Stomachion

mercoledì 7 settembre 2011

Fisica e filosofia

More about Fisica e filosofiaScrive Indro Montanelli in Storia dei greci:
La decadenza della filosofia, ridottasi oramai alla ricerca soltanto di norme morali e di condotta, favorì la scienza, che infatti ebbe in questo terzo e secondo secolo la sua massima fioritura.
In effetti con l'avvento della meccanica quantistica e della teoria della relatività generale, mentre gli scienziati andavano accettando e quindi usando queste due teorie, la filosofia si trovava un po' persa. Non è un caso se di filosofi della scienza se ne ricorda, e nemmeno molto bene (almeno tra i fisici che ho frequentato), uno solo nel XX secolo, quel Karl Popper che pretendeva di interpretare (o rinnovare) un metodo scientifico che, invece, nell'uso dei metodi statistici trovava il suo vero rinnovamento, in una situazione in cui le deviazioni dalla media non solo non erano considerate prove di falsificazione, ma potevano anzi essere conferme tanto quanto risultati all'interno della media.
E la filosofia, infatti, subì una netta scissione. In effetti i filosofi dell'antica grecia erano sostanzialmente dei tuttologi, che si occupavano un po' di tutto il campo del sapere, basti immaginare ad Aristotele o a Crisippo da Soli. E poi, secoli, dopo, venne Leibniz, il matematico che, non contento del calcolo infinitesimale, si occupò anche della logica, di fatto costruendo il formalismo di base utilizzato ancora oggi nella così detta logica classica. I filosofi, quindi, iniziano a diventare scienziati, ma è il XX secolo che da il colpo di grazia, a mio giudizio, grazie a Wittgenstein e Godel, due logici di così gran livello che è facile confonderli con i filosofi.
In un certo senso, dunque, la matematica ha fatto i conti con la filosofia ed è in un certo senso semplice tracciare il percorso che la lega alla logica. Altrettanto, però, si può fare per la fisica. Uno dei filosofi più noti, Democrito, infatti, fu il primo fisico atomico, in un certo senso, perché fu il primo a chiedersi se la materia fosse indefinitivamente divisibile o meno, deducendo alla fine che doveva esistere una sorta di quanto fondamentale di materia che chiamò proprio atomo. Ed è proprio dalla filosofia greca che prende le mosse il grande Werner Heisenberg per parlare del rapporto tra Fisica e filosofia.
Werner HeisenbergNella prima parte del suo saggio Heisenberg ha il primo obiettivo di convincere il lettore che la fisica è figlia e quindi erede della filosofia, e quindi con essa lo sono anche i moderni sviluppi della disciplina, ovvero relatività e teoria dei quanti. Il passo successivo è quello di tracciare i rapporti con le altre discipline, chimica su tutte, in quanto la più vicina alla fisica (in fondo il modello dell'atomo di Bohr è uno dei punti di partenza della meccanica quantistica). I maggiori problemi in questo discorso sono con la biologia, poiché al tempo di Heisenberg ancora non c'era alcun rapporto evidente con la fisica (oggi, ad esempio, si fanno largo descrizioni del dna che prendono in considerazione la fisica dell'entanglement). Il fisico, premio Nobel nel 1932, però si vedeva come possibilista almeno per la scoperta di una descrizione fisica di un sistema biologico, ma non sembra molto ottimista riguardo la scoperta di una qualsivoglia teoria definitiva. E in un certo senso il risultato di Godel di una decina di anni più tardi (se non ricordo male) sull'incompletezza della matematica sembrerebbe dare ragione a Heisenberg. Ad ogni modo, proprio come l'altro padre della teoria dei quanti, Schrodinger, anche Werner traccia la linea verso le ricerche interdisciplinari che oggi sempre più spesso stanno ottenendo attenzione e fondi.
Un altro punto fondamentale nella dissertazione di Heisenberg, a parte il capitolo dedicato alla relatività, è la difesa dell'interpretazione di Copenaghen, ovvero quella secondo cui la funzione d'onda rappresenta la densità di probabilità di trovare la particella in una data posizione.
I critici dell'interpretazione di Copenaghen vengono divisi dal fisico in tre gruppi:
chi vuole in realtà cambiare il linguaggio, e non l'interpretazione vera e propria, con l'obiettivo di renderla il più simile possibile alla fisica classica;
il secondo gruppo, invece, cerca di modificare (migliorare) i punti critici della teoria, accettandone sostanzialmente l'interpretazione;
il terzo gruppo invece semplicemente esprime una insoddisfazione nei confronti della teoria, senza avanzare vere alternative. Rappresentanti di quest'ultimo gruppo sono sicuramente Einstein, ma anche Schrodinger.
Ad ogni modo i tre gruppi, diversi tra loro, hanno un punto in comune, che così viene descritto da Heisenberg:
Sarebbe desiderabile, secondo loro, ritornare al concetto di realtà fisica classica o, per usare un termine filosofico generale, all'ontologia del materialismo. Essi preferirebbero ritornare all'idea d'un mondo reale oggettivo le cui particelle minime esistono oggettivamente nello stesso senso in cui esistono pietre e alberi, indipendentemente dal fatto che noi le osserviamo o no.
Forse è incredibile a credersi, ma al giorno d'oggi c'è chi critica l'interpretazione di Copenaghen come... materialista!
