settore, se non l'abbia già fatto), in un certo senso sembra voler andare nella direzione di un esame più attento di quei dati particolari e della regione di energia che sembrano puntare (intorno ai 125 GeV).
D'altra parte 8 mesi fa circa tre teorici del CERN, Gian Francesco Giudice, Ben Gripaios e Rakhi Mahbubani proposero un preprint piuttosto interessante, di recente pubblicato da Physical Review D(6), dove proponevano alcuni procedimenti per rilevare tracce di materia oscura all'interno di LHC!
What a fillip it would be if the Dark Matter that abounds in the heavens could be manufactured here on Earth, at the LHC.(6)Dal punto di vista del Modello Standard, una particella di materia oscura potrebbe essere considerata come un singoletto(2) neutro rispetto al colore a alla carica elettrica, altrimenti sarebbe già stata prevista all'interno del Modello Standard stesso, e quindi a tutti gli effetti invisibile alla rilevazione diretta da parte di LHC, a meno di non rilevare dei processi con dell'energia mancante. Questi però potrebbero in ogni caso essere rilevati e spiegati senza necessariamente essere dovuti alla presenza della materia oscura. Il problema, quindi, diventa associare queste tracce di energia mancante con la materia oscura. Un modo può essere misurare le proprietà di queste particelle invisibili, estraendo quelle necessarie per un confronto con le osservazioni cosmologiche.
In particolare si può estrarre la così detta relic density, che i tre ricercatori suppongono possa essere collegata con l'interazione debole. Ad ogni modo, il cuore della proposta è tutto qui:
Our proposal is simply to count the number of invisible particles in missing energy events. To begin with, our system of counting will be loosely based on the "one-two-many" system of the Amazonian Piraha tribe(3), but simplified to "one-many". That is, we propose to try to establish that invisible particles are being multiply produced in events.(6)E tutto questo, che può anche essere semplificato come una strategia che cerca di identificare le osservabili fisiche strettamente dipendenti dal numero di particelle invisibili presenti nel processo rilevato, dovrebbe essere più che sufficiente per stabilire la simmetria alla base della materia oscura. Infatti, per avere la speranza di riuscire a scrivere un modello matematico efficace per descrivere la materia oscura, uno dei punti più importanti è riuscire a scegliere la simmetria più opportuna, e questa proposta ha certo almeno il merito di porsi e provare a risolvere la questione.
Il passo successivo è, poi, convincersi che le particelle di materia oscura sono associate con i processi contenenti più di una particella invisibile.
Supponiamo che la particella di materia oscura sia più leggera dei quark di un protone, così da poter considerare i quark come dei singoletti. Allora protoni e coppie di protoni sono stati di singoletto che vengono prodotti nelle collisioni che avvengono lungo l'anello di LHC. Se si riuscisse a produrre un non-singoletto di materia oscura, allora lo stato finale dovrebbe contenere una particella che non è singoletto. Questa sarebbe ancora una particella di materia oscura, ma potrebbe anche essere una particella diversa. Se è diversa, e se è visibile e stabile alle scale di osservazione dell'acceleratore, allora non si vedrebbe una produzione multipla di particelle invisibili, ma la traccia di una particella carica. Quindi gli unici processi che, in questo scenario, sarebbero associabili facilmente alla materia oscura sono proprio quelli con una produzione multipla di particelle invisibili.
Vi risparmio i calcoli cinematici e i grafici prodotti con simulazioni montecarlo realizzati dai tre teorici, che prendono in considerazione varie ipotesi (come ad esempio particelle invisibili prive di massa). Ad ogni modo si può ulteriormente migliorare e sviluppare la proposta già semplicemente partendo da alcuni punti evidenziati dagli stessi ricercatori: prendere in considerazione più osservabili rispetto a quelle utilizzate da Giudice, Gripaios e Mahbubani; si dovrebbe poi affrontare il problema dei processi apparentemente identici o dell'eventuale presenza di radiazione iniziale; e c'è poi da capire quanto la topologia dell'esperimento influenzerebbe questo genere di risultati.
