Iniziamo:
Stelle nere
Nel 1783, in una lettera inviata a John Cavendish e successivamente pubblicata in forma di articolo nel 1784 dalla Royal Society, il geologo, fisico e astronomo John Michell ipotizzava l'esistenza di una stella scura (o stella nera) che aveva delle caratteristiche inusuali per l’epoca: la sua massa e la sua densità erano tali per cui la velocità di fuga, ovvero la velocità necessaria per abbandonare la superficie di un corpo celeste, risultava superiore a quella della luce.
Un'idea simile venne espressa anche dall'astronomo e matematico francese Pierre Laplace nel 1796 nel suo famoso Exposition du Systeme du Monde:
Un astro luminoso, della stessa densità della Terra, e il cui diametro sia 250 volte quello del Sole, non permetterebbe, a causa della sua attrazione, ad alcuno dei suoi raggi di giungere fino a noi; è pertanto possibile che i più grandi corpi luminosi dell’universo possano, a causa di ciò, essere invisibiliSin dal 1600, infatti, si riteneva la luce costituita da corpuscoli, concettualmente simili ai più moderni fotoni, e quindi soggetta alla gravità, mentre le osservazioni gioviane di Giovanni Cassini e del danese Ole Rømer, che per un breve periodo fu assistente di Cassini, indicavano che la velocità della luce dovesse essere finita. Quindi non deve stupirci che l'esistenza di un corpo celeste molto simile ai moderni buchi neri sia nata sin dalla seconda metà del 1700 (1).
Per raffinare e arrivare all'idea moderna di una singolarità in grado di "strappare" lo spaziotempo in modo tanto forte e violento da impedire persino alla luce di sfuggire sarebbe stata necessaria la teoria della relatività di Albert Einstein, e le soluzioni particolari trovate successivamente da Karl Schwarzschild nel 1916 e da David Finkelstein nel 1958. In particolare fu quest'ultimo a introdurre il concetto di orizzonte degli eventi, la superficie che circonda il buco nero superata la quale è impossibile sfuggire alla sua attrazione gravitazionale.
La parte più oscura dell'universo
L'idea che nell'universo siano presenti corpi celesti scuri venne espressa per la prima volta da Lord Kelvin nel 1884 che stimò come la maggior parte delle stelle che costituiscono la Via Lattea siano scure e quindi invisibili agli occhi. Il termine di "materia oscura" venne però coniato nel 1906 da Henri Poincaré in un commento al lavoro di Lord Kelvin, mentre il primo a suggerire l'esistenza di tale materia a partire da misure astronomiche fu Jacobus Kapteyn nel 1922. Le successive osservazioni di Jan Oort (1932) e Fritz Zwicky (1933) fornirono ulteriori dati a supporto dell'esistenza di materia oscura nell'universo fino alle prime, robuste osservazioni di Horace Babcock sulla nebulosa di Andromeda (1939).Oggi sappiamo che all'incirca il 25% dell'universo è costituito da materia oscura, mentre circa il 70% da energia oscura: non abbiamo nessuna idea sulla natura queste due forme di materia/energia, e questo le rende perfette per entrare nelle opere di fantascienza della nostra epoca. Così il raggio nero di Moldrock è legato alla materia oscura e quest'ultima alla possibilità di viaggiare all'interno del multiverso, anche questa ipotesi scientifica non ancora verificata.
Quella del multiverso e dell'intelligenza artificiale sono due aspetti che non ho, invece, approfondito, lasciandomeli per un'occasione futura.
(1) Per saperne di più:
Schaffer, S. (1979). John Mitchell and Black Holes. Journal for the History of Astronomy, 10, 42. doi:10.1177/002182867901000104
Montgomery, C., Orchiston, W., & Whittingham, I. (2009). Michell, Laplace and the origin of the black hole concept. Journal of Astronomical History and Heritage, 12, 90-96.)).
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