Evidentemente questi critici moderni prendono le mosse da alcune delle critiche mosse a suo tempo da Blochinzev e Alexandrov, i cui lavori sono citati e confutati da Heisenberg. Da una parte cercano di difendere il materialismo della fisica classica, ad esempio quando Blochinzev cerca di interpretare i risultati del formalismo matematico come un punto a favore del materialismo dialettico, o quando Alexandrov scrive:
Noi dobbiamo perciò intendere per "risultato della misurazione" nella teoria dei quanti soltanto l'effetto oggettivo dell'interazione dell'elettrone con un oggetto conveniente. Ogni menzione dell'osservatore deve essere evitata, e noi dobbiamo trattare di condizioni oggettive e di effetti oggettivi. Una quantità fisica è una caratteristica oggettiva del fenomeno e non il risultato d'un'osservazione.
Dall'altro lato, però, Heisenberg afferma anche che alcune osservazioni di Blochinzev allontanano moltissimo, forse troppo, dall'ontologia materialistica. Il riferimento è ad alcune considerazioni statistiche dello studioso, e queste potrebbero aver ispirato i critici moderni.
Davi BohmC'è poi chi, come ad esempio Boehm, prova a introdurre dei parametri nascosti di tipo classico ma che, quando viene eseguito un esperimento quantistico, hanno un comportamento statistico. Vediamo come Heisenberg affronta la sua interpretazione:
(...) i parametri sconosciuti dell'interpretazione di Bohem sono di tipo tale che non possono mai incontrarsi nella descrizione dei processi reali, se la teoria dei quanti rimane invariata.
E così conclude:
(...) il linguaggio di Boehm, come abbiamo già messo in rilievo, non dice nulla sulla fisica che sia diverso da quanto afferma l'interpretazione di Copenaghen.
Albert EinsteinLa risposta alle obiezioni dell'ultimo gruppo, capeggiato da Einsten, costituiscono parte di quelli che ritengo siano gli ultimi due importanti cardini nel discorso di Heisenberg: il linguaggio da utilizzare e il rapporto con la politica.
In effetti le obiezioni del terzo e ultimo gruppo sono sensate fino a che proviamo a raccontare la fisica quantistica con termini che hanno un forte riferimento con la fisica classica. Il problema è, a questo punto, che molti dei concetti quantistici, se visti dal punto di vista classico, risultano piuttosto incomprensibili. Da ciò nascono da un lato le critiche dei fisici che pensavano ancora in termini classici, dall'altro le difficoltà di comunicare i risultati delle ricerche a un pubblico non specialistico, politici su tutti. L'importanza del dialogo tra scienziati, e fisici in particolare, e società, politici in particolare, nasce dagli eventi che hanno concluso la Seconda Guerra Mondiale: le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Per Heisenberg la bomba non è né una colpa né un peccato, ma diventa una responsabilità, ed è in questi termini che va intesa l'azione dello scienziato:
L'invenzione degli ordigni nucleari ha anche sollevato problemi completamente nuovi per la scienza e gli scienziati. L'influenza politica della scienza è diventata molto più forte di quel che fosse prima della seconda guerra mondiale, il che ha gravato lo scienziato, specialmente il fisico atomico, di una responsabilità raddoppiata. Egli può o prendere parte attiva all'amministrazione del paese tenendo presente quale sia l'importanza della scienza per lacomunità di cui fa parte, ed egli dovrà allora probabilmente affrontare la responsabilità di decisioni di enorme importanza che vanno ben oltre il piccolo cerchio di ricerche e di lavoro universitario cui era abituato. Oppure egli può volontariamente trovarsi indietro da qualsiasi partecipazione alle decisioni politiche, e allora sarà ancora responsabile delle cattive decisioni che egli avrebbe potuto impedire se non avesse preferito la vita tranquilla dello scienziato.
Sono parole ancora oggi attuali, come tutto il discorso di uno dei padri della meccanica quantistica, che aveva ben chiare le idee su quello che era, in quel momento, la fisica moderna e su quale doveva essere il futuro, anche politico, degli scienziati. La speranza di un cambiamento mondiale, guidato dalla scienza, era in Heisenberg, e le responsabilità dello scienziato, nel mondo moderno della socialità e della comunicazione, devono estendersi anche a chi la scienza la comunica, e non sono solo giornalisti e blogger scientifici, ma anche comunicati stampa delle università o delle agenzie, o amatori del web. E' la strada per la costruzione di un mondo più consapevole.

Riguardo il libro di Heisenberg potete trovare un WikiBooks che lo riassume e una versione in inglese caricata su Scribd.

P.S.: le citazioni sono tratte dalla traduzione di Giulio Gignoli, che però risulta in alcuni passaggi antiquata, anche se comunque non errata. Mi sono dunque preso la libertà di sostituire, laddove mi serviva quanta con quanti e teoretico (termine eccessivamente filosofico) con teorico (più adatto al discorso scientifico di Heisenberg).

2 commenti:

  1. Provata la mosca; vediamo come "vola".

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  2. Libro meraviglioso e articolo altrettanto interessante e degno di nota!

    Grazie, Gianluigi!

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