E infine:
even though we have yet to see evidence for new, invisible particles produced at the LHC, now would seem to be the ideal time for experiments to validate and refine our proposal, by counting the neutrinos which certainly have been abundantly produced in various SM processes(6)Comunque la si voglia prendere questa ricerca, comunque si riveli la proposta (corretta, errata o comunque sulla giusta direzione), al momento ha sicuramente un merito: quello di ricordare che, nella ricerca sulla natura della materia oscura, LHC può e deve giocare un ruolo di primaria importanza.
giovedì 7 aprile 2011
Il bosone Z' e la fenomenologia di un picco
L'importanza nello studiare questi decadimenti sta nel legame che questi bosoni, che sono in particolare le particelle che mediano, trasportano l'interazione debole, hanno con il famosissimo bosone di Higgs. E sono in particolare i decadimenti che coinvolgono il W+ e lo Z , e quindi i jet adronici ad essere importanti per la rilevazione dell'Higgs(2).
Impegnato in questa rilevazione c'è il Tevatron, l'acceleratore statunitense del FermiLab, e in prima linea c'è la collaborazione CDF. Un primo esame delle interazioni WW e WZ avvenuto a fine 2009(3) ha successivamente portato alla pubblicazione nel 2010 su PRL(4). Iniziamo a dare un'occhiata ai grafici presentati in quell'occasione:
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venerdì 11 febbraio 2011
Buchi neri supermassici e materia oscura
I buchi neri supermassicci sono la versione cicciotta degli usuali buchi neri. La loro massa è dell'ordine di centinaia di migliaia di miliardi di masse solari e gli astronomi pensano che si trovino nel centro di quasi tutte le galassie ellittiche. In termini tecnici, però, questo centro, che in effetti è una sorta di arrotondamento, come quando una pallina è nascosta sotto una tovaglia che copre un tavolo, viene detto bulge, termine che in italiano può essere reso come rigonfiamento.
Torniamo, però, ai nostri buchi neri: la loro presenza, in particolare quella dei supermassicci, ha suggerito una coevoluzione tra buchi neri e galassie, in particolare con i bulge, i centri galattici (vedi, ad esempio, Coevolution of black holes and galaxies, curato da Luis Ho). Laura Ferrarese nel 2002 e Maarten Baes et al. nel 2003 proposero una correlazione simile anche tra i buchi neri supermassici e l'alone di materia oscura che circonda le galassie. Però, nell'articolo di recente pubblicazione su Nature che tratterò in questo post, si afferma che buchi neri supermassici e alone di materia oscura non sono correlati. I suoi autori sono John Kormendy e Ralf Bender, astronomi statunitensi (ne ha scritto anche Corrado).
I due arrivano al loro risultato studiando la correlazione tra Vcirc, la velocità di rotazione circolare del gas galattico, e σ, la velocità di dispersione. L'ipotesi di partenza è dunque:
Torniamo, però, ai nostri buchi neri: la loro presenza, in particolare quella dei supermassicci, ha suggerito una coevoluzione tra buchi neri e galassie, in particolare con i bulge, i centri galattici (vedi, ad esempio, Coevolution of black holes and galaxies, curato da Luis Ho). Laura Ferrarese nel 2002 e Maarten Baes et al. nel 2003 proposero una correlazione simile anche tra i buchi neri supermassici e l'alone di materia oscura che circonda le galassie. Però, nell'articolo di recente pubblicazione su Nature che tratterò in questo post, si afferma che buchi neri supermassici e alone di materia oscura non sono correlati. I suoi autori sono John Kormendy e Ralf Bender, astronomi statunitensi (ne ha scritto anche Corrado).
I due arrivano al loro risultato studiando la correlazione tra Vcirc, la velocità di rotazione circolare del gas galattico, e σ, la velocità di dispersione. L'ipotesi di partenza è dunque:
Se la materia oscura controlla la crescita del buco nero e il centro è essenzialmente irrilevante, allora Vcirc dovrebbe essere fortemente correlato con σ anche nelle galassie che non hanno bulge.Nella prima figura è evidente la non-correlazione tra Vcirc e σ:

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